Sito giuridico ambientale Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Tribunale di Como Ordinanza 30 novembre 2001
Omissis
1 – Va premesso che i ricorrenti Bertoldo
Losanna + altri e intervenuti (nessuna considerazione ostando a tale intervento
non foss’altro che per i motivi di economia processuale, e nessun diritto di
difesa risultando leso in danno della parete resistente, quantomeno nella
presente fattispecie procedimentale, in danno delle parti resistenti) hanno,
come in molti degli analoghi casi risolti (in via cautelare e di merito) nelle
numerose pronunce giurisprudenziali (invocate da parte ricorrente così come
resistente), lamentato la presenza di immissioni costituite da campi
elettromagnetici (di qui in poi C.E.M.) in particolare a bassa frequenza (di
qui in poi, E.L.F. – etremely low frequency) asseritamene – e del resto,
incontestatamente e pertanto pacificamente, quantomeno per i fini cautelari che
qui rilevano – prodotti da due linee di elettrodotti "ad alta
tensione", rispettivamente di 132 KV e 220 KV, posizionati a poca distanza
dalle loro abitazioni, con conseguente richiesta, in via e sede cautelare, di
emissione di ordinanza che imponga all’E.N.E.L. S.P.A. (ora, per tali
questioni, T.E.R.N.A. S.P.A.) e all’ente gestore della rete (G.R.T.N. S.P.A.)
ogni misura idonea a ricondurre dette immissioni nell’ambito della
"normale tollerabilità", in prospettiva di articolate – ed
esplicitamente espresse in ricorso – domande principali risarcitorie (solo in
via di subordine richiedendo indennizzo per il deprezzamento dei rispettivi
immobili).
2 – Occorre in primo luogo dare soluzione
alla questione (comunque elevabile d’ufficio) preliminare, ampiamente
assorbente ove accolta l’eccezione del difetto di giurisdizione, posta sempre
tardivamente da parte resistente, in particolare "T.E.R.N.A." che ha
invocato l’applicazione dell’art. 33 comma 1 (e 2 lett. e) del D. Leg.vo
31/03/1998 n. 80, così come modificato dalla L. 21/07/2000 n. 205.
2.1 – La questione è infondata: va
ritenuta infatti sussistere la competenza giurisdizionale dell’A.G.O. (e quindi
di questo Tribunale) a conoscere della presente controversia.
Quest’ultima appare certamente, da un
lato, riconducibile all’ipotesi escludente di cui alla seconda parte della
lettera e) del 2° c. di detto articolo 33, e, d’altro canto, non sussumibile
nella previsione di cui alla prima parte della medesima lettera e). Sotto tale
ultimo aspetto, va osservato che qui non si controverte di modalità di
esecuzione (generale o financo particolare) del servizio di erogazione e
distribuzione di energia elettrica in quanto tale e in particolare sotto il
profilo, per così dire, "ontologico" della natura e finalità
(collettive e/o contrattuali) del servizio stesso, bensì piuttosto dalle
accertande conseguenze intollerabilmente lesive e verso i fondi viciniori di
emissioni – immissioni provenienti da già esistenti impianti di elettrodotto,
il che ha condotto parte ricorrente a prospettare, appunto (con riferimento e a
riscontro del primo aspetto di cui sopra) una domanda eminentemente
risarcitoria (in subordine, indennitaria), nel concetto di risarcimento
ridondando certamente anche quello in forma specifica, rispetto a cui è
palesemente preordinata e finalizzata la soprarichiamata domanda di tutela
cautelare (V. Cass. Sezioni Unite Civili 15/10/1908 n. 10.186, sul punto della
correlazione tra richiesta di ordine di cessazione delle immissioni e richieste
risarcitorie, nonché Cass. 9/12/00 n. 9893).
2 – Chiarito ciò, prima di addentrarsi
nell’esame del merito della presente vicenda cautelare, è altresì opportuno
premettere che, almeno nella attuale fase storica le norme giuridiche
abbisognano ancora di una operazione eminentemente umana, quella della
"interpretazione" similmente a ciò che avviene – mutatis mutandis
– per uno spartito musicale ove le note altro non sono che segni cartacei, che
diventano suono nel modo scelto dall’esecutore, il quale non potrà in alcun
caso modificare tali note, ma ne darà la sua "lettura" (sono ben
conosciute anche notevoli differenze di significato – pur restando nei predetti
invalidabili limiti – che possono assumere le diverse versioni del medesimo
brano musicale, ma ciò del resto vale anche per altri campi artistici, come il
teatro la danza, ecc.).
3 – E proprio nel vasto ambito di
problematiche interpretative a vario titolo inerenti l’art. 844 c.c., cui del
resto esplicitamente i ricorrenti (e gli interventori hanno ancorato la propria
iniziativa cautelare, va innanzitutto puntualizzato che è ormai da tempo
consolidato il principio secondo cui il concetto di "simili
propagazioni" (superanti la normale tollerabilità) non può essere ristretto
alle sole immissioni immediatamente avvertibili su un piano
"organolettico", con cinque sensi dell’essere umano (ma va esteso
anche a quelle idonee comunque, anche solo in prospettiva (purchè reale, e non
solo putativa), ad influire – evidentemente, in modo lesivo – sull’organismo
umano.
Basti considerare, che così non
orientandosi, si perverrebbe alla conseguenza – anche secondo il senso comune
palesemente incongrua – che, sancita ex art. 844 c.c. un’attività del
fondo vicino la cui unica nocività si riassuma nel rumore (eccedente il limite,
consolidato in giurisprudenza, del "supero" di 3 DBA rispetto al
"fondo), resterebbe invece indenne sotto il medesimo profilo la emanazione
verso il fondo "protetto" di fortissime radiazioni nucleari, com’è
noto non avvertibili immediatamente ma dalle altrettanto di comune conoscenza
micidiali conseguenza (V. per tutte, Cass. n. 1404/79).
