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T. A. R. Veneto, Sezione III, Sentenza del 28.11.2001, n. 4131.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Ric. n.1522/01                                        Sent. n.4131/2001

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione terza, costituito da:

Umberto Zuballi                           - Presidente, relatore

Mauro Springolo                          - Consigliere

Marco Buricelli                            - Consigliere

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sul ricorso n. 1522/01 della ENEL Distribuzione spa, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe de Vergottini, Cesare Caturani e Carla Funes, con elezione di domicilio presso l’ultima, in Venezia, Dorsoduro 3488/U, come da mandato a margine del ricorso;

CONTRO

il Comune di Casier, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Ronfini e Franco Zambelli e domiciliato presso il secondo, in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;

la Azienda ULSS n. 9 di Treviso, non costituitasi in giudizio;

la Regione del Veneto, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege;

il Ministero della Sanità, non costituitosi in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza contingibile ed urgente prot. 9422 datata 12 giugno 2001 del Sindaco di Casier;

della nota dell'Azienda U.L.S.S. n. 9 Treviso, Dipartimento di Prevenzione, Servizio Igiene e Sanità Pubblica, prot. 4069/SISP, del 1 giugno 2001;

della nota del Dirigente Regionale della Direzione per la Prevenzione datata 2 maggio 2001, prot. n. 6440;

della nota a firma del Vice Presidente della Giunta Regionale del Veneto prot. n. 7577/50.03 del 22 maggio 2001;

di ogni altro atto presupposto, conseguente o concomitante anche se non conosciuto;

nonché per il risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente ENEL Distribuzione S.p.A..

Visto il ricorso, notificato il 11 luglio 2001 e depositato presso la Segreteria il 16 luglio 2001 con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casier, depositato il 21 luglio 2001 e quello della Regione, depositato il 28 luglio 2001;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista in particolare l’ordinanza di questo TAR n. 550 del 2001 che ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla ditta ricorrente;

Uditi, alla pubblica udienza del 14 novembre 2001 - relatore il Presidente Umberto Zuballi – gli avvocati Funes per la parte ricorrente, Bragliani in sostituzione di Zambelli per il Comune di Casier e Palatiello per la Regione Veneto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

 

La società ricorrente rappresenta che la vicenda trae origine, in punto di fatto, dalle risultanze del Rapporto di ARPAV, il quale evidenziava che presso la scuola media "A. Vivaldi" e la scuola elementare "D. Alighieri", situate in località Dosson di Casier (TV) in prossimità della linea elettrica a 132 kV "denominata Venezia Nord ‑ Treviso Est", erano stati misurati in alcuni punti valori di campo magnetico superiori al valore di 0,2 microtesla.

L’atto gravato si sostanzia:

nell'ordine di gestire l'elettrodotto con un carico di corrente tale da non determinare negli orari scolastici un superamento del valore di induzione magnetica di 0.2 microtesla;

nell'ordine di effettuare entro un mese interventi strutturali sull'impianto in modo che, pure nell'ipotesi in cui il carico di corrente superi il livello di cui al punto che precede, sia comunque evitato il superamento del predetto valore di 0.2 microtesla.

Secondo la ricorrente società, tanto l'ordinanza sindacale contingibile ed urgente impugnata quanto gli atti della Regione e del Dipartimento di Prevenzione della U.L.S.S. di Treviso sono stati assunti dando per accertato il presupposto, che non troverebbe invero conferma alcuna nelle risultanze degli studi e delle posizioni espresse dalla comunità scientifica internazionale, che al superamento del valore di campo magnetico di 0.2 microtesla conseguirebbe un pericolo di carattere sanitario per gli alunni che frequentano le scuole e che il valore introdotto dalla legge regionale n. 27 del 1993 costituisca un limite impositivo idoneo a sorreggere interventi nella sostanza volti ad imporre il risanamento degli impianti esistenti.

Osserva la ricorrente società che l'impianto in questione è ampiamente rispettoso della normativa vigente e, in particolare, del valore dettato dall'art. 4 del D.P.C.M. 23 aprile 1992 che, nell'opinione della comunità scientifica internazionale più accreditata, costituisce di per sé un limite di cautela per la tutela della salute della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza quali quelli generati dagli elettrodotti.

Ciò premesso, la ricorrente ENEL Distribuzione denuncia l'illegittimità dell'ordinanza del Sindaco di Casier, nella parte in cui reca imposizioni direttamente lesive, ovvero quelle indicate sotto la lettera A) del dispositivo, nonché, per quanto occorrer possa, degli atti emanati dalla Azienda U.L.S.S. n. 9 ‑ Dipartimento di Prevenzione di Treviso e dalla Regione Veneto, per i seguenti motivi:

1.           Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000 e dei principi che governano l'emanazione dei provvedimenti sindacali contingibili ed urgenti. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e della motivazione. Difetto assoluto di istruttoria. Irragionevolezza.

La ricorrente richiama la giurisprudenza che ha provveduto in questi anni a delimitare il corretto esercizio del potere sindacale di ordinanza extra ordinem, vincolandolo al puntuale rispetto di alcuni principi e regole relativamente all'oggetto, ai presupposti, al contenuto e, più in generale, alle modalità di esercizio.

Nel caso di specie non vi sarebbe alcuna situazione di pericolo, né concreto né attuale, né ancora frutto di eventi eccezionali e imprevedibili; parimenti l'ordinanza pretenderebbe imprimere alle statuizioni in essa contenute il carattere della definitività imponendo, in sostanza, limitazioni sine die all'esercizio dell'impianto o un intervento volto a modificarne la struttura e cioè, in altri termini, una vera e propria bonifica (risanamento) dell'impianto stesso.

Richiama la ricorrente società una parte dei più significativi documenti prodotti dagli organismi scientifici internazionali e le conclusioni di sanità pubblica che, allo stato delle attuali conoscenze in materia, le autorità medico‑scientifiche di tutto il mondo hanno tratto dopo l'esame di tutta la letteratura esistente sull'argomento.

Richiama poi la Raccomandazione dell'Unione Europea del 12 luglio 1999, che è stata adottata al fine di proteggere la salute dei cittadini dagli effetti negativi che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici e ha confermato la validità a fini di precauzione sanitaria del valore di 100 microtesla indicato dall'art. 4 del D.P.C.M. 23 aprile 1992.

