Sito giuridico ambientale Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Consiglio
Stato Sez. VI, 04
febbraio 2002, n. 657.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
sul ricorso in appello n. 9361/2001, proposto dalla Provincia di Salerno, in persona
del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Abbamonte e dall’avv.
Lorenzo Lentini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Titomanlio, in
Roma, via G.G. Porro, n. 8;
contro
Soprintendenza per i beni culturali e
ambientali di Salerno e Avellino, in persona del Soprintendente p.t. e
Ministero per i beni culturali e ambientali, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliati presso gli uffici di quest’ultima, in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per
la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania - sede di Salerno, sez. II, 3 ottobre 2000, n. 650, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio delle
amministrazioni appellate;
viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle rispettive
difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore alla pubblica udienza del 18
dicembre 2001 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi l'avvocato Abbamonte e l’avvocato
Lentini per l’appellante e l'avvocato dello Stato Marina Russo per le amministrazioni appellate;
ritenuto e considerato quanto segue.
1. La Provincia di Salerno ha impugnato il provvedimento del
Soprintendente per i beni culturali e ambientali della Provincia di Salerno, 19
febbraio 1999, recante annullamento del nulla osta paesaggistico 23 dicembre
1998, n. 1158, rilasciato dal Comune di Agropoli, relativo alla costruzione,
nel Comune di Agropoli, di un fabbricato destinato a sede del Liceo
Scientifico. E’ stato altresì impugnato anche il nulla osta paesaggistico,
nella parte in cui ritiene che l’area su cui deve essere realizzato
l’intervento edilizio è soggetta al vincolo di cui all’art. 1, lett. c), L. n.
431 del 1985 (aree prossime a fiumi, torrenti e altri corsi d’acqua iscritti
negli elenchi delle acque pubbliche).
Il T.A.R. adito, con la sentenza in
epigrafe, ha respinto il ricorso.
Ha proposto appello la Provincia di
Salerno.
2. Con il primo e il settimo motivo viene contestato il primo capo
della sentenza gravata.
Si osserva che l’area su cui deve essere
realizzato l’edificio si trova lungo le sponde del fiume Testene. Erroneamente
l’amministrazione avrebbe ritenuto che tale area è sottoposta a vincolo ai
sensi dell’art. 1, lett. c), L. n. 431 del 1985, in quanto tale norma
assoggetterebbe a vincolo solo i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua iscritti
negli elenchi delle acque pubbliche.
Invece, il fiume Testene non sarebbe
iscritto in tali elenchi.
Il T.A.R. ha respinto tale prospettazione
in base a due argomenti:
l’art. 1, lett. c), citato, andrebbe
interpretato nel senso che solo per i corsi d’acqua diversi da fiumi e
torrenti, il vincolo paesaggistico sussiste solo se iscritti negli elenchi
delle acque pubbliche; invece, per fiumi e torrenti, il vincolo paesaggistico
opererebbe indipendentemente da detta iscrizione;
inoltre, il fiume Testene risulterebbe
iscritto nell’elenco delle acque pubbliche esibito in giudizio.
Parte appellante critica tali argomenti
osservando che:
la formulazione dell’art. 1, lett. c), L.
n. 431 del 1985 è tale che per tutte le acque ivi elencate il vincolo
paesistico sussiste solo se iscritte nell’elenco delle acque pubbliche, dunque
anche per i fiumi e i torrenti: il fiume Testene non sarebbe in elenco, e
dunque non sarebbe vincolato. L’elenco esibito in atti conterrebbe l’iscrizione
della sola sorgente Testene, e non dell’intero fiume, e inoltre non sarebbe un
elenco redatto ai sensi del testo unico delle acque.
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.1. Da una interpretazione letterale, logica e
sistematica, si evince che i fiumi e i torrenti sono soggetti a tutela
paesistica di per sé stessi, e a prescindere dalla iscrizione negli elenchi
delle acque pubbliche.
Solo per i corsi d’acqua diversi dai fiumi
e dai torrenti la iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche ha efficacia
costitutiva del vincolo paesaggistico.
2.1.2. Sul piano letterale, l’art. 82, comma 5,
lett. c), D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, introdotto dal D.L. 27 giugno 1985, n.
312, conv. nella L. 8 agosto 1985, n. 431, assoggetta a tutela <<i fiumi,
i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per
una fascia di 150 metri ciascuna>>.
