Tutele Possessorie.
Azione di manutenzione, danno temuto, nuova opera (*)
Paolo Gallo
Le azioni possessorie
La peculiarità del possesso consiste ed emerge nella sua interezza proprio sotto il profilo della tutela .. Il possessore può infatti esperire varie azioni a tutela del suo potere di fatto, a prescindere da indagini circa la sua legittimazione.
Le azioni a tutela del possesso vengono qualificate possessorie, in contrapposizione a quelle petitorie esperibili a tutela di diritti reali (rivendicazione, azione negatoria, azione confessoria).
Mentre infatti le azioni petitorie presuppongono la prova della titolarità del diritto, spesso lunga e difficoltosa, le azioni possessorie si basano sul fatto stesso del possesso o su quello dell'avvenuto spoglio.
Esse sono pertanto notevolmente più snelle, con la conseguenza che lo stesso proprietario potrà preferirle alla rivendicazione al fine di recuperare il bene.
Si consideri tuttavia come nella prassi l'intento del legislatore sia di fatto frustrato da una miriade di intoppi processuali; non è così infrequente che l'intero procedimento, se si calcolano i tempi delle varie fasi nelle quali si articola, possa durare anche più di dieci anni, con buona pace delle esigenze di rapidità e snellezza volute dal legislatore.
In realtà le azioni possessorie in molti casi sono null'altro che un rimedio, usufruibile dallo stesso proprietario, per tutelare i propri beni; in molti casi esse tendono in altre parole ad apparire come un mero doppione di altri rimedi, come per esempio la rivendicazione, o i provvedimenti cautelari finalizzati ad ottenere una tutela urgente.
Si consideri ancora che nel nostro ordinamento esistono strumenti alternativi di tutela urgente, come per esempio il rimedio di cui all'art. 700 c.p.c.
In queste condizioni non è sicuramente chiaro perché la prassi italiana, ed in primis gli avvocati, continuino a privilegiare la tutela possessoria, sempre meno rapida, ad altri rimedi cautelari, come per esempio l'art. 700 c.p.c.; tanto più che in Francia ed in Germania è netta la tendenza a preferire i rimedi cautelari urgenti , sicuramente più moderni, razionali ed efficienti di quelli tradizionali a tutela del possesso, non fosse altro perché non esperibili indiscriminatamente ma solo in presenza di fumus boni iuris.
In queste condizioni vi è sicuramente spazio per riconsiderare l'intero settore della tutela urgente ed interdettale; bisognerebbe in altre parole avere il coraggio di riformare ex novo l'intero settore dei rimedi interdettali tramite nuove forme di azioni di applicazione generale, come per esempio l'art. 700 c.p.c., idonee a consentire una tutela veramente rapida ed urgente delle situazioni di appartenenza, a prescindere dai cavilli e dalle distinzioni più o meno arbitrarie che si sono sedimentate nel corso della storia in materia di azioni possessorie.
I rimedi
Il legislatore delinea tre differenti azioni in materia di tutela possessoria, a seconda del tipo di lesione posta in essere:
1) l'azione di reintegrazione in presenza di uno spoglio violento o clandestino (art. 1168, c. 1°, c.c.);
2) l'azione di manutenzione in presenza di molestie e turbative (art. 1170, c. 1°, c.c.);
3) nonché ancora l'azione di manutenzione con finalità recuperatorie in caso di spoglio non violento o clandestino (spoglio semplice) (art. 1170, c. 2°, c.c.).
L'azione di manutenzione
Ai sensi dell'art. 1170, c. 1°, c.c. chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili può, entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo.
L'azione è esperibile entro un anno dalla turbativa.
Legittimato attivo all'azione non è però qualunque possessore come nel caso dell'azione di reintegrazione, ma solo il possessore di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili.
L'azione non compete pertanto al possessore di beni mobili.
Parimenti essa non compete al semplice detentore. Ne consegue che l'inquilino in caso di turbative non potrà cercare di tutelarsi in virtù di tale azione.
Il legislatore richiede inoltre che si tratti di un possesso qualificato dalla durata e dal modo d'acquisto. In particolare l'azione è data solo se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente (art. 1170, c. 2°, c.c.).
Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.
