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PER UN SISTEMA DI CONTROLLI ESTERNI

 

(FINANZIARI E SULLA GESTIONE, NAZIONALI E INTERNAZIONALI)

 

SUL BUON GOVERNO DELL’AMBIENTE E DELLE RISORSE NATURALI (*)

 

ANDREA CRISMANI  (**)

 

1. Introduzione al principio dei risultati ambientali sostenibili.  2. Lo sviluppo sostenibile. 3. I controlli: l’oggetto, l’ambito, il mandato e le tipologie. 4. Verso i controlli “globali”. 5. Necessità di controlli “uniformi”. 6. Analisi ricostruttiva: il controllo finanziario - contabile. 6.1. In generale. 6.2. L’oggetto: i rendiconti finanziari. 6.3. (…) e le questioni ambientali nel contesto di un controllo finanziario. 6.4. I sistemi di contabilità: la  contabilità per cassa  e la contabilità per competenza. 6.5. Come le questioni ambientali influiscono sui rendiconti finanziari: a) le questioni ambientali e la contabilità per cassa;  b) (…) e la contabilità per competenza. 6.6. L’attività concreta di controllo. 7. Sul controllo gestionale. 8. L’attività della Corte dei conti italiana. 9. Conclusioni.

 

 

1. Introduzione al principio dei risultati ambientali sostenibili.

 

La tendenza che si sta sviluppando a livello internazionale, in particolare in seno all’Organizzazione internazionale delle Istituzioni Superiori di Controllo delle finanze pubbliche (International Organisation of Supreme Audit Insititutions, INT.O.S.AI.), è di considerare l’ambiente ovvero secondo l’espressione inglese environment (e pertanto l’interesse alla sua protezione) come la quarta componente essenziale del concetto delle “tre E” (efficacia, efficienza ed economicità e) che oggi rappresentano gli indicatori di risultato dell’azione amministrativa e definiscono ciò che viene chiamato value for money. Una combinazione che conduce alla creazione del concetto delle “quattro E” (Economy, Effectiveness, Efficiency, Environment)[1] e pertanto della figura dei risultati ambientali sostenibili. Aspetto che presenta non poche tensioni poiché richiede un bilanciamento condiviso fra i vari interessi pubblici spesso confliggenti; e questi sono: l’interesse alla protezione dell’ambiente, allo sviluppo sociale, allo sviluppo economico e alle finanze pubbliche sane.

E’ dato incontestabile che l’aspetto finanziario e quello di gestione amministrativa siano strettamente congiunti, poiché la finanza pubblica e la stessa esistenza delle amministrazioni pubbliche sono giustificate solo dalle prestazioni che concretamente sono rese e soddisfano gli interessi della collettività e dai risultati amministrativi effettivamente raggiunti; e pertanto la programmazione, la gestione (efficiente, efficace ed economica) e i controlli sono le tre dimensioni che evidenziano il raccordo tra il momento finanziario e quello amministrativo-gestionale, il quale ultimo si basa su un’azione amministrativa che, oltre ad essere legittima, secondo la nuova concezione di amministrazione che allarga il campo d’azione alla predeterminazione fino a giungere alle soglie del risultato, deve essere anche utile[2].

Qual è invece il ruolo dell’ambiente e delle risorse in questo specifico contesto ?

La risposta può essere ricercata tra gli obiettivi fondamentali dell’Unione Europea e in particolare nel Trattato di Amsterdam il quale prevede "la promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche” e al contempo un “elevato livello di protezione dell’ambiente” e “il miglioramento di quest’ultimo" (artt. 2 e 6)[3]. Non vi è alcun dubbio che la tematica ambientale abbia assunto un valore primario, con carattere di assoluta trasversalità nei diversi settori di investimento e la sostenibilità dello sviluppo sia stata riconosciuta come un’autentica sfida delle moderne economie di mercato. Infatti, sempre più i Governi stanno riconoscendo che i costi derivanti dalle politiche e dagli obblighi relativi all’ambiente possono essere rilevanti ed incidere in modo significativo sui conti pubblici; e pertanto incidere sull’equilibrio finanziario complessivo e influire negativamente sul raggiungimento degli obiettivi europei stabiliti nel Patto di Stabilità e Crescita. Non a caso molti – ed in numero crescente – sono gli accordi, le convenzioni e i summit internazionali che riguardano l’ambiente[4].Questi essenzialmente riguardano l’aspetto della sua tutela, ciò a dimostrazione di come la tutela dell’ambiente e delle sue risorse è considerata, per molti versi, una questione intrinsecamente globale[5], poiché si tratta di aspetti che non possono essere (solamente) affrontati unilateralmente, da ciascun singolo Stato, all’interno del proprio territorio, ma sono coinvolti “in una sorta di comunione necessaria di beni e di interessi”[6]. Altro è, invece, l’aspetto della copertura finanziaria e del (necessariamente e) conseguente controllo sia di regolarità e di legittimità delle somme impegnate che sui risultati della gestione di queste risorse finanziarie.  

Però con la crescita della consapevolezza pubblica, la richiesta di una responsabilità pubblica di persone o entità che gestiscono pubbliche risorse è diventata sempre più evidente cosicché c’è un’accresciuta necessità di implementare la responsabilità (intesa in termini di accountability) e i controlli volti ad accettarla[7], anche nel settore dell’ambiente.

Tradizionalmente i contabili e i controllori non sono percepiti come parte del “sistema di tutela dell’ambiente”. Nonostante ciò, in quanto fonti di informazioni, relazioni e consigli sui quali frequentemente si basano le decisioni del mercato e dei governi, sono stati sempre più attirati nel campo ambientale. L’influenza dei contabili e dei controllori deriva dal loro accesso ad informazioni finanziarie e di gestione che riguardano l’ambiente e le risorse naturali. Il loro ruolo consiste nell’analizzare e nel descrivere in relazioni o in referti e comunicare le informazioni sulle quali si basano le decisioni e si valuta la gestione. Grazie a tale ruolo possono favorire decisioni informate che portano a risultati ambientali sostenibili.

Con questo scritto si vuole evidenziare l’importanza del ruolo dei controlli, in particolare di quelli esterni, esercitati da un’Istituzione Superiore di controllo (come la Corte dei conti nel nostro Paese) indipendente, dotata di poteri costituzionalmente e legislativamente garantiti (il cd. mandato) i cui risultati di controllo siano resi noti non solo ai soggetti gestori delle risorse e alle Assemblee elettive, ma all’intera collettività (funzione di moral suasion)[8] in quanto titolare delle garanzie obiettive della destinazione del danaro pubblico a fini pubblici e della correttezza dei criteri di gestione.

Due sono i punti da considerare: il concetto di sviluppo sostenibile e il rapporto e, in definitiva, il ruolo del sistema dei controlli esterni.

2. Lo sviluppo sostenibile.

 

Sviluppo sostenibile è quel"lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri" (Gro Harlem Brundtland, Rapporto Brundtland - Il Nostro Futuro Comune 1987).

Gli orientamenti della politica di sostenibilità s’ispirano a tre criteri di fondo: la progressiva dematerializzazione del sistema economico, cioè la riduzione delle quantità di risorse naturali, rinnovabili e non rinnovabili, utilizzate per alimentare l’apparato produttivo e i modelli di consumo attuale; la diminuzione del rischio connesso a specifiche forme di inquinamento o degrado ambientale superando la logica dell’emergenza e riportando la preoccupazione ambientale già nell’ambito delle scelte strategiche nelle prime fasi della programmazione e la partecipazione consapevole di tutti gli attori coinvolti nella programmazione e nell’attuazione dei processi in corso.

In tale contesto, assumono carattere prioritario una serie di obiettivi: cambiamenti climatici[9], ambiente, salute e qualità della vita[10], natura e biodiversità[11], gestione delle risorse naturali e rifiuti[12], sistema dei trasporti e uso del territorio[13].

Il raggiungimento di tali obiettivi impone un’attenta revisione sul fronte dei processi amministrativi e di governo dell’ambiente e del sistema economico-sociale, che oggi indirizzano gli apparati produttivi, i modelli di consumo e i sistemi di ripartizione della ricchezza, secondo modalità spesso inadeguate. Le politiche governative di sviluppo sostenibile per risultare efficaci necessariamente devono prevedere l’utilizzo di un’equilibrata serie di strumenti adeguatamente raccordati alla specificità dei diversi destinatari che sono: il sistema imprenditoriale, i consumatori, la Pubblica Amministrazione. In sintesi questi strumenti sono: l’applicazione della legislazione di protezione ambientale, il rafforzamento delle strutture pubbliche e private impegnate nella sostenibilità, l’integrazione del fattore ambientale in tutte le politiche, l’integrazione del fattore ambientale nei mercati, un sistema di Contabilità ambientale e di indicatori per l’azione ambientale e lo sviluppo sostenibile[14], l’educazione, l’informazione e la partecipazione efficace dei cittadini, la formazione, la ricerca scientifica e tecnologica.

La sensibilizzazione internazionale e i numerosi accordi stipulati, le varie emergenze e catastrofi, la pressione politica e l’attenzione dell’opinione pubblica sono tutti fattori che ciascuno per la loro parte hanno fatto sì che la politica della sostenibilità sia stata indicata quale componente significativa dell’azione di governo (si veda ad esempio il Documento di programmazione economica e finanziaria per gli anni 2003/2006); rientra cioè nelle scelte effettuate nei programmi di governo nel momento in cui fissa i traguardi da raggiungere (fase di programmazione) e oggi è presente a tutti i livelli di governo (in particolare, a seguito del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e della riforma del Titolo V della Costituzione con il trasferimento alle Regioni e agli Enti locali di ulteriori funzioni e competenze in materia ambientale ed energetica).

A sua volta l’attività di programmazione è seguita dall’azione realizzativa (dei programmi) a vari livelli e da vari organi (fase di attuazione e di gestione). Per il caso specifico quest’aspetto è ben evidenziato dalla Delibera del C.I.P.E del 2 agosto 2002 sulla “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia” nella parte (art.1, commi 2 e 3) la quale prevede che la protezione e valorizzazione dell’ambiente vanno considerati come fattori trasversali di tutte le politiche settoriali delle relative programmazioni (programmazione) e dei conseguenti interventi (attuazione) e che le pubbliche Amministrazioni perseguiranno gli obiettivi previsti (ora indicati) nell’ambito delle risorse finanziarie autorizzate a legislazione vigente e degli stanziamenti di bilancio destinati allo scopo (gestione)[15].

Attività questa che si conclude con il controllo (fase di controllo) in quanto l’azione organizzativa è ciclica: programmazione e controllo costituiscono i due momenti del ciclo, e sono strettamente interconnessi. In fase di programmazione si costruiscono gli strumenti che rendono possibile il controllo. L’esito del controllo forma la base per riavviare un nuovo ciclo di azione programmata. In tal modo, attraverso la ciclicità dell’azione si attua la continuità nel tempo del sistema organizzatorio[16]. La stessa Delibera del C.I.P.E conclude con la necessità di prevedere dei meccanismi di verifica del raggiungimento degli obiettivi, in considerazione di questo si può sostenere che il controllo di tipo finanziario e/o gestionale indubbiamente trova la sua collocazione e giustificazione nell’ambito della “voce” relativa al finanziamento dello sviluppo sostenibile (di cui l’art. 1, comma 5, punto7).

