Lo scioglimento del condominio.
Presupposti, legittimazione, disciplina delle parti rimaste in comune (*)
Roberto Triola
Sommario: 1. I presupposti. - 2. La legittimazione attiva. - 3. La legittimazione passiva. - 4. La disciplina applicabile alle parti rimaste in comune.
1. I presupposti
L'art. 61 disp. att. c.c. stabilisce che qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici auto-nomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall'assemblea con la maggioranza prevista dal c. 2° dell'art. 1136 c.c. o è disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione.
Il successivo art. 62 precisa che allo scioglimento si può procedere anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c. Qualora, però, la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose ed occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal c. 5° dell'art. 1136 c.c.
Secondo l'opinione prevalente l'edificio o la parte di esso si consi-derano autonomi quando l'insieme dei piani o degli appartamenti, da cui risulta composto, sono disposti in modo da costituire, con le parti accessorie e con i servizi comuni un tutto a sé che potrebbe, secondo i comuni criteri edilizi, qualificarsi come un caseggiato, come un edificio indipendente.
Si è peraltro osservato che il testo dell'art. 62, cit., sembra contrad-dire tanto l'assunto che l'autonomia fisica ("le caratteristiche di edifici autonomi") costituisca il presupposto materiale e giuridico per addive-nire alla separazione, quanto il concetto stesso di autonomia, intesa come costruzione indipendente.
Dalla competenza riconosciuta all'assemblea di deliberare lo scio-glimento "qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose ed occorrano opere per la sistemazione diversa dei lo-cali o delle dipendenze tra i condomini" può desumersi la competenza dell'organo collegiale di decidere l'esecuzione dei lavori necessari a de-terminare l'autonomia fisica che non esiste: la competenza, cioè, di de-liberare l'esecuzione delle opere indispensabili per creare ex novo l'indipendenza materiale del caseggiato.
Allo stesso tempo l'ammissibilità della separazione anche se tra gli originari partecipanti restano in comune alcune delle cose elencate dall'art. 1117 c.c., almeno apparentemente, nega in radice la stessa rile-vanza della autonomia dell'edificio, perché consente la separazione quando, a rigore, l'indipendenza vera e propria non si riscontra.
Ad ogni modo, quando le caratteristiche di edifici autonomi non sussistono, l'assemblea non potrebbe deliberare le opere necessarie a realizzare tale autonomia. Le "opere di modifica e di sistemazione di-versa", delle quali fa menzione l'art. 62, c. 2°, cit., sono quei lavori di aggiustamento e di rifinitura i quali agevolano l'uso e la gestione separa-ti quando l'indipendenza di fatto tra le costruzioni esiste, senza deter-minare la trasformazione ed il mutamento radicali.
2. La legittimazione attiva
L'interpretazione dell'art. 61, c. 2°, disp. att. c.c., il quale prevede che lo scioglimento è disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione, è oggetto di contrasti in dottrina e in giu-risprudenza.
Secondo un'opinione occorre attenersi alla lettera della norma, la quale fa riferimento soltanto ad una percentuale numerica, senza pre-scrivere che coloro i quali chiedono la divisione rappresentino anche un terzo del valore della porzione da separare.
Nello stesso senso si è espressa la S.C., la quale ha ritenuto che del valore delle quote si dovrebbe fare a meno anche nel caso di sciogli-mento per deliberazione dell'assemblea. Infatti, allorché l'assemblea delibera lo scioglimento dell'originario condominio, si tratta di un atto di amministrazione, rispetto al quale il ricorso di un condomino qua-lunque o dei dissenzienti che non rappresentino almeno quel terzo di cui parla la seconda ipotesi non avrebbe alcun effetto, perché i poteri del giudice interveniente ex art. 1137 c.c. non vanno oltre il controllo di legittimità, onde resta giustificato, per stabilire la maggioranza necessa-ria per la validità della deliberazione, il richiamo alla maggioranza pre-scritta dal c. 2° dell'art. 1136 c.c., la quale tiene conto sia del numero dei partecipanti, sia del valore delle loro quote.
