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Consiglio
di Stato Sez. V del 3 gennaio 2002, sent. n. 9.
N. Reg. Dec. N. 1414 Reg. Ric. Anno: 2001 03/01/2002
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, quinta Sezione, ha pronunciato la seguente
sul ricorso in appello n. 1414/2001, proposto
da SIAT - Società Italiana di Assicurazioni e Riassicurazioni p.a.,
rappresentata e difesa dall’avv. Ludovico Villani unitamente all’avv. Luigi
Cocchi, ed elettivamente domiciliata presso il primo, in Roma, Piazzale Clodio
12;
contro
il Comune di Genova, in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Edda Odone e dall’avv.
Enrico Romanelli ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo, in Roma,
alla via Cosseria 5, per l’annullamento della sentenza n. 1190 del 12 ottobre
2000 - 15 novembre 2000, del TAR della Liguria, sezione seconda.
Visto l’appello, con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio
del Comune di Genova.
Viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle rispettive difese.
Visti tutti gli atti di causa.
Vista l’ordinanza n. 1449 del 6 marzo
2001, con cui è stata accolta l’istanza cautelare avanzata dalla SIAT ed è
stata sospesa l’efficacia della sentenza impugnata.
Udita alla pubblica udienza del 3 luglio
2001 la relazione del consigliere Paolo De Ioanna.
Uditi gli avvocati Villani e Romanelli;
La SIAT-Società italiana di assicurazioni
e riassicurazioni ha proposto ricorso, in primo grado, contro il Comune di
Genova, per l’annullamento del provvedimento del direttore tributi n. 213 dell’8
gennaio 1999, con il quale è stata revocata una precedente autorizzazione ad
installare un impianto pubblicitario, con contestuale ordine di rimozione dello
stesso. Si tratta di una insegna pubblicitaria luminosa, a tre facce, da
installare sul tetto di un edificio sito nel centro storico di Genova, in via V
Dicembre n. 3. L’amministrazione, in un primo momento ha autorizzato
l’installazione dell’insegna, tenuto conto del parere favorevole dei vigili
urbani e del settore estetica urbana, sulla base della documentazione prodotta,
consistente nella planimetria della zona, in una raffigurazione del pannello in
scala 1:50, in uno schizzo non in scala dell’impianto montato sull’edificio ed
in un fotomontaggio.
A lavori ultimati, sulla base di una nota
del settore estetica urbana, il Comune ha avviato il procedimento per la revoca
o per l’annullamento dell’autorizzazione, con intimazione a sospendere i lavori
e poi, dopo aver preso visione delle deduzioni presentate dalla ricorrente,
l’autorizzazione è stata revocata, con ingiunzione a rimuovere l’insegna.
In sostanza, la SIAT ha impugnato la
revoca dell’autorizzazione per eccesso di potere sotto molteplici profili, in
quanto il vizio di falsa rappresentazione della realtà, che è stato posto
dall’Amministrazione alla base del provvedimento assunto in via di autotutela,
non sussisterebbe: - la SIAT avrebbe fornito infatti tutta la documentazione
prescritta; - l’autorizzazione iniziale non si fondava sulla valutazione del
rapporto tra le dimensioni dell’insegna (un cubo trifacciale) e quelle
dell’edificio sul quale il cubo era montato; - la motivazione è insufficiente;-
le ragioni estetiche richiamate sono inesistenti;- la società interessata non
ha realizzato alcuna variante rispetto al progetto inizialmente assentito.
Dalle censure ora richiamate deriva l’illegittimità dell’ordine di rimozione.
che, in ogni caso, avrebbe dovuto, secondo la parte ricorrente, imporre la
riduzione dell’insegna, ove si accettasse l’ipotesi, peraltro negata, delle
modifiche successive rispetto al progetto autorizzato.
La sentenza di primo grado ha respinto il
ricorso. In sostanza, il giudice di prime cure ha ritenuto che il disegno ed il
fotomontaggio allegati alla domanda, presentati non in scala con le dimensioni
dell’edificio sottostante, hanno determinato una falsa rappresentazione della
realtà, sotto lo specifico e decisivo profilo del rapporto proporzionale tra il
cubo installato e l’edificio stesso. Il processo valutativo e decisionale
dell’ente locale è risultato dunque fuorviato in ragione degli elementi forniti
dalla parte interessata, in quanto gli uffici competenti del Comune hanno
ragionevolmente ritenuto che anche il disegni ed il fotomontaggio fossero
redatti in scala, come la restante documentazione.
Nella Camera di Consiglio del 3 marzo
2001,questo Collegio ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla SIAT, che
ha avanzato appello contro la sentenza di primo grado, ed ha sospeso
l’efficacia della sentenza. L’appello è stato trattenuto per la decisione
nell’udienza del 3 luglio 2001.