4 – Nel caso di specie, si ha a che fare
con un’entità che, pur pacificamente non certo immaginaria (anche secondo la
pur vigorosa impostazione difensiva dei due resistenti, "T.E.R.N.A., e
G.R.T.N.") si presenta comunque come, in senso stretto,
"eterea", poiché, - e anche ciò rientra ormai in massima di comune
sentire – i campi elettromagnetici (tra cui anche quelli "E.L.F."), o
meglio le loro conseguenze non necessitano di un particolare vettore (quale
aria, terra, acqua, o altro).
5 – Conseguentemente sviluppo di quanto
sopra è che l’immissione sussimibile nella previsione dell’art. 844 c.c. è non
soltanto quella che lede immediatamente, che produce subito un vulnus
all’essere umano, ma è anche quella che comporti elementi di
"rischio", nel senso di cui qui appresso.
5.1. – Premesso che per
"rischio" deve intendersi, sempre secondo l’accezione universalmente
accettata, la possibilità del verificarsi di un evento a vario titolo
pregiudiziale (possibilità che può essere più o meno intesa, purchè esistente:
ad esempio si può assicurare un immobile, purchè non venuto meno, contro rischi
che per essere assolutamente remoti non cessano per ciò di essere tali), va
affermato in linea generale (e salvo, ovviamente, le verifiche che qui in
motivazione seguiranno in ordine alla sussistenza di tutti gli altri necessari
presupposti) che può trovare tutela nell’ambito dell’art. 844 C.C., anche la
fattispecie, come quella in esame, in cui si verte non tanto di lesione già in
atto all’attualità, quanto di rischio – purchè esistente e, si vedrà poi qui di
seguito, e oltre una certa soglia – che determinati fattori (i campi E.L.F.)
siano produttivi, già oggi, di concreto pericolo che, domani, si verifichi, o
meglio si estrinsechi perfezionandosi, una lesione.
Traducendo tutto quanto sopra in termini
soggettivi, può dirsi allora che il soggetto protetto dall’articolo 844 C.C. ha
diritto di essere esente non solo da propagazioni immediatamente –
avvertibilmente dannose, ma anche da propagazioni "rischiose", e ciò
sia sotto il profilo del diritto soggettivo della persone e sia del diritto
soggettivo dominicale (il fondo gravato da un tale rischio è oggettivamente e
indebitamente menomato per causa imputabile non al suo proprietario, ma al
vicino).
5.1.1. – Occorre tuttavia verificare se
"il rischio" sia esistente e concreto.
Premettendo che anche nei casi di
conclamata pregnanza di determinati fattori rispetto a gravi patologie umane
(in particolare, neo-plastiche, con inquadramento secondo i criteri, più volte
menzionati in atti, dello I.A.R.C., in classe 1), sempre e comunque di
"rischio", e mai di certezza, si tratta (per esempio, è noto ed
esperienza comune di ognuno che vi sono accaniti fumatori che pervengono ad
anche tardissima età e decedono poi per tutt’altre cause che tumori polmonari,
cos’ come essi vengono contratti anche da individui assolutamente esenti da
sempre dal vizio del fumo), in linea generale, così come con riferimento alla
specifica fattispecie qui in esame, può formularsi il seguente paradigma
graduale:
a) il rischio non esiste in assoluto, è
puramente immaginario e psicologico: pur essendosi comunque una
"lesione" (seppur non al "soma", ma alla "psiche")
non può esservi tutela;
b) il rischio esiste, ma resta nettamente
al di sotto di una ragionevole soglia, con valori che eventualmente accomunano
una determinata fattispecie con una serie in definitive di altre (ad esempio,
non vi è porzione della superficie terrestre che sia esente dal rischio della
caduta di aeromobili): anche in tal caso non troverebbe giustificazione la
tutela ex art. 744 c.c.;
c) il rischio esiste, e supera una soglia
la cui "ragionevolezza", trattandosi tra l’altro, come nel caso in
esame, appunto di immissioni non organoletticamente avvertibili, deve essere
determinata scientificamente (C.T.U. Dr. Berzino).
In tale ultima ipotesi, deve concludersi
che il danno, sotto forma di rischio, è già in atto, ed allora esso va
pervenuto – risarcito (risarcimento in forma specifica), anche se si tratta,
come del resto sempre nel caso di "rischio", di un’ipotesi, per così
dire, "ambulatoria", nel senso che non si sa quando e chi l’evento
materialmente lesivo colpirà (ma invece si sa che quanto esso colpirà sarà
giuridicamente "troppo tardi", nel senso che un evento lesivo che si
poteva prevenire si è invece già verificato, il che costituisce di per sé una
rottura dell’ordine giuridico, il quale è improntato al privilegio – come si
evince dalla normativa nei più svariati settori – verso la prevenzione, e in
subordine la riduzione del danno rispetto al suo risarcimento per equivalente
monetario, "ultima thule" tra i vari rimedi giuridici).
Esclusa a priori la sussumibilità della
fattispecie in esame nell’ipotesi di cui qui sopra sub a) (neppure le due parti
resistenti, in nessun atto, hanno financo soltanto ipotizzato trattasi di
ossessioni psicopatologiche dei ricorrenti, occorre invece, qui e ora, optare
tra le altre due possibilità, quella sub b) (rischio esistente ma sotto la
soglia) ovvero quella sub c) (rischio oltre la soglia), anche, (ma non solo e
soprattutto non meccanicamente, trattandosi di categoria concettuale che vige
nell’ambito di normative pubblicistiche, i cui destinatari, più che i
"cives", appaiono essere le Pubbliche Autorità), alla luce del noto
principio (del resto non coincidente ma contiguo con il concetto di
"cautela" sotto ogni profilo considerato) di "precauzione".