Conclude sul punto la ricorrente società affermando come l'ordinanza sindacale impugnata sarebbe insanabilmente viziata nei presupposti poiché, in modo del tutto apodittico ed indimostrato, ipotizza una situazione di pericolo sanitario a carico degli alunni che sarebbe del tutto insussistente, perché smentita dalle conclusioni di tutte le Autorità pubbliche competenti in materia.

L'ordinanza sarebbe altresì viziata sul piano della motivazione e della istruttoria perché, sempre in modo assolutamente indimostrato, assume come pericolosa per la salute l’esposizione a valori di induzione magnetica superiori a 0.2 microtesla.

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D. Lgs n 267/2000 e dei principi che governano l'emanazione delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti. Violazione e falsa applicazione della Legge 22 febbraio 2001 n. 36.

Secondo la ricorrente società, la Legge Quadro sulla protezione dalla esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 22 febbraio 2001, n. 36 attribuisce alla competenza statale (art. 3) la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità (si tratta cioè dei parametri che dovranno aggiungersi e/o integrarsi con i 100 microtesla dell'art. 4 del D.P.C.M. 23.4.1992).

La legge non fissa direttamente tali parametri, i quali, a termini dell’articolo 4, dovranno infatti essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e dovranno valere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto cioè del principio di uniformità della tutela.

Il regime transitorio è disciplinato dall'art. 16 della legge che stabilisce che, sino all’entrata in vigore del sopra ricordato decreto di attuazione, si continuino ad applicare le disposizioni del già ricordato D.P.C.M. 23 aprile 1992.

Osserva la ricorrente società che, imponendo all'ENEL di gestire e modificare strutturalmente l'elettrodotto Treviso Nord ‑ Venezia Est affinché non sia superato il valore di induzione magnetica di 0.2 microtesla presso alcuni spazi delle scuole media ed elementare presenti sul territorio comunale, il Sindaco di Casier pretenderebbe di incidere arbitrariamente sulla gestione di un elettrodotto, che invece sarebbe perfettamente conforme alla normativa sanitaria vigente.

Osserva la ricorrente società che il Sindaco di Casier si sarebbe, nel caso di specie, completamente sostituito agli organi governativi cui soli compete l’individuazione delle soglie di cautela sanitaria che dovranno aggiungersi e/o sostituirsi al limite vigente di 100 microtesla ed al cui superamento dovrebbe collegarsi la modifica degli impianti esistenti.

Osserva la ricorrente società che sarebbe illogico e contra legem ordinare gli incisivi interventi di modifica dell'elettrodotto per motivi di asserita precauzione sanitaria quando, a tutt'oggi, non si sa neppure se i valori modestissimi di campo magnetico misurati nel caso di specie (variabili tra 0.2 ‑ 0.3 microtesla) siano superiori o meno al parametro che sarà individuato in sede normativa.

Osserva la ricorrente società che si assiste quindi, nel caso di specie, ad una vera e propria inversione del processo logico‑giuridico da parte del Sindaco di Casier, laddove sarà eventualmente la Regione Veneto a dover adeguare la propria normativa, qualora la stessa si riveli difforme e/o in contrasto con i parametri che saranno indicati dal predetto decreto.

Osserva la ricorrente società che risulta decisiva, quanto alla illegittimità della ordinanza impugnata, la disposizione di cui all'art. 3, 1 ° comma. lett. c), della Legge Quadro la quale stabilisce che il valore di attenzione da non superare nei luoghi adibiti a permanenza prolungata delle persone (tra cui anche le scuole) dovrà essere raggiunto nei modi e nei termini previsti dalla legge stessa.

Osserva la ricorrente società che si traggono due ulteriori e distinte conclusioni quanto all’illegittimità dell'ordinanza sindacale in questa sede impugnata.

La prima è che non esisterebbe nel caso di specie alcuna situazione di emergenza che non consenta il ricorso ai normali strumenti offerti dall'ordinamento, legittimando quindi, in ipotesi, l'ordinanza sindacale extra ordinem adottata.

La seconda è che erroneamente il Sindaco di Casier avrebbe ritenuto sussistente una situazione di pregiudizio imminente. Anche nell’eventuale ipotesi in cui la linea in questione debba essere sottoposta a risanamento, i termini previsti in proposito dalla Legge Quadro sarebbero all'evidenza incompatibili con la situazione necessitata legittimante un provvedimento quale quello che è stato adottato.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000 e dei principi che governano l'emanazione delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti. Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 27/93.

Osserva la ricorrente società che medesime considerazioni valgono per la L.R. n. 27/93 intitolata “Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti”, che mai avrebbe potuto legittimare un provvedimento quale quello che è stato assunto.

Invero la L.R. Veneto n. 27/93, come modificata ed integrata, entrata in vigore in data 1 gennaio 2000, sarebbe norma di carattere urbanistico, come tale valevole solo per il futuro e che non si applicherebbe agli elettrodotti preesistenti, quale è quello oggetto dell'ordine di modifica impartito dal Sindaco di Casier.

4.           Sotto altro profilo, incompetenza assoluta che consegue alla violazione ed alla falsa applicazione del D.P.C.M. 23 aprile 1992, della Legge Quadro n. 36/2001 e della L.R. n.27/93. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000 e dei principi che governano l'emanazione delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti.

Osserva la ricorrente società che l'ordinanza del Sindaco di Casier sarebbe altresì affetta da un’evidente incompetenza assoluta. Infatti, nessuna disposizione normativa ‑ tanto a livello statale che regionale ‑ attribuisce all’Autorità sindacale il potere di assumere provvedimenti che si sostanziano nel risanamento di un elettrodotto. Nei casi in cui ciò si riveli infatti necessario il potere compete ad altri e distinti plessi amministrativi.

5.           Eccesso di potere per falso supposto in fatto ed in diritto. Erroneità della motivazione. Travisamento. Illegittimità derivata per inesistenza e/o nullità dell'atto presupposto. Carenza di istruttoria.

Osserva la ricorrente società che i profili di illegittimità sopra denunciati sarebbero senz'altro assorbenti in ordine all'accoglimento del ricorso; peraltro essi evidenziano una carenza dell’istruttoria e della motivazione.