Allorché, invece, si verte nel caso dell'istanza giudiziale da parte di tale "terzo" dei condomini interessati allo scioglimento, si è fuori del campo dell'amministrazione condominiale, in presenza cioè di una di-sposizione eccezionale, cui non possono essere estesi i principi che go-vernano il computo delle maggioranze ai fini delle attività proprie dell'assemblea condominiale.
In senso contrario si è osservato che appare poco persuasiva la af-fermazione che quando è l'assemblea a decidere lo scioglimento del condominio, le maggioranze in numero e valore delle quote sarebbero giustificate dalla natura della deliberazione (atto di "amministrazione"), mentre, quando è il giudice ad imporre lo scioglimento, la natura dell'atto muterebbe, rendendo superfluo l'elemento qualitativo (valore delle quote rappresentate dai condomini che chiedono lo scioglimento) e si è sostenuto che nel caso particolare e specifico del condominio ne-gli edifici, il concetto di "condomino" non può essere diverso da quello di "proprietario di piano o porzione di piano" (art. 1117 c.c.), essendo il "valore" di queste cose in "proprietà" a qualificare e quantificare il limi-te del diritto condominiale (art. 1118 c.c.).
Quando, poi, la legge (art. 61, c. 1°, cit.) parla espressamente dei "comproprietari di ciascuna parte", riconoscendo ad essi la possibilità di "costituirsi in condominio separato", non dice qualcosa di diverso da quando (art. 61, c. 2°, cit.) riconosce al "terzo" dei detti condomini il potere di rivolgersi all'autorità giudiziaria per richiedere che essa - con-tro il volere dell'assemblea o nella sua inerzia - imponga lo scioglimen-to.
Si è aggiunto che non si riuscirebbe a comprendere perché la legge disponga che i condomini, riuniti in assemblea, possano deliberare va-lidamente solo in quanto si raggiunga una certa maggioranza numerica e per quote, mentre, poi, quando una tale maggioranza si sia raggiunta, ma per respingere l'istanza di divisione, questa deliberazione possa es-sere impugnata anche da un terzo (numerico) dei partecipanti, senza tenere conto alcuno del valore delle quote che essi rappresentano.
D'altro canto, gli altri partecipanti potrebbero rendere di fatto inoperante la pronuncia di scioglimento del condominio da parte della autorità giudiziaria, in quanto, forti della maggioranza in numero e va-lore, potrebbero non costituire un nuovo condominio.
Secondo un'altra opinione, infine, tenuto conto della chiara lettera dell'art. 61, cit., è sufficiente che la domanda venga proposta da un ter-zo dei comproprietari, a prescindere dal valore delle loro quote.
Tuttavia, poiché l'espressione non è del tutto univoca, si potrebbe ragionevolmente prospettare la tesi che alla domanda di un terzo dei comproprietari sia da considerare equivalente la domanda di un nume-ro di proprietari inferiore al terzo, quando gli istanti rappresentino al-meno un terzo della somma complessiva del valore; questa equipollen-za consentirebbe un maggior rispetto al sistema della legge che è gene-ralmente orientato verso l'attribuzione dei diritti in relazione alla misura della quota di partecipazione, anche se, a taluni effetti, venga richiesto un concorrente numero di partecipanti.
Sembra preferibile la prima delle tesi esposte (anche se le argomen-tazioni addotte a suo sostegno dalla S.C. non sono decisive), la quale è l'unica conforme alla lettera dell'art. 61, c. 2°, disp. att. c.c. e non porta a conseguenze illogiche, in quanto la asserita stranezza del fatto che una deliberazione contraria allo scioglimento del condominio assunta da una maggioranza pari alla metà del valore dell'intero edificio ed ad un terzo dei condomini non impedisce ad un terzo dei proprietari di quella parte dell'edificio di cui si chiede la separazione di rivolgersi all'autorità giudiziaria non verrebbe meno ritenendo che tali condomini debbono rappresentare anche un terzo del valore di tale parte.
Né vale affermare che gli altri proprietari, forti della loro maggio-ranza per quanto riguarda il valore della parte dell'edificio di cui è stata chiesta la separazione potrebbero, di fatto, vanificare la pronuncia del giudice.
Da un lato, tale pericolo esisterebbe anche ritenendo che la do-manda deve essere proposta dai proprietari che rappresentino un terzo di tale valore e, dall'altro, il condominio separato si costituisce per ef-fetto della sola pronuncia del giudice, senza la necessità di una succes-siva deliberazione degli interessati.