Ove si consideri inverata l’ipotesi di cui
sopra sub c), e sussistendo tutti gli altri presupposti di legge, dovrà allora
rinvenirsi quale sia il rimedio giuridicamente e tecnicamente esperibile (CTU
Prof. Berizzi).
6 – Come riferito anche dal C.T.U. Dr.
Berzino nella "comunità scientifica" si indaga sulla possibile
correlazione tra esposizione umana e campi "E.L.F." e insorgenza di
"diverse patologie, in particolare…neoplastiche" "fin dalla fine
degli anni 70".
6.1. – In proposito, va innanzitutto
osservato che non è evidentemente pensabile che così numerosi scienziati e/o
gruppi di scienziati via via succedutisi nel tempo e nelle varie nazioni della
terra si siano cimentati a verificare tali possibili correlazioni per pura ed
astratta curiosità speculativa (non è data sapere che siano mai state iniziate
indagini epidemiologiche in ordine a mezzi causali tra fattori palesemente
innocui o addirittura anti-patogeni e malattie), mentre è da ritenere che essi
si siano dipartiti, se non da concreti indizi in senso, quantomeno da serie
ipotesi di lavoro.
6.2. – E’ ovvio che ciò non è certamente
sufficiente neppure in termini di mera precauzione (per quanto non sarebbe
irragionevole che taluno, agendo sul "proprio", si atteggi in modo da
evitare fattori rispetto a cui vi sia meno lieve sospetto di pericolosità-lesività).
Occorre invece formulare valutazioni
eziologiche, in positivo o al contrario in negativo, in ordine alla relazione
tra tali fattori (nella fattispecie, patologie, umane in particolare
neoplastiche).
6.2.1. – Non ci si può esimere tuttavia
dal menzionare, seppur sommariamente, il "tormento" interpretativo
che, in materia di nesso di causalità, ha pressocchè da sempre, attanagliato
giudici e giuristi (e non solo: "A saldare questo circolo, per cui non si
dà tecnica se non come esercizio della ragione, e non si dà ragione se non come
procedura tecnica, è la previsione, l’attributo di Prometeo che "vede in
anticipo" e anticipando l’evento, può stabilire nessi consequenziali tra
ciò che viene prima e ciò che viene dopo. In questi nessi ei esprime la nozione
di causalità, nata in Occidente come difesa dell’angoscia di fronte
all’imprevedibilità dell’accadere degli eventi a cui gli uomini soccombono per
volere del destino.
"Conoscere la causa significa
prevedere l’effetto, prepararsi al suo evento, sottrarsi all’accadimento
imprevisto, ridurre il timore, placare l’angoscia in un sapere che sa di sé del
corso immutabile delle cose" – U. Galimberti, "Psiche e teche";
"è indispensabile acquisire la scienza delle cause prime: infatti diciamo
di conoscere una cosa quanto riteniamo di conoscere la causa prima" –
Aristotele, "metafisica", libro I.
Più concretamente, e più attualmente, non
può non tenersi conto in particolare che, da tempo, la Suprema Corte, sia
civile sia penale, di questo Paese ha accolto nell’alveo della tematica del
nesso eziologico il concetto di possibilità – probabilità meramente statistica.
Per il penale:
"il Giudice, avvalendosi del metodo
della sussunzione sotto leggi statistiche ove non disponga di leggi universali,
dirà che è probabile che la condotta dell’agente costituisca una condizione
necessaria dell’evento, probabilità che altro non significa se non probabilità
logica o credibilità razionale che deve essere di alto grado, nel senso che il
giudice dovrà accertare che senza il comportamento dell’agente l’evento non si
sarebbe verificato appunto con alto grado di probabilità (Cass. 06/12/90 su
foro it. 1992, II, 36, nonché Cass. 20/01/1999 imp. Hautmann, Cass.
19/01/1999 imp. Montagner;
Cass. 04/08/1998 imp. Ferrari; Cass. 19/01/1998 imp. Ferraglia; Cass.
04/02/1987 imp. Zucchi).
Per il civile:
"Nel caso di malattia ad eziologia
multifattoriale, il nesso di causalità relativo all’origine professionale della
malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi
tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica
dimostrazione; e, se questa può essere data anche in termini di probabilità
sulla base delle particolarità della fattispecie (essendo impossibile, nella
maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell’eziologia), è necessario pur
sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da verificarsi
attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a
tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale:" (Cass. 20.09.00
n. 12909, nonché Cass. N. 6388/98) e, nello stesso senso:
"In materia di assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali, l’accertamento dell’eziologia
professionale di una malattia neoplastica è correttamente effettuato sulla base
della rilevante probabilità della incidenza causale o concausale dei fattori
nocivi professionali". (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza
impugnata che aveva ritenuto la natura professionale anche del tumore polmonare
da cui era risultato affetto un lavoratore, sofferente di broncopneumopatia non
contestatamene professionale, il quale aveva assunto nel corsi di molti anni
notevoli quantità di sostanze nocive provviste, secondo le attuali conoscenze
in materia, anche di potenzialità cancerogene) (Cass. 7.4.1998 n. 3602).
6.3 – Da quanto sopra è scaturita
l’opportunità di esperire una C.T.U. che consentisse a questa autorità
giudiziaria di operare una ricognizione critica delle conoscenze scientifiche
in ordine al nesso in questione.
