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Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. del 04 aprile 2002, n. 1875.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2001 ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 1358/2001 proposto dalla ASM Pavia s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli Avvocati Martino Colucci e Fabio Lorenzoni ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via del Viminale, 43.
CONTRO
Metano Pavese s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difesa dagli Avvocati Andrea Arioli, Giovanni Cioffi e Carla Rizzo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio della terza, in Roma, Via Anapo, 20.
E NEI CONFRONTI
dei comuni di Pavia e Marcignago, non costituiti.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione Terza , 20 ottobre 2000 n. 6045 .
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 novembre 2001, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli Avv.ti LORENZONI e RIZZO;
Visto il dispositivo di decisione n. 615 del 30 novembre 2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La sentenza impugnata, in accoglimento dei ricorsi proposti dall’attuale appellata, ha annullato la deliberazione adottata dal consiglio comunale di Marcignago, concernente l’approvazione della convenzione tra il servizio convenzionato Acquedotto Alto Pavese e il Comune di Pavia per l’affidamento in esclusiva all’Azienda Speciale Multiservizio (ASM) di Pavia del servizio di captazione, potabilizzazione e distribuzione dell’acqua potabile mediante tubazioni, per usi domestici, artigianali, commerciali, industriali, nonché di lettura, bollettazione, predisposizione dei ruoli di riscossione delle tariffe, secondo tutte le modalità previste dalla presente convenzione, nonché delle condizioni generali per la fornitura dell’acqua.
L’Azienda Speciale Multiservizio (ASM) di Pavia contesta la decisione di primo grado, deducendo l’infondatezza dell’originario ricorso.
La Metano Pavese s.p.a. resiste al gravame.
Le altre parti, pur ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.
DIRITTO
Con il provvedimento impugnato in primo grado, il comune di Marcignago ha stabilito di affidare all’Azienda Speciale Multiservizio (ASM) di Pavia il servizio afferente alla gestione integrata del servizio idrico.
La pronuncia appellata ha annullato la delibera consiliare, accogliendo il ricorso proposto dalla Metano Pavese s.p.a., nella sua qualità di precedente gestore del servizio.
Secondo la sentenza impugnata, sono fondate le censure riguardanti “la mancanza, o quantomeno la mancata esplicitazione ed illustrazione, dei presupposti necessari a legittimare la scelta del modulo gestionale di cui si controverte da parte degli enti locali nel cui territorio dovrebbe estendersi l’attività dell’azienda speciale altrui”.
A dire del tribunale, la delibera, non va “al di là delle affermazioni di principio e delle dichiarazioni di intenti; dalla deliberazione impugnata non è dato conoscere quali siano i concreti vantaggi funzionali che il comune si propone di conseguire attraverso il convenzionamento con il comune di Pavia.
L’appello proposto dall’ASM è fondato.
La Sezione ha già ripetutamente chiarito che, in linea di principio, i servizi pubblici locali possono essere affidati all’azienda speciale costituita da altre amministrazioni locali.
La facoltà dei comuni di estendere l'attività della propria azienda di servizi al territorio di altri enti locali, previa intesa con i medesimi, ai sensi dell'art. 5 d.p.r. 4 ottobre 1986 n. 902, non può ritenersi esclusa a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 24, 1º comma, l. 8 giugno 1990 n. 142, che disciplina l'ipotesi di collaborazione tra enti locali per la gestione di servizi pubblici mediante convenzione, ma anzi ne costituisce una delle possibili modalità attuative (C. Stato, sez. V, 23 aprile 1998, n. 477).
È però necessario verificare la sussistenza di un adeguato nesso funzionale tra l’azienda ed il diverso, ulteriore, territorio in cui essa è chiamata ad operare.
In tal senso si è chiarito che l'assetto normativo vigente, rendendo evidente la stretta ed indissolubile correlazione tra le funzioni che è chiamata ad assolvere l'azienda speciale, quale ente strumentale del comune e la tutela degli interessi di cui sono portatori i cittadini residenti nel comune medesimo, escludono lo svolgimento di attività da parte dell'azienda all'esterno del territorio comunale, al di fuori dei termini e delle modalità particolari previste dalle speciali disposizioni richiamate in tema di convenzioni e consorzi (C. Stato, sez. V, 6 aprile 1998, n. 432; C. Stato, sez. V, 23 aprile 1998, n. 477).
In altri termini, l'azienda municipalizzata di un comune può anche estendere il proprio servizio in un altro comune, ma a patto che ciò realizzi un'integrazione funzionale della propria attività con quella del comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell'ente che l'ha costituita; pertanto, il comune non può «spogliarsi» semplicemente di un servizio in favore di un'azienda istituita da un comune viciniore (Cons. Stato, sez. V, 23 aprile 1998, n. 475).