3. I controlli: l’oggetto, l’ambito, il mandato e le tipologie.

 

Una volta definito il ciclo “programmazione - attuazione dei programmi e gestione - controlli” si passa all’analisi dell’aspetto principale di questo scritto che riguarda il sistema dei controlli. Preliminarmente, bisogna precisare come i controlli ambientali ovvero la loro missione di apportare dei miglioramenti si riferiscono ad un anello del sistema, cioè all’organizzazione, e non alla protezione ambientale stessa. Infatti, il concetto di sostenibilità si riferisce principalmente ai cambiamenti osservabili nell’ambiente naturale, i ritmi di autoregolamento previsti dai controlli invece si riferiscono all’organizzazione della gestione delle risorse necessarie per realizzare lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, come appena notato, è necessario che l’organizzazione e il suo sistema funzionino al fine di realizzare gli obiettivi prefissati.

I passaggi di questo ciclo vanno ora rivisti nell’ottica del funzionamento dello strumento dei controlli nell’ambito ambientale in ordine a:

1) l’oggetto del controllo. Come è stato sopra notato, la questione dello sviluppo sostenibile è un problema globale che supera i confini nazionali e incide la dimensione economica, sociale ed ambientale e come tale fa parte dell’azione di governo (l’intensità dipende dalla sensibilità politica dei singoli governi verso l’ambiente e dalle competenze che nella maggior parte degli Stati mondiali (circa 2/3) viene esercitata non in via esclusiva ma condivisa con i livelli di governo territoriali - stati federali, regioni, province, comuni - o con organizzazioni semi-governative o quasi autonome non governative) e rientra nelle scelte effettuate nelle politiche e/o nei programmi di governo (le maggiori questioni ambientali riguardano l’acqua, i rifiuti, l’inquinamento dell’aria e quello marino, il traffico, sviluppo territoriale e la deforestazione) le quali normalmente possono formare oggetto di controlli nei limiti in cui fanno parte delle politiche e dei programmi governativi [17] [18]. Ora si tratta di stabilire quale può essere:

2) l’ambito del controllo ovvero il suo raggio d’azione. Prendendo dal modello elaborato dalla Dottrina italiana [19] e poi recepito dalla Corte dei conti italiana in base al mandato costituzionale dell’art.100, commi 2 e 3, della Cost. e a quello normativo dell’art. 3 della L. n. 20 del 1994[20] e ai riconosciuti poteri di autorganizzazione dell’art. 4, L. n. 20[21] espressi con delibera[22], i controlli possono, anzi in Italia operano su vari livelli con finalità diverse. Si hanno i controlli (esterni) strategici che operano nella dimensione macro e meso. A livello macro hanno ad oggetto la valutazione strategica dei risultati delle politiche di bilancio[23]; a livello meso invece la valutazione dei risultati delle politiche pubbliche di settore cioè verificano l’effettiva attuazione delle scelte contenute nelle leggi di programma e nei programmi, nelle direttive e negli atti di indirizzo politico degli organi di governo dove, come sopra notato e constatato vi rientra anche la questione dello sviluppo sostenibile[24]. Infine, a livello micro c’è il controllo (“classico” sulla gestione) che ha ad oggetto l’accertamento dei risultati dell’attività di determinati centri di responsabilità in termini di misurazione e valutazione dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e della gestione finanziaria[25].

3) L’ambito dei poteri di controllo: il mandato. Si può dire che i controlli “di tipo ambientale” non sono significativamente diversi dai comuni controlli esercitati da un’Istituzione Superiore di controllo. Molto dipende dal mandato costituzionale e di normazione ordinaria che viene conferito ai Controllori. Alcune Istituzioni Superiori di controllo possono avere uno specifico mandato a controllare il rispetto dei vincoli derivanti dal principio di sviluppo o di ambiente sostenibile (come ad esempio per il settore finanziario vi è il compito della nostra Corte a controllare il rispetto del Patto di stabilità, oggi in particolare con la L. n. 131 del 2003) (competenza per materia); altre Istituzioni Superiori di controllo hanno i poteri limitati e possono esercitare solamente nell’ambito degli strumenti di controllo disponibili (in questo caso non vi è una specifica competenza per materia, ma solo per funzione di controllo); altre ancora hanno delle limitazioni territoriali (competenza territoriale in senso verticale), nel senso di poter controllare solo l’azione dello Stato e non degli altri enti territoriali.

4) Infine, bisogna analizzare le tipologie di controlli. Com’è noto l’attuale sistema italiano che ha ripreso dall’esperienza internazionale è improntato sulla preferenza per le filosofie di controllo basate sull’adeguamento volontario e ne è rimarcata la natura essenzialmente collaborativa e informativa attraverso referti.  

I controlli di tipo ambientale ben possono assumere il modello di controlli preventivi di legittimità (approvare in via preventiva un impegno di spesa che concerne l’ambiente), successivi di regolarità e di legittimità (inseguire i fondi pubblici e controllare i progetti in materia ambientale oppure inseguire i fondi e controllare quei progetti (cioè non necessariamente ambientali che hanno un’incidenza sull’ambiente) e di tipo gestionale che riguardano principalmente i risultati ottenuti dall’attuazione dei programmi ambientali e che normalmente in via preliminare accertano pure la regolarità e la legittimità. Con riferimento a quest’ultimi, recentemente l’esperienza internazionale indica due nuovi tipi di controlli gestionali: quello sul sistema di gestionale dell’ambiente e il controllo sui risultati della gestione dei programmi non ambientali, ma che hanno incidenza sull’ambiente. Un’ulteriore figura che potrebbe configurarsi, ma che non rientrerebbe del tutto nella funzione di controllo, è quella consultiva propria del resto di alcuni Controllori come la nostra Corte dei conti.

 Esempi concreti di controlli ambientali nell’ambito internazionale si possono rinvenire presso il Controllore canadese che ha eseguito i controlli sulla Convenzione di Basilea sui rifiuti tossici, sul Protocollo di Montreal e sulla Convenzione di Vienna sullo strato d’ozono, sulla Convenzione sui cambiamenti climatici; il Controllore statunitense ha eseguito dei controlli sulla Convenzione di Kyoto e sul NAFTA agreement; la Corte dei conti olandese ha effettuato dei controlli di legittimità sugli atti del governo in riferimento alla Convezione sulle zone umide (Ramsar Convention), sulle Direttive comunitarie sui fertilizzanti, sui prodotti transgenici, sulla Convenzione di Kyoto[26]. Un altro esempio può essere quello del Controllore norvegese che nei periodi tra il 1997 e 1998 aveva eseguito un controllo accurato sulla spesa complessiva sulle misure volte a preservare l’ambiente. L’esito di questo controllo aveva rilevato l’inadeguatezza dei vari ministeri e in definitiva del governo di calcolare e classificare nei bilanci in modo adeguato le spese nel settore ambientale, principalmente perché gli scopi e le misure ambientali erano svariate, con finalità diverse e erano poste sotto differenti categorie di spese. Quest’ultimo può considerarsi come un controllo a livello macro improntato sulla verifica del rispetto del concetto di sviluppo sostenibile. A tal fine, ad esempio, nel Regno Unito sono stati elaborati degli indicatori di sviluppo sostenibile che hanno come riferimento il P.I.L., l’ammontare degli investimenti pubblici e privati, la percentuale della popolazione occupata e lavorante, l’aspettativa di vita, la qualità degli alloggi, le emissioni, il traffico, qualità dei laghi e fiumi, le specie di volatili, i rifiuti e la loro gestione. Si ritiene che lo scopo dei controlli sia orientato in tre direzioni: a) controllare gli scopi dei programmi ambientali (che trovano fonte anche negli accordi internazionali e che ad es. sono la riduzione dei gas di scarico, aria pulita, limitazione di uso di automobili, riduzione della pesca ecc.) sotto il profilo della loro ragionevole fondatezza, b) controllare la rilevanza degli indicatori e c) controllare ovvero accertare mediante la comparazione dei due precedenti aspetti i progressi ottenuti[27].

4. Verso i controlli “globali”.

 

Ulteriore aspetto, evidenziato al punto 1 del paragrafo precedente, che nello stesso modo investe anche i controlli è l’ambito ultraterritoriale della questione. La globalità del fenomeno non può non incidere pure sui controlli. Anzi, si può dire che proprio il fenomeno globale dovuto o a fenomeni ambientali (ad es. di catastrofi ambientali) che incidono su più Stati oppure ad accordi internazionali spesso, proprio per la verifica dei programmi o l’accertamento dell’impiego delle somme stanziate, richiede un sistema di controlli “globali” e il più possibile uniformi.

I punti di contatto trovano la loro genesi nella circolazione del danaro pubblico di una Nazione verso l’altra o a favore di un’organizzazione internazione o di un gruppo di Stati. Vi è pertanto, anche in questi casi, la necessità di controllare la correttezza dell’uso e della gestione di tali risorse. O ancora, si prenda in considerazione il caso di specie dei controlli (di tipo finanziario e gestionale sull’ambiente), quando le risorse impiegate riguardano un bene, come lo è l’ambiente, che non ha confini ed è comune a più nazioni e la sua tutela e il perseguimento della sua sostenibilità forma oggetto di accordi internazionali. In queste ipotesi, oltre a controllare nell’ambito interno l’effetto delle spese sostenute sui rendiconti nazionali per rimediare (ad esempio a danni ambientali) si ricorre a forme di collaborazione tra più Istituzioni Superiori di controllo nell’ipotesi di accertamento di danno provocato ovvero proveniente da una nazione vicina (per esempio nel caso di inquinamento atmosferico per effetto di nubi tossiche, inquinamento di fiumi ecc.).

Si ritiene di usare l’espressione generica di “controlli globali” quando si vuol evidenziare quelle ipotesi in cui vi sia o una comune attività di controllo o separati controlli sulla stessa materia che ha rilevanza per più Stati.

I modelli di controlli “globali” secondo l’esperienza internazionale[28] possono riassumersi in tre tipi. Si hanno i controlli concorrenti (concurrent audits) dove due Istituzioni Superiori di controllo simultaneamente o comunque in vicinanza di tempi separatamente procedono al controllo della stessa materia, secondo le rispettive normative e mandati e ciascuna di esse procede alla pubblicazione dei propri referti [29]. Poi ci sono i controlli congiunti (joint audits) che vengono svolti da un unico soggetto controllore composto da membri di due o più Istituzioni Superiori di controllo di Stati diversi che procedono a redigere un unico referto finale[30]. Infine, i controlli coordinati (co-ordinated audits) che possono essere dei controlli congiunti, cioè eseguiti da un unico corpo di controllori, ma con separati referti (uno per Paese) oppure dei controlli concorrenti, svolti da più organi controllori, i cui esiti confluiscono in unico rapporto finale[31].

Ci sono esempi concreti di cooperazione degli organi controllori nel settore ambientale secondo i modelli ora evidenziati. Come sopra notato lo stimolo dei controlli può derivare dagli accordi internazionali oppure da eventi concreti come le iniziative economiche che incidono sull’ambiente oppure, a titolo di esempio, le calamità naturali o le questioni ambientali che richiedono un rimedio[32].

Gli esempi del primo tipo sono: nel 2001 otto Istituzioni Superiori di controllo dei Paesi del Mare Baltico hanno svolto in base alla Convenzione di Helnsinki sulla protezione del Mare Baltico dei controlli congiunti. Altre Istituzioni Superiori di controllo in base alle Convenzioni MARPOL, OPRC e quella di Bonn sono ricorse al modello dei controlli coordinati. Dei controlli paralleli sono stati svolti dalle Istituzioni Superiori di controllo bulgare, croate, romene, slovacche e slovene sulla base dell’Accordo sulla protezione del Danubio. Controlli concorrenti invece sono stati eseguiti dalle Istituzioni Superiori di controllo della Norvegia, Danimarca e Islanda sulla base della Convenzione OSPAR che riguarda l’inquinamento marino. Infine, sempre a titolo di esempio tra le tante, i controlli congiunti tra le Istituzioni Superiori di controllo della Venezuela e della Colombia sulla base dell’Accordo bilaterale che riguarda il Progetto del Fiume Tàchira.