La terza delle tesi esposte è intimamente contraddittoria, in quanto prima riconosce che la lettera dell'art. 61, c. 2°, disp. att. c.c. è chiara, poi la considera non del tutto univoca ed infine ne offre una interpre-tazione che sicuramente non è giustificabile in base a tale lettera.
In definitiva, il sistema realizzato dall'art. 61 disp. att. c.c. è il se-guente: i condomini che rappresentino la maggioranza del valore dell'edificio e un terzo dei partecipanti possono senz'altro disporre lo scioglimento, prescindendo dal consenso dei proprietari delle unità immobiliari situate nelle parti da separare, ma non possono impedire tale separazione quando la stessa sia richiesta da un terzo di tali pro-prietari.
Si è ritenuto che l'autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento del condominio solo quando un complesso di immobiliare sia suscetti-bile di divisione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale (pur potendo rimanere) in comune tra gli originari parteci-panti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c.); qualora, invece, la divisione non possa attuarsi senza una diversa ristrutturazione delle parti comuni, soltanto l'assemblea, con il rispetto delle maggioranze previste dall'art. 1136, c. 5°, c.c., può deliberare la costituzione di più condominii separati.
Riconoscendo il potere di disporre lo scioglimento al magistrato anche in tale ipotesi, non vi sarebbe stato motivo di richiedere una maggioranza speciale per la deliberazione dell'assemblea, ben potendo la minoranza interessata allo scioglimento saltare la assemblea rivol-gendosi al magistrato che, anche quando l'assemblea volesse decidere negativamente o viceversa, potrebbe sostituirsi ad essa disponendo quelle modifiche e quelle opere necessarie perché l'edificio possa avere la necessaria autonomia.
3. La legittimazione passiva
È controversa in giurisprudenza la legittimazione passiva dell'amministratore in relazione alla azione diretta allo scioglimento di condominio.
Alcune decisioni hanno dato risposta positiva al quesito, in base alla considerazione che l'amministratore è legittimato passivo per tutte le controversie concernenti le parti comuni ed escludendo espressamente l'applicabilità dell'art. 784 c.p.c., la quale prevede che la domanda di scioglimento della comunione va proposta nei confronti di tutti i parte-cipanti, in quanto tale norma concerne esclusivamente la comunione ordinaria, in cui si ha una unica cosa oggetto di proprietà indivisa con estensione del diritto di ciascuno in ogni sua parte, pur se nell'ambito della propria quota, donde la necessità, in caso di scioglimento, del contraddittorio con tutti i partecipanti.
Una riprova della legittimazione passiva dell'amministratore si rica-verebbe anche dal fatto che, altrimenti, non dovrebbe essere ammesso lo scioglimento con delibera assembleare non assunta con l'unanimità dei condomini.
In senso contrario si è affermato che: a) il principio generale di cui all'art. 784 c.p.c., in base al quale qualsiasi azione diretta a conseguire lo scioglimento di una comunione si propone nei confronti di tutti i par-tecipanti, non è derogato dall'art. 1131, c. 2°, c.c. ("può essere conve-nuto per qualunque azione concernente le parti comuni"), in quanto tale norma, inserita nel sistema del condominio, va interpretata nel sen-so che l'amministratore è passivamente legittimato per le domande che riguardano la semplice gestione delle parti comuni; b) il riconoscere all'amministratore la legittimazione passiva in ordine all'azione di scio-glimento del condominio significherebbe attribuirgli un potere di di-sposizione delle facoltà e dei poteri costituenti la situazione soggettiva di condonino di cui non è titolare neppure l'assemblea.
Si può peraltro replicare, in primo luogo, che sembra arbitrario ri-tenere che dall'art. 1131, c. 2°, c.c., non sarebbe possibile desumere una deroga al principio di cui all'art. 784 c.p.c., tenuto conto dell'ampia formulazione della prima di tali norme.
Ma ciò che più conta è che la tesi la quale invoca l'art. 784 c.p. c. si pone in una prospettiva errata.