La scelta del perito non è stata
effettuato secondo i criteri casuali, ma individuando un soggetto che non solo
per crediti e accreditamenti tecnico-scientifici, ma soprattutto per specifica
professionalità consentisse di pervenire a valutazioni il più possibile
attendibili: il C.T.U. (nominato previa specifica autorizzazione Presidenziale,
in atti) Dr. Berzino, non è infatti un financo prestigioso, e financo
specializzato in determinate patologie, sempre mediche, bensì è il direttore
dell’unità epidemiologica dell’Istituto dei Tumori di Milano (e non paiono
recepibili in proposito le riserve avanzate da parte resistente in ordine alla
considerazione che egli, come scienziato, abbia potuto nel passato esprimere
valutazioni anche sue proprie, poiché, a tale stregua, anche i giudicanti che
abbiano emesso decisioni di un determinato segno teorico in analoga materia
dovrebbero essere ricusati, col risultato che ogni Giudice, in tali materie,
potrebbe emettere una sola sentenza, la prima in senso cronologico, in tutta la
sua carriera).
6.3.1. – Orbene, il C.T.U., ha dato
risposta nel modo che segue al quesito, che qui, per maggior comodità di
lettura si riporta:
a) dica il C.T.U., se sulla base dei dati
e valutazioni accreditati nella comunità scientifica i livelli di campi
elettromagnetici denunciati da parte del ricorrente e interventrice e di cui
all’analisi repertata come doc. 1 del fascicolo di parte ricorrente
(superamento dei parametri di 0,2 nonché 0,5 nonché 1 microtesla nei punti ivi
descritti) in rapporto alle specifiche condizioni abitative possano o meno
costituire concreto rischio per la salute, specificando, nell’affermativa
natura, entità e grado di tale rischio.
b) Dica il C.T.U. sulla base di cui sopra,
quali siano i valori al di sotto dei quali anche sotto il profilo del
"principio di precauzione", non sia ragionevolmente ipotizzabile il
rischio di cui sopra o quantomeno al di sotto dei quali non risulti segnalato
alcun eccesso di rischio sanitario".
6.2.2. – Premettendo che il già menzionato
I.A.R.C. (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) di Lione aveva a
suo tempo classificato "i campi E.L.F. nella categoria" 2 B
(possibili cancerogeni categoria di cui peraltro fanno parte non soltanto, come
veritieramente ma suggestivamente ricordato negli atti delle due parti
resistenti, "la saccarina e il caffè", ma anche DDT e piombo) ed
elencando in apposite tavole sinottiche (7a e 8a facciata) una esauriente serie
di speciali studi di settore a livello internazionale, il C.T.U. ha
convincentemente dato rilievo a due studi che si differenziano sostanzialmente
dagli altri per essere, in sostanza, di essi la sintesi e al tempo stesso
l’ampliamento (non è necessaria una particolare conoscenza dell’epidemiologia e
scienze statistiche in generale per comprendere che più ampio e numeroso è il
materiale esaminato più attendibile è il risultato e al tempo stesso meno
significativa l’incidenza di fattori estranei alla ricerca e/o in generale gli
eventuali errori e casualità).
Ci si riferisce qui a due studi che
costituiscono entrambi "meta-analisi" (realizzate, tra gli altri, da
"alcuni dei più stimati metodologi in campo epidemiologico) ossia
rianalisi e sintesi di numerosi altri precedenti studi nella medesima materia,
ed entrambi pubblicati nell’anno 2000 (effettivamente, quindi, successivamente
ad almeno parte dei provvedimenti dei giudici di merito invocati da parte
resistente, che comunque di essi non fanno menzione alcuna).
In particolare, dallo studio di AHLBON ET
AL si desume argomentatamente la esistenza di un R.R. (cioè la traduzione in
termini matematici dell’aumento o diminuzione, se sotto l’unità – della
possibilità ammalarsi) di 2,00 (con "intervallo di confidenza", cioè,
in sostanza, probabilità che il dato sia esatto, del 95%) con riferimento alle
specifiche patologie costituite dalle leucemie infantili per i soggetti che
siano esposti a campo ELF "uguali o maggiori di 0,4 microtesla"
(valore di misura dell’intensità di tali campi).
Sempre con lo stesso, rassicurante,
"intervallo di confidenza" del 95% ad analoghe conclusioni (RR=2,06)
è pervenuta anche l’altra "metanalisi" valorizzata, di Grenland Et
Al, sempre dell’anno 2000, come si è detto e sempre con esclusivo riferimento
alla leucemia.
Ben motivatamente (v. anche argomentazioni
alla 3a 4a e 5a facciata) quindi il C.T.U., scettica o quantomeno non
altrettanto univoca essendo la valutazione nell’elaborato per quanto riguarda
altre patologie, perviene, dopo aver anche riferito (elemento questo che
suscita particolare attenzione nell’operatore giuridico del campo civilistico,
permeato dall’esistenza e attribuzione degli oneri probatori) della assenza –
implicitamente riconosciuta del resto poi anche dai C.T.P. delle due parti
resistenti – di "studi che vanno inequivocabilmente nell’altra direzione
(ossia che non si limitino a ritenere non sufficientemente dimostrato il nesso
eziologico-statistico-epidemiologico), che "nei bambini esposti a livelli
superiori a 0,4 mocrotesla il rischio di leucemia" (infantili,
evidentemente) "è aumentato del 70% (R.R.=1,7) e che "nei bambini
esposti a livelli superiori a 0,4 microtesla il rischio è aumentato del 100%
(cioè raddoppiato).
Pure documentatamene il C.T.U. ha dato
conto di come "le segnalazioni di rischio per livelli inferiori"
superiori a 0,3 microtesla "non possono essere considerate che
ipotesi" (ipotesi che peraltro, subito appresso valuta come comunque da
seriamente considerare, seppur non utilmente ai fini che qui rilevano).
6.3.3. – Le risultanze di detta C.T.U. del
Dr. Berzino sono state sottoposte a vivace critica da parte delle due società
resistenti, e cioè dai relativi difensori e C.T.P. (Prof. Carlo La Vecchia e
Prof. Enrico Piera).
Parimenti convincente è risultata la
replica contenuta nella successiva nota 13.09.2001 in atti del C.T.U. le cui
considerazioni appaiono pregnanti ed assorbenti.
