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UN CASO ESEMPLARE DI MOBBING NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.


E POI, A CHI DEVE RISPONDERE IL COMANDANTE DEL CORPO DEI VIGILI URBANI? AL SINDACO O AL CITY MANAGER?


Avv. Luigi Renna (nota a Tribunale di Lecce 22/01/03, GUL Botrugno). (I)

 


All'inizio si presentava come un caso giuridico canonico: una domanda di mobilità esterna (un Comandante di un Corpo dei Vigili Urbani), accolta; una revoca successiva motivata dalla circostanza che il Comandante nel Comune di destinazione secondo il locale Regolamento non rispondeva al Sindaco, ma al City Manager, e quindi il soggetto interessato riteneva che non ci fosse il presupposto del rispetto del proprio profilo professionale; il successivo diniego.
La questione appariva delineata nei suoi elementi essenziali; vi è una normativa speciale che disciplina l'attività di polizia municipale (legge 65/86), vi era una condotta della p.a. che andava contro le motivate richieste del singolo dipendente; bisognava accertare se la condotta della p.a. era rispettosa della norma, se il Comandante aveva il diritto di revocare la mobilità esterna e se il Comune di Provenienza, era obbligato a riprendersi il suo vecchio Comandante, atteso che non aveva indugiato a bandire il concorso per coprire il posto resosi vacante.
Visto così, il caso sembrava essere solo tale, uno come tanti altri casi giuridici, magari un po’ più complicato del solito, visto che precedenti non ve ne erano.
Ho accettato l'incarico e mi sono accinto a studiarlo. Troppo tardi mi sono avveduto che metaforicamente stavo appoggiato sulla spirale più esterna del campo gravitazionale di un buco nero e scivolavo inesorabilmente sempre più in giù.
Generalmente gli avvocati sono incolpevoli strumenti dei propri clienti; in questo caso tuttavia non avevo che da prendermela con me stesso, visto che conoscevo assai bene il contesto sociale, culturale e politico dei due Enti Locali interessati; nel momento di accettare l'incarico ritenevo, sbagliando, che sarei riuscito a mantenere il giusto distacco dalla cornice di fatti e fatterelli di questa provincialissima vicenda.
Le questioni prettamente giuridiche verranno riprese più avanti; adesso cerchiamo di inquadrare la situazione.
Vi è un Comune con un Comandante dei VV UU dalla personalità spiccata, indisponibile a farsi mettere da parte; vi è un Comune limitrofo, più grande e prestigioso, il cui posto di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani è vacante.
Il Comandante del Comune A (per comodità indicheremo con questa lettera il Comune più piccolo, di provenienza) prende contatti con il Sindaco del Comune B (il Comune più grande, più importante, che indichiamo come Comune di destinazione); l'intesa è perfetta, tanto che questi con propria ordinanza dell'aprile 2002 nomina l'interessato Comandante del Corpo dei Vigili Urbani; questo atto formale si rende necessario per avviare la procedura complessa di mobilità esterna. Tutto però fila liscio e nel volgere di pochi mesi il Comandante passa alle dipendenze del Comune B dove assume la direzione del locale Corpo dei Vigili Urbani.
A questo punto succede qualcosa; si scopre che nonostante la delibera sindacale dell’aprile 2002, secondo il Regolamento dei Servizi e degli Uffici del Comune di destinazione il Comandante dei Vigili Urbani in pianta organica è il Segretario Generale nonché Direttore Generale. Il Comandante pretende il rispetto della legge, pretende cioè di rispondere solo verso il Sindaco; il City Manager non tollera iniziative che non siano decise da lui. Esplode il conflitto di competenza.
A giugno 2002, non appena si profila all’orizzonte questo conflitto, il Comandante scrive ai Sindaci dei due Comuni interessati, rivendicando il rispetto dei patti, in definitiva chiedendo di vedersi ripristinato nelle prerogative che riteneva gli fossero dovute; contestualmente annuncia la possibilità di revocare la propria richiesta di mobilità; revoca che poi avverrà alla fine di agosto.
A partire da questo momento la vicenda si dipana su due piani paralleli, corrispondenti l’uno a quello del Comune B) (di servizio) e l’altro a quello del Comune A) (di provenienza).
Il Comune di servizio assume un atteggiamento prudente, non pone in essere alcun atto, eccezion fatta per una revoca della Funzione di Comandante, fatta il giorno dopo la presentazione della richiesta di ritornare al Comune di provenienza; il conflitto tra Comandante e Direttore Generale va avanti per fatti suoi.
Per converso il Comune di provenienza si attiva per coprire il posto con pubblico concorso.
Segue il ricorso urgente al Tribunale di Lecce, in funzione di Giudice del Lavoro; il lavoratore perde la causa e nelle more della discussione del reclamo il Comune di Servizio si scatena: in definitiva riduce il suo ex comandante al rango di un qualsiasi vigile, come si vedrà dalla sequenza degli atti. Da qui la constatazione: il provvedimento, ingiusto ed erroneo, del Giudice ha nei fatti scatenato un’intensa attività mobizzante. In concreto non è stato risolto il conflitto tra le parti in causa ma si è data occasione inconsapevolmente ad una parte di esercitare i propri poteri di supremazia al di fuori di ogni regola di civile convivenza.
Esaminiamo adesso meglio i fatti ed i contorni giuridici del caso attraverso la lettura degli atti di causa; seguirà qualche breve considerazione.


