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Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. del 04 aprile 2002, n. 1857.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  

                       

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 1998 ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

 

sul ricorso in appello n. 4535/1998 proposto da Nessi & Maiocchi s.p.a., in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ezio Antonini ed Enrico Romanelli, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via Cosseria, n. 5.

CONTRO

Impresa Fantino Costruzioni S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati Pierluigi Piselli e Maurizio Boifava, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma Via Mercalii, n. 13.

E NEI CONFRONTI DI

Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como, in persona del Direttore generale, rappresentata e difesa dagli avvocati Bassano Baroni ed Eugenio Merlino, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via Genovesi, n. 3.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sede di Milano, Sezione Terza , 23 aprile 1998  n. 760 .

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza n. 1160/98 con la quale è stata respinta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 27 novembre 2001, il Consigliere Marco Lipari;

Uditi gli avv.ti Romanelli, Piselli e Merlino;

Visto il dispositivo di decisione n. 613 del 30 novembre 2001;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

 

La sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso proposto dall’attuale appellata, Impresa Fantino Costruzioni S.p.A., ha annullato i provvedimenti concernenti l’aggiudicazione alla impresa Nessi & Maiocchi S.p.A. dell’appalto per la realizzazione del nuovo padiglione di infettivologia AIDS dell’Ospedale Sant’Anna di Como.

L’originaria aggiudicataria dell’appalto contesta la decisione di primo grado, deducendo l’irricevibilità e l’infondatezza del ricorso al tribunale.

L’amministrazione, costituitasi in giudizio, propone un appello incidentale, inteso a sostenere l’infondatezza dell’originario ricorso.

 

DIRITTO

 

Con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 14 luglio 1997, l’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como indiceva una licitazione privata per la costruzione del nuovo padiglione di infettivologia.

Con lettera di invito prot. 23315 del 27 ottobre 1997, venivano invitate a partecipare alla gara 50 imprese. Detta lettera stabiliva che l’apertura delle offerte avrebbe avuto luogo il 3 dicembre 1997 e che queste dovranno “pervenire all’ufficio protocollo – Ospedale S.Anna – Via Napoleona, 60 – Como – entro e non oltre le ore 12 del giorno precedente a quello fissato per la gara pena esclusione, esclusivamente a mezzo di servizio postale mediante Raccomandata R.R.

In modo più dettagliato, poi, il punto 9 della lettera di invito, rubricato “Modalità di presentazione dell’offerta”, stabiliva che “i concorrenti interessati dovranno far pervenire, entro il termine e presso l’indirizzo menzionato ai precedenti punti 1 e 2, esclusivamente per raccomandata R.R., quanto precisato nel presente paragrafo nonché nei successivi paragrafi 10 e 11, con le modalità tassativamente indicate. La mancata osservanza di anche una sola delle modalità di presentazione indicata nel presente paragrafo 9, nonché nei paragrafi 10 e 11, comporterà l’esclusione dalla gara”.

Con fax trasmesso il 24 novembre 1997 alle imprese invitate, l’Azienda chiariva che “l’invio del plico esclusivamente a mezzo di servizio postale mediante raccomandata R.R. si deve intendere anche tramite Postacelere con esclusione invece della modlaità “a mano in corso particolare”.

In data 3 dicembre 1997, l’offerta della ditta Fantino Costruzioni di Cuneo veniva esclusa dalla gara in quanto il relativo plico era stato recapitato per espresso e non anche “per raccomandata R.R. ovvero tramite postacelere come richiesto”.

Con deliberazione n. 1404 del 23 dicembre 1997, il direttore generale dell’Azienda aggiudicava l’appalto all’impresa Nessi & Maiocchi, collocata al primo posto della graduatoria.

La sentenza appellata, in accoglimento del ricorso proposto dalla impresa Fantino, ha annullato:

la lettera di invito;

l’esclusione dell’impresa Fantino;

l’aggiudicazione all’impresa Nessi & Maiocchi.