In particolare, è opportuno richiamare qui
la corretta (e utile anche in ordine a quanto qui oltre al punto 7.3.4) e
argomentata considerazione ivi contenuta, secondo cui "il fatto che
l’esposizione a campi magnetici di intensità tale da poter causare un aumento
di rischio significativo di leucemia infantili riguardi solo una piccola
frazione della popolazione generale (dell’ordine dell’un per cento) non toglie
nulla al fatto che per quella frazione sussista un concreto rischio per la
salute".
Pure congruo appare il rilievo che
"mentre nella consulenza tecnica" (10.04.2001) si è fornito un quadro
complessivo degli studi disponibili, mostrando come nel loro insieme
raggiungano una massa di informazioni sufficiente a raggiungere una relazione
di causa-effetto, i commenti del dr. La Vecchia (come pure quelli del dr. Piera
alla relazione della dott.ssa Taioli) contengono una serie di citazioni da
singoli studi di cui autori si preoccupavano giustamente di sottolineare che le
loro osservazioni non potevano essere considerate individualmente conclusive,
"laddove il quesito, come opportunamente sottolineato dal C.T.U.",
non riguardava la conclusività dei singoli studi, bensì dell’insieme dei dati e
valutazioni accreditati nella "comunità scientifica".
Espressione, quest’ultima certamente ampia
e, per certi aspetti, metaforica – non esiste né un tempo né uno spazio comune
a tutti gli "scienziati" – ma comunque certamente non coincidente col
concetto autoritativo espresso dalle parti resistenti (V. in particolare
memoria 24.10.2001 di parte "T.E.R.N.A." pagg. 1-2) secondo cui alle
sole "istituzioni scientifiche" (che peraltro sono sfere
"contaminate" da valutazioni, opportunità, e, "last but not
least", soggettività politiche ed economiche) "è demandato il compito
di accertare la pericolosità o meno dei campi elettromagnetici per la salute
umana", non sopportando invece la scienza – perlomeno da quando si è
affermato, dopo il medio-evo il metodo empirico e sperimentale – altra
gerarchia e autorità se non quella degli argomenti nella loro validità.
6.4. – Conclusivamente su questo, peraltro
essenziale, punto, ritiene questo Giudice della cautela, anche e in particolare
con riferimento agli indefettibili requisiti del "fumus boni iuris"
ed altresì anche del "periculum un mora" (poiché se, come qui si
rileva, il rischio nel senso sopra richiamato esiste, i tempi necessariamente
assai più prolungati del giudizio di piena cognizione appaiono incompatibili
con l’urgenza della tutela anche in ordine alla problematica della
irreparabilità), che l’impostazione sopra sunteggiata del CTU debba essere
recepita:
E ciò non (sol) tanto perché formulata da
personalità non solo notoriamente accreditate proprio nella banca specialistica
occorrente alla bisogna, ma operante nella presente sede come soggetto
"super partes" ausiliario del Giudice e come quest’ultimo
"ontologicamente" terzo rispetto alle parti ed altresì vincolato dal
giuramento (a differenza dei CTP, altrettanto per definizione "partigiani"
e che la fisiologia quotidiana del processo civile anche in questioni che
dovrebbero essere estremamente più semplici e quindi meno controvertibili –
come le valutazioni medico-legali sulla singola persona – mostra come portatori
di tesi anche e spesso diametralmente opposte a quelle del CTU, così come del
resto altrettanto fisiologico – ancorché non certo obbligato – è il grado di
maggiore attendibilità che in genere le Corti attribuiscono alle elaborazioni
tecnico scientifiche dei consulenti dalle stesse nominati), bensì sulla base
della valutazione critica di cui sopra del percorso logico-argomentativo che ha
condotto il CTU (Dr. Berzino) alle conclusioni così come qui recepite.
Deve quindi ritenersi, alla luce di tutto
quanto sopra, che con valori di intensità superiori a 0,3 microtesla dei campi
E.L.F. in oggetto, e quindi in tutte e nelle sole situazioni – non contestate
da parte resistente – interessanti le parti ricorrenti e/o intervenienti,
sussista il concreto rischio in oggetto, da inquadrarsi quindi nell’ipotesi,
favorevole alla necessità di intervento giurisdizionale, sunteggiata alla
lettera c) del punto 5.1.1. di cui sopra della presente ordinanza.
6.5. – Non può nel caso in esame farsi
ricorso al criterio, peraltro pacificamente sussidiario e invocato dalle pur
"agguerrite" difese delle parti resistenti, con non particolare
intensità della priorità d’uso, e ciò proprio alla luce di quanto sopra
riferito dal C.T.U., Dr. Berzino ossia che solo in epoca recente sono iniziati
i primi studi scientifici (non necessariamente noti a persone di media cultura)
sulla possibile necessità dei campi magnetici.
6.6. – Neppure rileva, in particolare
tenuto conto che, come testè richiamato, ci si muove nell’ambito normativo
dell’art. 844 c.c., se nelle abitazioni dei ricorrenti e/o interventori in cui
i campi "E.L.F." indotti dagli elettrodotti in questione superino la
suddetta soglia abitino o meno bambini, perché, a parte che ciò è comunque
irrilevante sotto il profilo della tutela dominicale (in ordine alla integrità
del fondo e del suo valore, d’uso e di scambio), in ogni caso non si vede come
tale eventualità (figli, nipoti, ecc.) possa essere a priori
"malthusievamente" esclusa.