Tra gli esempi del secondo tipo si possono riportare: i controlli coordinati delle Istituzioni Superiori di controllo della Polonia e della Bielorussia tra il 1995 e il 1996 sulla protezione ambientale del Parco nazionale di Bialowieza. Lo scopo era accertare l’impatto delle attività economiche (in particolare il passaggio ferroviario ed autostradale con particolare attenzione al trasporto di sostanze tossiche) sulla foresta di Bialowieza con riferimento alle risorse pubbliche da investire e investite per la protezione della zona e la gestione di essa. Un simile controllo riguardante l’ambiente e in particolare i fiumi confinanti è stato condotto dalle Istituzioni Superiori di controllo della Polonia, R. Ceca, Lituania e Bielorussia. Poi ancora i controlli delle Istituzioni Superiori di controllo della Bolivia e del Cile sull’utilizzo dell’acqua potabile nelle città e quelli gestionali condotti dal Perù e dal Brasile sulla Foresta Amazzonica.

5. Necessità di controlli “uniformi”.

 

L’aspetto della rilevanza globale è necessariamente collegato a quello dell’uniformità di modelli di controllo. Si può notare come vi sia una notevole sensibilità a livello internazionale in seno all’Organizzazione internazionale delle Istituzioni superiori di controllo delle finanze pubbliche (International Organisation of Supreme Audit Insititutions, INT.O.S.AI.). Essa rappresenta il punto di contatto e il collettore tra le diverse esperienze e normative dei singoli Paesi in materia di controlli sulle finanze pubbliche anche perché il nuovo assetto dei controlli esterni presenta notevoli punti di contatto con le sue linee direttive [33], le quali poi comunque sono riconosciute nella prassi della nostra Corte dei conti come in quella della maggioranza dei Paesi aderenti e anche dalla Corte dei conti dell’Unione europea[34]. Si tratta di un’organizzazione internazionale riconosciuta dalle Nazioni Unite, alla quale aderiscono istituzioni superiori di controllo esterno di centosettantanove Paesi che opera nel settore dei controlli già dal 1953 a livello mondiale con le sue diramazioni continentali (come ad es. l’EURO.S.A.I. per l’Europa[35]. E’ un’organizzazione che ha dato un contributo non indifferente in questi cinquant’anni di attività costante e che ancora oggi tende ad estendere la sua presenza e i suoi interventi.

Un utile punto di riferimento per lo sviluppo delle varie legislazioni nazionali in materia di controlli, in particolare di quelli esterni sulla finanza pubblica, rappresenta la visione internazionale espressa dall’INT.O.S.A.I nella “Dichiarazione di Lima sulle linee generali del controllo delle pubbliche finanze” del 1977, contenente le affermazioni di fondo per la revisione della finanza pubblica, che è conosciuta anche come la Magna Carta del sistema dei controlli esterni e fornisce la base filosofica e concettuale per il lavoro dell’INT.O.S.A.I. [36].

La Dichiarazione di Lima, che sicuramente ha rappresentato un utile punto di riferimento per lo sviluppo delle varie legislazioni nazionali in materia, specialmente (ma non solo) nei Paesi in via di sviluppo, può definirsi una sorta di traccia giuridica, tecnica e morale sulla quale gli organismi di controllo esterno sono invitati ad incamminarsi, nell’intento di realizzare, attraverso un processo di integrazione e un’unificazione dei sistemi di controllo[37]. E’ rilevante sottolineare che la Dichiarazione simboleggia una significativa formulazione di principi generali che si possono attuare nei diversi ambienti – politici, economici, culturali e giuridici – dei rispettivi Stati aderenti all’Organizzazione. Infatti, ciò che è stato detto a suo tempo, quando veniva presentata la bozza della Dichiarazione, continua ad essere valido tuttora: “(S)ebbene questi principi sembrano difficilmente adatti a determinare un cambiamento immediato nelle legislazioni nazionali essi rappresentano un cambiamento immediato nelle legislazioni nazionali, rappresentano un obiettivo desiderabile a lungo termine che non potrà essere raggiunto immediatamente, ma che nel corso dei decenni, sarà raggiunto attraverso gli inesorabili sforzi delle Istituzioni Superiori di Controllo”[38].

I principi contenuti nel suddetto documento sono dei valori indispensabili ed essenziali che hanno mantenuto la loro attualità sin dai primi anni in cui sono stati adottati. Essa è appunto significativa in modo uniforme ed equivalente per ciascuna delle Istituzioni Superiori di Controllo nazionali che compongono l’Organizzazione, sopratutto perché contiene una lista comprensiva di tutti gli obiettivi e questioni che coinvolgono direttamente il controllo della finanza pubblica e tali principi, con il loro linguaggio chiaro ed esaustivo, assicurano che l’attenzione non si allontani da questi elementi essenziali.

La Dichiarazione ha poi trovato attuazione nei “Criteri guida del controllo” (Auditing Standards) [39], e nel loro insieme costituiscono un’esposizione sistematica e coordinata di direttive comprendenti i postulati di base del controllo, da utilizzare quale punto di riferimento e punto di partenza, per tutti i Paesi aderenti, nell’emanazione della normativa primaria e secondaria propria del settore del controllo, ma anche come punto di riferimento per l’esercizio concreto dell’attività di controllo, ove si rilevi immediatamente possibile l’applicazione dei principi stessi [40].Il Preambolo della Dichiarazione di Lima contiene un’enunciazione di considerazioni che fungono da presupposti dei principi in essa esposti. In esso si afferma che “l’impiego regolare e razionale dei fondi pubblici costituisce una delle condizioni essenziali per assicurare la corretta gestione delle pubbliche finanze e l’efficacia dell’azione amministrativa”. L’importanza di quest’enunciazione è da dirsi fondamentale per due ragioni. Primo perché parte dalla constatazione che l’uso del denaro pubblico deve essere basato, oltre che su elementi giuridici (si parla di regolarità), anche su elementi logici (si parla di razionalità) [41]. Secondo, perché considera l’aspetto finanziario e quello di gestione amministrativa come due elementi strettamente congiunti. Infatti, ci dice che il regolare e il razionale uso del danaro pubblico sono condizioni essenziali sia per assicurare la corretta gestione delle pubbliche finanze sia l’efficacia dell’azione amministrativa. In effetti, la finanza pubblica e la stessa esistenza delle amministrazioni pubbliche che costituiscono il più grosso centro di raccolta e di redistribuzione del sistema [42], sono giustificate solo da quelle prestazioni che concretamente vengono rese alla collettività e dai risultati amministrativi effettivamente raggiunti.

Il Preambolo della Dichiarazione di Lima prevede che “gli obiettivi del controllo delle finanze pubbliche, cioè l’efficace utilizzazione dei fondi pubblici, la ricerca di una gestione rigorosa, la regolarità dell’azione amministrativa e l’informazione dei pubblici poteri a mezzo della pubblicazione di relazioni obiettive, sono utili alla stabilità ed allo sviluppo degli Stati e conseguentemente conformi ai fini delle Nazioni Unite”. Questa definizione sintetizza in modo adeguato il ruolo proprio del controllo, che è quello di esaminare l’attività del responsabile della gestione nella duplice ottica di migliorarne i risultati e di rendere conto al contribuente dell’impiego dei fondi pubblici da parte delle autorità responsabili della gestione. Non si tratta più di limitarsi al mero riscontro di verifica (intesa in senso ampio e generale, in quanto rivolta sia all’attività di controllo, ma anche a quella giurisdizionale del giudice amministrativo di tutela singolo privato) della legittimità dell’atto e di precludere (sia al controllore sia al giudice) di addentrarsi nel contenuto dell’atto (o meglio dell’attività per i controlli) o della pretesa (per la tutela giurisdizionale). Un tale sistema ha per lungo tempo impedito l’emersione del rapporto cittadino - amministrazione [43] e la possibilità di penetrare nel merito dell’operato amministrativo, creando "di fatto" una situazione di irresponsabilità se non addirittura di alibi per agire in tal modo [44]

Il controllo, in particolare, si pone, al pari di quanto nel settore privato, in un’ottica di separazione tra i gestori (management) e i “proprietari” (ownership). Nelle organizzazioni pubbliche l’ownership è dei cittadini, degli elettori, degli utenti-contribuenti, variamente (e assai imperfettamente) rappresentati dai loro rappresentanti eletti. Questa separazione dovrebbe imporre (quantomeno in una società democratica) a chi dirige un’organizzazione pubblica di “rendere conto” agli owners (variamente definiti e molto imperfettamente rappresentati) dei risultati raggiunti nel gestirla per loro conto e più in generale dell’uso fatto della loro delega. In questo senso parliamo di democratic accountability. Da quest’assunto si può osservare che per soddisfare quest’esigenza sono richiesti strumenti diversi da quelli usati per il management. I destinatari, gli utilizzatori del controllo di gestione sono tipicamente interni all’organizzazione, mentre i soggetti che utilizzano o dovrebbero utilizzare l’informazione su come vanno impiegate le risorse sono tipicamente esterni all’organizzazione, e rappresentano una lunga catena di interessi che (idealmente almeno) dovrebbe arrivare fino alla collettività e trovare fonte nelle garanzie obiettive della destinazione dei fini a mezzi pubblici e nella correttezza dei criteri di gestione. Da qui, come già evidenziato, l’esistenza di diversi tipi di controllo, in particolare, in quest’esempio, di quelli interni ed esterni, ma anche di quelli finanziari e gestionali.

A maggior ragione è stato apprezzato il contributo dell’Organizzazione internazionale per un settore così nuovo e specifico come quello dell’ambiente.

 In realtà i controlli in materia ambientale non si discostano molto da quelli più generici e tradizionali, ma le fonti e le conoscenze necessarie per attuarlo sono molto tecniche. Questo è il motivo per cui è stato istituito il Gruppo di lavoro dedicato a questo settore che fornisce le competenze, le informazioni e la bibliografia  necessaria per guidare le Istituzioni Superiori di controllo in una via nuova come quella dei controlli sulla gestione dell’ambiente. A livello europeo, in seno all’EURO.S.A.I. è stato istituito (in occasione del IV Congresso tenutosi a Parigi nel 1999) un Gruppo di lavoro sul controllo ambientale coordinato dalla Corte polacca. Il Gruppo è costituito dalle Istituzioni Superiori di controllo di venticinque Paesi europei ed è suddiviso in quattro sotto-gruppi a seconda delle aree geografiche. In particolare, sono stati predisposti dei progetti di controlli coordinati: uno parallelo sulla convenzione di protezione del mar Nero, proposto dall’Istituzione superiore di controllo della Romania ed un altro coordinato concernente la prevenzione e il trattamento dell’inquinamento del mare causato dalle navi, già regolato, in sede internazionale dalla Convenzione MARPOL, proposto da Olanda e Regno Unito [45].

In sintesi, l’attività di controllo ambientale in campo internazionale ed europeo è caratterizzata da una pluralità di iniziative dirette a facilitare i rapporti di collaborazione tra le Istituzioni dei diversi paesi e a favorire lo scambio di informazioni, conoscenze, esperienze, ecc., tra le quali si riportano le più rilevanti che sono: la verifica dell’attuazione e implementazione delle convenzioni internazionali; la verifica e il coordinamento delle politiche settoriali; la cooperazione tra gli stati al fine di valutare l’omogeneità e la conformità dei Governi; la collaborazione tra le Istituzioni superiori di controllo e tra esse e gli organi di controllo interno; lo scambio di informazioni e la messa a disposizione dei singoli Stati e delle organizzazioni internazionali dei risultati dell’attività di controllo ambientale; un sistema di informazione comunitaria per controllare i fenomeni di inquinamento; la verifica dei programmi comunitari per la protezione dell’ambiente.