L’ESPOSIZIONE IN FATTO


1) Il reclamante P.G. era dipendente del Comune di T., ove svolgeva le funzioni di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani;
2) venuto a conoscenza che nel vicino Comune di G. era vacante il posto di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani, il P. prese contatto con quella amministrazione, essendo molto interessato a ivi trasferirsi a causa della maggiore importanza del Comune di G. e quindi del prestigio che ne sarebbe derivato alla sua figura professionale ed alla sua carriera;
3) dopo i contatti informali, che gli assicurarono il consenso degli amministratori di G. al trasferimento e la garanzia di potervi svolgere i compiti di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani il P. avviò la procedura di mobilità volontaria esterna;
4) con istanza in data 13/02/02 il reclamante chiedeva
a) al Comune di G. di essere ammesso a ricoprire, tramite l'istituto della mobilità volontaria, il posto di Vice Comandante del Corpo di Polizia Municipale con funzioni vicarie di Comando ed inquadrato nella categ. D4, avendone il profilo professionale, ai sensi delle leggi vigenti;
b) al Comune di T. il rilascio del Nulla Osta per tale forma di mobilità;
5) Il Comune di T. concedeva il chiesto parere favorevole (non senza avere prima riconosciuto al P. tutta la propria stima e riconoscenza per l’ottimo stato di servizio, conferendogli la medaglia d’argento al merito di lungo comando e la croce d’argento per anzianità di servizio, in data 20/02/02) con delibera della GM n. 147 del 15/03/02, cui seguiva regolare atto determinativo del Dirigente competente n. 5 del 26/4/02;
6) il Comune di G. dapprima con Ordinanza Sindacale n. 55 del 18/4/02 <<ordinava il Cap. G. P. responsabile dell’Unità Operativa n. 14 “Polizia Comunale ed Amministrativa”, in qualità di Ufficiale Comandante del Corpo di Polizia Municipale….>> e tanto a evidente adempimento degli impegni assunti nei suoi confronti. In buona sostanza il P. si è indotto al trasferimento per migliorare la propria posizione professionale, andando a svolgere le medesime funzioni di Comandante del Corpo dei VV.UU. ma in un Comune più grande e più prestigioso. Non aveva alcun senso rinunciare alla posizione apicale rivestita nel Comune di T.; l’Ordinanza del Sindaco di G. de qua costituisce la formalizzazione degli accordi, tra l’altro in un quadro di generale corrispondenza ai principi di diritto che vogliono che con la mobilità esterna il lavoratore non debba vedere depauperato il proprio patrimonio professionale. Come è noto la mobilità esterna è un modo per risolvere il problema della p.a. di coprire il posto vacante in organico, utilizzando risorse disponibili, con riduzione dei costi (i costi della procedura concorsuale). Diciamo quindi che il punto di equilibrio tra il P. ed il Comune di G. stava nella possibilità per l’ente di utilizzare una figura professionale di alto profilo, a costi ridotti, e per il P. aumentare il proprio prestigio;
7) dopo l’ordinanza n. 55 del 18/4/02, presupposto formale indispensabile per procedere oltre, il Comune di G. deliberava l'accoglimento della domanda con delibera della GM n.123 del 15/04/02 e poi con determinazione dirigenziale n. 399 del 30/4/02;
8) è avvenuto purtroppo che non appena il P. ha preso servizio a G. si sono subito manifestate gravi limitazioni al suo operato da parte del Segretario Generale, con il quale è entrato in conflitto. Il P. ha sempre applicato la legge con severità ed imparzialità, egli è stato sempre geloso delle proprie prerogative ed ha sempre difeso la propria autonomia, riconosciuta tra l’altro esplicitamente dalla legge quadro 65/86, che lo vuole soggetto solo al controllo del Sindaco; per tali ragioni la sua carriera è costellata da encomi solenni e pubblici riconoscimento del suo operato (per amore di sintesi si fa rinvio ai documenti allegati dal n. 23 al n. 34);
9) per queste ragioni (esplicitamente e formalmente specificate nella missiva), il P. con propria nota in data 13/6/02 richiamava l'attenzione dei due Enti interessati alla sua mobilità sulla possibilità che egli esercitasse il proprio diritto di revoca della istanza di mobilità, anche al fine di paralizzare eventuali provvedimenti che potessero pregiudicare tale suo diritto;
10) in effetti in data 29/8/02 il ricorrente scioglieva ogni riserva ed ogni dubbio e revocava formalmente la propria istanza di mobilità volontaria esterna, chiedendo ai due enti di voler adottare i conseguenti atti e/o i provvedimenti idonei a consentirgli il ritorno presso il Comune di T.;
11) la risposta, fortemente odiosa e punitiva, del Comune di G. seguiva a sole 24 ore di distanza; infatti con ordinanza n. 197 del 30/8/02 lo stesso Sindaco che lo aveva nominato Comandante, confessa un suo presunto errore e declassa il P. eliminando ogni riferimento al grado ed alle funzioni di Comandante.
Letteralmente, non c’è che dire;
12) l’esautoramento del P. e la sua riduzione a “semplice ostaggio” nelle mani di funzionari intermedi, se non proprio degli organi politici ed amministrativi di vertice (Sindaco e Segretario Generale) si è completato con l’Ordinanza del Sindaco di G. n. 20 del 23/01/03 che ha conferito ad un professionista convenzionato esterno le funzioni di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani (ved. Alleg. n. 21);
con la nota del Segretario Generale n. 05 del 4/2/03 con cui viene avviato il procedimento di revoca della posizione organizzativa in testa al P., per supposte intervenute modifiche di natura organizzativa (ved. Alleg. n.22)
Naturalmente tutto questo ha prostrato il Comandante P. che si sta ammalando (ved. Alleg. n. 35);
13) questo è avvenuto sul versante del Comune di G.; ma il Comune di T. non è stato di meno; alla faccia degli encomi solenni e degli abiti stracciati pubblicamente per l’addio del P., quando questi ha chiesto di ritornare nel suo “amato” Comune la sua domanda è stata osteggiata e poi respinta; la procedura concorsuale per la copertura del posto rimasto vacante di Comandante va avanti, anche dopo che il P. aveva manifestato la propria revoca. E’ avvenuto quanto segue:
14) attesa l'inerzia degli enti interessati, il sindacato di appartenenza del P., il SULPM, in data 7/10/02 inviava al Comune di T. una nota di vibrante protesta con la rinnovata richiesta di consentire il ritorno in sede del Comandante P.;
15) è avvenuto che mentre il Comune di G. ha serbato un totale silenzio sulla istanza del P. del 29/8/02, il Comune di T., prima con delibera di Giunta n.480 del 10/10/02 e poi con determinazione del Direttore Generale n. 581 del 11/10/02, ha formalmente espresso la propria volontà di non accogliere l'istanza del ricorrente;
16) tanto è però avvenuto dopo che la G.C. di T., con propria delibera n. 367 del 4/7/02 ha affidato l’incarico al Segretario-Direttore Generale di quel Comune di avviare le procedure per la copertura del posto di Comandante della Polizia Municipale Ctg D3, resosi vacante a seguito di mobilità del ricorrente P.;
17) il concorso, con relativa approvazione del bando, è stato indetto con determinazione n. 5 del Segretario-Direttore Generale del 8/11/02 ed è regolarmente in corso.
 