7 – Quanto al profilo già sopra al punto
6.4 accennato, va considerato che le parti resistenti, posta in dubbio la
possibilità di cognizione del Giudice ordinario civile sotto un profilo
processuale nel senso di cui sopra al punto 2.1 (difetto di giurisdizione),
hanno "poi" (in senso logico-giuridico) dedotto che, in realtà, a
nessuna valutazione sostanziale della fattispecie potesse addivenire tale
Giudice civile ordinario, se non nei limiti, o meglio, ove non superati (come
pacificamente non lo sono in nessuna delle situazioni lamentate dai ricorrenti
e interventori) i limiti (in concreto, di 100 microtesla) stabiliti dalla
normativa pubblicistica, in particolare di cui al D.P.C.M. 23/04/1992 e, poi
dalla L. 22/02/2001 n. 36 (il cui art. 16, peraltro reintroduce in gioco,
suppur in via meramente interinale, ma comunque con applicabilità, "ratione
temporis", alla fattispecie in esame, il limite di cui a detto D.P.R.C.
23/04/1992).
7.1.1 – Non è, evidentemente, compito del
Giudice civile (e della giurisdizione in generale) dare soluzione a problemi di
ordine precipuamente collettivo, e comunque diversi e al di là – anche se
eventualmente almeno in parte coincidenti – di quelli posti da chi agisce (e
quindi, anche di chi ricorra in via di urgenza in vista di successiva azione)
in giudizio, anche se l’interprete non deve trascurare, quantomeno ai fini delle
determinazioni concettuali (ad esempio, in tal senso può anche tenersi conto,
per puntualizzare il concetto di "principio di precauzione", delle
risultanze di momenti di confronto internazionale e/o interstatuale come
quelli, menzionati in ricorso introduttivo – trattato di Maastricht, conferenza
di Rio de Janeiro) più vasti elementi.
7.1.2 – Così, in fattispecie,
processual-sostanziali in cui come nella presente, vengono prospettate
problematiche e diritti individuali che si inquadrano e/o comunque interagiscono
con questioni di ordine collettivo (per esempio, è possibile che venga adita
l’A.G.O. eventualmente con riferimento proprio all’art. 844 c.c. in ordine a
questioni inerenti rifiuti speciali o tossici – nocivi che interferiscono nella
sfera dei diritti individuali di taluno/i, il che non toglie la rilevanza
generale, sotto altro, appunto pubblico – pubblicistico, profilo, della
questione dello smaltimento dei rifiuti).
E pertanto, quanto all’energia elettrica,
non è qui in discussione e neppure in esame (se non ai limitati fini di cui qui
oltre al punto 8.1) la necessità di approvvigionamento di energia, in
particolare elettrica, così come è pacifico e indiscusso che per essere
distribuita (salvo che in un ipotetico futuro il progresso scientifico
individui diverse modalità, oggi probabilmente impossibili, come del resto
altre soluzioni oggi di diffusione anche popolare apparivano inconcepibili
anche solo pochi anni addietro) tale energia necessiti di una rete
territoriale.
Se questi sono i fini, ciò non comporta la
loro eterogenesi, nel senso in particolare che, per raggiungere tali scopi, non
necessariamente debbono del tutto obliterarsi diritti soggettivi individuali
(delle persone così come dominicali), facendo così indebitamente assurgere la pur
indiscutibile e la pur generale collettiva esigenza di approvvigionamento
energetico a dignità di indiscutibile e, per così dire (le espressioni solo
apparentemente appaiono incompatibili) religioso-scientifico dogma in forza del
quale sia possibile e lecito colpire chicchessia "alla cieca".
Occorre invece un approccio, per così dire
"laico" ai vari nodi e snodi di questioni, che, quanto al caso in
esame potrebbero rappresentarsi come tre cerchi di diversa dimensione, non
concentrici e solo parzialmente coincidenti, il tutto con la puntualizzazione
che il terzo, più piccolo dei tre cerchi, a differenza degli altri due non può
tollerare discriminazioni territoriali (per esempio, ben possono diversamente
determinarsi due diverse Regioni nella programmazione delle politiche nel
territorio, ma non potrebbe il cittadino di una delle due soffrire di
limitazioni di diritti soggettivi individuali che competono ai
"cives" dello Stato italiano.
7.2. – Occorre ora premettere come sia
indiscutibile che l’idea stessa di una disapplicazione non già in un mero
provvedimento amministrativo ("incidenter tantum", giusta i principi
di ripartizione dei poteri di cui in particolare alla legge abolitiva del
contenzioso amministrativo del 1865) bensì di una legge o comunque di un atto
normativo da parte del Giudice costituisca un autentico "ossimoro",
poiché è chiaro che compito del Giudice è proprio quello di applicare la legge.
La questione è invece verificare, caso per
caso in esame, se la fattispecie sottoposta al Giudice rientri o meno nella
sfera di applicazione di questo o quell’atto normativo, con quella operazione
di interpretazione (ossia di messa in relazione di astrazione e concretezza) di
cui si è detto sopra al punto 2.
7.3 – In proposito non può essere
condivisa né la tesi di parte resistente secondo cui l’applicabilità in via
esclusiva degli altri limiti di cui al D.P.C.M. 1992 sarebbe risolutiva (nel
senso della negazione della tutela invocata da ricorrenti e interventori) di
ogni questione, né la, contigua, tesi sempre dei resistenti secondo cui
"l’azione non può prescindere dai piani di risanamento, contro i quali
soltanto dovrebbero in ipotesi, essere indirizzate le eventuali critiche e
doglianze" (V. memoria 03/05/2001 di G.R.T.N., pag. 5) con riferimento
alla già richiamata L. n. 36/2001, che tali piani (in graduati termini
pluriennali) contempla.
Tale automatismo giuridico, infatti, anche
alla luce delle enunciazioni generali di cui sopra ai punti 7.1.1 e 7.1.2, non
può essere accettato (anche perché, portato alle estreme, ma non incongrue
conseguenze, sottrarrebbero alla tutela le situazioni non normate).