In definitiva: quale miglior mezzo per tutelare l’ambiente e puntare allo sviluppo sostenibile, quindi, se non quello di effettuare in modo sempre più frequente e competente controlli sulla qualità della gestione dell’ambiente e sull’effettiva applicazione della crescente normativa ad esso rivolta.

 

6. Analisi ricostruttiva: il controllo finanziario - contabile.

6.1. In generale.

 

Si vuole prendere in considerazione la figura classica del controllo, quella di tipo finanziario e proiettarlo nella dimensione ambientale. Un tale controllo tipico di qualsiasi Istituzione Superiore di controllo ben può applicarsi anche sul controllo delle spese che hanno per obiettivo l’ambiente. Infatti, può adattarsi a tutte quelle ipotesi in cui il mandato del Controllore non prevede espressamente la materia ambientale o delle risorse naturali (c.d. ipotesi di mandato ristretto).

Comunemente e in base agli Auditing Standards il controllo di legittimità e di  regolarità - l’auditing finanziario-contabile - è finalizzato ad attestare l’affidabilità e l’attendibilità della contabilità delle amministrazioni e la conformità a legge e la regolarità delle procedure amministrative e contabili[46]. Esso presenta le seguenti caratteristiche: ha lo scopo di accertare la responsabilità finanziaria dei centri di spesa e di assicurare la responsabilità finanziaria dell’amministrazione governativa nella sua interezza e comprende l’esame e la valutazione dei rendiconti finanziari. In particolare, valuta l’esattezza e la completezza dei consuntivi finanziari relativi all’attività, al programma o all’organismo oggetto del controllo, certifica i conti generali dello Stato, accerta la legittimità e la regolarità delle transazioni riportate nei consuntivi finanziari, verifica la funzionalità dei controlli interni e di revisione, effettua il controllo sulle decisioni, sotto il profilo della probità e della correttezza adottate dall’organo controllato e, in definitiva, evidenzia qualsiasi altra questione che deriva o è connessa con l’attività di controllo e il Controllore ritiene che sia pertinente. Un modello che oggi è ripreso dalla nostra Corte è quello comunitario ripreso dall’esperienza INT.O.S.A.I.. Vi è, infatti, l’orientamento evolutivo della nostra Corte di riprendere, con opportuni adattamenti, quanto accade nell’ambito dell’attività di controllo della Corte dei conti dell’Unione europea con la dichiarazione d’affidabilità (DAS). Questa concerne l’affidabilità dei conti, la legittimità e la regolarità delle relative operazioni. Tramite tale dichiarazione, la Corte rilascia un certificato sui rendiconti finanziari dell’Unione ed un parere qualitativo sulle operazioni e sui sistemi di gestione. In sostanza, l’auditing finanziario-contabile è funzionale al giudizio di parificazione del rendiconto, tuttavia il suo efficace svolgimento richiederebbe (anche per non finire ad essere un doppione del giudizio di parificazione) un’attività di controllo setorializzata, selettiva e mirata che si esegue per campioni ma che sia indirizzata su una scala più ampia che comprende i conti della gestione e quelli patrimoniali. Pertanto l’obiettivo del controllo dei rendiconti finanziari è quello di mettere in grado il revisore di giudicare se tali rendiconti sono preparati, secondo tutti gli aspetti essenziali, in conformità con uno schema ben preciso di relazione finanziaria [47].

6.2. L’oggetto: i rendiconti finanziari.

 

Com’è noto i rendiconti finanziari hanno l’obiettivo di fornire informazioni sulla posizione finanziaria, sui risultati e sui flussi di cassa di un’entità, utili ad un’ampia gamma di utenti per prendere decisioni e valutarle ai fini dell’allocazione delle risorse. In modo specifico, gli obiettivi della relazione finanziaria di carattere generale nel settore pubblico dovrebbero essere quelli di fornire informazioni utili per i processi decisori, e per dimostrare la responsabilità dell’entità per le risorse ad essa affidate [48]. Di solito, i rendiconti finanziari (o delle loro entità costituenti) tendevano ad evitare le questioni di carattere ambientale. Nonostante ciò, si sta sempre più realizzando che ci sono costi, aspetti di conformità e performance associati con le politiche e gli obblighi di carattere ambientale, che dovrebbero essere rispecchiati nei resoconti finanziari.

 

6.3. (…)  e le questioni ambientali nel contesto di un controllo finanziario.

 

Come sopra notato, le questioni di carattere ambientale stanno diventando significative per un numero crescente di governi ed entità poiché ci sono settori dove le questioni ambientali potrebbero avere impatti determinanti sui rendiconti finanziari.

L’International Auditing Practices Committee (I.A.P.C, Comitato Internazionale per le Pratiche di Controllo) ha definito le questioni di carattere ambientale nel contesto di una verifica finanziaria come: “(a) le iniziative volte a prevenire, abbattere o rimediare ai danni all’ambiente o che affrontino la conservazione di risorse rinnovabili e non (tali iniziative potrebbero essere richieste da leggi e regolamenti ambientali o per contratto, oppure potrebbero essere intraprese volontariamente); (b) le conseguenze della violazione di leggi e regolamenti ambientali; (c) le conseguenze di danni ambientali perpetrati ad altri o alle risorse naturali e (d) le conseguenze della responsabilità indiretta imposta per legge (ad esempio, la responsabilità per i danni causati dai proprietari precedenti)”[49].

6.4. I sistemi di contabilità: la  contabilità per cassa  e la contabilità per competenza.

 

Ora si passa ad analizzare breve i sistemi di stesura di resoconti. Nel settore pubblico questi sono caratterizzati da varie prassi che vanno dalla contabilità per cassa a quella per competenza. Infatti, ci sono varietà di procedure che possono riferirsi solo alla contabilità per cassa o alla contabilità per competenza oppure quelle intermedie tra queste due estremità e possono anche combinare gli aspetti di entrambe le estremità [50].  Molti Paesi usano il criterio della cassa nella compilazione dei conti pubblici, perché questo è il criterio più vicino alla logica amministrativa.  In Italia, ad esempio, i conti pubblici sono essenzialmente basati sulla cassa e vi è ora la tendenza imposta dall’ U.e. di  adottare anche il sistema per competenza, anche se non è priva di difficoltà [51]. Nei paesi anglosassoni vi è tuttavia una diffusa tendenza a adottare conti basati sulla competenza economica [52].Nell’ambito dell’Unione europea invece, con il Trattato di Maastricht, si è manifestata la necessità di disporre i conti redatti secondo criteri omogenei per tutti i paesi, in particolare per la pubblica amministrazione. Si è convenuto di utilizzare i conti della contabilità nazionale, che si basano sul criterio della “competenza economica” (accruals), analogo a quello generalmente adottato dalle imprese nella compilazione del loro conto economico; e con il SEC95 (Regolamento n. 2223/96 del Consiglio) è stata precisata e raffinata la metodologia di elaborazione dei conti nazionali.

Il criterio della contabilità per cassa riconosce le transazioni e gli eventi dove i contanti (o equivalenti) sono ricevuti o pagati. Misura il risultato finanziario complessivo del periodo come la differenza tra i contanti ricevuti e quelli pagati. Il principale rendiconto finanziario è il rendiconto del flusso di cassa.

Diversamente, la contabilità per competenza riconosce le transazioni ed altri eventi quando questi accadano (e non solo quando contanti o equivalenti sono ricevuti o pagati). Gli elementi riconosciuti nei rendiconti finanziari secondo la contabilità per competenza sono attività, passività, attivo netto/capitale netto, ricavi e costi.

In genere, si ritiene, che i conti basati sul criterio della cassa si prestano a molte manipolazioni, dal semplice slittamento (ma per importi potenzialmente molto rilevanti) di spese dalla fine di un anno all’inizio del successivo, alla registrazione tra le entrate di operazioni che hanno in realtà la natura dell’indebitamento, mentre ad esempio non vengono contabilizzati gli interessi passivi se non al momento del pagamento. In passato si è fatto largo uso di quella che è chiamata “ingegneria finanziaria”, sia a livello di bilancio sia di contabilizzazione del fabbisogno [53].

Invece una contabilità per competenza economica (accruals) sarebbe preferibile giacché rileva il valore dei beni e servizi forniti dal settore pubblico, indipendentemente dal fatto che siano stati pagati o no, e consente di valutare meglio la variazione dell’indebitamento e l’impatto della finanza pubblica sull’economia reale.

6.5. Come le questioni ambientali influiscono sui rendiconti finanziari:

 

a) le questioni ambientali e la contabilità per cassa.

 

Le questioni ambientali possono influire sui rendiconti finanziari preparati secondo il principio di contabilità per cassa. Nonostante ciò, gli effetti sui rendiconti finanziari sono più limitati rispetto ai rendiconti finanziari redatti secondo un principio per competenza.

Le questioni ambientali possono influire sui flussi di cassa di un’entità durante il periodo di rendiconto. In aggiunta ci potrebbe essere un impatto ove la relazione di conformità sia inclusa nei resoconti finanziari di un governo. Ad esempio, ove si richieda che l’entità dimostri la conformità a leggi e regolamenti ambientali.

 

b) (…) e la contabilità per competenza.

 

Le questioni ambientali possono avere un impatto sui rendiconti finanziari preparati secondo il criterio per competenza in molti modi. Ci sono standard internazionali di contabilità, che indirizzano i principi generali per il riconoscimento, la misurazione e la divulgazione di questioni ambientali in un resoconto finanziario[54].

Ad esempio, l’introduzione di leggi e regolamenti ambientali potrebbe implicare un obbligo a riconoscere il danneggiamento dei beni e di conseguenza una necessità di registrare il valore contabile.

L’inosservanza di requisiti legali riguardanti le questioni ambientali, come emissioni o smaltimento rifiuti, potrebbe richiedere l’attribuzione di attività correttive, costi di compensazione o legali. Ad esempio, l’inosservanza delle leggi di controllo dell’inquinamento potrebbe portare a multe e penalità.

Alcuni costi operativi annuali sono per natura ambientali. Ad esempio, i costi energetici possono essere considerati come costi ambientali poiché l’uso dei combustibili fossili è una fonte di anidride carbonica e di inquinamento atmosferico.

Alcune entità potrebbero avere la necessità di riconoscere gli obblighi ambientali come passività nei rendiconti finanziari. Ad esempio, gli obblighi associati con la chiusura e manutenzione dell’interramento dei rifiuti solidi e gli obblighi di ripristino associati alle operazioni di estrazione.

Un’entità potrebbe aver necessità di dichiarare un potenziale obbligo di carattere ambientale come sopravvenienza passiva ove: il possibile obbligo dipenda dal possibile verificarsi di un evento futuro; oppure l’ammontare dell’obbligo presente non possa essere ragionevolmente stimato; oppure non sia probabile un’uscita di risorse per estinguere gli obblighi.

Nel rispettare i rilevanti requisiti standard di contabilità, potrebbero essere richieste alcune dichiarazioni addizionali nelle note dei rendiconti finanziari. Alcuni esempi potrebbero includere: il settore in cui l’entità opera e le questioni di carattere ambientale associate; il trattamento contabile adottato per i costi ambientali, ad es., che cosa è incluso, quando le voci sono messe a spesa o a capitale, come sono ammortizzate nei confronti dell’utile, ecc.; multe e ammende in cui si è incorsi in base alla legislazione ambientale; e responsabilità di ripristino ambientale, incluse le incertezze di misurazione, la natura e la collocazione nel tempo.

6.6. L’attività concreta di controllo.

 

Chiaro è che in tutti i controlli è necessaria una conoscenza adeguata dell’attività per mettere in grado il revisore di identificare e comprendere le questioni che possano avere conseguenze significative sui rendiconti finanziari, sullo stesso processo di controllo e sull’ esito. Tuttavia non si dovrebbe pretendere che il controllore abbia maggiore conoscenza degli amministratori o degli esperti ambientali.