Il problema non è, infatti, quello di stabilire se al giudizio di scio-glimento del condominio debbano partecipare o meno tutti i condomi-ni, ma se tale partecipazione debba essere realizzata citando personal-mente i condomini che non hanno assunto l'iniziativa dello scioglimen-to o se è sufficiente citare l'amministratore, tenuto conto dell'art. 1131, c. 2°, c.c.
Non è, infine, esatto che, riconoscendo la legittimazione passiva dell'amministratore, si attribuirebbe a quest'ultimo un potere di dispo-sizione di cui non è titolare neppure l'assemblea.
Da un lato, infatti, legittimazione passiva e potere di disposizione sono concetti differenti e, dall'altro, il fatto che l'assemblea possa deli-berare a maggioranza lo scioglimento del condominio, senza cioè l'unanimità dei condomini, risulta dall'art. 61 disp. att. c.c.
In dottrina, in senso contrario alla legittimazione passiva dell'amministratore, si è affermato che: a) la domanda incide sui diritti dei singoli condomini, in quanto l'art. 62, c. 1°, disp. att. c.c. prevede la possibilità che per effetto dello scioglimento del condominio alcune cose cessino di essere in comunione tra gli originari condomini, mentre altri condomini vedrebbero ampliato il loro diritto su cose prima co-muni ad un maggior numero di persone; b) non si vede come si possa accertare, ai sensi dell'art. 62, c. 2°, disp. att. c.c., che la divisione non può attuarsi senza modificare lo stato delle cose o che occorrono opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomi-ni, senza sentire i condomini interessati.
In tal modo, però, non sembra che venga bene impostato il pro-blema, il quale - come già detto - non consiste nello stabilire o meno se i tutti i condomini debbano partecipare il giudizio, ma se i condomi-ni che non hanno preso l'iniziativa dello scioglimento possano parteci-pare al giudizio in quanto rappresentati dall'amministratore oppure debbano essere citati individualmente e, di fronte ad una disposizione di carattere generale costituita dall'art. 1131, c. 2°, c.c., secondo la quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azio-ne concernente le parti comuni, occorre dimostrare che il legislatore, per quanto riguarda l'azione di cui all'art. 61, c. 2°, disp. att. c.c. ha in-teso derogare a tale principio.
Sempre in dottrina si è dedotto che all'azione di scioglimento del condominio sarebbe applicabile l'orientamento giurisprudenziale se-condo il quale non sussiste la legittimazione passiva dell'amministratore in ordine alle azioni le quali tendono ad una pronuncia di condanna o costitutiva destinata ad incidere sulle parti comuni.
In senso contrario è sufficiente rinviare a quanto già detto per di-mostrare la infondatezza di tale orientamento.
4. La disciplina applicabile alle parti rimaste in comune
Secondo la S.C. per la gestione delle parti comuni dopo lo sciogli-mento parziale di un condominio si dovrà fare ricorso alle norme in tema di condominio e non di comunione.
Si è in proposito affermato che il ricorso ad una disciplina speciale del condominio negli edifici è stato determinato da motivi di carattere obiettivo, data l'inadeguatezza delle regole generali della comunione a soddisfare le esigenze normative di una forma di comproprietà, che presenta caratteristiche peculiari, le quali non ne consentono, per alcuni aspetti, il puro e semplice inquadramento nella comunione.
Tale essendo la finalità della speciale disciplina del condominio ne-gli edifici, ne consegue che la stessa trova applicazione ogni volta che vi siano cose rientranti per la loro struttura o destinazione fra quelle pre-viste nell'art. 1117 c.c., a nulla rilevando che i piani o porzioni di piano alla cui utilizzazione o migliore utilizzazione siano compresi in un edi-ficio unico o invece in parti di edificio aventi caratteristiche di edifici autonomi e addirittura in edifici anche originariamente distinti.
Una conferma sarebbe desumibile dall'art. 62 disp. att. c.c.: è vero che il termine "partecipanti", usato in tale disposizione, viene adoperato anche per indicare i titolari di beni in comunione, ma la qualificazione "originari" toglie ogni dubbio sul contenuto della espressione, risultan-do da essa evidente che la norma fa riferimento ai partecipanti al con-dominio negli edifici e non ai partecipanti alla comunione.