L'azione di manutenzione è quindi sicuramente espressione di una logica differente rispetto a quella sottesa all'azione di reintegrazione. Mentre l'azione di reintegrazione, per lo meno nella sua configurazione originaria, è in primo luogo finalizzata a tutelare l'ordine pubblico, l'azione di manutenzione è posta a tutela di una situazione possessoria qualificata la quale assurge quasi al rango di una forma cadetta di appartenenza.
Ai sensi dell'art. 1170, c. 3°, c.c. l'azione di manutenzione è altresì esperibile con finalità recuperatorie in caso di spoglio non violento o clandestino.
Tenendo peraltro conto dell'estrema ampiezza con cui la giurisprudenza intende i requisiti della violenza e della clandestinità ai sensi dell'art. 1168, c. 1°, c.c., l'ambito d'applicazione di questa norma risulta assai ristretto.
Centrale ai fini dell'individuazione del campo d'applicazione della norma in questione è chiarire il concetto di molestia. Tradizionalmente le molestie vengono distinte in molestie di fatto e di diritto.
Molestia di fatto è qualsiasi limitazione o turbativa della sfera del possesso altrui , o ancora qualsiasi atto che modifichi o tenda a modificare il possesso o lo stato del possesso
Si pensi per esempio all'esercizio di fatto di una servitù di passaggio, alla violazione delle distanze legali nelle costruzioni , alla sopraelevazione di un edificio oltre i limiti consentiti, alle immissioni eccedenti la normale tollerabilità , alla violazione dello spazio aereo, o ancora a qualsiasi altra turbativa nei rapporti di vicinato .
In realtà si tratta di concetti sostanzialmente empirici, tanto più che a monte resta il delicato problema da un lato di distinguere il concetto di spoglio da quello più limitato di turbativa, e dall'altro quello di distinguere le turbative vere e proprie dalle ingerenze lecite.
Per quel che riguarda la distinzione tra spoglio e turbativa ogni tentativo di rigore risulta frustrato dalle applicazioni giurisprudenziali da sempre favorevoli ad estendere sempre più la nozione di spoglio a scapito di quella di semplice turbativa.
Per quel che riguarda il secondo aspetto utile può essere viceversa instaurare un parallelismo tra lesione della proprietà e lesione del possesso; in questa prospettiva non è possibile ravvisare una molestia se l'ingerenza sarebbe lecita anche sotto il profilo del corrispondente diritto di proprietà . Non costituisce così molestia una ingerenza esplicata ad un'altezza tale da non costituire lesione neppure del corrispondente diritto di proprietà .
Ancora più controverso è il discorso relativo alle molestie di diritto. Tradizionalmente per molestie di diritto si intendono gli atti giudiziali o stragiudiziali con i quali si contesta l'altrui possesso .
Si pensi per esempio alla notifica con cui il conduttore fa sapere al locatore di voler tenere la cosa come propria; all'ingiunzione rivolta al vicino di non sopraelevare; o ancora alla diffida con cui si contesta l'altrui diritto al possesso, e così via .
Parte della dottrina ha peraltro contestato l'opportunità della distinzione tra molestie di fatto e di diritto. Si è considerato come la distinzione non trovi corrispondenza in materia di spoglio, dove non si distingue tra spoglio di fatto e di diritto, e come in realtà i casi di molestia di diritto o costituiscono veri e propri casi di spoglio, o tentativi di spoglio
13. Spese e miglioramenti
Il legislatore ha disciplinato accuratamente i diritti del possessore soccombente in sede di revindica in ordine alle spese, ai miglioramenti ed alle addizioni (artt. 1149, 1150, 1152 c.c.). Il legislatore tace viceversa in ordine al medesimo ordine di problemi che può porsi tra attore e convenuto nell'ambito del giudizio possessorio.
Non vi è però alcun dubbio che, così come nel giudizio possessorio può avere ingresso l'azione risarcitoria (art. 2043 c.c.), parimenti occorre consentire l'azione in arricchimento (art. 2041 c.c.)
Il procedimento possessorio
Ai sensi dell'art. 705, c. 1°, c.p.c. il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. Il che significa che il proprietario dovrà attendere con pazienza la conclusione del giudizio possessorio, restituire la cosa e successivamente agire in rivendicazione.
Il principio di separazione tra giudizio possessorio e petitorio è stato peraltro recentemente attenuato da parte della Corte costituzionale, la quale con la sent. 3 febbraio 1992, n. 25 ha dichiarato illegittimo l'art. 705, c. 1°, c.p.c. nella parte in cui subordina la proponibilità del giudizio petitorio alla conclusione di quello possessorio ed alla esecuzione della relativa decisione, nel caso in cui ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile per il convenuto.