In sostanza, il controllore di regolarità dovrebbe prendere in considerazione il settore in cui opera l’entità controllata al fine di fornire utili indicazioni sulla possibile esistenza di responsabilità e imprevisti di carattere ambientale. Alcuni settori e attività sono maggiormente esposti a rischi ambientali; ad esempio, le industrie chimiche, quelle petrolifere e del gas, quelle farmaceutiche, di estrazione oppure quegli organi pubblici (agenzie governative) con responsabilità per la gestione o la regolamentazione ambientale.

Una volta acquisita una conoscenza adeguata dell’attività, il controllore valuta il rischio di rilevanti dichiarazioni inesatte nei rendiconti finanziari. Questo includerebbe il rischio di dichiarazioni inesatte dovute a questioni di carattere ambientale, e più precisamente nel caso di specie i rischi ambientali. Esempi di rischi ambientali riguardano i costi di adeguamento previsti dalla legislazione e l’impatto dell’inosservanza di leggi e regolamenti ambientali.

Il soggetto controllato può adottare differenti approcci per ottenere il controllo sulle questioni ambientali. Le entità più piccole o le entità con bassa esposizione al rischio ambientale potrebbero adottare al proprio interno, nell’ambito dei loro normali sistemi di controllo interni [55], anche un controllo di tipo ambientale. Mentre le altre entità con alta esposizione al rischio ambientale potrebbero progettare e operare un sottosistema di controllo interno separato; ad esempio a livello internazionale è stato elaborato il sistema di gestione ambientale chiamato EMS -Environmental Management System [56]. In questi casi il Controllore esterno potrebbe avvallerei degli esiti dei controlli interni secondo i vari sistemi: metodo basato sull’analisi dei sistemi - MBAS (quando il controllore esterno è persuaso dell’adeguatezza dei controlli interni) o il metodo basato sulle verifiche di convalida dirette - VCD (quando invece i risultati di una valutazione preliminare sull’attendibilità dei controlli interni inducono a ritenere che essi sono carenti oppure sussiste una dispersione geografica dei controlli o quando la verifica del loro funzionamento presenta particolari difficoltà).

Nel pianificare ed eseguire un controllo, il controllore di regolarità valuta sotto il profilo della legittimità la conformità con le leggi e i regolamenti applicabili, sotto l’aspetto dell’influenza che la non conformità possa avere sull’essenza dei rendiconti finanziari, anche se non ci si può aspettare da un controllo che individui il mancato rispetto di tutte le leggi e i regolamenti [57]. Infatti, si ritiene che il controllore ottenga una comprensione generale delle leggi e dei regolamenti ambientali che potrebbero portare a rilevanti inesattezze di dichiarazione nei rendiconti finanziari o che potrebbero avere un impatto fondamentale sulle operazioni di un’entità di spesa[58].

Gli Auditing Standards ai paragrafi 23-24 fissano il principio secondo il quale lo “sviluppo di sistemi adeguati di informazione, di controllo, di valutazione e di relazione all’interno dell’amministrazione facilita il processo di responsabilità” e che “gli amministratori sono responsabili per la correttezza e l’adeguatezza della forma e del contenuto dei resoconti finanziari e di altre informazioni”[59]. A tal fine si auspica che i centri di responsabilità, cioè di spesa, adottino una relazione di conformità. La relazione di conformità consiste nel mettere in relazione i risultati attuali con quelli di budget o pianificati [60] e può essere inclusa nei resoconti finanziari governativi. La relazione di conformità permette ai Controllori di valutare la dimensione della performance di conformità della gestione dell’entità. Tale tipologia di controllo, nella sua funzione integrativa, può aiutare a sanare eventuali divari che si creano tra le promesse di un governo (del ministero o della sua agenzia) e i risultati ottenuti dalle sue politiche e programmi [61].

Questo tipo di controllo ambientale può assolvere la funzione di promuovere la legittimità e la regolarità o fornire una maggiore certezza di conformità alla politica e alla legislazione ambientale esistenti e imminenti, ridurre i rischi e i costi associati dovuti all’inosservanza dei regolamenti, evitare i costi minimizzandolo e contribuire ad identificare le responsabilità e i rischi.

 

7.  Sul controllo gestionale.

 

In questo scritto è stato trattato in particolare il controllo finanziario-contabile di legittimità e di regolarità sull’ambiente, modello presente nel mandato (anche se ristretto) di ogni Istituzione Superiore di Controllo. Pertanto, anche le risorse finanziarie che riguardano l’ambiente e in definitiva l’obiettivo della sostenibilità ambientale come sopra definito può rientrare tra i controlli finanziari. Le modalità di questo controllo, come del resto di altri, oggi sono ben delineate e in continuo aggiornamento in seno all’INT.O.S.A.I. e lo scambio di esperienze e l’attività collaborativa conducono verso un continuo affinamento e miglioramento dei sistemi di controllo.

Non si escludono tuttavia i controlli di tipo gestionale, in parte già sopra  trattati al par. 3 punto 4.

Il controllo di tipo gestionale (performance audit) consiste nel valutare se la gestione dell’attività, del programma o dell’organismo sia improntata ai canoni dell’economicità e/o dell’efficienza e/o dell’efficacia, e precisamente questo tipo di controllo riguarda:

a) l’economicità delle attività amministrative in conformità ai principi, alle pratiche e alle politiche della buona gestione;

b) l’efficienza dell’utilizzazione delle risorse umane, finanziarie e di altro tipo, compreso l’esame del sistema informatico, dei parametri di risultato e di controllo e l’efficienza dei procedimenti seguiti dai soggetti controllati per correggere le distorsioni;

c) l’efficacia dei risultati in relazione agli obiettivi del soggetto controllato e il raffronto tra l’impatto attuale con quello previsto.

Distinguere i due tipi di controllo (finanziario-contabile e gestionale) non equivale negare la loro coesistenza, come del resto sarebbe errato sostenere che comportano una sovrapposizione. Anzi, quanto è emerso dalla dottrina più attenta [62] e dalla pratica internazionale [63] e comunitaria, i controlli successivi di legittimità e di regolarità finanziaria – contabile rappresentano una prima fase, peraltro, necessaria per lo svolgimento successivo (se effettuato dallo stesso organo controllore o dalla una sezione diversa dello stesso organo) del controllo gestionale sui risultati [64]. Ma non solo, anche il controllo preventivo, esclusivamente di legittimità (e non può essere diversamente) potrebbe inserirsi in questo circuito di collegamento, in quanto è finalizzato, assieme ai due tipi di controllo (finanziario e gestionale) a realizzare il giudizio di parificazione.  

         Infine, il controllo di tipo gestionale, come sopra rilevato può eseguirsi su vari livelli e assumere una connotazione di controllo strategico a livello macro o meso e spesso limitarsi cioè a un esame sulla fondatezza dei programmi formulati dal governo, cioè si identificherebbe in un’attività refertuale non preceduta da un effettivo controllo oppure fornire una valutazione della opportunità e dell’utilità delle decisioni e dell’efficacia dell’operato degli organi politici che hanno l’incarico di organizzare l’apparato burocratico gestionale e che sono responsabili del loro operato davanti al Parlamento. L’espressione che normalmente appare per delineare un tale tipo di controllo (oltre alla figura dei controlli di legittimità e di regolarità) è quella della “buona gestione” [65]. Un tale tipo di controllo ha il fine di analizzare l’operato pubblico alla luce dei principi generali della sana gestione. Oppure vi può essere il controllo gestionale in senso proprio effettuato sulla base di tutte le tre E a livello micro, cioè laddove vi sia un’effettiva e concreta attività amministrativa e di spesa misurabile concretamente con gli indicatori di produttività e rendimento. Lo stesso può valere per i controlli nell’ambito ambientale. Si possono controllare sotto i profili della buona o sana gestione i programmi a livello macro, la loro attuazione nei vari settori, cioè a livello meso oppure anche i risultati ottenuti dagli organi operativi a livello micro.

 

8. L’attività della Corte dei conti italiana.

 

La Corte dei conti italiana – se confrontata con le esperienze delle Istituzioni Superiori di controllo straniere – è espressamente incaricata di verificare l’andamento della politica ambientale nazionale. In particolare, ciò viene eseguito dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato[66], ma anche dalla Sezione delle autonomie (già Sezione enti locali e già Sezione autonomie)[67], della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali[68] e delle Sezioni regionali di controllo.

La Sezione maggiormente competente su questo aspetto è la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato. Interessante è leggere quali sono le finalità che si prefigge[69]. In particolare, sulla scia dell’orientamento della Corte dei conti, anch’essa svolge un compito che va oltre la semplice informazione al Parlamento e al Governo riguardo alla correttezza e all’efficacia dell’azione dell’Amministrazione pubblica, ma si amplia anche alla stimolazione dell’autocorrezione da parte di questa. L’ultimo aspetto rientra in particolare nella prospettiva della sentenza della Corte costituzionale (n. 29 del 1995) che ha riconosciuto la Corte dei conti quale organo “al servizio della comunità”, “garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico” e “della corretta gestione delle risorse collettive, sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità”. Date queste premesse l’obiettivo della Sezione è che l’attività va improntata al criterio di tempestività e di formulare osservazioni paradigmatiche per l’assunzione di comportamenti virtuosi.  Proprio tale finalità ausiliaria della funzione della Corte richiede di tener conto degli obiettivi ritenuti di maggiore rilevanza tra quelli indicati nelle leggi finanziarie, nel D.P.E.F. e nelle Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri; senza trascurare, peraltro, attività che, sotto il profilo storico o per intrinseca connotazione, presentano elementi problematici. In particolare, la scelta delle gestioni da sottoporre all’attività di controllo è ispirata a criteri di carattere generale, quali: a) l’entità delle risorse finanziarie dei programmi inseriti nei bilanci; b) la complessità delle gestioni, sia in termini di competenze decisionali che di moduli operativi; c) l’importanza strategica attribuita dalle assemblee parlamentari e dagli organi di governo alla realizzazione del programma; d) l’esigenza di approfondire punti critici emersi a seguito di precedenti indagini; e) l’esigenza di verificare l’attività di autocorrezione posta in essere dall’Amministrazione, a seguito di precedenti indagini svolte dalla Corte; f) l’individuazione di elementi sintomatici di cattivo andamento della gestione, quali ritardi nell’attuazione dei programmi o la mancata utilizzazione di fondi; g) il grado di innovatività dei programmi in corso di realizzazione, con particolare riguardo agli obiettivi di contenimento dei costi ed ai collaterali strumenti di monitoraggio.

Sulla base di queste premesse, ad esempio, per il 2003 aveva inserito tutta una serie di controlli riguardanti l’ambiente: nella Categoria II Riforma dell’organizzazione amministrativa, pianificazione dei controlli, gestione delle risorse umane l’attività di controllo è volta a verificare, sotto il profilo funzionale e finanziario, l’attuazione del processo di riorganizzazione del Ministero e dell’Agenzia (già ANPA, ora denominata APAT) ([70]); nella Categoria IV Lavori pubblici e realizzazione di infrastrutture è previsto il controllo sul Finanziamento, coordinamento e monitoraggio dei programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST) [71]; infine c’è la Categoria VI – Gestioni inerenti alla tutela dell’ambiente. Qui  l’oggetto del controllo sono essenzialmente i fondi destinati a finanziare programmi di tutela ambientale [72] e lo scopo è verificare gli aspetti più rilevanti della gestione, al fine di valutare i tempi e le forme di effettiva messa a disposizione e fruizione delle risorse stanziate, nonché i progetti predisposti; le iniziative concretamente assunte in esecuzione degli stessi, i soggetti coinvolti ed i risultati conseguiti.