Alla stessa conclusione si è pervenuti in dottrina, in base alla consi-derazione che l'applicabilità delle norme sul condominio si giustifica tecnicamente in virtù del perdurare del rapporto di accessorietà, posto che - nonostante la separazione - le cose, gli impianti ed i servizi co-muni continuano ad essere necessari per l'esistenza o per l'uso ovvero rimangono destinati all'uso o al servizio degli stessi piani o porzioni di piano.
In ordine alle modalità di tale gestione, in dottrina si è affermato che sarebbe possibile la adozione di deliberazioni conformi da parte dei due condomini nei quali si è scisso il condominio originario, fermo re-stando che le maggioranze andrebbero conteggiate avuto riguardo al numero ed alle quote di tutti i partecipanti alla comunione.
Si tratta, però, di una tesi la quale manca di qualsiasi supporto nor-mativo.
La precisazione in ordine al calcolo delle maggioranze appare, poi, superflua, in quanto, sommando le maggioranze raggiunte nelle assem-blee separate risultano comunque garantiti i quorum deliberativi e co-stitutivi che sarebbero necessari per l'assemblea alla quale fossero chiamati a partecipare tutti i condomini dei due edifici separati (segue).
(*) Queste pagine sono parte di capitolo della monografia Il condominio,Torino 2003 pp. 537 che è volume del Trattato di diritto privato in corso di pubblicazione presso la Casa editrice Giappichelli e del volume si trascrive l'indice generale
R O B E R T O T R I O L A
IL CONDOMINIO
Terzo dei tomi in materia di Proprietà e diritti reali
del Trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone
Casa editrice Giappichelli,Torino 2003
CAPITOLO I
IL CONDOMINIO IN GENERALE
1. La nozione di condominio
2. La costituzione del condominio
3. La natura giuridica del condominio
4. Il c.d. supercondominio
CAPITOLO II
LE PARTI COMUNI
1. Le parti comuni in generale
2. La "presunzione" di comunione
3. L'onere della prova della natura comune
4. Il titolo contrario
5. Proprietà esclusiva e destinazione all'uso comune
6. Parti destinate al servizio di più edifici
7. Il condominio parziale
8. La indivisibilità delle parti comuni
9. La cessione dei diritti sulle parti comuni
10. La rinuncia alla comunione
11. Le singole parti comuni: a) i muri maestri e perimetrali
12. (Segue) b) Gli sporti chiusi, le finestre ed i balconi
13. (Segue) c) Le fondazioni e il suolo
14. (Segue) d) Il sottosuolo
15. (Segue) e) Gli spazi ed i manufatti esterni al perimetro dell'edificio condominiale
16. (Segue) f) I locali facenti parte dell'edificio condominiale non compresi nella elencazione delle parti comuni
17. (Segue) g) I cortili ed i giardini
18. (Segue) h) I lastrici solari e le terrazze di copertura
19. (Segue) i) Il tetto ed il sottotetto
20. (Segue) l) Le terrazze a livello
21. (Segue) m) Le scale ed i pianerottoli
22. (Segue) n) I portoni, i vestiboli, gli anditi ed i portici
23. (Segue) o) I locali destinati a servizi comuni
24. (Segue) p) Le opere che servono al godimento comune
25. Gli spazi di parcheggio: a) la disciplina
26. (Segue) b) Nullità della riserva della proprietà e diritto alla integrazione del prezzo
27. (Segue) c) Riserva della proprietà e risarcimento del danno
28. Mancato collegamento all'impianto di riscaldamento e comproprietà dello stesso
29. Impianti installati in locali di proprietà esclusiva
30. I solai intermedi ed i soffitti
31. Il godimento delle parti comuni in generale
32. Il regolamento e la disciplina dell'uso delle parti comuni
33. Regolamento contrattuale e limitazioni all'uso delle parti comuni
34. Il limite quantitativo all'uso delle parti comuni in generale
35. L'uso più intenso o diverso rispetto a quello normale
36. La rilevanza del c.d. preuso
37. L'occupazione di parti comuni con opere permanenti
38. Uso frazionato, turnario, indiretto
39. L'uso esclusivo