Nello stesso senso, la Sezione ha chiarito che l'estensione dell'attività di un'azienda speciale al di fuori del territorio del comune che l'ha costituita richiede sia la rigorosa osservanza di quanto stabilito dall'art. 24 della l. 8 giugno 1990 n. 142 e dell'art. 5 del d.p.r. 4 ottobre 1986 n. 902 (affidamento del servizio in modo coordinato fra i due comuni convenzionati), sia l'esistenza di un «collegamento funzionale» fra le attività svolte nel territorio de comune d'origine e quelle svolte nel territorio dell'altro comune, in modo che l'attività dell'azienda risponda comunque agli interessi della collettività stanziata sul territorio del comune di origine (C. Stato, sez. V, 11 giugno 1999, n. 631).
Ora, nel presente giudizio, non può essere messa in discussione la compatibilità dell’affidamento del servizio con gli interessi della comunità locale dell’azienda speciale di Pavia. Infatti, le delibere adottate dall’amministrazione comunale di Pavia, volte ad estendere ad altri territori l’attività dell’ente strumentale, previa stipulazione di apposite convenzioni, non hanno formato oggetto di impugnazione.
Nel presente giudizio possono essere sindacate soltanto le delibere adottate dai comuni interessati all’ampliamento dell’attività svolta dall’ASM.
In questa prospettiva, peraltro, occorre considerare che, nell’attuale contesto normativo, ogni amministrazione comunale gode di un’amplissima discrezionalità nella scelta delle modalità di svolgimento dei servizi.
Infatti, l’articolo 22, comma 3, della legge n. 142/1990 (applicabile nella presente vicenda sostanziale e comunque recepito nel testo unico degli enti locali n. 267/2000), prevede che “i comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale”.
Il ricorso all’azienda speciale è quindi sempre consentito, alla sola condizione che il servizio abbia rilevanza economica ed imprenditoriale. Dunque, non sembra affatto necessaria una apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, una volta dimostrato che il servizio presenta tali caratteri oggettivi.
Al contrario, una motivazione di maggiore latitudine diventa necessaria quando il comune stabilisce di affidare la gestione del servizio a soggetti terzi. In tali casi, vano evidenziate le specifiche ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale.
L’articolo 24 della legge n. 142/1990, poi, regola la gestione convenzionata dei servizi pubblici locali, secondo la seguente disciplina.
“1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.”
La struttura convenzionale non richiede particolari motivazioni ed è anzi incoraggiata dal legislatore.
Pertanto, in presenza di oggettive esigenze di coordinare le attività di comuni vicini, l’affidamento del servizio all’azienda di un altro ente locale, previa stipulazione di un’apposita convenzione, non richiede affatto una motivazione analitica e complessa.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte sottolineato la particolarità delle determinazioni in materia di moduli di gestione dei servizi pubblici, anche in rapporto all’ampiezza della motivazione richiesta.
Ai sensi della direttiva Cee del consiglio 18 giugno 1992 n. 50 e del d.leg. 17 marzo 1995 n. 157, di recepimento della stessa, è sottratto alle norme sulla tutela della concorrenza il momento deliberativo nel quale il comune, scegliendo tra varie alternative offerte dall'art. 22, l. 8 giugno 1990 n. 142, decide di avvalersi, per la gestione di un servizio di sua esclusiva competenza, di un'azienda speciale già attiva presso altro comune (T.a.r. Piemonte, sez. II, 30 aprile 1998, n. 177).
La motivazione della opzione compiuta, pertanto, non richiede una analitica individuazione degli aspetti economici delle diverse alternative, ma esige solo una puntuale indicazione dei presupposti sostanziali della scelta.
Analogamente, si è affermato che il ricorso alla società per azioni quale forma di gestione di un servizio pubblico locale (nella specie, delle farmacie comunali) è sufficientemente motivato per relationem col riferimento al piano industriale elaborato per la costituenda società, col quale si individuano gli obiettivi e le modalità di sviluppo del servizio, nonché le misure organizzative per renderli raggiungibili (T.a.r. Emilia-Romagna, sez. I, 13-07-1998, n. 271).
Nella specie, la delibera adottata dall’amministrazione dà conto della sostanziale ragionevolezza e congruità della determinazione adottata.
Né pare consentito al giudice amministrativo un sindacato sul merito della soluzione indicata dall’amministrazione, sulla sua opportunità e convenienza in termini economici.
In definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto, con il conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese possono essere compensate.
Per Questi Motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello, compensando le spese;
per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 novembre 2001, con l'intervento dei signori:
Alfonso Quaranta - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere
Aldo Fera - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Marco Lipari f.to Alfonso Quaranta
IL SEGRETARIO
f.to Franca Provenziani
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