Aggiunge peraltro come tutta la vicenda si fonderebbe su presupposti inconsistenti, perché tanto gli atti di impulso regionale (cioè la previa decisione della regione Veneto di affidare all'ARPAV il compito di effettuare il censimento degli spazi dedicati all'infanzia in cui sarebbe superato il valore di 0.2 microtesla e la nota del Vice Presidente del 22 maggio 2001) quanto il successivo ordine impartito all’ENEL dal Comune di Casier traggono origine da una lettera di un funzionario del Ministero dell'Ambiente, completamente viziata sul piano della attribuzione delle competenze e comunque priva di qualsiasi forza provvedimentale dal punto di vista giuridico.

L’ente ricorrente conclude chiedendo anche il risarcimento del danno.

 

Resiste in giudizio il Comune, il quale eccepisce l'inammissibilità del ricorso, siccome non notificato all'amministrazione statale di settore.

Venendo al merito, il resistente Comune rileva come il limite di 100 microtesla stabilito dal D.P.C.M. 23/4/1992 non sarebbe idoneo ai fini della protezione della popolazione dagli effetti dell'esposizione a lungo termine.

Rileva poi come il Legislatore Veneto, sin dal 1993 abbia introdotto una disciplina (si tratta della L.R. 27/93), caratterizzata da esplicite finalità cautelari, che, proprio con riguardo agli effetti a lungo termine dell'esposizione al campo elettrico, prevede limiti di emissione di distanze di rispetto tra le linee elettriche ad alto voltaggio ed abitazioni assai superiori a quelle fissate dal D.P.C.M. del 1992: uno di questi è il limite di campo magnetico che “non può essere superiore a 0,2 microtesla".

Inoltre, in merito all'esposizione prolungata ai campi elettromagnetici a bassa frequenza, osserva che i livelli per i quali è stato rinvenuto un rischio relativo (per leucemia infantile) maggiore dell'unità sono identificati nella maggior parte degli studi epidemiologici semplicemente nei termini di maggiore di 0,2 microtesla.

Diversamente da quanto sostenuto dall'Enel, dunque, al valore di 0,2 microtesla deve attribuirsi un'indubbia rilevanza, ai fini della protezione della popolazione dagli effetti dell'esposizione a lungo termine.

Il resistente Comune richiama infine il principio secondo cui il Sindaco, allorchè emana un'ordinanza contingibile, agisce non già quale Organo del Comune, ma quale Ufficiale di Governo, a tutela della salute pubblica, talchè deve ritenersi comunque consentito l'esercizio del potere di ordinanza "extra ordinem", ove sussista la necessità e l'urgenza di por rimedio ad un pericolo di grave pregiudizio per la salute pubblica.

Secondo il resistente Comune, non pare seriamente contestabile che il pericolo dell’insorgenza di gravi patologie, quali la leucemia, nella popolazione infantile di Casier, in conseguenza dell'esposizione a lungo termine al campo elettromagnetico generato dall'elettrodotto, sia connotato da tale gravità da rendere necessaria ed urgente l'adozione di misure volte ad evitare il protrarsi dell'esposizione.

Sempre secondo il Comune, in profilo di completezza istruttoria sarebbe agevole rilevare come l'ordinanza si fondi sulle inequivoche risultanze della relazione dell'A.R.P.A.V., e che è stata adottata sulla base di precise indicazioni della Regione e dell'Azienda Ulss n. 9.

 

Resiste in giudizio anche la Regione Veneto, la quale eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione degli atti regionali, che non creano alcun obbligo di intervento ma si limitano ad evidenziare, dopo accurati accertamenti, il superamento dei limiti di cautela indicati dalla normativa regionale in relazione all’esposizione ai campi elettromagnetici.

Sia la ditta ricorrente sia il Comune hanno ribadito le rispettive argomentazioni con successive memorie.

Dopo ampia ed approfondita discussione svoltasi nella pubblica udienza del 14 novembre 2001, la causa è stata introitata per la decisione.

 

DIRITTO

 

1. Oggetto del presente ricorso è l'ordinanza contingibile e urgente del Sindaco del Comune di Casier che, nel richiamare in premessa le risultanze del rapporto ARPAV del 21 maggio 2001, la nota del Vice Presidente della Giunta Regionale e infine la nota dell'U.L.S.S. n. 9 di Treviso, al fine dell'asserita tutela della salute degli alunni che frequentano le scuole media ed elementare, ha adottato le misure a carico dell’ENEL che si sostanziano:

‑ nell'ordine di gestire l'elettrodotto con un carico di corrente tale da non determinare negli orari scolastici un superamento del valore di induzione magnetica di 0.2 microtesla;

‑ nell'ordine di effettuare entro un mese interventi strutturali sull'impianto in modo che, pure nell'ipotesi in cui il carico di corrente superi il livello di cui al punto che precede, sia comunque evitato il superamento del predetto valore di 0.2 microtesla.

 2. In via preliminare corre obbligo di esaminare l’eccezione del Comune di Casier di inammissibilità del ricorso, non notificato alla autorità statale di settore, notifica a suo avviso resa necessaria dalla circostanza che il Sindaco, con l’impugnata ordinanza contingibile, avrebbe agito come ufficiale di Governo. Il resistente Comune individua tale autorità nel Ministero della sanità.

L’eccezione risulta infondata in fatto, in quanto il terzo originale del ricorso risulta notificato in data 28 settembre 2001 anche al Ministero della sanità.

Incidentalmente, va aggiunto che nel controricorso non si spiega quale ruolo potrebbe avere nella vicenda de qua il Ministero della sanità; alla luce della normativa vigente in materia (e come si evincerà in prosieguo) sono casomai la Regione Veneto e la ULSS territorialmente competenti a dover svolgere un ruolo, ma alle stesse il ricorso risulta regolarmente notificato (si veda sul punto T.A.R. Lombardia sez. I, Milano, 23 giugno 1997, n. 1026).

3. La Regione Veneto si è costituita in giudizio chiedendo che sia dichiarata inammissibile l’impugnazione degli atti regionali, considerati privi di autonoma lesività, e conseguentemente impetrando la sua estromissione.

