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COMMENTO ALL’ART. 32 DEL DL. 269/2003: CONDONO EDILIZIO.

 

Di Leonardo Salvemini
 


La previsione normativa contenuta nell’art. 32 del DL 269/03 cd decretone fiscale, impone all’interprete una serie di riflessioni, indipendentemente dalle considerazioni politiche sulla scelta di un tale tipo di provvedimento e naturalmente sulla sua efficacia. A questo fine valga per tutte la considerazione del “chi è senza peccato scagli la prima pietra “ in altri termini: chi non ha mai usufruito di un condono di qualsiasi natura o di una legislazione di favore anche se transitoria ?.


A parte queste considerazioni che attengono alla legalità della coscienza che non trova riscontro negli archivi dei tribunali o dei comuni, torniamo alle perplessità scientifiche che emergono dalla lettura dell’art. 32.


Queste possono riassumersi:


1. il titolo dell’articolo stesso appare denso di significato. Infatti, l’obiettivo della norma è di prevedere “le misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali”. Ora, appare chiaro come gli obiettivi siano veramente ambiziosi ed attraversano diverse competenze, previste dalla tanto invocata riforma del titolo V della costituzione.


Le competenze, previste dall’art. 117 cost., cui attengono le previsioni contenute nell’art. 32 sono: governo del territorio (competenza concorrente), tutela dell’ambiente (competenza esclusiva statale), ordinamento giuridico (competenza esclusiva statale). Ora, tenendo sempre presente il titolo dell’articolo procediamo all’analisi del corpo dello stesso comma per comma. (Sarebbe opportuno ai fini di una completa disamina del testo sotto indagine, tener d’occhio anche le ultime sentenze della Corte Costituzionale che hanno, è opportuno dirlo a chiare lettere, ridotto le velleità legislative delle Regioni. In particolare le sentenze nn. 274 in materia di organizzazione e accesso al lavoro attraverso i concorsi pubblici presso le amministrazioni regionali, comunali e provinciali, 296 e 297 in materia fiscale, 302, 303 in materia di fondazioni bancarie, 307 e 308 in materia ambientale (elettrosmog) del 2003).


2. Il comma 2 prevede una disciplina statale transitoria nelle “more dell’adeguamento della disciplina regionale” alle disposizioni del TU edilizia. Questa disposizione appare ambigua per due ordini di ragioni:


a. nulla si dice in merito alle regioni che hanno già adottato una disciplina del territorio in conseguenza del TU e del nuovo 117 cost. ;


b. a quali competenze delle autonomie locali si fa riferimento quando si afferma “fa salve le competenze delle autonomie locali sul governo del territorio”. Soprattutto questa deroga è rispetto alle competenze regionali? Se si allora può un decreto legge derogare in maniera così vistosa alla LC 3/2001? Ritengo che la risposta negativa si imponga.


Infatti, è sufficiente ricordare che in base all’art. 117 (III comma, IV e VI), in materie di competenza concorrente, la definizione dei principi spetta allo stato, mentre la disciplina di dettaglio spetta alle regioni, per non parlare della competenza regolamentare. Ci si chiede allora: quale competenza, in tale contesto, viene rilasciata alle autonomie locali ?. È probabile si faccia riferimento a quanto disciplinato soltanto nell’art.32. del DL 269/2003.


Qualunque sia l’interpretazione che si voglia dare, non appare certo in linea con quanto stabilito al successivo comma III dell’art. 32 che sembra sposare la linea legislativa richiamata nell’art. 117 comma II e III cost. Infatti, il legislatore nazionale stabilisce che “Le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del predetto titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali".

 
Ora, stante questa disposizione, ci si pone la domanda se la “normativa” regionale possa disporre in modo da pregiudicare gli effetti penali previsti dal condono. Potremmo avere una legislazione attuativa del condono a macchia di leopardo o a geometria variabile che di si voglia, e francamente potrebbe apparire un po’ “forte” anche per i più accesi federalisti.


