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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 15/01/1996 (ud. 8/11/1995), Sentenza n. 345
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Guido ACCINNI Presidente
Aldo RIZZO Consigliere
Pierluigi ONORATO Rel.
Aldo GRASSI
Francesco NOVARESE
"ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da <B. P. G.>, nato a Ciriè il 13.7.1951,avverso la sentenza resa il 27.3.1995 del pretore di Torino, sezionedistaccata di Chiavasso.Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere PierluigiOnorato,Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto ProcuratoreGenerale Bruno Ranieri, che ha concluso chiedendo il rigetto delricorso,Udito il difensore, avv. <A. A.>, che ha insistito perl'accoglimento, chiedendo in subordine la sospensione condizionaledella pena,Osserva:
Fatto
<G. B. P.>, quale titolare dell'omonima impresa di trasporto spurghi e liquami, e <N. F.>, quale legale rappresentante della s.n.c. <N. e A.>, esercente macellazione all'ingrosso di bestiame, venivano rinviati a giudizio davanti al pretore di Chivasso per rispondere del reato di cui all'art. 21, comma 3, legge 319-1976, perché, in concorso tra loro, il <N.> conferendo al <B. P.> i liquami provenienti dalla macellazione per lo scarico indiretto nell'impianto di depurazione dell'Azienda <P. S.>, e il <B. P.>conferendo direttamente i liquami al predetto impianto, avevano effettuato uno scarico di acque reflue in pubblica fognatura che eccedeva i limiti di accettabilità di cui alla tabella C allegata alla legge, relativamente ai parametri "materiali in sospensione totali", "COD" e "solventi organici aromatici toluene" (in Castiglione Torinese il 14.5.1993).
Il pretore stralciava la posizione del <N.>, avendo questi avanzato richiesta di pena patteggiata, e procedeva a dibattimento nei confronti del <B. P.>. In esito alla istruzione dibattimentale, con sentenza del 27.3.1995, dichiarava questi colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di lire cinquanta milioni di ammenda. In sintesi il pretore osservava a) che il campionamento, eseguito col metodo istantaneo, doveva ritenersi affidabile, b) che le analisi del campione prelevato aveva evidenziato l'eccedenza tabellare sia dei materiali in sospensione totali e del COD sia del toluene, c) che lo scarico doveva qualificarsi da insediamento produttivo, giacché il toluene è estraneo agli scarichi civili, e quindi l'insediamento de quo non poteva assimilarsi agli insediamenti civili, d) che il regolamento del depuratore dell'Azienda <P. S.>, pur assimilando la macellazione di bestiame agli insediamenti civili, non era applicabile alla faffispecie perché non includeva tra le sostanze contenute nei reflui i solventi aromatici, e in particolare il toluene, e) che detto regolamento, che prevedeva per materiali in sospensione totali e COD limiti di accettabilità più ampi di quelli imposti dalla menzionata tabella C, andava comunque disatteso, giacché l'art. 2 del d.l. 17.3.1995 n. 79, pur riconoscendo ai comuni, ai consorzi e alle province che gestiscono il servizio di depurazione la possibilità di stabilire limiti di accettabilità diversi da quelli della tabella C, ha inteso consentire solo la possibilità di stabilire limiti più rigorosi.
Avverso la sentenza pretorile ha proposto ricorso il <B. P.>, deducendo tre motivi. Col primo deduce erronea applicazione del d.l. 79-1995, giacché questo ha disposto che gli scarichi che recapitano in pubbliche fognature fornite di impianto centralizzato di depurazione si adeguino ai limiti di accettabilità stabiliti dal regolamento del depuratore, sia che derivino da insediamenti civili o assimilati, sia che derivino da insediamenti produttivi. Inoltre contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza - i limiti di accettabilità stabiliti dal regolamento del depuratore possono essere anche meno rigorosi di quelli prescritti dalla tabella C.
Col secondo motivo il ricorrente deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla attendibilità del campionamento istantaneo, sulle ragioni del quale gli ufficiali verbalizzanti non hanno mai fornito una spiegazione (contrariamente a quanto prescritto dall'art. 22 della legge 650-1979).
Col terzo motivo, infine, l'imputato deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla quantificazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Diritto
Il ricorso è privo di fondamento giuridico e va respinto.
