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Cassazione civile, Sezioni Unite, 23 febbraio 2001, n. 71

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano


La Corte Suprema di Cassazione sezioni unite civili Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Andrea Vela - Primo Presidente - Dott. Francesco Amirante - Presidente di Sezione - Dott. Francesco Cristarella Orestano - Consigliere - 
Dott. Paolo Vittoria - Rel. Consigliere - Dott. Alessandro Criscuolo - Consigliere - Dott. Ernesto Lupo - Consigliere - Dott. Roberto Preden - 
Consigliere - Dott. Ugo Vitrone - Consigliere - Dott. Roberto Michele Triola - Consigliere - ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da: MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, MINISTERO DELL'AMBIENTE, in persona dei rispettivi Ministri pro - tempore, 
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
 - ricorrenti -  
 
contro CONSORZIO DI BONIFICA ALLI PUNTA DI COPANELLO; - intimato - e sul 2 ricorso n 16939-99 proposto da: CONSORZIO DI BONIFICA 
ALLI PUNTA DI COPANELLO, in persona del legale rappresentante pro - tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ISONZO 50, 
presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI COMPAGNO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del 
controricorso e ricorso incidentale;
 
controricorrente e ricorrente incidentale contro MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, MINISTERO DELL'AMBIENTE; - intimati - avverso 
la sentenza n. 12-99 del Tribunale superiore acque pubbliche di ROMA, depositata il 19-01-99; udita la relazione della causa svolta nella 
pubblica udienza del 01-12-00 dal Consigliere Dott. Paolo VITTORIA; uditi gli Avvocati BRUNI, dell'Avvocatura Generale dello Stato, 
Giovanni COMPAGNO; udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Paolo DETTORI che ha concluso per il rigetto del
 ricorso principale e declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

1. - Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza 19.1.1999 n. 12, ha accolto il ricorso che il Consorzio di bonifica Alli Punta di Copanello aveva proposto per ottenere l'annullamento della determinazione assunta dal Ministero dei lavori pubblici a proposito di una sua domanda di concessione di derivazione d'acqua pubblica.

Il Ministero, facendo proprio un parere espresso sulla questione dal Consiglio di Stato, aveva comunicato che per poter provvedere alla concessione il progetto di massima presentato con la domanda avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale. 2. - I termini di fatto della controversia, secondo quanto risulta dalla sentenza del Tribunale superiore, sono stati i seguenti.
La Cassa per il Mezzogiorno nel 1982 aveva approvato il progetto di costruzione di una diga di ritenuta sul fiume Melito, denominata di Gimignano, e nel 1983 l'esecuzione dei lavori era stata data in concessione al Consorzio.
Questo già nel 1964 aveva dal canto suo presentato al Ministero dei lavori pubblici la domanda per ottenere la concessione di derivazione delle acque, rinnovandola poi nel 1980.

Successivamente, era intervenuta l'approvazione del progetto esecutivo della diga.

Il procedimento di concessione s'era tuttavia trovato ad essere ancora pendente, quand'era entrata in vigore la disciplina in materia di impatto ambientale, che aveva assoggettato a procedura di valutazione anche i progetti relativi a dighe di dimensioni, superiori a determinate altezza e capacità dell'invaso, che pure la diga sul Melito presentava (L. 8 luglio 1986, n. 349, art. 6;

D.P.C.M. 10 agosto 1988 n. 377, art. 1.1. lett. l).

La stessa disciplina aveva peraltro sottratto alla procedura di valutazione i progetti delle opere per i quali fosse già intervenuta approvazione a norma delle disposizioni vigenti (art. 7.1. del D.P.C.M.) ed in termini generali era sorta questione a proposito del tipo di progetto e di approvazione rilevanti. 2.1. - La questione era stata risolta dal Consiglio di Stato nel senso che, secondo la disciplina a regime, nei procedimenti di concessione d'acque pubbliche, quando tra gli impianti previsti dalla concessione vi sono dighe di ritenuta, soggetto a valutazione d'impatto ambientale è il progetto di massima presentato con la domanda di concessione (art. 2.1,. lett. i).