 

9. Conclusioni.

 

Infine, per concludere, a dimostrazione dell’importanza del controllo sulle risorse finanziarie destinate a preservare quelle naturali si richiama un problema molto attuale anche per il nostro Paese che è l’acqua. Di tale aspetto se n’era occupata la Corte dei conti Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali con la delibera n.3/2002 sulle risorse idriche. Essa tratta di un gravissimo problema sempre più attuale che è la scarsità del “bene sociale” acqua. Un problema che è andato “gradualmente aumentando in vaste aree del pianeta producendo, in combinazione con le modificazioni climatiche ed ambientali, gravissime conseguenze, che vanno dall’allargamento delle aree geografiche soggette a lunghi periodi di siccità alla perdita di vasti territori a causa della piaga della desertificazione. Tali fenomeni per la loro gravità e per le pesanti ripercussioni sociali ed economiche sulle popolazioni coinvolte, tendono non solo a far aumentare le disparità già esistenti fra Paesi ricchi e Paesi poveri, ma anche ad amplificare i flussi migratori sia interni, verso i grandi centri urbani delle nazioni interessate, sia i flussi migratori esterni, verso i Paesi del nord del mondo, ad innescare controversie internazionali sulle fonti di approvvigionamento, ad un veloce depauperamento degli habitat naturali, ad un perdurante stato di carestia” [73].

Come vale per tutte le risorse naturali anche per il “bene sociale” delle risorse idriche gli aspetti da affrontare sono molti: dalla ripartizione delle competenze, legislative ed amministrative, fra Stato regioni ed autonomie locali, alla qualità dell’acqua che coinvolge la tutela dell’ambiente e del territorio, all’aspetto economico caratterizzato dal tentativo di offrire l’acqua ad un prezzo remunerativo del servizio pubblico reso [74]. In sostanza il “buon governo delle acque”.

Chiaro è che il buon governo delle acque, come del resto il buon governo delle risorse naturali, passa attraverso la concentrazione delle risorse finanziarie nell’ammodernamento e nello sviluppo, in questo caso, delle reti idriche. Evidente è il ruolo del Controllore sulla finanza pubblica - la  Corte dei conti – (e in questo caso specifico della Sezione del controllo degli affari comunitari ed internazionali). Come per gli altri aspetti, anche per questo, non meno problematico e grave che abbraccia tutto il Pianeta per la serie di ragioni sopra elencate, il Controllore secondo la propria visuale cerca di dare un contributo alla soluzione del problema ed analizzare e poi controllare la disponibilità e l’utilizzo delle risorse finanziarie provenienti dalla collettività per risolvere problemi e preservare altre risorse, quelle naturali, di cui la collettività ha ancora maggiore diritto di fruire. Giustificazione questa per considerare la Corte dei conti, e in particolare nell’esercizio delle sue funzioni di controllo, quale organo “al servizio della comunità”, “garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico” e “della corretta gestione delle risorse collettive, sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità” e (nell’ipotesi di specie) della sostenibilità dell’ambiente (environment) per contribuire alla realizzazione di risultati ambientali sostenibili.

 

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* Comunicazione al  4° Convegno di Studi di Diritto Minerario e delle Risorse Naturali sul tema: “Tutela delle risorse naturali e gestione dei rifiuti”, Roma, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Economia, Dipartimento di Diritto dell’Economia, 6-7 novembre 2003.

** Ricercatore di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Trieste.Docente di Diritto amministrativo europeo.

[1] The introduction of the fourth E is a Way in which the powers of a Supreme Audit Institution can be described. Combined with the E’s Economy, Effectiveness, Efficency, this fourth E stands for Environment. Così:  INT.O.S.A.I WORKING GROUP ON ENVIRONMENTAL AUDITING c/o The Netherlands Court of Audit, Third survey on enviromental auditing (2000), September, 2001,  Ed. INT.O.S.A.I, pp. 15-19 reperibile su www.intosai.org.

[2] Osserva, infatti, G. MARONGIU (L’attività direttiva nella teoria giuridica dell’organizzazione, Padova, 1989, p. 147) che la p.a. realizza un’attività funzionalizzata, rispondendo ai rappresentanti della società non in termini di legalità o di legittimità, ma di conseguimento degli scopi e di ottenimento dei risultati. Su questo tema si v. in particolare A. POLICE, La predeterminazione delle decisioni amministrative, Napoli, 1997, M. R. SPASIANO, Funzione amministrativa e legalità di risultato, Torino, 2003 e L. IANNOTTA (a cura di), Economia, diritto e politica nell’amministrazione di risultato, Torino, 2003.

[3] Il Consiglio europeo di Goteborg (15-16 giugno 2001) ha approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile dell'Unione europea, affermando il principio secondo il quale nella definizione delle politiche di intervento deve essere considerato preventivamente il loro impatto economico, sociale ed ambientale. La dimensione ambientale della strategia è ulteriormente definita nel Sesto Programma di azione per l'Ambiente che individua, nell'arco del prossimo decennio, i principali obiettivi ed azioni in relazione a quattro aree prioritarie: cambiamento climatico, natura e biodiversità, ambiente salute e qualità della vita, uso sostenibile e gestione delle risorse naturali e di rifiuti. Il Piano d'Azione richiede che le disposizioni in materia di protezione dell'ambiente vengano integrate in tutte le politiche e le azioni comunitarie, richiamando e definendo in tal modo le modalità di attuazione di uno dei principi del diritto comunitario espresso dall'articolo 6 del Trattato di Amsterdam che: "le necessità della protezione ambientale devono essere integrate nella definizione e implementazione delle politiche e delle attività comunitarie (….), in particolare con l'ottica di promuovere lo sviluppo sostenibile". Nell'ambito degli impegni internazionali assunti vi è, a livello nazionale, la Delibera del C.I.P.E del 2 agosto 2002 sulla Strategia nazionale ambientale per lo sviluppo sostenibile di cui infra.

[4] Come non ricordare il più recente World Summit on Sustainable Development tenutosi a Johannesbourg nel 2002, il documento conclusivo (tra cui l’Agenda 21) della Conferenza di Rio del 1992, il famoso accordo di Kyoto, la convenzione sul controllo dei movimenti e collocazione dei rifiuti pericolosi (1989), la convenzione sulla prevenzione dell’inquinamento marino dovuto allo scarico di rifiuti (Londra 1972), la convenzione per la prevenzione dell’inquinamento marino prodotto dalle navi (MARPOL 1978), la Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale (Ramsar 1971), la Convenzione contro la desertificazione (1994), la Convenzione sulla bio-diversità (1992), la Convenzione per la protezione della fascia dell’ozono (Vienna 1985) e questi sono solo alcuni dei più importanti. Ciò ad indicare quanto l’argomento sia di crescente interesse.

[5] S. CASSESE, Lo spazio giuridico globale, Bari, 2003 e S. BATTINI, Amministrazioni senza Stato. Profili di diritto amministrativo internazionale, Milano, 2003, p. 220.

[6] R. RIVIELLO, I conflitti e le convergenze di interessi e di tutele fra diritto internazionale dell’ambiente e diritto internazionale dell’economia, in G. PORRO (a cura di), Studi di diritto internazionale dell’economia, Torino, 1999, p. 184.

[7] INT.O.S.A.I. - AUDITING STANDARDS COMMITTEE, Auditing Standards, issued at the XIVth Congress of  INT.O.S.A.I. in 1992 in Washington D.C. (U.S.A.) as emended by the XIVth Congress in 1995 of  INT.O.S.A.I. in Cairo (Egyp), Vienna, Revised Edition 1995, paragraphs 20-22.

[8] Principio rimarcato dal THE PUBLIC AUDIT FORUM, The Principles of Public Audit. A statement of The Public Audit Forum, su www.public-audit-forum.gov.uk/principles of public audit..  Il Public Audit Forum è stato creato nel 1997 a seguito del rapporto contenuto nel  White Paper "The Governance of Public Bodies: a Progress Report" il quale  suggeriva l’opportunità che le quattro agenzie di controllo del Regno Unito (the National Audit Office, the Northern Ireland Audit Office, the Audit Commission for Local Authorities and the National Health Service in England and Wales and the Accounts Commission for Scotland) si raggruppassero in un’associazione al fine di sviluppare una linea di pensiero comune in ordine all’espletamento della funzione di controllo. Il principio fondamentale racchiuso nel documento citato e sopra richiamato per riassunto prevede che: The Public Audit Forum believe that there are three fundamental principles which underpin public audit: 1) the independence of public sector auditors from the organisations being audited, 2) the wide scope of public audit, that is covering the audit of financial statements, regularity (or legality), propriety (or probity) and value for money; and 3) the ability of public auditors to make the results of their audits available to the public, and to democratically  elected representatives.

[9] Ridurre le emissioni inquinanti in linea con gli andamenti concordati in sede europea in un quadro di misure che tenga conto delle specificità nazionali e della complessiva competitività del sistema economico.

[10] Migliorare il livello di qualità della vita e di benessere sociale riducendo i livelli d'inquinamento, garantire la sicurezza alimentare e rendere sicure le attività produttive con particolare riguardo alla produzione e l'utilizzo delle sostanze chimiche.

[11] Tutelare, conservare, ripristinare e sviluppare il funzionamento dei sistemi naturali, degli habitat naturali e della flora e fauna selvatiche.

[12] Garantire una migliore efficienza delle risorse e una migliore gestione dei rifiuti e determinare il passaggio a modelli di produzione e di consumo più sostenibili.

[13] Fronteggiare il traffico e i livelli di congestione, rumore e inquinamento crescenti attraverso politiche sostenibili e promuovere l'impiego di modalità di trasporto più sostenibili e rispettosi dell'ambiente e l'introduzione di forme di telelavoro. Intervenire sui problemi legati al trasporto di sostanza pericolose via mare.

[14] Aspetto questo particolarmente interessante e degno di uno studio approfondito. Si tratta di affiancare ai tradizionali strumenti di misura del benessere economico (PIL) degli strumenti in grado di contabilizzare entità, uso e stato di conservazione delle risorse naturali. Bisogna soprattutto avere la capacità di spezzare l’equazione del Novecento: benessere commisurato alla crescita del PIL, conseguente aumento del consumo di energia e della mobilità, e quindi della produzione delle emissioni inquinanti. Equazione che, come evidente, è oggi messa in discussione dalla semplice constatazione che la crescita economica, il bisogno legittimo di nuovi beni e servizi da parte dei Paesi non sviluppati renderanno insostenibili, sino al punto di rottura, le pressioni sull’ambiente.

A tal fine sarà utile accompagnare gradualmente agli strumenti tradizionali di misura della ricchezza economica quali il Prodotto Interno Lordo (PIL) altri strumenti capaci di rendere conto dei risultati ottenuti nella difesa della qualità della vita e dell’ambiente e il guadagno o la perdita degli stock di risorse naturali. Esempi di questi strumenti sono la contabilità ambientale e il sistema fiscale «modificato» in senso ecologico.

[15] Tra gli strumenti d'azione, la Strategia prevede l'integrazione del fattore ambientale in tutte le politiche di settore, a partire dalla valutazione ambientale di piani e programmi; l'integrazione del fattore ambientale nei mercati, con la riforma fiscale ecologica nell'ambito della riforma fiscale generale, la considerazione delle estemalità ambientali e la revisione sistematica dei sussidi esistenti; il rafforzamento dei meccanismi di consapevolezza e partecipazione dei cittadini; lo sviluppo dei processi di Agenda 21 locale; l'integrazione dei meccanismi di contabilità ambientale nella contabilità nazionale.

[16] Su questo aspetto si v. in particolare: P. ROMEI, Risultati e produttività negli enti pubblici, Franco Angeli, Milano 1988, p. 30.