Anche per esaminare l’eccezione regionale, conviene innanzi tutto sgombrare il campo da un possibile equivoco: il Sindaco ha agito sulla base di un potere suo proprio, quello appunto di emanazione delle ordinanze urgenti in materia sanitaria, laddove le note della Regione e dell’ARPAV, pure impugnate, costituiscono atti del tutto estranei alla sua determinazione, in quanto non potevano legittimamente imporgli alcuna scelta in tale materia. Essi costituiscono quindi unicamente il supporto motivazionale dell’impugnata ordinanza.

Invero, il potere di ordinanza in materia sanitaria, previsto dagli articoli 50 e 54 del decreto legislativo 267 del 2000, costituisce il singolare riflesso organizzativo di un episodio di esercizio del potere che, pur richiedendo eccezionalmente l'intervento di organi incardinati presso enti diversi dallo Stato, mantiene la propria indole statale, così comportando l'attrazione funzionale dell'organo dell'ente locale nell'organizzazione dello Stato (Consiglio Stato sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844).

Risulta quindi inammissibile (e altresì contraddittorio anche con le tesi sostenute da parte ricorrente, in particolare sull’asserita illegittimità del potere esercitato dal Sindaco) l’impugnazione di atti estranei all’ordinanza gravata, unico provvedimento lesivo della sfera giuridica di parte ricorrente. I citati atti, in particolare le note di provenienza regionale e delle autorità sanitarie, tutti richiamati nel provvedimento gravato, verranno valutati in prosieguo solo in quanto richiamati dall’ordinanza de qua e quindi in grado di sostenerne la motivazione.

L’inammissibilità di questa parte del ricorso comporta l’estromissione della Regione Veneto.

4. Risulta opportuno a questo punto richiamare alcuni noti principi relativi alle ordinanze contingibili e urgenti, invocati dall’ENEL in ricorso; vengono in particolare rilievo la natura eccezionale di dette ordinanze, la possibilità che esse intervengano con effetti permanenti, gli accertamenti tecnici che devono sorreggerle e infine la loro motivazione.

Va innanzi tutto osservato come l’ordinanza contingibile e urgente vada considerata come eccezionale al sistema; essa, come dice anche il nomen, si caratterizza per l’urgenza raffrontata al pericolo che essa mira a fronteggiare, nel caso in esame un danno alla salute della popolazione infantile. L’eccezionalità si riverbera anche sul suo contenuto, che può risultare, se necessario, extra ordinem.

5. Su tale punto va chiarito un equivoco; il pericolo, per definizione, è una probabilità consistente del verificarsi di un evento dannoso, per cui ovviamente esso non si deve essere necessariamente già verificato. In sostanza, l’ordinanza contingibile mira non tanto - e comunque non sempre - a fronteggiare un danno già in atto, quanto a prevenirlo.

In particolare, per quello che riguarda la tutela della salute, va osservato che essa comporta il potere di intervenire non solo per porre rimedi a danni già verificatisi alla salute, ma anche e soprattutto per evitare che tali danni si verifichino. Ne consegue che possono essere emanati provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica anche quando questa sia minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale (Consiglio Stato sez. V, 19 maggio 1998, n. 623).

6. Va peraltro rilevato che, se è consentito un giudizio probabilistico sulla possibilità di un danno futuro, il danno non può essere solo ipotetico o meramente ipotizzabile, ma deve avere un certo grado di consistenza. In altri termini, pur nell’alea inevitabile relativa alla previsione di accadimenti futuri, il giudizio probabilistico deve risultare, sulla base delle cognizioni scientifiche e tecniche disponibili, di una certa qual consistenza.

In ricorso e negli stessi atti richiamati dall’ordinanza nella sua parte motiva si fa sovente riferimento al cosiddetto principio di cautela ovvero a quello di prevenzione. In ultima analisi, l’utilizzo di una soglia elevata di cautela significa che la probabilità dell’evento dannoso viene valutata anche se notevolmente ridotta, proprio in rapporto al bene che si intende tutelare, nel caso la salute dei bambini. La probabilità peraltro non può certo divenire insignificante.

In altri termini, il ricorso al principio di cautela ovvero di precauzione altro non significa che prendere in considerazione una bassa probabilità del verificarsi dell’evento dannoso.

Ne consegue che, qualora la normativa abbia essa stessa stabilito una soglia di cautela, ponendo alcuni parametri dichiaratamente in tal senso, l’utilizzo di soglie più restrittive rispetto a quelle che, per scelta normativa, risultano già probabilisticamente basse, deve risultare sorretto da indagini istruttorie e scientifiche particolarmente accurate.

7. Quale ovvio corollario del carattere eccezionale delle ordinanze contingibili e urgenti, si pone il requisito relativo alla mancanza di mezzi alternativi forniti dall’ordinamento per fronteggiare la situazione; in altri termini, il potere del sindaco di emettere provvedimenti contingibili e urgenti va esclusivamente riferito ad evenienze di carattere eccezionale determinate da un fatto imprevisto, per le quali sia impossibile – e non già meramente difficoltosa - l'utilizzazione dei normali mezzi predisposti dall'ordinamento giuridico (Consiglio Stato sez. V, 30 novembre 1996, n. 1448).

In sostanza, il potere di ordinanza del sindaco ex art. 38 legge n. 142 del 1990 (ora articoli 50 e 54 del decreto legislativo 267 del 2000), può esercitarsi soltanto se non esistano altri strumenti giuridici per la tutela dell'interesse pubblico sulla sfera giuridica dei destinatari.

8. Il carattere d’urgenza delle ordinanze sindacali risulta poi connaturato allo strumento.

In generale il sindaco può intervenire con l’ordinanza contingibile e urgente, strumento "extra ordinem", senza dover rispettare il normale "iter" procedimentale, adottando le misure del caso, anche, se necessario, "ultra legem".

Nell'evenienza, ciò che conta è l'attualità della situazione di pericolo che deve sussistere nel momento in cui il sindaco interviene, a nulla rilevando invece il tempo trascorso dal momento in cui detta situazione si è per la prima volta manifestata, posto che il decorso del tempo in alcune ipotesi può solo aggravare e non certo sanare il riscontrato pericolo.