Il punto cruciale della questione sta
nello stabilire se il processo valutativo dell’Amministrazione, che nel caso in
esame doveva attribuire un rilievo del tutto particolare al parere del settore
estetica urbana, sia risultato sviato e dunque indotto a conclusioni errate, in
ragione degli elementi forniti dall’interessato ovvero in ragione di carenze e
manchevolezze della stessa amministrazione nella fase istruttoria. La
valutazione relativa all’erroneità delle conclusioni a cui è pervenuta
l’amministrazione attiene infatti a quell’ambito tecnico-discrezionale che
appartiene specificamente alla stessa amministrazione e in ordine al quale non
emergono elementi idonei a mettere in discussione le conclusioni
estetico-urbanistiche alle quali è pervenuto l’apposito ufficio comunale. Il
punto non sta nella congruità tecnica del giudizio estetico in atto espresso
dall’apposito ufficio a fronte del manufatto pubblicitario per come si presenta
ora; il punto sta invece nella legittimità e ragionevolezza del percorso
valutativo che ha condotto l’ente ad esprimere un primo giudizio e poi a
modificarlo.
Ora, un esame approfondito degli elementi
disponibili, porta alla conclusione che l’appello deve essere respinto.
Infatti nella valutazione estetica che
conduce all’accoglimento o alla reiezione della autorizzazione richiesta,
assume un ruolo determinante il rapporto proporzionale che si instaura tra il
cubo trifacciale ed il supporto (tetto dell’edificio) su cui il cubo insiste.
Il disegno del supporto ed il fotomontaggio, anche esso allegato all’istanza,
rappresentano un rapporto proporzionale sensibilmente diverso da quello
effettivo: è fuori da ogni contestazione, infatti, che questi due elementi di
documentazione presentassero un cubo di dimensioni pari mt. 4x4x4 e non 6x6x6,
come invece raffigurato nella documentazione in scala 1:50. L’ufficio
competente ha valutato l’impianto sulla base di una raffigurazione, in scala,
della sola insegna luminosa e di uno schizzo e di un fotomontaggio, non in scala,
che presentavano l’insegna montata sul supporto; la documentazione presentata
dalla società istante, ha fornito così una percezione delle proporzioni
volumetriche che si realizzavano tra l’insegna ed il palazzo sottostante del
tutto non esatta.
Il provvedimento in autotutela si fonda
proprio su questa erronea rappresentazione della realtà, indotta dalle modalità
con le quali la Società interessata ha rappresentato il manufatto,
rappresentazione che ha indotto l’amministrazione a concedere l’autorizzazione;
appena, a fronte dell’avvio della realizzazione del manufatto, il Comune, alla
luce dell’avviso dell’ufficio competente, ha potuto fattualmente rendersi conto
delle sue reali proporzioni e del suo effetto dirompente, in termini di impatto
estetico sul tessuto urbano, è intervenuta, con tempestività, la revoca
dell’autorizzazione.
La parziale difformità del manufatto
realizzato, rispetto a quello assentito, per quanto riguarda in particolare il
sistema di appoggio sulla cornice del palazzo, è un elemento che si aggiunge
alla falsa rappresentazione iniziale della realtà, che costituisce il motivo di
fondo della revoca, ma non lo sostituisce in nessun momento del processo
valutativo che ha condotto alla revoca. Il fatto che nel parere reso
inizialmente dal Comando di polizia municipale e nell’autorizzazione
n.909/1998, le dimensioni del manufatto sono state esattamente indicate in
quelle proprie di un cubo avente lato di mt 6, non porta affatto alla
conclusione che il vizio di errata rappresentazione del rapporto proporzionale
non sussisterebbe in linea di fatto, in quanto tale profilo non verrebbe mai in
rilievo esplicito nel processo valutativo. Il punto sta proprio nella
circostanza che la concreta realizzazione dell’opera ha costretto
l’amministrazione a riesaminare il percorso valutativo seguito, ed ha
consentito di enucleare un vizio della rappresentazione della realtà che aveva
condotto a conclusioni errate.: il fatto che il profilo del rapporto
proporzionale non abbia assunto un rilievo specifico nell’ambito del processo
valutativo che ha condotto al primitivo rilascio dell’autorizzazione, dimostra
solo che tale rapporto, sulla base della prospettazione del manufatto
presentata dalla SIAT, appariva fisiologico e comunque tale da non arrecare
disturbi estetici rilevanti. Allorchè il Comune si è reso conto della erroneità
del precedente giudizio di impatto estetico, sulla base di una ricostruzione
più veritiera dei presupposti di fatto, ha provveduto in via di autotutela a
revocare la precedente autorizzazione.
In conclusione, non ci troviamo di fronte
ad un nuovo e diverso processo valutativo riferito ad un manufatto
tipologicamente distinto rispetto a quello per il quale l’autorizzazione era
stata in un primo momento legittimamente assentita: ci troviamo di fronte al
riesame, da parte dell’ente locale, dello stesso impianto pubblicitario,
valutato in modo diverso, in quanto nel processo decisionale è stato eliminato
il vizio che aveva indotto precedentemente in errore. In queste circostanze,
l’esercizio dei poteri di auto tutela appare del tutto legittimo e congruo.
Per le considerazioni svolte, l’appello
deve essere respinto. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le
spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consigli di Stato in sede
giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando sull’appello in
epigrafe, lo respinge.
Le spese di lite di entrambi i gradi di
giudizio sono compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia
eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma. Nella Camera di
Consiglio del 3 luglio 2001, con la partecipazione di:
Andrea Camera Presidente f.f.
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Paolo De Ioanna Consigliere estensore