Siccome nei procedimenti di concessione d'acque pubbliche l'approvazione del progetto di massima si aveva, per le disposizioni allora vigenti, con la concessione o, prima di questa, quando per ragioni di urgenza era tuttavia autorizzato l'inizio delle opere (artt. 13 e 15 T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775), potevano considerarsi sottratti a valutazione ambientale solo i casi in cui provvedimenti di quel tipo fossero intervenuti.
Non rilevava, per contro, che, non essendo intervenuta ancora la concessione, potesse essere stato approvato il progetto esecutivo della diga, perché il secondo provvedimento non può ricevere esecuzione se manchi il primo ed è questo e non l'altro che implica la valutazione degli effetti connessi ad un uso dell'acqua diverso da quello generale. 3. - Il Tribunale superiore delle acque, con la sentenza prima richiamata e con altra coeva, riguardante la diga Ponte Chiauci sul fiume Trigno, è pervenuto ad una diversa soluzione della questione generale e di quella specifica.

Ha svolto queste considerazioni.

Per la norma transitoria, momento discriminante non è l'emissione del provvedimento di concessione dell'acqua, ma la precedente approvazione del progetto di massima che deve corredare la domanda ed alla quale può seguire l'autorizzazione ad eseguire gli impianti di cantiere e gli scavi; una volta che questi siano iniziati, comincia quella definitiva ed irreversibile mutazione dei luoghi che la valutazione d'impatto ambientale tende ad evitare.

Nel caso il progetto di massima era stato approvato da varie pubbliche autorità, in particolare dalla Cassa per il Mezzogiorno, quanto al finanziamento, e dal Ministero dei lavori pubblici, che aveva autorizzato provvisoriamente l'esecuzione dei lavori, e ciò oltre dieci anni prima che la nuova disciplina entrasse in vigore. 3.1. - Prima di affrontare la questione di fondo, il Tribunale ha respinto un'eccezione d'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ed un primo motivo di ricorso.

L'eccezione era stata opposta dalle amministrazioni, che l'avevano prospettata sotto il profilo per cui l'atto non era un provvedimento, ma aveva natura interlocutoria.

Il motivo di ricorso era stato rivolto a sostenere che il direttore generale che l'aveva firmato non aveva i poteri per farlo. 4. - I Ministeri dei lavori pubblici e dell'ambiente hanno proposto ricorso per cassazione.
Il Consorzio ha resistito con controricorso ed ha dal canto suo proposto ricorso incidentale condizionato.

I due ministeri hanno depositato una memoria.

Una memoria è stata presentata anche dal Consorzio.

Diritto

1. - Il ricorso principale e quello incidentale hanno dato luogo a distinti procedimenti, che debbono essere riuniti perché riguardano impugnazioni proposte contro la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.). 2. - Il Consorzio ha chiesto che il ricorso principale sia dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse dei ministeri alla sua decisione.

Questa pronuncia è stata chiesta dal Consorzio in base ai seguenti argomenti. 2.1. - Dopo che il ricorso è stato proposto, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha adottato la direttiva 4.8.1999 (pubblicata sulla G.U. 14.9.1999 n. 216) rivolta alle amministrazioni competenti.

Con la direttiva si è disposto di condividere ed estendere ad analoghe situazioni la soluzione data dal Tribunale superiore alla presente e ad altra controversia, propostasi in termini similari, concernente la diga ponte Chiauci sul fiume Trigno.

Secondo il Consorzio, nella direttiva, la soluzione cui è pervenuto il Tribunale è stata riassunta in queste proposizioni: la valutazione di impatto ambientale non è richiesta per i progetti di massima delle opere che all'entrata in vigore del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 erano stati già approvati; nei procedimenti di concessione di acque pubbliche l'approvazione del progetto di massima non si identifica con il provvedimento di concessione o con quello che autorizza provvisoriamente l'inizio delle opere; ha gli effetti di una approvazione del progetto di massima l'approvazione del progetto della diga avvenuta nell'ambito del procedimento condotto dalla Cassa per il Mezzogiorno per deliberarne l'esecuzione.
La direttiva è di applicare la stessa soluzione per le dighe comprese nell'elenco allegato, considerate trovarsi in uno stato di approvazione analogo a quello oggetto della decisione del tribunale.
Il Consorzio osserva che questa interpretazione della direttiva non può trovare ostacolo nel fatto che l'elenco, dove a ragione non è compresa la diga Gimignano sul fiume Melito, indica invece la diga Ponte Chiauci sul fiume Trigno.