LE RAGIONI IN DIRITTO DEL PRIMO RICORSO SUL FUMUS BONI JURIS
 

La condotta posta in essere dai Comuni di T. e G., concretatasi nel silenzio del secondo e nel rifiuto di aderire alla richiesta di retrocessione della mobilità, cui ha fatto seguito l’indizione del concorso per la copertura del posto di Comandante dei Vigili Urbani, è illegittima e fonte di gravi danni a carico del ricorrente.
Il fondamento di tale illegittimità risulterà evidente se si tiene presente quanto segue:

- la tempistica degli avvenimenti.

- i principi di diritto che costituiscono la cornice entro la quale si inscrive la presente fattispecie.

- la tempistica degli avvenimenti
30/4/02: completamento procedura mobilità da T. a G.
13/6/02: il Com. P. “preavverte” le due Amministrazioni sulla sua intenzione di revocare la propria richiesta di mobilità
4/7/02: il Comune di T. incarica il suo Segretario di predisporre il bando di concorso per la copertura del posto di Comandante dei VV.UU
29/8/02: il Com. P. revoca la propria richiesta di mobilità
10/10/02- 11/10/02: il Comune di T. respinge la domanda 
8/11/02: il Comune di T. bandisce il concorso per la copertura del posto di Comandante.
 

- i principi di diritto che costituiscono la cornice entro la quale si inscrive la presente fattispecie
1) rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia in materia di procedure di mobilita' esterna di personale tra amministrazioni appartenenti al comparto degli enti locali, restando nella sfera di giurisdizione del giudice amministrativo solo le procedure concorsuali in senso stretto, in quanto dirette all'assunzione del pubblico impiego.

2) Il principio della mobilità del personale del pubblico impiego, di cui all’art. 19 l. 29 marzo 1983 n. 93 e le norme che ad esso danno attuazione sono espressione di grande riforma economico-sociale. L'istituto della mobilita' dei dipendenti tende a favorire l'osmosi delle capacita' professionali fra i vari comparti della p.a., intesa in senso lato, cosi' da favorire la piu' efficiente e, dunque, la piu' economica, allocazione delle risorse umane globalmente disponibili. In questo quadro, affinche' l'istituto di che trattasi operi concretamente e' indispensabile garantire al dipendente disposto a trasferirsi, quanto meno, il mantenimento effettivo della propria posizione retributiva se non addirittura, come la logica economica vorrebbe, un qualche vantaggio quale compenso per il disagio correlato al cambiamento

3) Nell'ambito del pubblico impiego, l'istituto della mobilita' dei dipendenti tende a favorire l'osmosi delle capacita' professionali fra i vari comparti della p.a., intesa in senso lato, cosi' da favorire la piu' efficiente e, dunque, la piu' economica, allocazione delle risorse umane globalmente disponibili.

4) In questo quadro, affinche' l'istituto di che trattasi operi concretamente e' indispensabile garantire al dipendente disposto a trasferirsi, quanto meno, il mantenimento effettivo della propria posizione retributiva se non addirittura, come la logica economica vorrebbe, un qualche vantaggio quale compenso per il disagio correlato al cambiamento.

5) Nell'ambito del pubblico impiego, la motivazione dei provvedimenti in materia di gestione del personale in generale (ivi compresa la materia della mobilità, sia interna che esterna) ai fini della loro legittimita', deve principalmente correlarsi alle ragioni di pubblico interesse che giustificano l'adozione dei provvedimenti medesimi. E', bensi', vero che non si possono, nel contempo, trascurare gli interessi personali dei singoli dipendenti, ma e' pur vero che nell'ambito di tale doverosa comparazione, la prevalenza da accordare a questi ultimi (ma anche la loro totale compressione) puo' solo discendere da fatti e circostanze del tutto eccezionali e di assoluto rilievo ostativo.


6) Nella materia del pubblico impiego, le procedure di mobilita' sono prioritarie rispetto al pubblico concorso.

7) La P.A., dovendo, in presenza di situazioni concrete in cui l'interesse pubblico consente di ricorrere al concorso anziche' alla mobilita', deve indicare le specifiche ragioni della scelta in tal senso in sede d'indizione delle relative procedure concorsuali.

8) La l. quadro sul pubblico impiego 3 febbraio 1993 n. 29, all'art. 19 ha introdotto il principio della mobilita', sia all'interno di una stessa amministrazione, sia fra amministrazioni pubbliche o comparti diversi, sul presupposto che la intercambiabilita' dell'impiegato sia compatibile con il profilo professionale posseduto, al fine di assicurare il miglior utilizzo di personale

9) È illegittima una procedura concorsuale indetta da un ente locale senza avere rideterminato - ai sensi degli art. 30, 31 e 32 d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29 - i carichi di lavoro e la pianta organica, adempiendo agli obblighi inerenti alla mobilità interna ed esterna.

10) Un dipendente di ente locale, soprattutto se di categ. D, può incrementare la propria carriera solo attraverso lo strumento della mobilità esterna.

11) Nel caso della mobilità esterna vale il principio del divieto della reformatio in pejus; per cui deve essere rispettato lo stesso trattamento economico, la stessa qualifica e lo stesso profilo professionale.
 

Premesso quanto innanzi, si deduce la/il

A) - NULLITA’ ASSOLUTA DELLA PROCEDURA DI MOBILITA’, NEL SUO COMPLESSO E DEI SUOI SINGOLI ATTI
 

B) - DIRITTO DELL’ISTANTE A RITORNARE NELLA SEDE DI PROVENIENZA E CONSEGUENTE NULLITA’ ASSOLUTA DEGLI ATTI DI INDIZIONE DEL BANDO DI CONCORSO PER LA COPERTURA DEL POSTO DI COMANDANTE DEI VIGILI URBANI DI T.
 