9. Ovviamente l'accertamento, da parte dell'organo tecnico, di situazioni suscettibili di recare danno alla salute pubblica, costituisce una valutazione tecnica che sfugge al sindacato di legittimità e che, una volta fatta propria dal sindaco, soddisfa l'obbligo di motivazione per legittimare l'esercizio del potere d'ordinanza contingibile ed urgente (Consiglio Stato sez. V, 14 aprile 1997, n. 351).

10. Proseguendo nell’esame dei principi che regolano il ricorso alle ordinanze contingibili e urgenti, ritiene questo Collegio che, in via di principio, nulla vieti ad un’ordinanza contingibile e urgente di produrre effetti permanenti, qualora questi risultino necessari a far fronte al pericolo alla cui eliminazione o riduzione essa è finalizzata.

Invero, l'ordinanza contingibile ed urgente del sindaco, piuttosto che il carattere della provvisorietà, non previsto né implicito nella legge, deve possedere quello dell'idoneità, nel senso che essa deve prescrivere misure effettivamente atte ad eliminare la situazione di pericolo che costituisce il presupposto della sua emanazione, per cui tali misure saranno provvisorie o definitive a seconda del tipo di rischio cui devono far fronte (Consiglio Stato sez. V, 29 luglio 1998, n. 1128).

Ovviamente, se, come visto, in casi peculiari, le ordinanze possono imporre anche misure non provvisorie, data la loro idoneità a fronteggiare la situazione di pericolo a seconda del tipo di rischio che in concreto si vuole prevenire, ciò però implica la presenza di un’adeguata istruttoria e conseguente motivazione (Consiglio Stato sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844).

11. La questione dei possibili effetti permanenti delle ordinanze contingibili non va invece confusa con la necessaria immediatezza della loro operatività. Infatti, ad avviso di questo Collegio, non va considerata ammissibile l’emissione di un’ordinanza sindacale, nell’ipotesi in cui il suo contenuto risulti di non immediata efficacia, in quanto la posposizione temporale del risultato si porrebbe in contraddizione con l’urgenza connaturata allo strumento giuridico adottato.

12. Risulta necessario a questo punto esaminare l’ordinanza impugnata per verificarne il rispetto dei principi testé enunciati.

Sul carattere eccezionale del pericolo, va evidenziato che il pericolo medesimo, nel caso di esposizione a campi elettromagnetici, deriva dal fattore temporale, dal prolungarsi cioè di detta esposizione. Trattandosi di bambini esposti per ore alle induzioni magnetiche, è evidente che quanto prima detta esposizione viene ridotta tanto più efficace risulta la tutela della salute. In sostanza, trattandosi di un pericolo che deriva dal fattore temporale, un intervento urgente riduce il pericolo non solo in via immediata ma in assoluto, e quindi l’utilizzo dell’ordinanza sindacale contingibile appare sotto tale aspetto giustificato.

Altro discorso è se il pericolo vi sia veramente, ma di questo aspetto di discetterà in seguito.

13. Va poi verificato, sempre alla luce dei principi che imperniano le ordinanze d’urgenza, se l’ordinamento non preveda sistemi alternativi per ovviare all’esposizione a campi elettromagnetici.

Per risolvere questa fondamentale questione, necessita esaminare brevemente la normativa che regola la materia.

14. Viene in rilievo innanzi tutto il DPCM 23 aprile 1992, che ha ad oggetto "limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati alla frequenza industriale nominale (50 hz) negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni". Tali norme, tuttavia, risultano concepite esclusivamente per la protezione dagli effetti acuti, che derivano dall'interazione con il campo elettromagnetico a bassa frequenza (si veda sul punto la fondamentale sentenza del TAR Veneto, sezione II, 13 febbraio 2001 n. 236).

I limiti massimi fissati dal ripetuto D.P.C.M. del 1992 (campo elettrico 5 kv/m ed induzione magnetica 100 microtesla) sono, infatti, assai elevati, proprio perchè riferiti alle esposizioni istantanee; dunque si tratta di limiti che non garantiscono alcuna sicurezza nel caso di esposizioni prolungate e quindi inidonei a far fronte agli effetti a lungo termine.

Nello stesso D.P.C.M. venivano delineati – ma non definiti - anche gli obiettivi di protezione dalle esposizioni a lungo periodo mediante la previsione del rispetto di distanze tra elettrodotti ed edifici destinati alla residenza tali da ridurre i limiti di esposizione da 50 a 200 volte rispetto a quelli fissati dall'art. 4.

15. Conviene ora esaminare la legge regionale veneta n. 27 del 1993 (più volte modificata ed entrata in vigore appena il 1 gennaio 2000).

In particolare, il legislatore veneto ha introdotto una disciplina, caratterizzata da esplicite finalità cautelari, che, proprio con riguardo agli effetti a lungo termine dell'esposizione al campo elettrico, prevede limiti di emissione di distanze di rispetto tra le linee elettriche ad alto voltaggio ed abitazioni assai superiori a quelle fissate dal D.P.C.M. del 1992; uno di questi è il limite di campo magnetico, che non può essere superiore a 0,2 microtesla.

Va ricordato che, sulla legittimità costituzionale della citata legge regionale, ebbe a pronunciarsi la Corte costituzionale, la quale dichiarò inammissibile la questione sollevata, in riferimento all'art. 117 cost., per il fatto che, prevedendo valori di campo elettrico e magnetico di gran lunga inferiori a quelli introdotti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992, invaderebbe la competenza legislativa spettante allo Stato, in materia di limiti massimi uniformi di accettabilità delle concentrazioni e dell'esposizione alle fonti inquinanti.

Infatti, secondo la Corte, la Regione si è mantenuta nell'ambito di attribuzioni sue proprie ed in particolare nell'ambito di competenze che attengono alla disciplina del territorio, intesa come comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonchè la protezione dell'ambiente (art. 80 d.lg. n. 616 del 1977) (Corte costituzionale 7 ottobre 1999, n. 382).

Peraltro, come rilevato in ricorso, la legge regionale 27 del 1993, si occupa degli elettrodotti nuovi, e non già di quelli preesistenti, come quello in discussione. Ne discende che il limite di 0,2 microtesla non può risultare cogente per il Comune, anche se – come si vedrà in prosieguo - può valere come parametro di valutazione e quale supporto motivazionale, accanto alle altre indicazioni tecniche provenienti dalla Regione e dalla Unità sanitaria.