40. L'utilizzazione di parti comuni a vantaggio di un bene di proprietà esclusiva estraneo al condominio
41. La tutela possessoria del godimento delle parti comuni
42. L'usucapione di parti comuni
43. Il godimento delle singole parti comuni: a) il sottosuolo
44. (Segue) b) Il muro perimetrale
45. (Segue) c) Il tetto ed i lastrici solari
46. (Segue) d) L'immissione di sporti sul cortile comune
47. (Segue) e) Le scale, i pianerottoli, gli anditi
48. (Segue) f) Il solaio intermedio
49. I servizi comuni
50. Le controversie relative al godimento delle parti comuni
CAPITOLO III
IL REGOLAMENTO E LE TABELLE MILLESIMALI
1. La natura del regolamento
2. Regolamento obbligatorio e regolamento facoltativo
3. La formazione del regolamento obbligatorio
4. La formazione del regolamento facoltativo
5. Mancata approvazione del regolamento obbligatorio e ammissibilità del ricorso all'autorità giudiziaria
6. L'impugnazione del regolamento
7. La forma del regolamento
8. L'efficacia del regolamento
9. L'interpretazione del regolamento
10. Il contenuto del regolamento: a) la disciplina dell'uso delle parti comuni
11. (Segue) b) La tutela del decoro dell'edificio
12. (Segue) c) Le norme relative all'amministrazione
13. La sanzione pecuniaria per le infrazioni al regolamento
14. Il c.d. regolamento contrattuale e la sua revisione
15. I limiti al potere regolamentare
16. Le tabelle millesimali: a) i rapporti con la gestione del condominio
17. (Segue) b) I criteri per la loro formazione
18. (Segue) c) I poteri dell'assemblea
19. (Segue) d) L'impugnazione della delibera di approvazione
20. (Segue) e) La revisione
21. (Segue) f) Il condominio parziale
22. (Segue) g) Lo scioglimento del condominio
CAPITOLO IV
LE INNOVAZIONI
1. La nozione
2. Innovazioni e modificazioni delle parti comuni ad opera del singolo condomino
3. La modificazione o la soppressione di un servizio
4. L'adeguamento di impianti alla normativa per essi dettata
5. Le innovazioni vietate
6. Le innovazioni gravose o voluttuarie
7. Innovazioni e condominio con due soli partecipanti
8. Il calcolo della maggioranza per la deliberazione di innovazione non interessante tutti i condo mini
9. Il dissenso
10. La inderogabilità della disciplina in tema di innovazioni
11. Le innovazioni soggette ad una speciale disciplina: a) il superamento e la eliminazione delle barriere architettoniche
12. (Segue) b) La realizzazione di parcheggi
13. (Segue) c) Gli interventi di recupero
14. (Segue) d) Il risparmio energetico
CAPITOLO V
LA SOPRAELEVAZIONE
1. La natura del diritto
2. I limiti all'esercizio
3. La nozione di sopraelevazione
4. L'indennità: a) il fondamento
5. (Segue) b) Il calcolo
6. (Segue) c) La ripartizione
7. (Segue) d) La natura della obbligazione
8. (Segue) e) La nascita del diritto
9. (Segue) f) L'esonero
10. La ricostruzione del lastrico solare e degli altri manufatti di uso comune
11. Gli effetti della sopraelevazione
CAPITOLO VI
IL GODIMENTO DELLE PARTI IN PROPRIETÀ ESCLUSIVA
1. Opere eseguite nelle proprietà esclusive e danni alle parti comuni
2. Le immissioni
3. Limitazioni regolamentari al godimento delle parti in proprietà esclusiva
4. Servitù tra parti comuni e proprietà esclusive
5. Condominio e distanze legali
CAPITOLO VII
L'ASSEMBLEA
1. L'assemblea ed i suoi poteri
2. La convocazione da parte dell'amministratore
3. La convocazione su richiesta dei condomini all'amministratore
4. Mancanza dell'amministratore e convocazione da parte dei condomini
5. La convocazione da parte di soggetto non legittimato
6. L'avviso di convocazione: a) la forma
7. (Segue) b) Il contenuto
8. (Segue) c) Il termine
9. Il mancato invio dell'avviso a tutti i condomini
10. Convocazione con unico avviso di più assemblee
11. Unità immobiliare in comproprietà ed invio dell'avviso di convocazione
12. Morte di un condomino e invio dell'avviso di convocazione
13. La legittimazione alla partecipazione all'assemblea: a) i con domini