A) - NULLITA’ ASSOLUTA DELLA PROCEDURA DI MOBILITA’, NEL SUO COMPLESSO E DEI SUOI SINGOLI ATTI
Tale nullità rileva sotto diversi profili.
Primo profilo
In virtù della normativa vigente , che disciplina la materia, la polizia municipale, una volta eretta in Corpo, non può essere considerata una struttura intermedia (nella specie come Sezione) in una struttura burocratica più ampia (in un Settore amministrativo) né, per tale incardinamento, essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo che dirige tale più ampia struttura.
L'ufficiale più alto in grado del Corpo deve avere la responsabilità del Corpo e rispondere direttamente al sindaco delle attività delle relative attività.
Tale posizione, deve aggiungersi, non è affidabile ad un dirigente amministrativo che non abbia lo status di un appartenente al Corpo di polizia municipale .


Dall’esame congiunto dei Regolamenti dei Servizi e degli Uffici dei due Enti risulta:
 

1) che presso il Comune di T. il Comandante del Corpo dei VV.UU. è in posizione apicale e si rapporta direttamente al Sindaco, giusto quanto disposto dall'art. 7 della legge 65/1986.
 

2) che presso il Comune di G. il Corpo dei Vigili Urbani non ha l’autonomia voluta dal legislatore ed il suo Comandante non dipende direttamente dal Sindaco, organo politico e di Governo.
Più precisamente l’organizzazione degli uffici e dei servizi presenta il seguente quadro:
sono previsti 5 dirigenti:

1 a capo del DIPARTIMENTO AFFARI GENERALI ED ISTITUZIONALI
1 a capo del DIPARTIMENTO ECONOMICO FINANZIARIO
1 a capo del DIPARTIMENTO GESTIONE DEL TERRITORIO
1 a capo del DIPARTIMENTO DI POLIZIA MUNICIPALE
1 a capo del DIPARTIMENTO CULTURA SPORT TURISMO SERVIZI SOCIALI E SOCIO ASSISTENZIALI.

 


IL DIPARTIMENTO DI POLIZIA COMUNALE si articola in:
 


CORPO DI POLIZIA URBANA  COMMERCIO E AMMINISTRATIVA

 

con 1 funzionario apicale di 8^ Q.F. Vice Comandante Area Vigilanza.
 

 

UFFICIO POLIZIA

 

► con 1 funzionario apicale di 8^ Q.F. ► responsabile di area amministrativa



In pratica, presso il Comune di T. il Comandante del Corpo dei VV.UU. è in posizione apicale e si rapporta direttamente al Sindaco, giusto quanto disposto dall'art. 7 della legge 65/1986.

Presso il Comune di G., invece, il Vice Comandante è tale, cioè non è Comandante del Corpo, in quanto il Comandante è il Dirigente del Dipartimento, che nella specie è il Direttore Generale in carica.


Di conseguenza il Comandante P. transitando dal Comune di T. al Comune di G. ha visto diminuito il proprio profilo professionale; egli non si rapporta più all'organo politico di vertice, che è il Sindaco (così come avviene con il Questore [per il codice della strada], o con il Prefetto [per l'ordine pubblico] o con la Magistratura [per la polizia giudiziaria].
Secondo l'organizzazione in vigore presso il Comune di G. il Vice Comandante si deve rapportare ad un altro dirigente, che non è organo politico, ma organo di gestione.

Ed è jus receptum che è da escludere che il direttore generale di un ente locale (c.d. city manager) abbia natura di organo politico. E’ lo stesso tenore letterale della disposizione contenuta nell'art. 51 bis della legge n. 142/1990 ad evidenziare I'esclusione del direttore generale dal novero degli organi di governo quando ne indica il compito fondamentale nell’"attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal Sindaco". Esclusa la natura politica dell'incarico di direttore generale del Comune, questa figura non può che ricadere nella nozione generica di dirigente di cui all'art. 51, terzo comma, della legge n. 142/1990.
La normativa sopra richiamata ha carattere cogente, anche alla luce della interpretazione delle Corti Superiori. La procedura per ciò è nulla.

Secondo profilo
In ogni caso risultano violati i principi secondo cui nella mobilità esterna è fatto divieto della reformatio in pejus e vanno salvaguardati la qualifica ed il profilo professionale.
In virtù di tutto quanto sopra specificato è certo che il ricorrente P. nel trasferimento dal Comune di T. a quello di G. non ha visto immutato il proprio profilo professionale che, come noto, individua la posizione nella struttura tecno-produttiva dell’ente e l’insieme degli attributi che rendono possibile l’impiego di quella e non di altra professionalità acquisita. Da questo punto di vista non è indifferente la posizione apicale o meno del servizio che uno è chiamato a svolgere.
 

Terzo profilo
Il Comune di T. non avrebbe dovuto procedere alla mobilità del proprio Comandante verso il Comune di T. prima di verificare la esatta corrispondenza tra le qualifiche ed i profili professionali dei due enti in questione (sempre il detto Regolamento testualmente dispone all’art. 32, n.2, quarto comma: “Un'ulteriore condizione alla mobilità esterna è che vi sia corrispondenza tra il "profilo professionale" e la "qualifica funzionale" esistenti nell'organico del Comune”.
 

 

B) - DIRITTO DELL’ISTANTE A RITORNARE NELLA SEDE DI PROVENIENZA E CONSEGUENTE NULLITA’ ASSOLUTA DEGLI ATTI DI INDIZIONE DEL BANDO DI CONCORSO PER LA COPERTURA DEL POSTO DI COMANDANTE DEI VIGILI URBANI DI T.
L’eccezione di nullità retro illustrata è assorbente ed in sè idonea a definire il giudizio; tuttavia, per completezza difensiva, ed in via residuale, si rileva che in ogni caso il ricorrente P. ha diritto di ritornare a svolgere le mansioni ed i compiti di Comandante dei VV.UU. di T., risultando illegittimo il comportamento di questo Ente; e tanto sotto molteplici profili.
 

P r e m e s s o
-
che versiamo in tema di mobilità esterna

- che trattasi di mob. est. volontaria tra enti stesso comparto

- che per ciò non si ha interruzione del rapporto di lavoro ma

- che si tratta solo di interruzione del rapporto di servizio con un ente locale e ripresa dello stesso con altro ente

- che, come precisato retro, l’istituto della mobilità esterna volontaria è istituto di grande rilevanza sociale ed inoltre

- che nella copertura dei posti vacanti la p.a. è tenuta a privilegiare innanzi tutto detto istituto

che al momento in cui il P. ha formalizzato la revoca della propria istanza di trasferimento, ed anche a tutt’oggi, il posto di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani di T. risulta vacante e

che negli atti propedeutici alla copertura di questo posto con pubblico concorso detto ente non ha rappresentato alcuna ragione per la quale si è ritenuto di privilegiare tale forma di reclutamento rispetto alla mobilità esterna, mentre, d’altronde,

che ingiustificato ed immotivato risulta il comportamento silente tenuto dal Comune di G. legittima risulta la revoca dell’istanza di trasferimento.
 