La previsione è stata riprodotta, con
formulazione identica, nell’art. 146, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 ottobre
1999, n. 490, testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e
ambientali, a norma del quale sono soggetti a tutela: <<i fiumi, i
torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli
argini per una fascia di 150 metri ciascuna>>.
La collocazione delle virgole e delle
congiunzioni tra le parole <<fiumi>>, <<torrenti>>,
<<corsi d’acqua>> non è di per sé significativa e dirimente, al
fine dell’accogliere la tesi che riferisce la iscrizione in elenco ai soli
corsi d’acqua ovvero anche ai fiumi e ai torrenti.
Occorre piuttosto soffermarsi sul
significato delle parole <<fiumi>>, <<torrenti>>,
<<corsi d’acqua>>, che va desunto dal sistema normativo
complessivo, in cui si inserisce la previsione in commento, e dal significato
letterale delle parole utilizzate.
Sul piano strettamente letterale, il dato
comune a fiumi, torrenti e corsi d’acqua, è di essere acque
<<fluenti>>.
Si può anche aggiungere che a rigore i
<<corsi d’acqua>> sono un
genere, in cui si collocano, quali specie,
i fiumi e i torrenti.
Dal significato proprio delle parole nella
lingua italiana, si apprende,
infatti, che:
il <<corso d’acqua>> indica
semplicemente <<lo scorrere delle acque in movimento>>, ed è il
<<nome generico di fiumi, torrenti, etc..>>;
il <<fiume>> è un
<<corso d’acqua a corrente perenne>>;
mentre il <<torrente>> è un
<<corso d’acqua caratterizzato da notevoli variazioni di regime, con
periodi in cui scorre gonfio e impetuoso ed altri in cui è quasi completamente
secco>>.
Se, dunque, anche i fiumi e i torrenti
sono corsi d’acqua, ci si deve interrogare sulla ragione di una loro autonoma
previsione accanto ai corsi d’acqua: sarebbe stato sufficiente, da parte del
legislatore, prevedere i soli corsi d’acqua, salvo poi ad optare per la
necessità o meno della iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche.
La previsione autonoma assume allora una
sola, plausibile spiegazione: si è pensato ai fiumi e ai torrenti come acque
fluenti di maggiore importanza, e ai corsi d’acqua come categoria residuale,
comprensiva delle acque fluenti di minore portata (p. es. ruscelli
(<<piccolo corso d’acqua>>), fiumicelli (<<piccolo
fiume>>), sorgenti (<<punto di affioramento di una falda
d’acqua>>), fiumare (<<corso d’acqua a carattere
torrentizio>>), etc..).
In tale logica, solo per le acque fluenti
di minori dimensioni e importanza, vale a dire per i corsi d’acqua che non sono
né fiumi né torrenti, si impone, al fine della loro rilevanza paesaggistica, la
iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche.
2.1.2. Ulteriori argomenti esegetici a sostegno
di tale tesi si colgono sul piano della interpretazione sistematica.
Il testo unico delle acque pubbliche,
approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, all’art. 1 stabilisce che
<<Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se
artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali,
considerate sia isolatamente per la loro portata o per l'ampiezza del
rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione al sistema idrografico al quale
appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico generale
interesse.
Le acque pubbliche sono iscritte, a cura
del ministero dei lavori pubblici, distintamente per province, in elenchi da
approvarsi per decreto reale, su proposta del ministro dei lavori pubblici,
sentito il consiglio superiore dei lavori pubblici, previa la procedura da
esperirsi nei modi indicati dal regolamento>>.
Da tale norma si evince che la pubblicità
di un’acqua discende dal requisito sostanziale di avere attitudine ad uso di
pubblico interesse generale, mentre la iscrizione in elenco ha una portata solo
dichiarativa e ricognitiva, ma non costitutiva della pubblicità.
Anche l’art. 822 cod. civ.
nell’individuare il demanio pubblico, considera beni demaniali <<i fiumi,
i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia>>.
Da tale disamina si evince che fiumi e
torrenti sono considerati beni pubblici demaniali di per sé, senza necessità
alcuna di inserzione costitutiva in elenchi.
Le altre acque fluenti, che hanno minore
importanza e che sono una
categoria residuale, sono pubbliche se
abbiano attitudine ad uso pubblico di interesse generale.