In linea preliminare, l’impresa Fantino deduce l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dall’Azienda.

L’eccezione è priva di pregio.

L’appello dell’Azienda è rituale e tempestivo, perché, pur proposto con la forma incidentale, è stato notificato nel termine di trenta giorni decorrenti dalla notifica della sentenza di primo grado.

Nel merito, entrambi gli appelli, basati su comuni motivi di gravame, sono fondati.

Gli appellanti deducono, in primo luogo, l’irricevibilità del ricorso di primo grado, sostenendo che la prescrizione della lettera di invito conteneva una regola assolutamente inequivoca, riguardante le modalità di partecipazione alla gara.

Il collegio rileva che, in alcuni casi, si è affermato che le prescrizioni del bando riferite non già ai requisiti di ammissione ma alle modalità di presentazione delle offerte non devono essere impugnate immediatamente, ma solo congiuntamente all’atto applicativo adottato dall’amministrazione. In tal senso, si è affermato che la clausola della lettera d'invito circa il luogo e il termine massimo di presentazione delle domande di partecipazione ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto attiene a formalità che in via di principio non incidono direttamente e immediatamente sulla sfera giuridica dei concorrenti; pertanto, tale clausola è impugnabile solo unitamente al provvedimento di esclusione dalla gara, in quanto solo in quel momento la lesione diviene concreta ed effettiva (C. Stato, sez. IV, 20-10-1998, n. 888).

In senso contrario, la giurisprudenza più recente della Sezione ha affermato l’immediata lesività delle prescrizioni del bando che impongono determinati oneri formali alle imprese partecipanti: in un appalto pubblico, si deve intendere immediatamente lesiva e, quindi, autonomamente impugnabile quella clausola del bando di gara o della lettera d'invito che prescriva, a pena d'esclusione, l'esibizione di un documento o di un attestato (nella specie, il certificato dei carichi pendenti) che la stazione appaltante potrebbe acquisire d'ufficio, posto che, in tal caso, l'inutile aggravio del procedimento amministrativo consiste non già nella mera presentazione di detto certificato - il cui reperimento potrebbe anche non essere di per sé gravoso - bensì nella gratuita costrizione dell'impresa a rendere di pubblico dominio vicende private che essa potrebbe voler non divulgare e nella circostanza che, ove queste ultime vengano rese note, potrebbero esporla ad un giudizio d'inaffidabilità fondato su vicende penali in cui essa potrebbe esser stata incolpevolmente coinvolta (C. Stato, sez. V, 11-05-1998, n. 225).

Nella specie, la previsione della lettera di invito che stabilisce le modalità esclusive di presentazione dell’offerta incide sull’interesse dell’impresa a partecipare alla selezione attraverso modalità diverse da quelle indicate nella lex specialis di gara.

Infatti, l’autonomia dell’interesse dell’impresa partecipante alla gara si manifesta, in particolare, tutte le volte in cui le prescrizioni del bando fissano regole che segnano un’incidenza, diretta od indiretta (ma sempre determinante) sulle condotte delle imprese concorrenti, già rilevanti all’interno dello svolgimento della selezione.

Nell’ipotesi in cui il bando evidenzi illegittimità di carattere formale o procedimentale, attinenti alla composizione del seggio di gara, oppure alla disciplina della sua attività (in seduta pubblica o segreta), l’interesse all’impugnativa si manifesta immediatamente, perché il ricorso mira a denunciare dei vizi estrinseci del procedimento. In questa prospettiva, il gravame non è condizionato, in modo apprezzabile, dal concreto svolgimento dell’iter, o dalla sua conclusione. In tale eventualità, semmai, il concorrente intende proteggere l’interesse alla trasparente dialettica con il seggio di gara: la posizione differenziata e strumentale al corretto svolgimento della selezione si connette strettamente alla libertà negoziale ed alla tutela del fisiologico confronto concorrenziale con le altre imprese.