Ed invero:
il negozio giuridico di trasferimento a domanda, posto in essere con l’incontro delle volontà dei tre soggetti interessati, è nullo per contrarietà a norme imperative di legge, per tutte le ragioni viste retro, ed il P. ha interesse a far valere tale nullità (non vi era, e non vi è, corrispondenza tra i profili professionali; la posizione presso il Comune di G. non era, e non è, apicale ed il Comandante del Corpo dei Vigili Urbani a G. non è in diretta posizione gerarchica con il Sindaco, a differenza di quanto avveniva ed avviene presso il Comune di provenienza. Secondo l’art. 1409 cc, primo comma, il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto (“Caratteristica della cessione del contratto è l’avere ad oggetto la trasmissione di quel complesso unitario di situazioni giuridiche attive e passive che derivano per ciascuna delle parti dalla conclusione del contratto, quindi non soltanto debiti e crediti ma anche obblighi strumentali, diritti potestativi, azioni, aspettative ricollegati dalla volontà delle parti, dalla legge o dagli usi al perfezionamento della fattispecie negoziale [Cass., sez. I, 02-06-2000, n. 7319]).

 

Secondo le regole del diritto comune, versandosi in materia di contratto di lavoro privatistico, ammesso e non concesso che l’Ill.mo sig. Giudicante non ritenga radicalmente nullo il negozio di trasferimento a domanda, è consentita la revoca di una manifestazione di volontà quando essa è determinata da apprezzabili ragioni che attengano all’interesse personale e non siano in contrasto con l’interesse pubblico (nella specie dovendosi sempre avere riguardo alle peculiarità del rapporto di pubblico impiego, sia pure privatizzato) quando non vi sia una norma che lo vieti.


Vale la pena mettere in evidenza che sullo sfondo vi deve essere sempre il contemperamento dell’interesse pubblico, in ragione della specialità della prestazione lavorativa finalizzata al perseguimento di un interesse pubblicistico.
Tuttavia questa prospettiva di favore verso il “pubblico”, anche in virtù di tutte le considerazioni svolte prima e dei principi di diritto enunciati, non vale solo per il privato (lavoratore) ma costituisce il limite ed il fine della pubblica amministrazione, che deve sempre motivare perchè una istanza del privato viene disattesa e qual’è, nella specie, l’interesse pubblicistico prevalente.


L’obbligo di motivazione non è venuto meno con la privatizzazione del rapporto di lavoro nella p.a.


E allora sotto questo punto di vista immotivata, irragionevole, non trasparente e non imparziale è la condotta della p.a., in specie del Comune di T. (il silenzio serbato dal Comune di G. è comprensibile anche se non giuridicamente apprezzabile). Tale Ente, se ancora a luglio poteva dare mandato al suo Segretario di predisporre il bando di concorso, non avendo l’anticipazione del P. del giugno precedente efficacia di revoca vera e propria, certamente non poteva deliberare l’approvazione del bando di concorso, dando così il via libera alla copertura del posto del proprio Comandante nonostante la formale richiesta di rientro in sede del P..


Dalla lettura della determinazione n. 5 dell’8/11/02 di approvazione del bando di concorso si evince che non esiste alcuna motivazione in merito alle ragioni per cui il Comune di T. si va sobbarcando ai costi di una procedura selettiva dall’esterno quando aveva, ed ha, a disposizione un quadro professionale di pluriennale esperienza e di provata capacità (tanto lodata nella riunione del Consiglio Comunale del 15/03/02 [la cui copia è in corso di acquisizione]); cioè in pratica non si conoscono le ragioni in fatto ed in diritto per le quali l’Ente in parola sta procedendo alla copertura del posto vacante con concorso piuttosto che con il ricorso alla procedura di mobilità volontaria esterna (sia pure a ritroso).


Non vi sono dubbi, infatti, che la richiesta del P. del 29/8/02, in via ulteriormente residuale e a tutto concedere, nel concorso degli altri presupposti (vacanza del posto e rispetto della qualifica e profilo professionali) possa e debba essere considerata come nuova domanda di trasferimento a richiesta da G. a T..

Come pure non vi sono dubbi sul fatto che, in assenza di motivi ostativi (non espressi e non esprimibili, tenuto conto del giudizio di merito altamente positivo espresso dal massimo consesso elettivo del Comune di T.) entrambi gli Enti debbano dare il loro assenso in merito alla istanza formulata dal P..
 

Ora il ricorrente ha interesse a che sia accertato il suo diritto a rientrare nella sede di provenienza, e quindi ha interesse a tornare a coprire il posto di Comandante del Corpo dei Vigili urbani del Comune di T., oltre al risarcimento di tutti i danni, patiti e patiendi, civili, morali e biologici.
Sicché l'istante è certo che a conclusione del giudizio di merito sarà riconosciuto il suo diritto al vantato così come innanzi precisato; allo stato però non può disconoscersi che l'accertamento nel merito della illegittimità del comportamento aziendale ed il riconoscimento del suo diritto richiedono tempi lunghi incompatibili con lo stato di inferiorità morale, sociale ed economica nel quale l'istante versa.
Infatti non può disconoscersi che tale suo diritto è minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile e che, quindi, senza effetti rimarrebbe il pronunciamento del giudice se non venissero dati i provvedimenti d'urgenza idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione nel merito.