16. Sempre riguardo alla legge regionale n. 27 del 1993, la ditta ricorrente osserva come essa, riguardando la materia urbanistica, non potrebbe dettare disposizioni cogenti in materia ambientale.

Sul punto, a parte che la stessa Corte costituzionale ha indirettamente risolto la questione, va rilevato che la prospettazione di parte ricorrente, ancorché suggestiva, risulta frutto di un equivoco. Invero, sulla base di una più che decennale giurisprudenza, si può senz'altro affermare che tutela paesistica e disciplina urbanistica appaiono governati nel nostro ordinamento da una reciproca autonomia.

Già la Corte costituzionale, con numerose pronunce (tra cui ricordiamo la n. 359 del 21 dicembre 1985) afferma che la nozione del paesaggio, così come delineata dall'articolo 9 della Costituzione, non appare riconducibile a quella di urbanistica la quale, pur nella lata accezione di cui all'articolo 80 del dPR 616 del 1977, non esclude la configurabilità in ordine allo stesso territorio di altre valutazioni e discipline.

In altri termini, la materia urbanistica non può, per sua stessa natura, essere assimilata ad una delle tante materie oggetto dell'usuale riparto di competenze tra Stato, Regioni, Comuni e così via.

Ad avviso di questo Tribunale, con riferimento alla materia urbanistica, non possono valere quindi gli usuali canoni di definizione delle materie, sulla base dei dati normativi, e di conseguente attribuzione di ogni singolo oggetto ad una specifica materia, al fine di chiarire la spettanza del relativo potere.

L'equivoco, culturale ancor prima che giuridico, si è palesato in modo significativo in occasione dell'entrata in vigore del dPR 616 del 1977, che come noto tentò una definizione delle materie trasferite alle Regioni. In particolare, per quanto concerne l'urbanistica, all'articolo 80 si definisce la materia come la disciplina dell'uso del territorio, comprensiva della protezione dell'ambiente.

Non si trattò, come venne talvolta equivocato, dell'inclusione della materia ambientale in quella urbanistica, ma dell'enunciazione, sia pure esemplificativa, di un dato indiscutibile, che sul territorio insistono più interessi, tra cui quello ambientale.

Ad avviso di questo Collegio, tentare di chiarire i riparti di competenze usando per l'urbanistica lo stesso metro adottato per le altre discipline o meglio materie, denota quindi un approccio che ne ignora le peculiarità, in primis quella di essere una specie di "contenitore" nel cui ambito è dato ritrovare i più vari beni tutelabili dall'ordinamento.

L'urbanistica infatti, intesa come assetto del territorio, risulta, nella sua stessa essenza, una disciplina che interferisce con tutti gli interessi particolari che sul territorio stesso necessariamente si localizzano, come quelli concernenti la difesa nazionale, quelli commerciali, industriali, via via fino ai vari interessi privati. Naturalmente tra questi interessi vi è anche la tutela dell'ambiente.

In altri termini, l'urbanistica va considerata non tanto di per sé, quanto come sistema di organizzazione dei vari valori od interessi presenti nel territorio. Essa va intesa come mezzo, come strumento di razionalizzazione ed organizzazione di altri beni.

Non ha quindi molto senso chiedersi se l'ambiente come materia sia stato incluso nell'urbanistica dalla normativa vigente; è evidente infatti che con lo strumento urbanistico si possa e debba tutelare anche il bene ambiente o paesaggio (i due termini ormai, dopo una decennale evoluzione normativa e giurisprudenziale, possono considerarsi pressoché equivalenti).

Conclusivamente sul punto, la legge regionale veneta n. 27 del 1993 può legittimamente dettare norme in materia ambientale.

17. Il quadro normativo è stato recentemente innovato tramite la legge sulla protezione dalla esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 22 febbraio 2001, n. 36 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2001.

Tale legge ‑ al fine di “assicurare la tutela della salute ... e di promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione ... (art. 1) attribuisce alla competenza statale (art. 3) la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità (si tratta cioè dei parametri che dovranno aggiungersi e/o integrarsi con i 100 microtesla dell'art. 4 del D.P.C.M. 23 aprile 1992) secondo la definizione degli stessi data al precedente art. 3.

In particolare l'art. 3, 1 ° comma, lett. b), definisce limite di esposizione “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per le finalità di cui all'art. 1, comma 1, lett. a)”.

La successiva lett. c) definisce valore di attenzione “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate per le finalità di cui all'art. 1, comma 1, lett. b) e c). Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge”.

Infine, a termini della lett. d), sono obiettivi di qualità:

“ 1)         i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall'art. 8;

2)           i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all'art. 4, comma 1, lett. a) ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi medesimi”.

18. Come visto, la legge n. 36 del 2001 non fissa direttamente i parametri, i quali, a termini dell’art. 4, dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e dovranno valere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto cioè del principio di uniformità della tutela. Ciò viene confermato dall’art. 4, 5° comma, a mente del quale le regioni adeguano la propria legislazione ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e, limitatamente alla definizione di cui all'art. 3, comma 1, lett. d), numero 2), agli obiettivi di qualità previsti nei decreti di cui al comma 2 del medesimo articolo.

Procedendo nell'esame della legge quadro, si rileva che il regime transitorio è disciplinato dall'art. 16 della stessa. Detta norma stabilisce che, sino all’entrata in vigore del sopra ricordato decreto di attuazione, si continuino ad applicare le disposizioni del sopra ricordato D.P.C.M. 23 aprile 1992.

19. Va in particolare osservato che l'art. 4, 1° comma, lett. d), della ripetuta legge n. 36 del 2001 stabilisce che lo Stato esercita le funzioni relative “alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento di cui all'art. 9, comma 2 (cioè quelli che riguardano gli elettrodotti), con particolare riferimento alle priorità di intervento, ai tempi di attuazione ed alle modalità di coordinamento delle attività riguardanti più regioni nonché alle migliori tecnologie disponibili per quanto attiene alle implicazioni di carattere economico ed impiantistico”.