7.3.1 – Valgono in proposito, e devono
essere qui integralmente recepite, anche tenuto conto della funzione
"nomofilattica" della Corte di legittimità le seguenti
considerazioni, contenute nella sentenza 27/07/2000 n. 9893 della Suprema
Corte: dopo la premessa secondo cui: "Contrariamente a quanto ha affermato
la Corte d’Appello, non è necessario che il danno si sia verificato, perché il
titolare del diritto possa reagire contro la condotta altrui, se esso si
manifesta in atti suscettibili di provocarlo.
In termini generali, può dirsi che la
protezione apprestata dall’ordinamento al titolare di un diritto si estrinseca
prima nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che
contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gi effetti lesivi della condotta
illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del danno.
Con specifico riferimento al diritto alla
salute, sarebbe contraddittorio affermare che esso non tollera interferenze
esterne che mettano in discussione l’integrità a ammettere che alla persona sia
data la sola tutela del risarcimento del danno e non anche quella
preventiva".
La Corte conclude, tra l’altro che
l’ordinamento non manca di una disciplina specifica circa i limiti massimi di
esposizione ai campi elettrici e magnetici generali dagli elettrodotti: essa è
stata dettata con il d.p.c.m. 23 aprile 1992, emanato in base all’art. 4, 2°
comma, L. 23 dicembre 1978 n. 833.
Che una disciplina di questo tipo ci sia
mostra che, allo stato delle conoscenze scientifiche, l’esposizione ai campi
elettrici e magnetici generati da elettrodotti, se siano superati determinati
limiti massimi, è considerata fonte di possibili effetti negativi sulla conservazione
dello stato di salute.
Essa costituisce d’altro canto espressione
di uno degli obiettivi del sistema sanitario, la prevenzione delle malattie e
degli infortuni in ogni ambito di vita, oltre che di lavoro (art. 2 L. n. 833
del 1978).
Dato il presupposto che è allo loro base,
e data la natura di normazione secondaria che è loro propria, discipline di
questo tipo hanno il valore di impedire che possa essere tenuta una condotta
che vi contasti.
Non hanno quello di rendere per sé lecita
la condotta che vi si uniformi.
7.3.2 – E’ evidente che il principio
interpretativo di diritto di cui sopra vale in ogni caso anche con riferimento
ai piani di risanamento di cui a detta L. 36/2001 (che peraltro reintroduce,
come già accennato, in via sommaria il noto D.P.C.M. 1992).
7.3.3 – Analogamente del resto, in sede
penale, è pacificamente acquisito che l’art. 674 c.p. ("disturbo delle
occupazioni o del riposo" della generalità delle persone norma penale, in
quanto tale quindi a tutela della collettività) trova applicazione nei soli
casi in cui siffatta lesione interessi appunto tale indistinta generalità,
laddove qualora solo il singolo ne sia investito egli può esser tutelato solo
in sede civile, con riferimento appunto, quantomeno anche, all’art. 844 c.p.
7.3.4 – Pertanto, per tornare nell’ambito
afferente il caso in esame, e anche e con riferimento alle deduzioni (cui, come
si è visto, il CTU Dr. Berizzi ha congruamente replicato) di parte resistente
in ordine alla limitatezza della porzione di popolazione esposta al rischio di
cui qui è procedimento, ben (o male, a seconda dei punti di vista, che qui
peraltro in nessun modo rilevano) potrebbe il potere legislativo ed esecutivo
decidere, in funzione di ciò, di omettere qualsiasi misura preventiva, ma ciò
non potrebbe far venir meno il diritto del singolo alla tutela della singola
situazione di lesività – rischio.
7.3.5 – Del resto è invece condivisibile
l’impostazione secondo cui la tematica delle situazioni quali quella in esame è
assolutamente analoga a quella inerente le immissioni rumorose: giurisprudenza
ampiamente consolidata della Suprema Corte, la quale, anzi ha recepito il
criterio, di "invenzione" giurisprudenziale, del supero del valore di
fondo nella misura di 3 D.B.A. (che, trattandosi di valori logaritmici,
corrisponde al raddoppio dell’intensità del rumore) ha distinto i limiti di
accettabilità, di natura pubblicistica, da quelli di tollerabilità, da questi
ultimi del tutto indipendenti, di natura privatistica, sempre con riferimento
all’art. 844 c.c.
8. – Rilevato, chiarito e considerato
tutto quanto sopra, e accertato quindi il vulnus inquadrabile nella
fattispecie di cui al primo comma dell’art. 844 c.c., occorre ora esaminare
quali ne possano essere i rimedi risarcitori, e ciò anche tenuto conto della necessità
di contemperamento imposta dal secondo comma del detto articolo di legge ai
fini della invocata cautela e della causa di merito.
8.1. – Proprio per tale scopo (v.
ordinanza riservata 16/05/2001 qui in atti) era stata disposta la seconda CTU,
demandata al Prof. Alberto Berizzi, docente di "sistemi elettrici per
l’energia" c/o il dipartimento di elettrotecnica del "Politecnico di
Milano", assegnandogli i due quesiti che seguono:
"Esaminati atti e documenti di causa,
disposti gli opportuni sopralluoghi, degli immobili di detti ricorrenti e
interventori originari al di sotto del limite di 0,5 microtesla nonché di 0,4
microtesla, compatibilmente con la necessità di non produrre un’interruzione
definitiva dell’approvvigionamento di corrente elettrica con riferimento alle
condutture in oggetto specificandone, almeno in linea di massima modalità
esecutive e costi.
A fini dell’accertamento di cui sopra, ai
punti 1 e 2, tenga conto il CTU delle distanze metriche tra ogni singola
abitazione di cui è causa e le linee elettriche in oggetto".