Questa vi è stata inclusa per errore.

Funzione dell'elenco allegato alla direttiva non è di nominare le dighe per cui è presa la determinazione, ma quella di individuare le altre dighe cui deve estendersi la soluzione data dal Tribunale superiore ai casi esaminati, i quali non avrebbero perciò avuto necessità d'essere inclusi nell'allegato, perché la loro soluzione discende dalla accettazione della decisione. 2.2. - L'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza delle amministrazioni ricorrenti, mentre nel processo, discusso nella medesima udienza, relativo all'impugnazione della sentenza 12.1.1999 n. 13 concernente la diga Ponte Chiauci sul Trigno, ha essa sollecitato la pronuncia qui chiesta dal Consorzio, in questo processo ha invece richiesto che i ricorsi principale ed incidentale siano esaminati nel merito.

È necessario aggiungere che, già nel ricorso, i due ministeri avevano esposto una circostanza, di cui però il Consorzio, interloquendo nella pubblica udienza, ha sostenuto che non ha fatto venire meno il suo interesse all'annullamento del provvedimento impugnato.

La circostanza è questa.

Dopo aver proposto ricorso al Tribunale superiore, il Consorzio ha presentato il 22.7.1997 istanza di valutazione alla quale, nel lasso di tempo intercorso tra il passaggio in decisione della causa davanti al Tribunale e la sua decisione, è seguita il 12.8.1998 una pronuncia di compatibilità ambientale, però corredata da determinate prescrizioni. 2.3. - La Corte non ritiene che, nella situazione descritta, possa adottarsi una decisione di inammissibilità del ricorso principale.

E questo nè sotto il profilo di un sopravvenuto difetto di interesse delle amministrazioni alla decisione sul ricorso per cassazione nè sotto quello di un sopravvenuto difetto di interesse del Consorzio alla decisione sul ricorso al Tribunale superiore. 2.4. - La rappresentanza in giudizio delle amministrazioni dello Stato spetta all'Avvocatura dello Stato, che la esercita senza necessità di mandato, anche nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale (art. 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611).

Compete dunque all'Avvocatura generale dello Stato, nei giudizi davanti a questa Corte (art. 9 della L. 3 aprile 1979, n. 103), dichiarare che è venuto meno l'interesse alla decisione sul merito di un ricorso che essa ha già proposto, manifestando nel giudizio una successiva determinazione in tal senso presa dalla stessa Avvocatura o dal Ministro competente, d'accordo con l'Avvocatura o a superamento di una divergenza insorta al riguardo (art. 12, primo comma, della legge 103 del 1979).

Una dichiarazione in tal senso è mancata.

Nè il sopravvenuto difetto di interesse ad una decisione sul merito del ricorso può, nel caso, essere affermata sul diretto presupposto della direttiva.

Questa è un provvedimento rivolto alle amministrazioni competenti e non direttamente alle parti dei procedimenti amministrativi iniziati su loro istanza.

Perciò avrebbe dovuto essere seguita, nel caso, dove è mancata la determinazione di rinunciare al ricorso, da un provvedimento, rivolto al Consorzio, con cui i due ministeri avessero dichiarato di riprendere il corso del procedimento di concessione, in applicazione della direttiva, prescindendo dalla pronunzia di compatibilità ambientale eventualmente già intervenuta, perché non richiesta.

Ciò esonera dall'affrontare la questione consistente nel l'interpretare la portata della direttiva in relazione alla diga che qui interessa, questione che presenta elementi dubbi, per i due concorrenti elementi dati dalla pronuncia di compatibilità tuttavia richiesta ed ottenuta dal Consorzio e dalla non inserzione della diga nell'elenco allegato alla direttiva. 2.5. - Non è possibile per altro verso ritenere che la pronuncia di compatibilità chiesta ed ottenuta dal Consorzio abbia determinato il venire meno dell'interesse dello stesso Consorzio ad ottenere l'annullamento dell'atto impugnato.