3. il comma 5 rappresenta un esempio concreto di quella “leale collaborazione” tra i soggetti costituenti la repubblica previsti dall’art. 114 I comma cost, più volte invocata dalla Corte Costituzionale, oltre che dal nostro Presidente Ciampi. Tuttavia vista l’animosità politica di questi ultimi anni, sarà difficile che la collaborazione tra le varie istituzioni sia effettivamente leale;


4. il comma 6, anziché utilizzare il termine “riqualificazione” che appare estraneo al concetto di urbanistica, sarebbe stato più in linea con il TU adottare il termine ristrutturazione urbanistica, ovvero, questo viene suggerito dallo scrivente, “rifondazione urbanistica” sotto l’aspetto della legalità;


5. i commi 7 e 8 rappresentano un forte invito alle amministrazioni di dotarsi degli strumenti di programmazione o pianificazione urbanistica, per evitare una attività edilizia selvaggia poco rispettosa delle esigenze del territorio in quanto tale;


6. I commi 9 e 10 avrebbero dovuto prevedere un preciso e forte richiamo oltre che un coinvolgimento diretto delle Regioni, stante le loro prerogative costituzionali previste nel Titolo V, invece vi è un generico e debole richiamo ai soggetti pubblici interessati, senza alcuna distinzione, quantomeno, per dignità costituzionale.


7. Il comma 11 rappresenta una previsione di finanziamento a favore delle regioni, vincolato ai fini del ripristino e delle riqualificazione paesaggistica delle aree tutelate. Tuttavia non sono chiare le finalità del decreto ministeriale pertanto, se permane l’incertezza le Regioni potrebbero legittimamente disporre di tali somme per il governo del territorio in generale. Timidamente potrebbe porsi una questione di legittimità costituzionale del decreto ministeriale stesso, ma viste come sono andate le cose nelle ultime sentenze, forse non è il caso;


8. il comma 13 rappresenta una forme di centralismo inaspettato, che potrebbe trovare riscontro solo nella competenza esclusiva statale di tutela dell’ordine pubblico, prevenzione e repressione dei reati (urbanistici), anche se queste attività di monitoraggio e di raccolta delle informazioni relative al fenomeno dell’abusivismo edilizio, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che fanno capo all’Osservatorio nazionale dell’abusivismo edilizio, dovrebbero svolgersi in un contesto di collaborazione con le regioni. Sarebbe stato politicamente, oltre che costituzionalmente, corretto dare alle regioni tale attività.


9. Il comma 33 prevede la disciplina da parte delle regioni del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativi edilizio in sanatoria. Tutto ciò appare limitativo e riduttivo delle competenze costituzionali riconosciute alle regioni. Le regioni, normando il procedimento amministrativo potranno, soltanto appesantirlo in quanto già abbondantemente normato dal dl in questione anche se le regioni potranno incrementare, del 10% l’oblazione a carico degli “ abusivi”. Questo non sarà certo un comportamento politicamente gradito. Tali somme saranno destinate ad una serie di finalità genericamente individuate, sempre in ambito urbanistico-ambientale, tuttavia, ad avviso dello scrivente, non chiaramente vincolanti.


Infine, il termine di 60 giorni appare di difficile coerenza costituzionale, poiché nella “denegata” ipotesi di non conversione del decreto stesso, le regioni avranno normato, in una materia concorrente, avendo perso i principi presupposti necessari in quanto decaduti;


10. I commi 34, 35 ( lett. c) e 36 possono apparire in contrasto con il comma 33 primo cpv, poiché la disciplina regionale potrebbe solo appesantire il procedimento già disciplinato dai commi 34 35 e 36.


11. Qualche perplessità permane relativamente alla disciplina della sanatoria prevista per le costruzioni su beni demaniali.


In conclusione la norma de qua appare di esclusiva competenza statale, stante gli importanti riflessi penali, anche se vi è un indubbio riflesso sul governo del territorio. Pertanto per evitare il rischio di una applicazione disordinata e frastagliata del condono, sarebbe auspicabile che le regioni non vengano coinvolte nel procedimento previsto ma che lo stesso venga attuato dagli enti locali (i comuni) sicuramente più vicini alle vicende edilizie oggetto di condono con un occhio urbanistico già allenato, basti pensare alle competenze previste nel Testo Unico sia enti locali che edilizia, alla realtà urbanistica del loro territorio.

 

Leonardo Salvemini