SUL PERICULUM IN MORA


Sussistono i presupposti del fumus e del periculum.
Del fumus si è detto.
Quanto al periculum, l’urgenza di provvedere sta nelle cose che si sono scritte retro; in questo momento il posto di Comandante del Corpo dei Vigili Urbani di T. è vacante, ma questo Ente ha già bandito il concorso per la sua copertura.
Se si dovesse aspettare la conclusione del giudizio di merito e se, come sembra altamente probabile e si confida, dovesse essere accertato il diritto del P. a rioccupare il posto messo a concorso, sussisterebbero ostacoli insormontabili perchè il diritto dell’istante fosse effettivamente garantito.
A ciò si aggiunga che le conseguenze negative dell’altrui comportamento vanno ben oltre la sfera strettamente “fisica”, investendo anche la condizione personale, psicologica e sociale del lavoratore, quei diritti cioè, di natura personalissima il cui pregiudizio è, per definizione, insuscettibile di valutazione economica. Va inoltre precisato che il nostro ordinamento giuridico (artt.3,4,36 e 38 della Costituzione), per altro, è teso a garantire al lavoratore non solo l'astratto diritto al lavoro, ma essenzialmente l'effettiva possibilità di esercitare tale diritto e che l'irreparabilità della lesione, ancora, va fondamentalmente vista nello stato di offesa della situazione giuridica del ricorrente, per effetto dell'arbitrario avverso comportamento che porta i resistenti ad usufruire, per decisione propria, di una ingiustificata condizione di superiorità processuale sino all'accertamento definitivo del diritto e nelle more dello stesso.
Da ciò l’interesse e l’urgenza a provvedere con un provvedimento cautelare che anticipi gli effetti della futura decisione nel merito per il tempo necessario alla celebrazione di detto giudizio di merito.
Si applica nei confronti dei Comuni di T. e G. la tutela reale in ragione del numero dei loro dipendenti.

 

 

LE RAGIONI IN DIRITTO DEL RECLAMO


Ha errato il Primo Giudice
- nel ritenere insussistente la nullità della procedura di mobilità esterna;
- nel ritenere inesistente un diritto di revoca della istanza di mobilità esterna;

- nel ritenere la p.a. totalmente priva dell’obbligo di accoglimento della istanza di mobilità (sia pur in tal modo intesa la revoca) nonché dell’onere di motivazione in ordine al rifiuto.
Le ragioni dell’esistenza del fumus, in chè si concreta la censura del provvedimento del primo giudice, sono state esplicitamente ed analiticamente esposte nel ricorso introduttivo; a questo atto, da intendersi come qui integralmente trascritto si fa espresso rinvio.
In aggiunta si deduce quanto segue:
A parere di chi scrive l’errore più grave imputabile al provvedimento reclamato consiste nella totale assenza di qualsiasi contestualizzazione della fattispecie; il primo giudice ha applicato principi di diritto senza tenere conto della peculiarità della fattispecie e del mutato quadro di riferimento conseguito alla privatizzazione del pubblico impiego. Solo l’applicazione formalistica ed amorfa di questi principi ha potuto consentire al primo giudice di pervenire alle conclusioni qui contrastate; la meccanica applicazione della legge da strumento di giustizia si trasforma in strumento inconsapevole di giustizia.
Non può essere revocato in dubbio che il Comune di T. ha gettato “ponti d’oro” al nemico che fuggiva (nella realtà è di questo che, purtroppo, il P. deve prendere atto) e non lo vuole più, a onta dei proclami ed encomi pubblici; dal canto suo il Comune di G. prima lo ha lusingato e poi umiliato. Il declassamento ed il demansionamento, con conseguenti danni alla sfera patrimoniale, morale, biologica ed esistenziale (dei quali è certo che alla distanza qualcuno deve rispondere) del P. sono palesi, si osa dire plateali ed indiscutibili.
L’ordinamento giuridico non può e non deve servire a questo; deve essere sempre intravista una soluzione media, equa, di giustizia, che non consenta a nessuno di sopraffare il prossimo.
Diversamente lo strumento giudiziario si trasforma da momento di sintesi tra opposti interessi a strumento, sia pure inconsapevole, di sopraffazione porto ad una delle parti.
Che cosa deve fare oggi il P.?
A T., dove ha servito bene e a lungo l’interesse pubblico, non lo vogliono; a G. dove incautamente si è inoltrato lo vogliono in sottordine, privato della sua autonomia e delle sue prerogative, servile esecutore degli ordini di un estraneo alla struttura pubblica, lui Pubblico Ufficiale.