14. (Segue) b) L'usufruttuario
15. (Segue) c) Il conduttore
16. La partecipazione all'assemblea di soggetto non legittimato
17. La rappresentanza in assemblea
18. Comproprietà e partecipazione all'assemblea
19. La rappresentanza dei condomini da parte dell'amministratore
20. I rapporti tra assemblea di prima e di seconda convocazione
21. I quorum legali per la costituzione e per le deliberazioni
22. Il condominio di due soli partecipanti
23. Inderogabilità dei quorum legali di costituzione e di deli berazione
24. Le operazioni preliminari
25. I poteri del presidente
26. L'aggiornamento dell'assemblea
27. L'allontanamento dall'assemblea di uno o più intervenuti e l'intervento di un condomino inizialmente assente
28. Il diritto del condomino di partecipare alla discussione
29. La illegittima esclusione di un condomino dal voto
30. Il conflitto di interessi
31. Il voto ed i suoi vizi
32. L'efficacia delle deliberazioni nei confronti degli aventi causa dagli originari condomini
33. Annullamento e revoca delle deliberazioni
34. Assemblea e negozio
35. Il verbale: a) la mancata valida costituzione della assemblea di prima convoca zione e redazione del verbale
36. (Segue) b) La redazione
37. (Segue) c) La funzione
38. (Segue) d) Il contenuto
39. (Segue) e) Il valore probatorio
40. (Segue) f) La trascrizione
41. L'impugnazione delle deliberazioni assembleari: a) deliberazioni nulle e deliberazioni annullabili
42. (Segue) b) L'eccesso di potere
43. (Segue) c) Le delibere meramente programmatiche o esecutive
44. (Segue) d) I limiti di validità della clausola compromissoria
45. (Segue) e) La competenza per valore
46. (Segue) f) La legittimazione attiva
47. (Segue) g) La forma dell'atto introduttivo
48. (Segue) h) L'onere della prova
49. (Segue) i) La sospensione della delibera impugnata
50. (Segue) l) La sostituzione della delibera invalida con altra presa in conformità alla legge
51. (Segue) m) I poteri del giudice e gli effetti dell'annullamento
52. (Segue) n) Le delibere nulle
CAPITOLO VIII
L'AMMINISTRATORE
1. L'obbligo della nomina …
2. … e la competenza esclusiva dell'assemblea
3. I requisiti per la nomina
4. La nomina di una società
5. La natura del rapporto tra amministratore e condominio
6. La maggioranza prevista per la nomina e la sua inderogabilità
7. La nomina dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria: a) i presupposti
8. (Segue) b) Il procedimento
9. (Segue) c) Il compenso
10. La durata dell'incarico
11. Dimissioni, scadenza dell'incarico, conferma tacita, prorogatio
12. La conferma espressa
13. La revoca senza giusta causa
14. La revoca da parte dell'autorità giudiziaria: a) i presupposti
15. (Segue) b) Il procedimento
16. Le attribuzioni dell'amministratore: a) l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea
17. (Segue) b) La disciplina dell'uso delle cose e dei servizi comuni
18. (Segue) c) La riscossione dei contributi
19. (Segue) d) La erogazione delle spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria
20. Inerzia dell'amministratore ed iniziative dei singoli condomini
21. Il ricorso contro i provvedimenti dell'amministratore
22. Il rendiconto
23. Il rimborso delle spese anticipate dall'amministratore
24. La responsabilità civile
25. La responsabilità penale
CAPITOLO IX
LE SPESE
1. I criteri per la ripartizione delle spese
2. La diversa convenzione
3. Mancata utilizzazione di un servizio e obbligo di contribuire nelle spese di manutenzione
4. La rinuncia al servizio di riscaldamento
5. Parti destinate all'uso comune in proprietà esclusiva e onere delle spese
6. La natura dell'obbligo di pagare le spese condominiali
7. I poteri dell'assemblea
8. La solidarietà tra i condomini
9. La posizione dell'acquirente
10. Il condomino apparente
11. La nascita e la prescrizione dell'obbligo
12. L'anticipazione da parte dei condomini