In ordine ai singoli motivi dedotti a sostegno del ricorso si osserva quanto segue.
1) In base al principio di cui al terzo comma dell'art. 2 cod. pen,. che regola la successione nel tempo di leggi penali, al reato contestato - commesso il 14.5.1993 - deve essere applicato il d.l. 17.3.1995 n. 79, convertito con legge 17.5.1995 n. 172, in quanto più favorevole all'imputato. Secondo l'art. 2 di questa legge, che ha sostituito il n. 2) dell'art. 12 della legge 319-1976, gli impianti produttivi che recapitano in pubbliche fognature, prima dell'entrata in funzione dell'impianto centralizzato di depurazione, devono essere conformi ai limiti di accettabilità di cui alla tabella C allegata alla legge 319; e, dopo l'attivazione dell'impianto di depurazione, debbono adeguarsi ai limiti di accettabilità, alle norme e alle prescrizioni regolamentari stabilite dagli enti locali e dai consorzi che provvedono alla gestione dell'impianto.
Poiché nel nuovo testo della norma è scomparso l'avverbio "comunque" prima della frase "conformi ai limiti di accettabilità di cui alla tabella C", e soprattutto è scomparso l'avverbio "inoltre" prima della frase "adeguarsi ai limiti di accettabilità, alle norme e alle prescrizioni regolamentari stabiliti dai comuni o dai consorzi che gestiscono il pubblico servizio", è evidente che il legislatore ha inteso stabilire la derogabilità da parte degli enti gestori dei limiti di accettabilità della tabella C, fermo restando che gli enti gestori definiranno limiti, norme e prescrizioni "sulla base delle caratteristiche dell'impianto centralizzato di depurazione in modo da assicurare il rispetto della disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature definita dalla regione ai sensi dell'art. 14" della legge 319 (così l'ultima parte del nuovo testo del predetto n. 2).
L'art. 14 di questa legge, modificato dall'art. 1 della legge 172-1995, stabilisce ora che le regioni, nel definire detta disciplina, nell'esercizio della loro autonomia, tengono conto dei limiti di accettabilità fissati dalle tabelle allegate alla stessa legge 319, conformandosi ai principi e ai criteri della direttiva 91-271-CEE del 21.5.1991, e tenendo conto delle indicazioni contenute nella delibera 30.12.1980 dell'apposito Comitato interministeriale, fatti comunque salvi i limiti di accettabilità inderogabili per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile (comma 1 art. 1 legge 172-1995). In attesa della emanazione della disciplina regionale si applicano le prescrizioni anteriori in materia di pubbliche fognature e in particolare quelle di cui alla delibera interministeriale del 3.12.1980 (comma 3 art. 1 legge 172-1995).
Risulta quindi evidente che il legislatore del 1995, riformulando il testo della legge 319-1976, ha inteso valorizzare l'autonomia normativa delle regioni, nonostante il principio generale dell'unità della disciplina su tutto il territorio nazionale già affermato nell'art. 9 della legge 319. Più precisamente, ha inteso attribuire alle regioni il potere di disciplinare gli scarichi delle pubbliche fognature, attraverso i piani di risanamento delle acque, conformandosi sempre alla direttiva 91-271-CEE, e tenendo conto dei limiti di accettabilità delle tabelle legali e dei criteri della delibera interministeriale 30 dicembre 1980, ma anche derogando se del caso a tali limiti e criteri. I soli limiti inderogabili sono quelli stabiliti per i parametri tossici, persistenti e bioaccumulabili (di cui al n. 4 del documento unito alla predetta delibera interministeriale, elencati partitamente nell'allegato 1 del documento stesso). Per il superamento di questi limiti inderogabili il comma 4 del nuovo testo dell'art. 21 legge 319-1976 (così come modificato dall'art. 3 legge 172-1995) commina "sempre" l'ammenda da lire 25 milioni a lire 250 milioni o l'arresto da due mesi a due anni.