In nessun caso la inserzione in elenco ha
portata costitutiva della pubblicità dell’acqua, ma solo ricognitiva della
attitudine dell’acqua all’uso pubblico di interesse generale.
Se dunque, dal sistema normativo è dato
evincere che la iscrizione di un bene in un elenco di beni pubblici non ha
portata costitutiva della natura giuridica del bene medesimo, siffatta regola
non può non essere stata seguita dal legislatore anche nella individuazione dei
beni soggetti a vincolo paesistico.
2.1.3. Significativo è poi l’uso, da parte della
L. n. 431 del 1985, della stessa terminologia impiegata nell’art. 822 cod.
civ.: in entrambe le norme si parla di fiumi e torrenti, rispetto ai quali si
collocano le altre acque, per le quali si richiede, ai fini della
individuazione, la iscrizione in elenco.
Sicché, per fiumi e torrenti la pubblicità
degli stessi esiste di per sé, in base all’art. 822 cod. civ., e
conseguentemente anche il vincolo paesistico è imposto ex lege a
prescindere dalla iscrizione in elenchi.
2.1.4. Ne consegue, nel caso di specie, che il
Testene, in quanto fiume, è soggetto a tutela paesaggistica per legge, e non
occorre perciò verificare se sia o meno inserito in elenchi delle acque
pubbliche.
Per quanto esposto va respinto il primo
motivo di appello.
3. Con il secondo e ottavo motivo, si ripropone il secondo mezzo del
ricorso di primo grado e si contesta il capo di sentenza che tale motivo ha
respinto.
Si lamenta che il decreto di annullamento
del nulla osta paesistico
sarebbe carente di motivazione e di
istruttoria.
Anzitutto sarebbe inesatto l’assunto che
l’area di intervento è solo
marginalmente interessata
dall’edificazione, e prevalentemente a verde. L’area insisterebbe invece in
zona C, in pieno centro abitato, in una zona prevalentemente edificata. In
secondo luogo, essendo l’area quasi integralmente edificata, avrebbe perso
valore paesaggistico. Infine, non vi sarebbe né una alterazione panoramica, né
il carattere massiccio dell’intervento edilizio, contenuto al di sotto degli
indici di edificabilità previsti pere gli edifici scolastici.
3.1. Il mezzo è infondato.
Il provvedimento di annullamento del nulla
osta paesistico ha stigmatizzato quest’ultimo per difetto di motivazione, in
quanto il nulla osta nulla dice sul pregio ambientale dell’area e sull’impatto
del nuovo edificio sul paesaggio.
I rilievi dell’amministrazione statale si
mantengono nei limiti del sindacato di legittimità, per operare il quale è stato
necessario fornire indicazioni sulle caratteristiche dell’area e sul
presumibile impatto del nuovo intervento.
La circostanza che la zona sia
prevalentemente urbanizzata, o addirittura già paesisticamente degradata, non
fa venir meno la esigenza di evitare che una zona soggetta per legge a vincolo
sia preservata da ulteriori interventi deturpanti. Il vincolo paesistico legale
e la esigenza di tutela ad esso sottesa non vengono meno per il solo fatto che
il vincolo è stato già in passato violato e la zona deturpata, imponendosi, al
contrario, un maggiore rigore per il futuro, onde prevenire ulteriori danni
all’ambiente e salvaguardare quel poco di integro che ancora residua.
Né il carattere <<massiccio>>
dell’intervento è smentito, come pretende parte appellante, dalla circostanza
che l’opera si mantiene entro gli indici di edificabilità prescritti per
l’edilizia scolastica. Il rispetto di tali indici non toglie, comunque, che si
tratta della realizzazione di un’opera di ingente mole e cubatura (non un’abitazione
monofamiliare, bensì un complesso scolastico), e che il rispetto degli indici
di edificabilità attiene alla compatibilità urbanistica dell’intervento, ma non
anche – e non ancora – alla compatibilità ambientale. In definitiva, il
rispetto degli indici di edificabilità rileva per verificare se l’opera sia
conforme alla disciplina urbanistica – edilizia, ma non è condizione
sufficiente a garantire anche il rispetto del paesaggio, ancorato a valutazioni
qualitative caso per caso che prescindono dall’utilizzo di indici quantitativi
predeterminati.
4. Con il terzo e decimo motivo si riproduce il terzo mezzo del
ricorso di primo grado.
Si lamenta che il provvedimento impugnato
contiene una inammissibile valutazione di merito, sostitutiva di quella operata
dall’amministrazione locale.