Ammettendosi l’impugnazione del bando differita e contestuale alla proposizione del ricorso contro l’aggiudicazione, si permetterebbe a tutti i concorrenti, diversi dall’aggiudicatario, di vanificare in radice l’attività compiuta.

In tali casi, manca la possibilità di una lesione rinnovata al momento della chiusura del procedimento ad evidenza pubblica. Infatti, la clausola riguardante le modalità formali di svolgimento della gara, se non fosse immediatamente lesiva, non lo sarebbe nemmeno in un momento successivo. Poiché la prescrizione del bando ha per oggetto la protezione di un mero interesse procedimentale, non sarebbe neppure configurabile una posizione di interesse legittimo tutelabile.

Il ricorso di primo grado non solo è irricevibile, ma è anche infondato nel merito.

Secondo il tribunale, le prescrizioni della lettera di invito sono in contrasto con il divieto di aggravamento del procedimento, con il principio della massima partecipazione delle imprese alle gare e con i canoni generali di proporzionalità e ragionevolezza.

Le affermazioni del giudice di primo grado non sono condivisibili.

Il principio del divieto di aggravio del procedimento, codificato dalla legge n. 241/1990, intende evitare che l’iter amministrativo subisca rallentamenti o costosi appesantimenti burocratici. Ma la regola non impedisce affatto che l’amministrazione possa porre a carico dei privati coinvolti nel procedimento particolari oneri di carattere formale, purché ragionevoli, opportunamente comunicati o pubblicizzati agli interessati.

In tali casi non si verifica alcun aggravamento del procedimento, che risulta, al contrario, disciplinato da regole più chiare e trasparenti, dirette a delineare le modalità temporali del successivo sviluppo procedimentale.

Non assume rilievo nemmeno il richiamo al principio diretto a favorire la massima partecipazione delle imprese alle procedure concorsuali.

Infatti, occorre definire un ragionevole punto di equilibrio fra l’esigenza di garantire la massima partecipazione alla gara e la protezione delle imprese concorrenti, che hanno puntualmente rispettato le prescrizioni del bando, assumendone tutti gli oneri.

Il principio interpretativo richiamato dal tribunale costituisce un utile criterio ermeneutico per attribuire un preciso significato a clausole del bando di tenore incerto o ambiguo. Nello stesso senso, si è affermato che le prescrizioni dei bandi di gara o delle lettere di invito vanno interpretate, quando possano dar luogo a dubbi o possano essere intese in più d'un modo, sia nel senso più favorevole alla maggior partecipazione alla gara sia nel senso meno favorevole alle formalità inutili (C. Stato, sez. V, 01-02-1995, n. 160).

Ma il criterio della massima partecipazione non consente affatto di eludere l’applicazione di prescrizioni del bando dal contenuto chiaro e preciso.

La giurisprudenza richiamata dalla sentenza appellata si riferisce ai casi in cui il bando di gara non indichi in modo puntuale le conseguenze della violazione delle prescrizioni contenute nella lex specialis di gara. Solo in tali eventualità il mancato rispetto delle formalità richieste dal bando, per dare luogo ad esclusione da una gara di appalto di opere pubbliche, deve essere interpretato secondo il comune canone di ragionevolezza, sicché costituiscono mere irregolarità quelle carenze che siano assolutamente inidonee a influire sulla certa conoscenza dello stato dei fatti da parte della amministrazione appaltante, e che comunque non possono far insorgere dubbi sulla paternità, la veridicità e la consistenza dell'offerta (C. Stato, sez. V, 04-11-1996, n. 1312).

Del resto la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che l'inosservanza delle prescrizioni del bando di gara circa le modalità di presentazione delle offerte, implica l'esclusione dalla gara stessa solo quando si tratti di prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse della p.a. appaltante, o poste a garanzia della par condicio dei concorrenti; tuttavia, in presenza di una espressa comminatoria di esclusione della domanda di partecipazione alla gara, in conseguenza del mancato rispetto di determinate prescrizioni, non è consentito al giudice amministrativo di sovrapporre le proprie valutazioni a quelle dell'amministrazione, dato che il c.d. criterio teleologico ha un valore esclusivamente suppletivo rispetto a quello formale, nel senso che può essere utilizzato solo nel caso in cui una determinata formalità non sia prevista espressamente a pena di esclusione (Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 21-11-1997, n. 500).