[17] The concept of sustainable development forms part of the definition (of environmental auditing) only as far as is part of the government policy and/or program to be audited.Così INT.O.S.A.I WORKING GROUP ON ENVIROMENTAL AUDITING, How SAIs may co-operate on the audit of international environmental accords, Netherlands Court of Audit, The Hague, 1998, p. 22.

[18] A tal proposito presso il sito <http://environmental_auditing.org> il testo Sustainable development the role of Supreme Auditing Institutions permette di cogliere tutti i collegamenti fra l’attività di controllo ambientale svolta dalle Sai e la possibilità di raggiungere la sostenibilità dello sviluppo.

[19] Su questo aspetto: A. ZULIANI, La misurazione dell’attività amministrativa, in Riv. trim. di scienza dell’amministrazione, 1996, 2, p. 34 e ss; I. BORELLO e G. SALVEMINI, Il ruolo della valutazione delle politiche pubbliche nella riforma amministrativa, in Riv. dir. Finanziario e Scienza delle finanze, 2, 1999, p. 174; M. CARABBA, La valutazione dei risultati delle politiche pubbliche: soggetti, strumenti e prospettive, in Atti del Convegno sul tema: “I controlli delle gestioni pubbliche”, Perugia 2-3 dicembre 1999, Banca d’Italia, Roma 1999, p. 320.

[20] Il controllo è svolto sulla base dei parametri della legittimità, della regolarità, dell’efficacia (“rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge”, così per inciso l’art. 3, c. 4, L. n. 20 del 1994), dell’efficienza (“valutazione comparativa dei costi, dei modi e dei tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa”, così per inciso l’art. 3, c. 4, L. n. 20 del 1994) e dell’economicità (razionale acquisizione delle risorse e dei materiali). Esso  verifica anche il funzionamento dei controlli interni del cui esito si avvale per effettuare i propri accertamenti. 

La Corte dei conti ( si v. a proposito la deliberazione della CORTE DEI CONTI, Sezioni Riunite in sede di controllo, 18 ottobre 2001 - 5 novembre 2001, n. 38/CONTR./PRG/01. - Programma del controllo sulla gestione ai sensi dell’art. 5, comma 1 del Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti (Deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000), sempre sulla scia dell’esperienza internazionale in seno all’INT.OS.A.I e a quella della Corte dei conti dell’U. e., distingue tra il controllo che verifica “la legittimità e la regolarità delle gestioni” che può definirsi controllo economico/finanziario con funzione referente e quel controllo che “accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa” che può definirsi controllo successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche.

            La distinzione tra queste due funzioni del controllo successivo inizia appena ora ad emergere (Non è sbagliato dire che “inizia ad emergere”, in quanto, com’è stato rilevato da M. CIANI (Quattro anni di monitoraggio della giurisprudenza della Corte dei conti in materia di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, in CORTE DEI CONTI, Seminario permanente sui controlli, Aspetti istituzionali e metodologici del controllo di gestione, Roma, 15 ottobre 2001, p. 63) nella prima fase che copre il 1994 e buona parte del 1995, emerge una totale assenza di delibere che possano pienamente ritenersi frutto della nuova forma di controllo) come del resto si individua dalla lettura degli atti della Corte. Questa distinzione è funzionale, sia in riferimento all’ambito temporale di svolgimento di ciascun (tipo di) controllo, ma anche in riferimento al momento (inteso sequenza temporale dei due aspetti del controllo) e al contenuto.

[21] Secondo il quale la Corte dei conti delibera con regolamento le norme concernenti l’organizzazione, il funzionamento, la struttura dei bilanci e la gestione delle spese.

[22] Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede di controllo, 13 dicembre 2000, n. 4/Contr./2000. - Programma del controllo sulla gestione (per il 2001) ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Regolamento “per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti” (deliberazione n. 24 del 16 giugno 2000), p. 3.

[23] A questo livello il Controllore (la Corte dei conti) esercita la sua funzione costituzionale di organo di verifica dei complessivi equilibri di finanza pubblica e nel tempo ha ampliato le sue valutazioni in sede di parificazione, tenendo conto della evoluzione legislativa della decisione di bilancio (esposizione dal tesoro al Parlamento del fabbisogno di cassa del settore statale e del settore pubblico) includendo nella relazione che accompagna il giudizio sul rendiconto i risultati della gestione finanziaria con riferimento all’intero settore pubblico. Ma non solo: le valutazioni della Corte dei conti sugli andamenti complessivi della gestione del settore pubblic, sono anche volte a verificare il rispetto dei parametri comunitari (come il rispetto del Patto di stabilità).

[24] I termini di riferimento programmatici per l’impostazione di questo tipo di controlli, definiti strategici, sono offerti: dalle leggi di programma; dai programmi approvati dal Consiglio dei Ministri o dal CIPE; dal Documento di programmazione economico-finanziaria; dalle note preliminari premesse agli stati di previsione dei Ministeri; dalle direttive dei Ministri previste dagli articoli 3 e 14 del d.Lgs.. n. 29 del 93; dall’esame dell’attuazione del “bilancio politico” secondo la classificazione per funzioni-obiettivo e per centri di responsabilità.

[25] I compiti del controllo esterno sulla gestione, a livello “micro”, sono riconducibili alle seguenti tipologie: a) “metavalutazione” del reale funzionamento, delle metodologie e delle conclusioni dei controlli interni; b) comparazione fra fenomeni gestori riconducibili a standard, prodotti e servizi forniti, indicatori di risultato, tra loro confrontabili entro sistemi a maglie di rete (secondo la metodologia e terminologia internazionale si parla di “benchmarking”); c) programmazione selettiva di indagini autonome concernenti leggi di programma o fenomeni gestori di particolare rilievo secondo i criteri fissati dalle regole INT.O.S.A.I.

[26] Fonte: INT.O.S.A.I WORKING GROUP ON ENVIROMENTAL AUDITING c/o The Netherlands Court of Audit, Third survey on enviromental auditing (2000), September, 2001,  Ed. INT.O.S.A.I, pp. 15-19 reperibile su www.intosai.org..

[27] INT.O.S.A.I WORKING GROUP ON ENVIROMENTAL AUDITING, Sustainable Development: The role of Supreme Audit Institutions, 2002, Ed. INT.O.S.A.I, p. 16 reperibile su www.intosai.org

[28] INT.O.S.A.I WORKING GROUP ON ENVIROMENTAL AUDITING, How SAIs may co-operate on the audit of international enviromental accords, Netherlands Court of Audit, The Hague, 1998, reperibile su www.intosai.org; a p.10 sui controlli concorrenti, a p. 12 sui controlli congiunti e a p. 16 sui controlli coordinati.

[29] L’esempio è quello delle Istituzioni Superiori di controllo della Danimarca e della Norvegia in merito all’acquisto dei carri armati Leopard. Lo scambio di informazioni ha reso possibile definire tra i due Stati il sistema di spesa per forniture militari e ha messo a confronto i due modelli di controllo.

[30] I precedenti si rinvegno nell’attività di controllo svolta nel 1997-98 dalla Danimarca, Norvegia e Svezia su alcuni aiuti forniti all’UNICEF. Non si trattava di un controllo sull’ UNICEF, ma sulla efficienza, efficacia ed economicità dei responsabili di gestione delle risorse da destinare ad aiuto di ciascun Paese menzionato. La relazione finale e le conclusioni erano uniche per tutti i tre Paesi e poi sono state divulgate all’interno di ciascuno di essi.

[31] Ad esempio le Istituzioni Superiori di controllo degli Stati Uniti, del Belgio, dell’Olanda, della Danimarca e della Norvegia nell’ambito del programma internazionale di difesa comune hanno condotto ei controlli sui contratti di acquisto degli aerei da guerra F-16.            

[32] Per un’introduzione allo studio di questo particolare aspetto si veda, in particolare, INT.O.S.A.I.- Offices of the Auditor General of Norway and Canada on behalf of the Working Group on Environmental Auditing,  Draft Booklet On How Sais May Co-Operate On The Audit Of International Environmental Accords, su www.enviromental-auditing.org/intosai/intosai.nsf.

[33] A tal proposito, per evidenziare la penetrazione di principi non normativi nell’ordinamento interno e la loro successiva trasformazione in precetti si riporta l’acuta osservazione di F.G. SCOCA (Contributo sul tema della fattispecie precettiva, Perugia, 1979, p. 10) secondo il quale il diritto è  una forza in movimento, in quanto “il diritto è sopratutto un fatto dinamico” nel senso che tende alla strutturazione formale “attraverso una serie di movimenti giuridici, e cioè attraverso una trasformazione graduale di una realtà non regolata in una realtà regolata”. Cioè “una dinamicità giuridica” a cui corrisponde una dinamicità materiale, “in connessione ed in conseguenza del susseguirsi di quei fatti che il diritto valuta appunto quali presupposti dalla regolamentazione” a cui corrisponde una dinamicità materiale.

[34] Per rendere l’idea dell’importanza e della divulgazione delle linee guida dell’INT.O.S.A.I. si rinvia la lettura  di  alcuni più significativi atti della Corte dei conti italiana e di quella dell’Unione europea dai quali emerge un loro recepeminento: la Deliberazione della Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede di controllo, 13 dicembre 2000, n. 4/Contr./2000. - Programma del controllo sulla gestione” ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Regolamento “per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti” (deliberazione n. 24 del 16 giugno 2000), p. 2; la Deliberazione della Corte dei conti, Sezione Centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Adunanza congiunta dei collegi I e II, 15 febbario 2001. – Programmazione delle attività di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato., p. 3; il Manuale della Corte dei conti dell’U.e (CORTE DEI CONTI EUROPEA, Strategie e norme di controllo della Corte, Lussemburgo, 2a Ed., maggio 2000)

[35] Si tratta di Gruppi Regionali che sono: per l’Africa: l’AFR.O.S.A.I. (1976) (African Organisation of Supreme Audit Institutions); per l’Arabia: l’ARAB.O.S.A.I. (1976) (Arab Organisation of Supreme Institutions); per l’Asia l’ASO.S.A.I (Asian Organisation of Supreme Institutions); il CAR.O.S.A.I. (1988) (Caribbean Organisation of Supreme Institutions); per l’Europa: l’EUR.O.S.A.I. (European Organisation of Supreme Institutions); per i Paesi dell’America latina: l’ OLACEFS (1965) (Organisation of Latin American and Caribbean Supreme Audit Instituions); per i Paesi del Sud Pacifico lo SPA.S.A.I. (1987) (South Pacific Association of Supreme Audit Instituions).

[36] E’ stata emessa al IX Convegno dell’INT.O.S.A.I. tenutosi a Lima (Perù) nel 1977 ed è stata approvata all’unanimità dalle delegazioni degli Stati aderenti. Il testo è reperibile, nelle lingue lingue ufficiali (arabo, francese, inglese, spagnolo e tedesco) negli Atti del Convegno (cit.), Vienna; su www.intosai.magnet.at./intosai/The Lima Declaration. La traduzione è invece reperibile in T. PARENZAN e A. CRISMANI, Codice di contabilità pubblica. Leggi fondamentali di Diritto contabile pubblico. Milano 2003, p. 1002 e ss. 

[37] T. PARENZAN, Profili del sistema dei controlli esterni sulla pubblica amministrazione con riferimenti al diritto comparato, Milano, 1983, p. 46; Stesso A., Ascendono al rango di diritti fondamentali dell’uomo della seconda generazione i diritti della collettività evidenziati dal diritto contabile pubblico in ordine alla gestione dei mezzi pubblici, in Riv.italiana di dir. Pubbl. Comunitario, 2003, 1, pp. 1- 53. In particolare a pp. 46-47 dove afferma che la Dichiarazione “costituisce per la materia dei controlli, ma pure per il valore universale dei connessi principi enunciati, la matrice della maggior parte delle legislazioni degli Stati di tutto il mondo”.