In altri termini, dopo la legge 172-1995, non è più sostenibile la tesi giurisprudenziale corrente secondo cui le regioni non possono stabilire limiti di accettabilità più permissivi di quelli stabiliti dalle tabelle della legge statale e in particolare i regolamenti dei depuratori non possono stabilire limiti diversi da quelli della tabella C se non più rigorosi. Questa tesi, dopo la legge predetta, è sostenibile solo per i parametri tossici, persistenti e bioaccumulabili. Così, dopo la novella legislativa, non può darsi seguito alla nota sentenza <T.> delle Sezioni Unite, che aveva sostanzialmente inteso l'espressione "tener conto" dei limiti delle tabelle statali e delle indicazioni della delibera interministeriale come equivalente a "rispettare" i limiti e le indicazioni stesse (Cass. Sez. Un. 1766 del 23.2.1993, ud. 12.2.1993, rv 192492).
Tale essendo la interpretazione imposta dalla novella legislativa, ne deriva per la fattispecie di causa che l'impresa di trasporto spurghi e liquami gestita dall'imputato <B. P.> poteva conferire nel depuratore dell'Azienda <P. S.> gli scarichi dell'impianto di macellazione della s.n.c. <N. e A.> comunque rispettando i limiti inderogabili di accettabilità stabiliti dalla tabella C per i parametri tossici, persistenti e bioaccumulabili. Il fatto che questi limiti siano stati invece superati per quanto riguardava i solventi aromatici, e in particolare il toluene, comporta la penale responsabilità del <B. P.> ai sensi del quarto comma dell'art. 21 legge 319-1976 (nuovo testo).
2) In ordine al secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è legittimamente e logicamente motivata, laddove richiama la giurisprudenza costante secondo cui la scelta del metodo di campionamento è rimesso alla discrezionalità dei funzionari che procedono, e sottolinea che - trattandosi di scarico indiretto tramite autobotte - non era ravvisabile alcuna ragione per dubitare della fedeltà ed esattezza della metodologia utilizzata. Va aggiunto che l'art. 22 della legge 650-1979, che prescrive la verbalizzazione delle ragioni che giustificano la scelta del metodo di campionamento, non è stabilito a pena di nullità.
3) Quanto. al terzo motivo, basta osservare che la sentenza impugnata ha motivato in modo logico e congruo, seppur sintetico, in ordine alla quantificazione della pena; e che nulla doveva statuire e motivare sulle attenuanti generiche, dal momento che nessuna richiesta al riguardo era stata formulata dalla difesa.
4) Infine, nella discussione dibattimentale il difensore, in via subordinata, ha chiesto per la prima volta il beneficio della sospensione condizionale della pena irrogata, in quanto questa - benché pecuniaria - è di importo rilevante. La domanda però è inammissibile in sede di legittimità, anche se la sentenza impugnata è inappellabile - come nel caso. Infatti, la circostanza che il grado di merito sia limitato a uno soltanto non può comportare che le questioni di merito possano aver ingresso in sede di legittimità. Al rigetto del ricorso consegue per legge la condanna alle spese del processo. Considerato il contenuto del gravame e tutti gli altri elementi del processo, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria.
P.Q.M
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il giorno 8.11.1995.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 15 GENNAIO 1996
1) Inquinamento idrico - Superamento dei limiti - Natura tossica persistente e bio - accumulabile - Scarico diretto o indiretto in pubbliche fognature - Disciplina applicabile. In tema di inquinamento delle acque, costituisce reato anche dopo le modifiche apportate alla l. 10 maggio 1976 n. 319, il superamento dei limiti di accettabilità inderogabili per i parametri di natura tossica persistente e bio - accumulabile, di cui al n. 4) dell'allegato alla delibera 30 dicembre 1980 del comitato interministeriale previsto dall'art. 3 l. 10 maggio 1976 n. 319, da parte di impianti produttivi che scarichino direttamente o indirettamente in pubbliche fognature. Tale legge infatti consente alle regioni di fissare limiti di tollerabilità anche più elastici di quelli previsti dalla tabella C) allegata alla legge, tranne che per i parametri relativi alle sostanze sopra indicate, tra cui rientrano i solventi aromatici e in particolare il toluene. Per tali sostanze è perciò sempre e comunque impossibile il superamento dei parametri previsti dalla legge. (Cass. Sez. Un. 1766 del 23.2.1993, ud. 12.2.1993, rv 192492). (Fattispecie in tema di scarichi di un impianto di macellazione). Pres. ACCINNI - Rel. ONORATO. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 15/01/1996 (ud. 8/11/1995), Sentenza n. 345
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