Non è persuasivo nemmeno il richiamo, compiuto dalla sentenza impugnata, ai criteri di proporzionalità e di ragionevolezza.

Infatti, l’onere formale imposto ai concorrenti non risulta particolarmente vessatorio, costoso, discriminatorio, o di difficile attuazione, ma si connette ad una prassi diffusissima, ragionevole e perfettamente attendibile. La prescrizione del bando è indicata in modo assolutamente chiaro, così come sono specificamente enunciate le conseguenze dell’inosservanza dell’onere.

Il mezzo di trasmissione indicato dall’amministrazione risponde all’esigenza di formare la prova certa del momento di presentazione dell’offerta, affidandone il compito agli uffici del servizio postale.

In tal senso, si è precisato che in materia contrattuale, la prescrizione, contenuta nella lettera di invito, della spedizione dell'offerta mediante raccomandata non rappresenta una previsione di formalità arbitraria o superflua, ma attiene all'esigenza di assicurare la certezza della data di spedizione e arrivo e l'identità del plico (registrato), con l'intervento di organo estraneo all'amministrazione che deve curare la gara, che si aggiunge così all'intervento dell'organo interno della stessa amministrazione (protocollo di arrivo) (T.a.r. Emilia-Romagna, sez. II, 8 gennaio 1990, n. 9).

Non vale osservare che, in ogni caso, risulterebbe dimostrato che l’offerta dell’impresa Fantino è pervenuta all’indirizzo dell’amministrazione in epoca precedente la scadenza del termine fissato nella lettera di invito.

È appena il caso di osservare, infatti che il prescritto adempimento mira a tutelare non solo l’amministrazione e l’autore dell’offerta, ma anche gli altri concorrenti, delineando un sistema notevolmente più attendibile circa l’effettiva data di produzione dell’offerta.

Sul piano oggettivo, il sistema di recapito postale incentrato sull’avviso di ricevimento risulta ben diverso dalla corrispondenza espressa e fornisce una prova diversa (generalmente più sicura) dell’avvenuta consegna del plico spedito.

Senza dire che, in ogni caso, tutte le prescrizioni formali hanno una valenza essenzialmente strumentale: non avrebbe senso limitare la rilevanza della violazione ai soli casi in cui risulti violata anche una diversa prescrizione sostanziale.

In altri termini, non potrebbe giovare all’appellata la dimostrazione della circostanza oggettiva della tempestiva produzione dell’offerta, una volta appurato che essa è stata inviata secondo modalità diverse da quelle imposte dalla lettera di invito.

Le conclusioni raggiunte non vengono mutate dalla giurisprudenza richiamata dall’appellata, riguardante i diversi casi in cui si è affermata l’illegittimità delle clausole del bando che non consentono la presentazione diretta dell’offerta presso gli uffici della stazione appaltante.

Infatti, nel caso di specie la parte interessata non ha mai articolato una pretesa diretta a contestare l’omessa previsione di una modalità aggiuntiva di presentazione della domanda.

In definitiva, quindi, l’appello principale e l’appello incidentale devono essere accolti.

Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Per Questi Motivi

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello, e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado;

condanna l’appellato a rimborsare alle parti appellanti le spese di lite, liquidandole in lire quattromilioni per ciascuna;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 novembre 2001, con l'intervento dei signori:

Alfonso Quaranta                    - Presidente

Corrado Allegretta               - Consigliere

Aldo Fera                                     - Consigliere

Claudio Marchitiello              - Consigliere

Marco Lipari                               - Consigliere Estensore

 

L'ESTENSORE            IL PRESIDENTE

F.to Marco Lipari    F.to Alfonso Quaranta

IL SEGRETARIO

F.to Franca Provenziani

 

 

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