[38] Come appena sopra evidenziato un avvicinamento concreto avviene in sede di esecuzione di controlli congiunti, coordinati e concorrenti su aspetti comuni a due o più Stati sovrani o controlli congiunti nell’ambito comunitario.

[39] INT.O.S.A.I. - AUDITING STANDARDS COMMITTEE, Auditing Standards, issued at the XIVth Congress of  INT.O.S.A.I. in 1992 in Washington D.C. (U.S.A.) as emended by the XIVth Congress in 1995 of  INT.O.S.A.I. in Cairo (Egyp), Vienna, Revised Edition 1995.

[40] B. MANNA, I manuali nell’esperienza delle Istituzioni superiori di controllo. L’esperienza della Corte dei conti italiana. Presentazione del manuale “Linee guida del Controllo” elaborato in ambito U.E. sui principi INTOSAI, in CORTE DEI CONTI, Seminario permanente sui controlli, Atti del Convegno sul tema: Il controllo sulla gestione delle pubbliche amministrazioni: dalla “legge” al “manuale”, Roma, 28 ottobre 1998, Roma, 1998, p. 100.

[41] T. PARENZAN, Profili, cit. p. 39.

[42] G. REGONINI, Public Choice: una teoria per l’analisi delle politiche pubbliche, in Stato e Mercato, 1984, 11.

[43] A. ROMANO, Il cittadino e la pubblica amministrazione, in Studi in memoria di V. Bachelet, Milano 1987, p. 554.

[44] Si v. E. FIEDLER, The Lima declaration of Giudelines on Auditing Precepts, Foreword, Vienna, in the fall of 1998, su www.intosai.magnet.at./intosai/The Lima Declaration.

[45] Lo scritto di C. ASTRALDI DE ZORZI, Progetto di controllo coordinato tra le istituzioni di controllo facenti parte del gruppo di lavoro Eurosai sul controllo ambientale in tema di prevenzione e trattamento dell’inquinamento dei mari e dei porti, in Rivista della Corte dei conti, 2001, IV, pp. 258 e ss. traccia un’analisi approfondita della metodologia proposta da Olanda e Regno Unito per questo particolare tipo di controllo.

[46] Così definito anche nel nostro sistema. Si v. la Deliberazione della Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede di controllo, 13 dicembre 2000, n. 4/Contr./2000. - Programma del controllo sulla gestione” ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Regolamento “per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti” (deliberazione n. 24 del 16 giugno 2000), p. 2.

[47] INTERNATIONAL STANDARD ON AUDITING - ISA 200, Objective and General Principles governing an Audit of Financial Statements.

[48] INTERNATIONAL PUBLIC SECTOR ACCOUNTING STANDARD (IPSAS 1), Presentation of Financial Statements, International Federation of Accountants, May 2000.

[49] INTERNATIONAL AUDITING PRACTICE STATEMENT 1010: The Consideration of Environmental Matters in the Audit of Financial Statements, March 1998.

[50] INTERNATIONAL FEDERATION OF ACCOUNTANTS PUBLIC SECTOR COMMITTEE, Governmental Financial Reporting Accounting Issues and Practices, May 2000.

[51] Il passaggio dalla cassa alla competenza economica implica l’esame della natura di numerosissime operazioni (recenti e passate), difficile, laboriosa, ed in alcuni casi fors’anche discrezionale. Il raccordo tra rendiconto dello Stato (ma in realtà il raccordo è con le operazioni di Tesoreria più che col rendiconto dello Stato) e contabilità nazionale comporta una lunghissima lista di correzioni, in larga parte dovute a differenze di classificazione; tuttavia, secondo la stessa Corte dei Conti “resta non decifrabile la componente che determina il passaggio alla competenza economica”.

[52] Ad esempio, negli Stati Uniti gli interessi sono registrati per competenza economica e non per cassa. Recentemente, lo U.S. Federal Accounting Standards Advisory Board ha ampliato il concetto di competenza economica fino ad includere anche tutte le transazioni o i fatti che comportano conseguenze finanziarie (ad es: i trasferimenti, le pensioni etc), indipendentemente dagli effettivi pagamenti.

[53] G. RAGAZZI, Conti pubblici, cassa o competenza economica?, Relazione presentata al Convegno sul tema: “Finanza pubblica e contabilità nazionale”, Cogest, Roma, 25 ottobre 2001.

[54] Ad esempio, IAS 37: Provisions, Contingent Liabilities and Contingent Assets fornisce considerazione generali che si applicano al riconoscimento e dichiarazione di accantonamenti e sopravvenienze passive, incluse quelle derivanti da questioni di carattere ambientale. Sono forniti anche esempi di responsabilità ambientali.

[55] Su questo aspetto, per tutti, molto incisiva l’affermazione di S. CASSESE (Dal controllo sul processo al controllo sul prodotto, in Presidenza del Consiglio dei ministri. Dipartimento per la funzione pubblica, Il nuovo sistema di controllo interno nelle pubbliche amministrazioni, Roma, IpzS, 1993, p. 53 e ss.) secondo il quale i controlli interni sono “l’unica possibilità di controllo complessivo, ed al contempo efficiente, consentita dal definitivo affermarsi dello Stato multiorganizzativo, costituito da tante parti che debbono essere ricondotte ad unità”.

[56] Gli standard per un EMD sono stati pubblicati da INTERNATIONAL ORGANISATION FOR STANDARDISATION ISO 14001: Environmental Management Systems – Specification with guidance for use.

[57] ISA 250: Consideration of Laws and Regulations in an Audit of Financial Statements.

[58] Non ci si aspetta da un revisore che possieda l’esperienza o la competenza professionale per determinare se un’entità rispetta le leggi e i regolamenti ambientali. Il revisore può, comunque, utilizzare la sua preparazione, esperienza e comprensione dell’entità e del settore per riconoscere ove gli atti possano costituire una non conformità e dovrebbe ricercare ulteriore consulenza da esperti.

[59] INT.O.S.A.I., AUDITING STANDARDS COMMITTEE, Auditing Standards,  cit. par. 23-24, p. 18.

[60] International Federation of Accountants Public Sector Committee Governmental Financial Reporting Accounting Issues and Practices, May 2000.

[61]Altri sistemi contabili invece prevedono di riportare nei rendiconti finanziari o separatamente anche le informazioni sulla performance di servizio. In un tale contesto, le ISC potrebbero essere in grado di andare oltre gli aspetti contabili e del mero controllo di regolarità verso un controllo di tipo gestionale.

Chiaro è che se venisse richiesto ai principali dipartimenti e agenzie ambientali che nel chiedere i fondi effettuino una dichiarazione programmatica di cosa intendono ottenere (nel senso di indicare gli obiettivi da raggiungere) ciò potrebbe formare quella base di controllo annuale al fine di sorvegliare il progresso verso i risultati ambientali desiderati.  

[62] T. PARENZAN (Profili del sistema dei controlli esterni sulla pubblica amministrazione: con riferimenti di diritto comparato, cit. p. 231) già nel 1983 osserva come il controllo dei risultati, superando la visuale settoriale del controllo classico, estende la gettata di influenza e di giudizio adottando parametri nuovi, ma conservando pure i parametri tradizionali concatenati ai primi da vincoli di indissolubile e fisiologica connessione, in quanto è riconosciuto che un solido controllo finanziario costituisce una sorta necessaria di “anticamera” (o conditio sine qua non) per il controllo dei risultati.

[63] Sempre secondo i dettati della Dichiarazione di Lima si ritengono essenziale ed indispensabile un controllo a posteriori indipendentemente dall’esercizio del controllo preventivo, mentre quest’ultimo dipende dalla situazione legislativa, dalle condizioni e dalla necessità del Paese in questione.

[64] Infatti, la Dichiarazione di Lima prevede che gli obiettivi della Istituzione superiori di controllo nel verificare la legittimità, la regolarità, l’efficienza, l’opportunità e l’economicità della gestione si pongono, in linea di principio, tutti sullo stesso piano quanto alla loro importanza, anche se la Istituzione superiore di controllo può, però, nella fattispecie concreta, attribuire preminenza ad uno di questi.

[65] Su questo par. 42 degli Auditing Standards.

[66] Si v. ad es. per il Primo Collegio la Delibera n. 9/2003/G. - Relazione sul risultato dell'indagine riguardante gli interventi relativi alla difesa del suolo; la Delibera n. 14/2003/G. - Relazione sull'indagine concernente la realizzazione e gestione delle reti di monitoraggio meteo-idropluviometrico; per il Secondo Collegio la Deliberazione n. 23/2002 e relazione sulla gestione "Cap. 7514" del Ministero dei trasporti e della navigazione e del Ministero dell'Ambiente, recante "Spese per interventi finalizzati al disinquinamento acustico nelle aree aeroportuali"; la Delibera n. 4/2003. - Relazione concernente la gestione degli interventi di bonifica dei siti inquinati; la Delibera n. 24/2003/G. - Relazione sul risultato dell’indagine concernente la realizzazione del piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue; la Delibera n. 25/2003/G. - Relazione sul risultato dell'indagine concernente gli interventi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti tossici.

[67] Si v. ad es. la Delibera n. 2/2003. - Relazione sui servizi pubblici locali con particolare riferimento ai servizi idrici e alla depurazione delle acque reflue urbane nelle regioni Lombardia e Lazio e la Delibera n. 1/2003. - Relazione sulla gestione del trasporto pubblico locale e sullo stato di attuazione delle riforme a livello regionale - Relazione comparative di sintesi sull'andamento dei trasporti locali.

[68] Si v. ad es. la Delibera n.3/2002. - Relazione speciale programma operativo multiregionale risorse idriche. Quadro comunitario di sostegno 1994-1999. Obiettivo 1.

[69] Da utile spunto per questa analisi la Deliberazione n. 1/2003/G concernente la programmazione delle attività di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato per l’anno 2003.

[70] Con particolare riguardo: 1) alla verifica del riassetto sul piano della operatività ed efficienza degli uffici; 2) alla valutazione dell’impatto finanziario della riforma in termini di rapporto tra costi sostenuti e risultati conseguiti nell’azione amministrativa; 3) al riscontro della congruenza tra riorganizzazione delle funzioni e struttura del bilancio del Ministero, per il riordino delle poste contabili e delle relative risorse, in conseguenza della ridistribuzione di compiti ed obiettivi tra i vari centri di responsabilità. Così Deliberazione n. 1/2003/G, p. 6.

[71] Lo scopo del controllo è verificare: il grado di realizzazione dei vari programmi; lo stato di avanzamento degli interventi ad essi connessi; l’effettiva disponibilità delle risorse e la loro gestione, con particolare riguardo alla distribuzione tra gli enti realizzatori; la capacità dell’amministrazione finanziatrice di adottare adeguate misure di autocontrollo, in ordine al complesso della gestione dei programmi. Così Deliberazione n. 1/2003/G, p.11.

[72] Il fondo per la riduzione delle emissioni in atmosfera e per la promozione della efficienza energetica e delle fonti sostenibili di energia (art. 110 l. n. 388/2000); il fondo per la promozione dello sviluppo sostenibile (art. 109, l. n. 388/2000, modificato art. 62, l. n. 488/2000); il fondo finalizzato al finanziamento della ricerca scientifica nel settore delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione volto in special modo alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento elettromagnetico (artt. 103, 112, l. n. 388/2000); il fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori (art. 25 c. 7, 8, 9, l. n. 448/2001).

[73] CORTE DEI CONTI, Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali, Delibera n.3/2002. - Relazione speciale programma operativo multiregionale risorse idriche, cit. p. 2.

[74] CORTE DEI CONTI, Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali, Delibera n.3/2002,, cit. p. 5.