Il divieto del cumulo tra possessorio e petitorio è altresì derogato dall'art. 704 c.p.c., il quale riserva al giudice del petitorio ogni domanda che reagisce a lesioni del possesso che si sono verificate nel corso del procedimento petitorio stesso. A questi fini è però essenziale la concomitanza delle lesioni possessorie con il giudizio petitorio .
Problemi sorgono nel caso in cui l'attore effettui un errore sotto il profilo della qualificazione dell'azione; qualifichi per esempio l'azione di spoglio, mentre in realtà è di manutenzione e viceversa.
Nel caso in cui l'attore abbia qualificato l'azione come di spoglio, mentre in realtà si tratta di mera turbativa, il giudice è legittimato a riqualificare correttamente come di manutenzione l'azione proposta . Nel più è infatti contenuto il meno, con la conseguenza che l'art. 112 c.p.c. non risulta violato.
Non è invece consentito l'opposto, vale a dire qualificare come di spoglio un'azione di manutenzione .
Ai fini dell'esecuzione del giudicato non rileva se la configurazione dei luoghi, come per esempio l'ubicazione della servitù di passaggio, è leggermente diversa rispetto a quella prospettata dal ricorrente.
A prescindere dagli esiti del processo, l'esercizio delle azioni possessorie esplica un effetto interruttivo del decorso dei termini per l'usucapione .
Le azioni possessorie non sono compromettibili ad arbitri, in quanto appartengono alla competenza inderogabile dei giudici ordinari .
In conformità ai principi generali, il provvedimento che definisce la controversia deve provvedere in tema di spese giudiziali .
Attualmente il giudizio possessorio risulta sdoppiato in due fasi, di cui la prima culmina con l'adozione di un'ordinanza contenente un interdetto cautelare o provvisorio, destinato ad anticipare provvisoriamente una soluzione, che sarà poi confermata o rovesciata nella sentenza finale.
Le azioni di nuova opera e di danno temuto
Le azioni di nuova opera e di danno temuto (artt. 1171, 1172 c.c.) sono esperibili in via preventiva al fine di scongiurare la possibilità di un danno.
Esse sono esperibili dal proprietario, dal titolare di un diritto reale di godimento e dal possessore.
Entrambi i procedimenti si articolano in due fasi: una prima fase cautelare ed urgente, finalizzata a consentire al giudice di adottare i provvedimenti necessari a scongiurare il pericolo di danno; ed una seconda fase, consistente in un normale giudizio di merito, finalizzato ad accertare il fondamento della pretesa.
A) La denunzia di nuova opera può essere effettuata ogniqualvolta si ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del proprio diritto o possesso. Il giudice può vietare la continuazione dell'opera, oppure consentirla, disponendo se del caso le opportune cautele; nel primo caso per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora l'opposizione risulti infondata nella decisione del merito; nel secondo caso per la demolizione dell'opera e per il risarcimento del danno, ove il denunziate ottenga sentenza favorevole (art. 1171 c.c.).
Gli elementi costitutivi della fattispecie sono dunque tre: a) una condotta umana , b) un'opera, c) il timore di un danno.
La condotta deve essere illecita, vale a dire lesiva della proprietà o del possesso dell'attore. Non è richiesta viceversa la prova del dolo o della colpa; l'inibitoria opera su basi rigorosamente oggettive. Il discorso può però mutare se si innesta una pretesa risarcitoria ai sensi dell'art. 2043 c.c.
La richiesta del provvedimento cautelare è ovviamente consentita soltanto nel caso in cui l'opera non sia ancora ultimata ; dopo l'ultimazione dell'opera si procederà a trattare direttamente il merito.
I requisiti suddetti, mancato decorso di un anno dall'inizio dell'opera e mancata ultimazione della stessa, debbono però sussistere esclusivamente in relazione alla prima fase cautelare del procedimento; ne consegue che, nella successiva fase di merito, il riscontro della carenza di tali presupposti, può spiegare rilievo esclusivamente al fine della revoca dei provvedimenti cautelari eventualmente concessi, ma non comporta di per sé improponibilità della domanda .