Questo nodo gordiano non si sarebbe avuto se il Tribunale avesse valutato la fattispecie a tutto tondo, interpretando correttamente le norme della Legge Quadro 65/86; se avesse considerato che vale sempre il principio di diritto che nell’ambito dell’autonomia negoziale privata (ambito nel quale oggi siamo tenuti ad operare col pubblico impiego) tutto è consentito tranne quello che è espressamente vietato dalla legge, sicchè non si comprende per quale ragione il Comune di T. non sarebbe tenuto a motivare il proprio diniego, visto che la volontà del legislatore (di cui appresso) intende porre la mobilità esterna come faro centrale cui fare prioritariamente riferimento, tranne che esistano comprovate e reali esigenze di natura pubblica a non fare uso di tale strumento (ed in questo senso il provvedimento di diniego andava motivato, per cui non è esatto affermare in maniera apodittica che non esiste un obbligo di motivazione); se avesse infine tenuto conto che vanno sempre tenuti presenti i canoni della correttezza e della buona fede cui si devono ispirare le parti nella gestione negoziale dei propri interessi.
Ritornando alla nullità della procedura, va detto che l’art. 2 della Legge Quadro ribadisce che il Sindaco (o l’Assessore Delegato), come capo della polizia locale, e dunque anche di quella municipale, impartisce le direttive, vigila sull’espletamento del servizio e adotta i provvedimenti previsti da leggi e regolamenti.
Altra incombenza del Sindaco (o dell’Assessore delegato) è il controllo dell’espletamento del servizio.
Tale compito degli amministratori è stato sempre malvisto, in quanto è stato vissuto come un serio controllo (da espletare) nei confronti della polizia municipale, da sempre soggetta alle interferenze della politica, al punto che spesso viene distolta dai suoi compiti istituzionali.
Non è inutile rammentare che affidare agli agenti di polizia municipale compiti impropri (come quello di notificazione di atti o altro), creando i presupposti di una interruzione o, quanto meno, di un turbamento del servizio di polizia, potrebbe far scattare l’art. 40 del codice penale che testualmente recita “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”, oltre all’art. 323 sempre del c.p. (abuso in atti d’ufficio).
Dal punto di vista amministrativo, in base all’art. 40 della legge 142/90, il Sindaco che ponga in essere gravi e persistenti violazioni di legge, può essere destituito su segnalazione del prefetto.
La violazione dei dettami cogenti della legge 65/86, chiaramente ivi specificati, potrebbe concretizzare quindi per il Sindaco l’applicazione di tale norma punitiva.
Con l’art. 9, la legge quadro focalizza l’attenzione sulla figura del Comandante del Corpo a cui viene attribuita la responsabilità, nei confronti del Sindaco, della disciplina, dell’addestramento e dell’impiego tecnico – operativo dei suoi subordinati; in tal modo si è sancita “l’autonomia” del comandante del corpo nei confronti di altre figure amministrativamente superiori, in virtù della “atipicità” del Corpo della polizia Municipale nei confronti degli altri uffici comunali.
Ne consegue quindi che il Comandante, quale superiore del corpo, è escluso dalla dipendenza gerarchica nei confronti del Segretario Comunale, al quale comunque deve rispondere in via amministrativa in quanto questi è Funzionario o Dirigente del Comune.
In pratica il Comandante deve osservare, al pari di altri funzionari o dirigenti comunali, le disposizioni del segretario comunale in riferimento al funzionamento degli uffici dell’Ente: se questi dispone che le ore straordinarie effettuate dal personale debbano essere trasmesse all’ufficio competente entro il giorno cinque di ogni mese, il Comandante deve adeguarsi. Per tutte le altre attività professionali e per tutti gli aspetti organizzativi del servizio, il Comandante risponde al Sindaco, Autorità di Polizia Locale e Capo dell’Amministrazione
Le sentenze note sul punto hanno sempre confermato questa interpretazione, anche il Consiglio di Stato. Per non appesantire il presente testo si rinvia alla appendice di giurisprudenza e dottrina, allegata al presente reclamo.
Della natura privilegiata che la mobilità esterna ha nelle intenzioni del legislatore della riforma si è detto nel ricorso introduttivo, cui si rinvia; inopinatamente il primo giudice ha ignorato la valenza delle decisioni pubblicate in materia; a conforto della tesi esposta e qui ribadita, va detto che significativamente il legislatore ha formalizzato e reso cogente questo privilegio in favore della mobilità esterna rispetto alla procedura selettiva dall’esterno con il comma 7 della legge 16 gennaio 2003 n. 3, che ha inserito l’art. 34 bis al testo unico sulle leggi in materia di rapporto di pubblico impiego.
Il P., sinceramente, non poteva essere più fortunato; il legislatore rende cogente la prima interpretazione dei giudici, dalla quale si è discostato il primo giudice.
Sul difetto di motivazione, pure si è a lungo detto nel ricorso introduttivo; inutile ricopiare; si fa espresso rinvio, in una con quanto risulta dall’appendice.
Rimane da parlare brevemente della violazione di un preciso impegno assunto dal Comune di G., sacramentato nell’ordinanza n. 55 del 18/4/02; l’abuso grave di ufficio e dei propri poteri privati da parte della p.a. è evidente; un negozio giuridico non può essere unilateralmente modificato ad libitum di una delle parti, soprattutto approfittando della propria posizione di supremazia, sia come datore di lavoro, sia come p.a.
Pacta servanda sunt; e poi come la mettiamo con la correttezza e buona fede.?
 

Fin qui il contenuto degli atti giuridici.
Adesso si impone qualche breve considerazione.
Sul piano dello stretto diritto, noi abbiamo esposto retro il nostro punto di vista; saranno le successive fasi del giudizio a dire chi ha ragione e chi ha torto; vi è poi da valutare adeguatamente l’eventuale efficacia della nuova normativa di cui all’art. 7 della legge 16/1/03 n.3. Prudentemente si può pensare che non si applicherà quando la procedura concorsuale ha già raggiunto uno stadio nel quale sospenderla potrebbe comportare più costi che portarla a compimento.
A parte questo, quello che è più sorprendente è la virulenza con la quale nel caso specifico la pubblica amministrazione ha gestito e sta gestendo la situazione; ciò consente di rilevare quanto segue:
1) simili atteggiamenti appaiono molto più consueti nel campo del rapporto di lavoro privato tout court; ma probabilmente ciò dipende dal fatto che sino a ieri il pubblico dipendente si trovava in una situazione di maggiore soggezione rispetto al potere politico; per cui o mediava o accettava qualsiasi imposizione. Oggi il pubblico dipendente è più libero e questi fenomeni di mobbing che fino a ieri erano nascosti oggi vengono di più in rilevo. In altri termini il mobbing non è comparso nella pubblica amministrazione con la privatizzazione del rapporto di lavoro; vi è sempre stato, solo che oggi viene in superficie.
2) Nella presente vicenda è singolare come l'organo politico e quello dirigenziale gestorio non agiscano separatamente, secondo il modello di separazione dei compiti delineato dal legislatore della riforma, ma con una sinergia che amplifica gli effetti devastanti sulla posizione giuridica del Comandante dei Vigili Urbani. A riprova di tanto basti considerare che quando il Comandante entra in conflitto con il City Manager il Sindaco si affretta a revocarne la nomina; se davvero ciascuno avesse dovuto fare il proprio compito nell'ambito delle rispettive competenze e ruoli probabilmente un organo politico più accorto avrebbe dovuto marcare qualche "distinguo" rispetto all'organo gestorio. Da come si sono sviluppati i fatti sino a questo momento è da rilevare un completo appiattimento della politica sull'organizzazione; questo naturalmente è fenomeno isolato sino a questo momento (anche se diffuso nell'entità locale in questione) ma potrebbe rivelarsi un indice della difficoltà ad imporsi del nuovo modello dicotomico politica-organizzazione nella pubblica amministrazione.
3) Nella fattispecie in esame sono presenti i tratti caratteristici dell'azione mobizzante, di accerchiamento, per conseguire un risultato non altrimenti raggiungibile. Il Comandante protagonista della vicenda non è più gradito nel Comune di destinazione perché è sorto conflitto di competenza con il Segretario-City Manager; per costringerlo a "gettare la spugna" gli stanno rendendo la vita difficile se non impossibile.
4) La singolarità della vicenda sta nell'azione sinergica che sta compiendo il Comune di provenienza, che manifesta il proprio non gradimento nei confronti dell'ex suo dipendente perché ha messo a concorso il suo posto.
E' già pesante subire l'attacco di un solo datore di lavoro; quando i datori sono due ed agiscono di conserva sono guai seri!
Risulta evidente che quale che sia lo sbocco giudiziario si è creata una situazione di oggettiva incompatibilità con i due datori di lavoro; che fine farà il nostro Comandante? Dove andrà a lavorare? Chi lo vorrà con questi precedenti (incolpevolmente da lui subiti)?
Come si può ritenere che sia risarcibile per equivalente il vulnus che sta subendo?
 

