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Interventi e commenti

  

Considerazione sulla incompatibilità del taglio dei boschi ai fini silvocolturali nelle zone “A” e “B” dell’Ente Parco dei Nebrodi con le: prescrizione di massima di polizia forestale, legge Galasso 431/85 e leggi sulle aree protette.

 

 

Di Fulvio Conti Guglia

(Componente del Comitato Tecnico Scientifico del Parco dei Nebrodi)

 

 

 

Va sottolineato che il vincolo della L.  n. 431/85 e succ. mod., non è più soltanto, come nella vecchia accezione della L. n. 1497/39, unicamente paesaggistico-visivo ma include oggi, oltre a tale aspetto, anche la componente strettamente ambientale-ecologica e pertanto non vìola il “vincolo della Galasso” soltanto l’opera che stravolge il territorio come bellezza panoramica ma anche quell’opera che, in ipotesi, pur non presentandosi del tutto antiestetica, sia comunque fonte di danno ambientale (anche temporaneo) a breve o medio termine.

 

Tradotto in termini pratici (taglio dei boschi) il concetto contenuto nella L. n. 431/85 è chiaro e anche logico: esistono normative specifiche in materia forestale (in primissimo luogo le Prescrizioni di massima e di polizia forestale derivanti dagli artt. 9 e 10 R.D. 3267/23) che disciplinano tra l’altro la materia del taglio dei boschi e dettano regole di controllo.

In tal caso si dovrebbe dedurre che, nel rispetto di queste regole, il bosco sottoposto a taglio non  potrebbe subire alcuna alterazione di tipo stridente con la finalità della L. 431/85 , perché trattasi di attività operata sotto il preventivo esame dell’Ente gestore (Parco) che a sua volta devolve il compito del controllo al Corpo forestale, (c.d. martellata).

 

A questo punto, tuttavia, appare necessario sottolineare che, le <<Prescrizioni di massima e di polizia forestale>> e la “Legge Galasso”, non sono due normative che possono integrarsi perfettamente ed essere applicate sempre in perfetta sintonia, dall’Ente gestore dell'area sottoposta a tutela, perché trattasi di due norme varate con finalità ben diverse se non addirittura opposte.

 

Le “Prescrizioni di massima di polizia forestale” appartengono ad un concetto giuridico che vede il bosco come entità produttiva legnosa e comunque commerciale e prevedono una gestione del territorio boscato sotto l’ottica precipua di tale finalità economica ed ogni dettato è coerente con tale finalità: conservare sì il bosco ma come realtà produttiva e commerciale senza risvolti pregiudiziali di carattere territoriale -ambientale a parte la tutela dal punto di vista idrogeologico per la stabilità dei versanti, finalità idrogeologica.

 

La Legge 431/85 nasce con finalità esattamente antitetiche: i territori coperti da foreste e da boschi, (come del resto tutti gli altri territori vincolati) sono tutelati non nel loro aspetto produttivo bensì nel loro aspetto paesaggistico, finalità paesaggistica, ambientale ed ecologico in senso lato, finalità ecologica.

In altri termini si vuole tutelare il bosco non in quanto fonte di produzione di legno e legname ma, al contrario, in quanto bellezza paesaggistica–ambientale e panoramica da un lato e biologica–ambientale dall’altro. Per la L. 431/85 (e così deve essere per un Ente Parco) il bosco non è legname ma natura, ecosistemi integrati complessi, componente primaria di un paesaggio e di ecosistemi.

Ed ecco che, le due normative corrono parallele sino al punto di rottura nel quale le concezioni di fondo prendono due strade radicalmente diverse;

Per le “Prescrizioni di massima e di polizia forestale” un albero troppo vecchio, o un albero abbattuto dagli agenti atmosferici, vento, neve, fulmine ecc., oppure aumento dei polloni, piante in esubero o altre cause, ritenute inutili, se non addirittura dannosi, sotto il profilo della generazione e miglioramento della produzione dell’azienda bosco, e dunque possibile e conveniente abbatterli.

Mentre per la 431/85 le identiche condizioni e gli stessi alberi diventano dei beni preziosi sia sotto il profilo paesaggistico ma soprattutto sotto il profilo biologico-ambientale (perché, ad esempio, è proprio nel vecchio tronco centenario, che trovano albergo molteplici ecosistemi di diversa natura tra i quali ad esempio nidi e tane di volatili e mammiferi e composti micro-ecosistemi) cosicché si arriva al paradosso del possibile taglio del bosco o l’eliminazione dal bosco del vecchio tronco ecc., secondo le prescrizioni di massima e polizia forestale, mentre diventa, invece, palesemente antitetico è vietato dalle prescrizioni della L. n. 431/85.

 

Saggiamente, a mio avviso, a proposito della naturalità dei boschi scrive, l’ecologo G. Steinbach: “Gli ecosistemi  naturali non hanno assolutamente bisogno dell’intervento dell’uomo. La natura ha solo bisogno di spazi indisturbati per manifestarsi. Ogni volta che veri o presunti amanti della natura penetrano negli ambienti naturali ancora esistenti al di fuori dei nostri agglomerati urbani, allo scopo di vivere e proteggere la natura, essi le arrecano disturbo, irrompono, consapevoli o ignari, in comunità viventi. Chi scava uno stagno per fare deporre le uova agli anfibi, distrugge forse un luogo in cui crescono orchidee, e questo senza rendersene conto. Esempi di questo tipo c’è ne sono a volontà. Così un bosco naturale contiene sempre legno vecchio e morto, tronchi caduti che imputridiscono sul terreno, offrendo nutrimento ai numerosi coleotteri silofagi e agli altri insetti che vivono sopra e sotto i tronchi, offrendo ancora in varia misura tane e luoghi protetti per piccoli animali, agli  uccelli che nidificano nelle cavità, ai pipistrelli, in una parola ad interi microecosistemi. I tecnici forestali e i proprietari di boschi non saranno molto aperti nei riguardi di queste idee, poiché il loro bosco deve portare guadagni. Un albero decrepito perde a poco a poco il valore economico del suo legno.”

 

Il taglio del bosco a fini colturali è il terreno di maggiore frizione tra le diverse normative.

In questo taglio, accade normalmente che parte del verde scompare ma non del tutto; l’aspetto paesaggistico–ambientale potrebbe essere salvo (il bosco negli anni si potrebbe rigenerare cambiando, però, la sua costituzione e fisionomia naturale, ad es. da ceduo in fustaia, da bosco fitto in rado ecc.), ma l’aspetto biologico–ambientale sarà stravolto drasticamente (come la catena biologica degli ecosistemi interconnessi nei suoi delicati equilibri), ed è questo il limite in cui seppur tutto è regolare secondo le “Prescrizioni di massima di polizia forestale” l’intervento stride con le finalità della 431/85 e con le norme sulle aree protette.

Messina, 20.12 .99.