Inoltre, il successivo quarto comma del medesimo art. 4 stabilisce che alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento degli elettrodotti si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge; il procedimento che dovrà condurre alla adozione dei piani di risanamento è poi disciplinato dal successivo art. 9 che prevede la presentazione da parte dei gestori degli impianti di una proposta di piano entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del suindicato decreto; proposta da presentarsi rispettivamente al Ministero dell'Ambiente (per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV) oppure alla Regione (per quelli con tensione inferiore) e che deve indicare il programma cronologico di attuazione e le relative priorità. Successivamente il piano dovrà essere approvato, con eventuali modifiche, integrazioni e prescrizioni dalle autorità cui è stato presentato.

Il 4° comma dello stesso art. 9 stabilisce infine che il risanamento degli elettrodotti deve essere completato entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della legge.

Entro le date del 31.12.2004 e 31.12.2008 deve comunque essere completato il risanamento degli elettrodotti che non risultano conformi, rispettivamente, ai limiti di cui all'art. 4 ed alle condizioni di cui all'art. 5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992.

20. Ad avviso di questo Collegio, da quanto fin qui esposto emerge che, sulla base della normativa vigente, compresa la legge 36 del 2001, non esistono parametri normativamente fissati relativi alle esposizioni a lungo termine.

Infatti, quelli fissati dal DPCM riguardano le emissioni a breve termine, quelli della LR 27 del 1997 riguardano gli elettrodotti costruendi e non quelli esistenti, la legge 36 del 2001 rimanda da un lato ad un futuro decreto attuativo la fissazione dei parametri e d’altro lato codifica transitoriamente i parametri del DPCM (che, come visto, non concernono l’esposizione a lungo termine).

Ne discende che - allo stato - non esistono nell’ordinamento strumenti ordinari - alternativi alle ordinanze contingibili e urgenti - per intervenire a difesa della salute, al fine di tutelare i bambini dai pericoli derivanti dall’esposizione a lungo termine alle onde elettromagnetiche, in relazione ad un elettrodotto già operante. Il Sindaco risulta quindi legittimato ad intervenire con lo strumento giuridico dell’ordinanza contingibile e urgente.

21. Quanto alla motivazione dell’atto impugnato, essa fa riferimento agli atti regionali e di provenienza della ULSS di Treviso, i quali non solo evidenziano il superamento del limite di 0,2 microtesla, ma spiegano come sia necessario intervenire immediatamente per proteggere le fasce sensibili della popolazione, tra cui gli scolari, da detta esposizione.

Su tale questione la ricorrente ENEL – conscia della sua rilevanza - si sofferma con particolare insistenza, documentando come, sulla base della più aggiornata letteratura scientifica a livello mondiale, il limite di 0,2 microtesla, superato solo di poco dalle misurazioni effettuate dall’agenzia regionale in comune di Casier, si trovi ben al di sotto della soglia di pericolo, costituendo una cautela eccessiva rispetto alla reale possibilità di danno alla salute.

22. Sul punto, il Collegio non ignora certo la giurisprudenza in senso favorevole all’ENEL, che, ad esempio, in un caso simile a quello in esame, ha dichiarato illegittima un'ordinanza contingibile ed urgente del sindaco con la quale si imponeva all'Enel di esercitare un elettrodotto in modo da evitare che in prossimità delle abitazioni, poste nelle vicinanze, venga superato il limite di esposizione del campo magnetico di 0, 2, microtesla, non essendovi la prova a livello scientifico che una esposizione a livelli superiori, ma inferiori a quelli previsti dall'art. 4 d.P.C.M. del 23 aprile 1993, sia nociva per la salute (T.A.R. Toscana sez. I, 18 dicembre 1998, n. 1091).

In un'altra causa, è stato autorevolmente affermato che, laddove siano rispettate le previsioni del d.P.C.M. 23 aprile 1992, recante una specifica normativa a tutela della salute umana in relazione ai campi elettromagnetici, non sussiste un pericolo per l'interesse tutelato, ed è conseguentemente illegittimo il provvedimento sindacale contingibile ed urgente ex art. 38 della legge n. 142 del 1990 (T.A.R. Basilicata 24 giugno 1996, n. 147).

In via più generale, si è osservato poi come la situazione determinata dai gravi pericoli debba risultare da precisi ed inequivoci accertamenti da parte di competenti organi tecnici che diano all'autorità emanante la maggiore garanzia di veridicità della situazione stessa (T.A.R. Emilia Romagna sez. II, Bologna, 8 maggio 1992 n. 188).

Peraltro, a proposito della giurisprudenza testé menzionata, va innanzi tutto sottolineato come in tutte le situazioni esaminate non vigeva una legge regionale quale la n. 27 del 1993 del Veneto, che pone espressamente il limite di 0,2 microtesla.

23. Sempre riguardo al limite dei 0,2 microtesla, questo Collegio rileva come, trattandosi di una soglia dettata dal principio di cautela, essa per sua natura implica una valutazione probabilisticamente bassa, inferiore a quello che nell’accezione comune si usa chiamare pericolo, il che risulta giustificato proprio dalla scarsa conoscenza che ancora esiste a livello scientifico del fenomeno e dei nessi eziologici che lo causano, oltre che ovviamente dalla fondamentale circostanza che si tratta di proteggere fasce deboli di popolazione.

Va poi aggiunto – e il rilievo risulta decisivo – che la soglia di 0,2 microtesla, il superamento della quale ha indotto il Sindaco ad intervenire, non emerge semplicemente dalle relazioni richiamate dal Sindaco nella sua ordinanza (che potrebbero essere agevolmente scalzate dalla documentazione, particolarmente autorevole, prodotta in senso contrario dalla ditta ricorrente), ma da un preciso dato normativo, contenuto nella già citata legge regionale n. 27 del 1993.

Il collocamento in norma di un limite relativo all’esposizione a lungo termine, ancorché non direttamente applicabile in quanto efficace solo per i nuovi elettrodotti, costituisce pur sempre un elemento decisivo per sorreggere l’ordinanza qui impugnata.

In sostanza, appare ragionevole sostenere che, ove una legge regionale (tra l’altro sottoposta con esito positivo al vaglio della Corte costituzionale) abbia posto un preciso limite all’esposizione ai campi elettromagnetici, sia pure rendendolo cogente unicamente per le linee elettriche da costruire, lo stesso limite possa costituire una soglia di pericolo il cui superamento legittimi l’intervento in via d’urgenza del Sindaco a tutela della salute, in relazione ad un elettrodotto già operante.