4.1. Il mezzo è infondato.
E’ vero che il sindacato sui nulla osta
paesaggistici è di sola legittimità, e non è esteso al merito, come da ultimo
ribadito anche dall’Adunanza Plenaria di questo Consesso (C. Stato, ad. plen.,
14 dicembre 2001, n. 9); tuttavia, nell’ambito del sindacato di legittimità può
essere stigmatizzato, nel nulla osta, il vizio di eccesso di potere per difetto
di motivazione e di istruttoria.
Allo scopo di enucleare tale vizio,
diventa inevitabile indicare quali sono i profili ambientali negletti dal nulla
osta, anche allo scopo di fornire linee guida per la successiva azione
dell’amministrazione locale, ove intenda rinnovare il rilascio del nulla osta,
mediante migliore istruttoria o modifiche progettuali.
Nel caso di specie, il nulla osta
paesistico non contiene alcuna valutazione sulla compatibilità ambientale
dell’intervento. Sicché è stato inevitabile che il provvedimento di controllo
indicasse quali sono gli aspetti paesistici rilevanti, e le ragioni della
incompatibilità dell’intervento con tali aspetti.
5. Con il quarto e nono mezzo, viene riproposto il quarto motivo del
ricorso di primo grado.
Si lamenta che il nulla osta paesistico
non era carente di motivazione, avendo prescritto l’utilizzo di colori tenui
per l’edificio.
5.1. Il mezzo è infondato.
Il nulla osta paesistico si limita a
prescrivere <<colori tenui>> senza compiere nessuna altra
valutazione di carattere paesistico. Il presupposto parere della commissione
edilizia, invocato da parte appellante, non risulta mai prodotto in giudizio, e
a tale omissione istruttoria non è dato supplire d’ufficio, anche perché dai
motivi di ricorso non è dato in alcun modo evincere che tale parere dica
qualcosa di diverso e di più rispetto al nulla osta paesistico.
Sicché, risulta confermata, e non
smentita, la carenza di motivazione del nulla osta paesistico, il cui unico
argomento a tutela del paesaggio è la prescrizione di usare colori tenui.
6. Con il quinto mezzo si lamenta che l’amministrazione statale anziché
annullare il nulla osta avrebbe potuto
indicare le prescrizioni occorrenti per
rendere l’intervento edilizio
paesisticamente compatibile.
6.1. Il mezzo è infondato.
Proprio perché il sindacato sul nulla osta
paesistico è di sola legittimità, e non si estende al merito, non è compito
dell’amministrazione statale, in sede di annullamento del nulla osta medesimo,
dettare prescrizioni sulle modalità realizzative dell’intervento. Se ciò
accadesse, vi sarebbe effettivamente un inammissibile intervento di merito,
sostitutivo dell’amministrazione locale.
Invero, stante la natura di sola
legittimità del sindacato ministeriale sui nulla osta paesistici, correttamente
in sede di annullamento degli stessi vengono solo indicati i vizi del nulla
osta e le ragioni di incompatibilità ambientale dell’intervento, senza dettare
prescrizioni in ordine alle modalità per rendere l’intervento medesimo
paesisticamente compatibile, attenendo le prescrizioni ad un sindacato di
merito precluso all’autorità statale.
7. Con il sesto mezzo, si lamenta la incompetenza del Soprintendente
ad annullare il nulla osta, su delega del dirigente dell’ufficio centrale per i
beni ambientali e paesistici. Si osserva che la competenza all’annullamento
sarebbe riservata al Ministro.
7.1. Il mezzo è infondato.
Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni, attua un riparto tra competenze politiche e di
direzione politico amministrativa, riservate al Ministro, e competenze
amministrative, attribuite alla dirigenza.
Il potere di annullamento dei nulla osta
paesistici è un tipico potere di
gestione amministrativa, che spetta al
dirigente del competente ufficio centrale, il quale, a sua volta, ben può
delegarlo ai dirigenti preposti agli
uffici periferici.
8. Per quanto esposto, l’appello va respinto.
Tuttavia la complessità delle questioni
giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la pubblica amministrazione dia
esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma, nella camera di
consiglio del 18 dicembre 2001, con la partecipazione di:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Pietro FALCONE Consigliere
Rosanna DE NICTOLIS Cons. rel. ed est.
Presidente
Consigliere Est. Segretario