Avv. Luigi Renna


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L. 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale), art. 7 (Corpo di polizia municipale e regolamento comunale sullo stato giuridico del personale):
1. I comuni nei quali il servizio di polizia municipale sia espletato da almeno sette addetti possono istituire il Corpo di polizia municipale, disciplinando lo stato giuridico del personale con apposito regolamento, in conformità ai princìpi contenuti nella legge 29 marzo 1983, n. 93.
2. Il regolamento di cui al precedente comma 1 stabilisce:
1) il contingente numerico degli addetti al servizio, secondo criteri di funzionalità e di economicità, in rapporto al numero degli abitanti del comune e ai flussi della popolazione, alla estensione e alla morfologia del territorio, alle caratteristiche socio-economiche della comunità locale;
2) il tipo di organizzazione del Corpo, tenendo conto della densità della popolazione residente e temporanea, della suddivisione del comune stesso in circoscrizioni territoriali e delle zone territoriali costituenti aree metropolitane.
3. I comuni definiscono con regolamento l'ordinamento e l'organizzazione del Corpo di polizia municipale. L'ordinamento si articola di norma in:
a) responsabile del Corpo (comandante);
b) addetti al coordinamento e al controllo;
c) operatori (vigili).
4. L'organizzazione del Corpo deve essere improntata al princìpio del decentramento per circoscrizioni o per zone ed al criterio che le dotazioni organiche per singole qualifiche devono essere stabilite in modo da assicurare la funzionalità e l'efficienza delle strutture del Corpo.
5. Nel caso di costituzione di associazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il relativo atto costitutivo disciplinerà l'adozione del regolamento di cui al presente articolo, fissandone i contenuti essenziali.

Art 9. Comandante del Corpo di polizia municipale.
1. Il comandante del Corpo di polizia municipale è responsabile verso il sindaco dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo.
2. Gli addetti alle attività di polizia municipale sono tenuti ad eseguire le direttive impartite dai superiori gerarchici e dalle autorità competenti per i singoli settori operativi, nei limiti del loro stato giuridico e delle leggi.
C. Stato, Sez. V, 4 novembre 2000 n.4663
C. Stato, sez. V 3 ottobre 2002/5216


L’art. 12 del regolamento dl Comune di T., così, ad esempio, definisce il p.p.
“II profilo professionale ha gli stessi contenuti della q.f. con riferimento ad una particolare o specifica attivita lavorativa.
Assume, pertanto/ preciso e specifico significato:
1) la tipologia del lavoro in quanto, con la delineazione della declaratoria del profilo professionale, si descrive 1'attivita lavorativa/ed in linea generale i relativi compiti ed attribuzioni;
2) il grado di preparazione culturale e professionale perchè nella declaratoria del profilo professionale si descrive lo specifico e particolare tipo di preparazione culturale ed il tipo di preparazione professionale richiesti per particolari attività lavorative;
3) il grado di responsabilità che descrive in concreto quali sono le responsabilità effettive/le competenze specifiche/le conseguenze derivanti dall'esercizio dell'attività lavorativa;
4) il grado di autonomia.”

E’ significativo come ai sensi dell’art. 135 del Regolamento di organizzazione degli uffici e del personale in vigore presso il Comune di T. (secondo cui <<Il dipendente cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo, per decadenza dall'impiego nei casi previsti dall'art. 131, primo comma, lettere b) e d), può essere riammesso in servizio con provvedimento della G.C.
…omissis
Il dipendente riammesso è collocato nella qualifica cui apparteneva al momento della cessazione del servizio, con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa dalla data del provvedimento di riammissione.
La riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto previamente occupato e non può avere luogo se la cessazione dal servizio avvenne in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciali>>), nonchè ai sensi dell’art. 26 del ccnl 14/9/00 del comparto enti locali (secondo cui “Il dipendente il cui rapporto di lavoro si sia interrotto per effetto di dimissioni può richiedere, entro 5 anni dalla data delle dimissioni stesse, la ricostituzione del rapporto di lavoro. In caso di accoglimento della richiesta, il dipendente è ricollocato nella medesima posizione rivestita, secondo il sistema di classificazione applicato nell'ente, al momento delle dimissioni.”), con norma riprodotta anche nell’art. 15 del CCNL integrativo del CCNL del personale del comparto "Ministeri", che disciplina la fattispecie della "ricostituzione del rapporto di lavoro" a seguito di dimissioni del dipendente, sia possibile revocare le dimissioni dal rapporto di lavoro e non sia invece possibile, come erroneamente ritenuto dal Comune di T., revocare il consenso alla cessione del contratto. In una fattispecie concreta di un dirigente che rinuncia all’incarico dirigenziale per riprendere il posto e le mansioni precedentemente svolte, la Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Funzione Pubblica, richiesta di un parere, lo forniva in data 14 ottobre 2002 (n. 160) concludeva “Nella ipotesi in cui un dirigente di seconda fascia, vincitore di concorso interno dell’amministrazione di appartenenza, rinunci al proprio incarico e chieda di essere reinserito nella posizione giuridica ed economica precedentemente occupata, si applica l’art.15 del CCNL integrativo del CCNL del personale del comparto "Ministeri", che disciplina la fattispecie della "ricostituzione del rapporto di lavoro" a seguito di dimissioni del dipendente”.

Vale la pena di mettere in evidenza che nel parere n. 160 di cui alla nota precedente la Presidenza del Consiglio testualmente afferma: “Da quanto si evince nella nota inviata, sembrano sussistere, nel caso di specie, i requisiti formali richiesti ai fini dell’accoglimento della domanda, sebbene l’amministrazione, nel decidere sull’istanza di riammissione, eserciti un potere ampiamente discrezionale, che si concretizza nella valutazione della sussistenza o meno di un pubblico interesse alla reintegrazione del dipendente nell’organizzazione burocratica ed all’utilizzo delle sue prestazioni.”

La sentenza si può leggere al seguente indirizzo: http://www.salentolavoro.it/pdf/047D.pdf