Ovviamente, la questione – sollevata in ricorso - se il legislatore regionale veneto abbia errato o meglio esagerato nel porre detto limite esula dalla portata di questo giudizio.

Conclusivamente sul punto, la motivazione che sorregge l’ordinanza impugnata appare corretta per quanto concerne il limite di 0,2 microtesla.

24. Per quanto riguarda gli effetti permanenti dell’ordinanza gravata, sulla base di quanto sopra illustrato, ritiene questo Collegio che essi possano rientrare negli interventi ammessi da parte dei provvedimenti sindacali d’urgenza. La censura formulata in tal senso da parte ricorrente risulta quindi infondata.

A conclusioni diverse si deve invece giungere per quanto concerne l’efficacia immediata dell’ordinanza de qua.

Invero, la previsione contenuta nella seconda parte dell’ordinanza impugnata, nella quale si impone all’ENEL di effettuare interventi strutturali sull’elettrodotto, proprio perché per sua natura richiede un’attività diluita nel tempo, non immediatamente efficacie, risulta estranea all’ordinanza contingibile, la cui ratio è appunto quella di agire nell’immediato.

Per questa parte l’ordinanza risulta quindi illegittima, perché contrastante con il contenuto possibile e ammissibile dello strumento adottato.

25. Come visto, la legge statale n. 36 del 2001 prevede la fissazione dei parametri anche per le esposizioni a lungo termine e altresì un articolato sistema di risanamento degli elettrodotti esistenti che non risultino conformi a detti parametri.

A questo punto necessita esaminare l’ordinanza contingibile ed urgente alla luce della citata normativa.

Infatti, il Sindaco non può non tener conto della portata della nuova legge 36 del 2001, nel duplice senso che essa prevede la fissazione sull’intero territorio nazionale di parametri anche per le esposizioni a lungo termine e che, anche per il raggiungimento di detti parametri, essa indica un piano temporalmente scadenzato di adeguamento degli elettrodotti esistenti.

Quanto fin qui esposto conferma innanzi tutto la già accertata illegittimità della seconda parte dell’ordinanza impugnata, in quanto l’ordine all’ENEL di effettuare interventi strutturali sull’elettrodotto entro un mese, oltre che risultare – come visto sub 23 – estraneo al contenuto tipico dello strumento adottato, chiaramente si sovrappone, con una illegittima disposizione, a quanto previsto dalla legge statale.

26. La legge 36 del 2001 evidenzia anche un’altra illegittimità dell’ordinanza gravata, questa volta nella sua interezza; invero, la legge statale, se non fissa direttamente i parametri, stabilisce che essi verranno fissati da una norma regolamentare da emanarsi a cura del governo, entro un termine ordinatorio, peraltro non rispettato. Risulta quindi evidente che, nel momento in cui verranno fissati detti parametri, eventuali parametri difformi verranno automaticamente a cadere.

Ne consegue che l’ordinanza contingibile e urgente in esame avrebbe dovuto perlomeno limitare temporalmente la propria efficacia, fino cioè alla fissazione dei parametri da parte della normativa statale, stabilendo che, qualora essi fossero diversi e meno restrittivi rispetto a quelli fissati nell’ordinanza medesima, l’ordinanza stessa dovesse perdere efficacia.

In sostanza, il Sindaco, nell’esercizio del suo potere d’urgenza, poteva ben sopperire alle carenze di previsione normativa, ma, alla luce della legge 36 del 2001, doveva limitarne temporalmente la portata fino alla fissazione di detti parametri.

27. A ben vedere, l’illegittimità testé acclarata si riverbera sulla natura contingibile e urgente dell’ordinanza de qua, in quanto non solo si prevedono effetti permanenti (il che di per sé risulta consentito, anche se con un aggravio di motivazione) ma si precostituisce una surrogazione prima e sostituzione poi - senza limiti temporali - rispetto ad un potere definitorio da esercitarsi da parte dello Stato e stabilito dalla legge 36 del 2001.

In altri termini, l’ordinanza impugnata, pur consentita, almeno nella sua prima parte, in quanto congruamente motivata, per la natura urgente del problema e per la mancanza di strumenti giuridici alternativi, risulta esulare dai limiti previsti dal sistema nella sua seconda parte, per gli effetti non immediati, ma anche nella sua interezza, perché non ha tenuto conto che lo Stato, con la legge 36 del 2001, ha avocato a sé la fissazione dei parametri di esposizione alle onde elettromagnetiche e la temporalizzazione degli adeguamenti degli impianti esistenti.

Conclusivamente, l’ordinanza impugnata risulta illegittima, nella sua totalità, per non aver limitato nel tempo la sua efficacia, tenendo conto della normativa statale sopravvenuta, e nella sua seconda parte anche per aver debordato dai confini giuridici delle ordinanze sindacali.

Nei limiti su indicati il ricorso risulta fondato e merita quindi accoglimento.

28. Va invece rigettata la richiesta di risarcimento del danno della ricorrente ENEL, sia in quanto il danno medesimo non viene minimamente provato o quantificato, sia in quanto l’accoglimento dell’istanza cautelare, avvenuto con ordinanza di questo TAR n. 550 del 2001, ha impedito che in capo alla società istante si concretasse alcun apprezzabile pregiudizio economico.

29. Per le suindicate ragioni il ricorso è inammissibile per quanto concerne l’impugnazione degli atti regionali e della ULSS, mentre merita accoglimento per quanto concerne l’impugnazione dell’ordinanza contingibile e urgente del sindaco di Casier, la quale va di conseguenza annullata in toto.

La richiesta di risarcimento del danno va rigettata e infine la Regione va estromessa dal giudizio.

Ad avviso di questo Collegio e alla luce anche delle incertezze normative e giurisprudenziali sulla questione, sussistono valide ragioni per compensare le spese ed onorari di giudizio tra le parti in causa.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa,

in parte lo dichiara inammissibile,

per quanto concerne l’impugnazione degli atti regionali e della ULSS di Treviso,

e in parte lo accoglie,

come da motivazione,

e per l’effetto annulla l’impugnata ordinanza sindacale.

  Spese compensate.

  Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

  Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, il 14 novembre 2001.

Il Presidente estensore

 

Il Segretario