8.1.1 – Quanto al primo quesito il CTU,
previa rigorosi e precisi accertamenti di fatto e tecnico-scientifici, da cui è
emerso tra l’altro il pressocchè costante superamento del limite (come sopra
ritenuto di tollerabilità) di 0,4 microtesla nelle abitazioni e pertinenze in
oggetto, e che il relativo piano-terra delle stesse si trova, rispetto al
conduttore più basso, a distanza tra la minima di mt 8 e la massima di mt. 31
(con prevalenza di valori intorno ai mt. 12) quanto agli elettrodotti n. 265 e
266 Cislago-Sondrio da 220 KV e tra mt. 12 e mt 19 quanto all’elettrodotto n.
532 Cucciago-Noverate da 132 KV, è pervenuto alla seguente, recisa conclusione.
"Nonostante le discrepanze rilevate, è comunque possibile concludere che i lavori misurati sono nella grande maggioranza compatibili con le correnti circolanti nelle fasi degli elettrodotti, e quindi che la presenza dei campi magnetici così come denunciata da parte ricorrente e interventrice è riconducibile alla presenza delle condutture elettriche".
Tale conclusione non è stata in alcun modo
avversata da alcuna delle parti in causa, e può quindi ritenersi
definitivamente acquisita.
8.1.2 – Il secondo quesito demandato al
C.T.U. Prof. Berizzi era quello più strettamente inerente alla necessità del
predetto contemperamento ex art. 844, 2° comma c.c.
Soltanto un accertamento e un’indicazione
tecnico-scientifica, infatti, poteva dar conto delle possibili variabili in
ordine al rimedio – risarcimento rispetto all’illecito civile come sopra
accertato, rispetto a cui, per esempio, una risposta totalmente negativa ovvero
contemplante come unica opzione concretamente praticabile lo smantellamento
delle intere linee di elettrodotti con conseguente definitiva interruzione
dell’importante asse di approvvigionamento e distribuzione elettrica avrebbe
potuto risultare pregnante ai fini di cui al predetto 2° comma dell’art. 844
c.c.
Rilevato che, anche in tal caso nessuna
parte in causa ha posto in discussione le risultanze dell’elaborato peritale,
anzi, esplicitamente valutato come attendibile, va dato atto che pure al
secondo quesito il CTU ha dato, sempre previa e sulla base di vigorose e
argomentate considerazioni scientifiche, precisa risposta: quanto al carico
indotto dall’elettrodotto Cislago-Sondrio da 220 KV.
L’unica soluzione al secondo quesito della
CTU, sia considerato il carico massimo dell’elettrodotto, sia prendendo in
considerazione il valore medio, consiste nell’interramento in cavo del tratto
compreso tra i tralicci 293 e 296, con un costo complessivo dell’intervento
quantificabile in 4368 milioni di lire e, quanto al carico indotto invece
dall’altro elettrodotto Cucciago-Noverate, da 132 KV.
"Se invece si ritiene necessario che
l’intera abitazione sia soggetta a valori di induzione inferiore a 0,4
microtesla, è necessario innalzare di 10 m. l’intero tratto di linea compreso
tra il traliccio 14 e il traliccio 18 e adottare per i conduttori la
configurazione ST, con costo dell’intervento stimabile in circa 625 milioni di
lire".
Da quanto sopra si desume che il rimedio
risarcitorio è concretamente praticabile senza alcun modo porre in discussione
il servizio di erogazione dell’energia elettrica, ed anzi senza neppure
modifica di tracciato dei due elettrodotti, e con costi certamente consistenti
(in particolare quanto al primo, da 220 KV) in assoluto, ma la ci rilevanza non
può non essere parametrata alle – ampiamente notorie – dimensioni economiche
oggettive del servizio e soggettive delle parti resistenti, di talchè non si
presenta certamente come irrealistico e/o gravatorio l’ordine di ottemperare
tali indicazioni come meglio specificato qui oltre in dispositivo.
In ogni caso, si è qui optato per le
soluzioni chiaramente presentate da detto CTU come le più idonee allo scopo e
al tempo stesso per quelle meno gravose economicamente (in specie quanto
all’elettrodotto da 132 KV Cucciago-Noverate), perché ciò era dovuto, sulla
base delle risultanze procedimentali (anche se, trattandosi di controversia di
tipo privatistico, come fin qui ben evidenziato, restano ovviamente libere le
parti di addivenire a qualsivoglia altra soluzione in via transattivi).
Ragionevole appare, in relazione agli
interessi delle parti e ai presumibili tempi di concreta realizzazione tecnica
il termine di esecuzione di 15 mesi di cui in dispositivo.
Infine, non trovando applicazione, per le
medesime considerazioni ampiamente formulate sopra, nella presente controversia
civile l’invocato art. 9 della predetta L. 36/201, non rileva qui, all’interno
della solidarietà passiva dei due soggetti resistenti, la ripartizione dei
costi.
P.T.M.
a 1) ordina alle resistenti
"T.E.R.N.A. S.P.A." e G.R.T.N. S.P.A." in solido tra loro di
interrare in cavo, nel modo e nel senso di cui alla CTU 19/09/2001 del Prof.
Alberto Berizzi in atti, il tratto dell’elettrodotto Cislago-Sondrio (n. 265 e
266) compreso tra i tralicci 293 e 296;
a 2) ordina alle medesime resistenti
T.E.R.N.A. S.P.A." e G.R.T.N. S.P.A." in solido tra loro di innalzare
di mt. 10 l’intero tratto di linea dell’elettrodotto Cucciago-Noverate (n. 532)
compreso tra il traliccio 14 e il traliccio 18 e di adottare per i conduttori
la configurazione ST;
a 3) entrambi gli adempimenti di cui sopra
ai capi a 1) e a 2) nel termine di mesi 15 dalla comunicazione della presente
ordinanza;
b) assegna il termine di giorni 30 per
l’inizio della causa di merito.
Si comunichi.
Como, 30/11/01
IL GIUDICE DESIGNATO
(Dr. Massimo Croci)