L'opera deve comportare ragionevole timore di danno; ragionevole timore non significa necessariamente danno certo o danno attuale ; ne consegue l'esperibilità del rimedio anche in relazione ad un manufatto, che pur non essendo attualmente lesivo del diritto altrui, possa essere temuto come fonte di futuro danno per i carattere che l'opera potrebbe assumere qualora fosse condotta a termine
Il proprietario di un immobile in caso di inosservanza da parte del vicino delle distanze minime nelle costruzioni, ha peraltro facoltà di esperire non solo l'azione di denuncia di nuova opera, ma anche quella possessoria o direttamente quella petitoria, fondata sulla violazione del diritto di proprietà .
L'azione di danno temuto può essere esperita anche da parte del possessore di un bene demaniale; secondo la giurisprudenza l'art. 145, c. 2°, c.c. deve infatti essere inteso nel senso dell'attribuzione della tutela possessoria nei termini più ampi
B) La denunzia di danno temuto può essere fatta ogniqualvolta si ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del proprio diritto o possesso; l'azione si riferisce quindi al pericolo proveniente da un qualche cosa di già esistente, come per esempio un edificio che minacci di crollare. L'azione non è viceversa ovviamente esperibile nel caso in cui il pericolo sia rappresentato da una persona.
In termini del tutto generali è possibile asserire che mentre l'azione di denuncia di nuova opera presuppone un facere, vale a dire l'inizio di una nuova opera, l'azione di danno temuto presuppone un non facere, vale a dire l'inosservanza dell'obbligo di rimuovere un pericolo
Anche in questo caso l'azione presuppone l'illiceità del comportamento in questione , non viceversa il dolo o la colpa del convenuto. In ogni caso è però richiesto che il pericolo interessi direttamente il denunciante e non solo in modo generico i terzi .
Anche in questo caso l'autorità giudiziaria può disporre le necessarie misure cautelari, per ovviare al pericolo, come per esempio l'abbattimento o il transennamento dell'edificio pericolante (art. 1172 c.c.).
(*)Omesse le note e i riferimenti bibliografici,queste pagine corrispondono ad una parte del capitolo finale della monografia di Paolo Gallo e Alessandro Natucci ,secondo dei volumi in materia di
Beni,proprietà e diritti reali compresi nel Trattato di diritto
privato, che con la direzione di Mario Bessone è in corso di pubblicazione presso la casa editrice Giappichelli,in questo volume trattandosi gli argomenti indicati dal suo esauriente indice .
PARTE PRIMA
SUPERFICIE, ENFITEUSI, USUFRUTTO
CAPITOLO I
LA SUPERFICIE
1. Evoluzione storica del diritto di superficie |
pag. |
3 5 6 8 10 11 12 13 14 15 16 17 18 20 21 21 24 27 |
CAPITOLO II
L'ENFITEUSI
1. Il diritto di enfiteusi |
pag. |
29 30 |
CAPITOLO III
USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE
1. Cenni storici e comparatistici |
pag. |
33 34 35 37 41 43 47 47 47 48 48 49 50 51 52 53 56 57 60 65 66 66 69 71 72 73 76 |
PARTE SECONDA
LE SERVITÙ
CAPITOLO IV
PROBLEMI DI CARATTERE GENERALE
1. Le servitù nell'ambito dei diritti reali limitati |
pag. |
81
89 94
95 103 |
CAPITOLO V
CONTENUTO E MODALITÀ DI ESERCIZIO
DEL RAPPORTO DI SERVITÙ
1. Servitù e autonomia privata. Il valore del regolamento privato nella de- |
pag. |
111 120
120 126 131 134
140
145 |
CAPITOLO VI
COSTITUZIONE, ESTINZIONE E TUTELA DELLE SERVITÙ
1. Servitù volontarie e servitù coattive |
pag. |
149
159 168
171 178 180 186 188 |
PARTE TERZA
POSSESSO E AZIONI POSSESSORIE
CAPITOLO VII
POSSESSO E DETENZIONE
1. Il possesso e le ragioni della sua tutela |
pag. |
197 198 200 202 203 205 207 210 211 212 214 215 217 218 220 221
225 226
229 231 233 233 235 235 238 242 |
CAPITOLO VIII
LE AZIONI A TUTELA DEL POSSESSO
1. Le azioni possessorie |
pag. |
245 246 247 248 250 252
253 254 254 255 255 256 258 258 259 |