13. La ripartizione delle spese relative: a) al servizio di riscaldamento
14. (Segue) b) Al servizio di portierato
15. (Segue) c) Alla facciata
16. (Segue) d) Alla manutenzione e riparazione delle scale
17. (Segue) e) Alla pulizia delle scale
18. (Segue) f) Alla illuminazione delle scale
19. (Segue) g) Alla manutenzione e riparazione dell'ascensore
20. (Segue) h) Ai solai intermedi
21. (Segue) i) Al lastrico solare comune
22. (Segue) l) Al lastrico solare di uso o proprietà esclusiva ed alle terrazze a livello
23. (Segue) m) Al cortile con sottostanti garages
24. Morosità nel pagamento dei contributi e sospensione dal godimento dei servizi condominiali
25. La riscossione dei contributi condominiali: a) il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo
26. (Segue) b) il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e i rapporti con la impugnazione della delibe-ra di approvazione della spesa
27. Mancata prestazione di un servizio e tutela del condomino
CAPITOLO X
CONDOMINIO E LOCAZIONE
1. Il conduttore e il godimento delle parti comuni
2. L'utilizzazione non consentita dell'immobile locato
3. Il rimborso al locatore delle spese condominiali
4. Danni subiti dal conduttore e responsabilità del locatore
CAPITOLO XI
CONDOMINIO E PROCESSO
1. Controversie condominiali e competenza
2. Mancanza dell'amministratore e nomina di un curatore speciale
3. La prova della qualità di amministratore
4. Gli eventi attinenti alla persona dell'amministratore e la loro influenza sul processo
5. Impugnazione della delibera di nomina dell'amministratore e rappresentanza del condominio
6. Il conferimento della rappresentanza a persona diversa dall'amministratore
7. Regolamento di condominio e limitazioni al potere di rappresentanza del l'amministratore
8. L'ampliamento dei poteri di iniziativa processuale dell'amministratore
9. La notifica della citazione all'amministratore
10. Il conflitto di interessi tra amministratore e condominio
11. La posizione dell'amministratore rispetto alla confessione ed al giuramento
12. La inammissibilità della testimonianza dei condomini
13. La clausola compromissoria
14. Controversie tra condominio e condomini e regime delle spese giudiziali
15. Il rimborso delle spese processuali sopportate dall'amministratore
16. Il dissenso del condomino rispetto alle liti condominiali
17. La legittimazione attiva dell'amministratore: a) poteri di iniziativa processuale e rapporti con l'assemblea
18. (Segue) b) La tutela delle parti comuni dell'edificio in generale
19. (Segue) c) Le azioni possessorie e quasi possessorie
20. (Segue) d) Le azioni dirette al rispetto delle limitazioni al godimento della proprietà esclusiva
21. (Segue) e) L'azione ex art. 1669 c.c.
22. (Segue) f) Le azioni petitorie
23. (Segue) g) Le azioni contrattuali derivanti dagli atti di acquisto delle singole unità immobiliari
24. La legittimazione passiva dell'amministratore: a) i rapporti con l'assemblea
25. (Segue) b) Le azioni contrattuali
26. (Segue) c) Le azioni relative alle parti comuni
27. (Segue) d) La chiamata in causa di un terzo
28. La posizione dei condomini: a) i poteri di iniziativa processuale
29. (Segue) b) L'intervento in un giudizio instaurato da o contro l'amministratore
30. (Segue) c) Difetto di legittimazione dell'amministratore e intervento dei condomini
31. (Segue) d) Giudizio promosso da singoli condomini o nei loro confronti e impugnazione dell'amministratore
32. (Segue) e) L'impugnazione da parte di singoli condomini delle sentenze emesse nei confronti dell'amministratore
CAPITOLO XII
LO SCIOGLIMENTO DEL CONDOMINIO
1. I presupposti
2. La legittimazione attiva
3. La legittimazione passiva
4. La disciplina applicabile alle parti rimaste in comune
CAPITOLO XIII
IL PERIMENTO DELL'EDIFICIO
1. Il perimento totale: a) la nozione
2. (Segue) b) Gli effetti
3. (Segue) c) La ricostruzione
4. Il perimento parziale
Indice analitico