Il Consorzio si è fatto a presentare la domanda di valutazione sul presupposto del relativo onere affermato in suo confronto col provvedimento impugnato, sicché la pronuncia di compatibilità ambientale, di cui il Consorzio non ha negato l'esistenza, ma che non ha evidentemente considerato di sua completa soddisfazione, sarebbe esposta a cadere come effetto della decisione di accoglimento della originaria impugnazione. 3. - Il ricorso principale, al cui esame si deve dunque passare, contiene tre motivi, l'ultimo dei quali articolato in più punti. 4. Il primo motivo denunzia vizi di violazione di norme sul procedimento e di difetto di motivazione (artt. 111 Cost., 201 T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775 e 360 nn. 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione all'art. 2909 cod. civ.).

I ricorrenti deducono che il Tribunale superiore ha omesso di pronunciarsi su una questione, di giudicato, che sostengono gli fosse stata prospettata e che, esaminata, avrebbe condotto a dichiarare il ricorso inammissibile.

La questione, nel motivo, è esposta nei seguenti termini.

Il Ministero dell'ambiente, con atti del 7.2.1990 e del 3.1.1991, aveva già comunicato al Consorzio che il progetto della diga doveva essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale.

Con un successivo atto del 29.12.1993 aveva invitato il Consorzio a non dare corso ad ulteriori interventi sino a quando la procedura non fosse stata conclusa.

Siccome la necessità di seguire la procedura era stata già affermata nei primi due atti, che non erano stati impugnati, il ricorso invece proposto contro l'ultimo era stato dichiarato inammissibile con sentenza passata in giudicato. 4.1. - Il Consorzio obietta che i due ministeri non avevano sollevato davanti al Tribunale superiore un'eccezione di giudicato, come sarebbe stato necessario trattandosi di giudicato esterno, e che in ogni caso non sera formato alcun giudicato sulla questione se la procedura dovesse o no essere seguita, perché la prima sentenza s'era limitata a dichiarare il ricorso inammissibile. 4.2. - Il motivo non è fondato. 4.2.1. - I due ministeri, nel giudizio davanti al Tribunale superiore, avevano opposto che il ricorso era stato rivolto non contro un provvedimento, ma contro un atto di natura interlocutoria.

Avevano dunque proposto una questione di difetto d'interesse al ricorso, non una questione di giudicato.
La sentenza non presenta perciò il vizio di violazione di norma sul procedimento rappresentato dal mancato esame di un'eccezione. 4.2.2. - L'esposizione dei fatti contenuta nel motivo a supporto dell'eccezione di giudicato esterno dimostra peraltro che essa non sarebbe stata fondata.

Nel primo processo il ricorso proposto dal Consorzio è stato dichiarato inammissibile, perché rivolto contro un atto, il quale costituiva applicazione di precedenti provvedimenti e perciò era privo di autonoma efficacia lesiva: in quei provvedimenti, del Ministro dell'ambiente, che invece non erano stati a suo tempo impugnati, era stato affermato che il progetto della diga avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale.

Ed allora, non s'era formato il giudicato sulla questione se fosse stato legittimo, da parte del Ministro dell'ambiente, avere con quel primo provvedimento richiesto al Consorzio di assoggettare il progetto a valutazione di impatto ambientale.

S'era formata una preclusione per la sopravvenuta inoppugnabilità dei primi provvedimenti.
La preclusione è però rimasta superata dal fatto che a quei provvedimenti ne è seguito un altro, della cui legittimità si discute qui, che ha avuto bensì il medesimo contenuto dispositivo dei precedenti, ma non ne ha costituito una semplice conferma.

Esso è stato infatti adottato a conclusione di un procedimento di riesame, promosso appunto nell'intento di riconsiderare la questione nei suoi termini generali; in questo procedimento è stato acquisito anche un nuovo parere, in adesione al quale il provvedimento è stato poi adottato, questa volta dal Ministro dei lavori pubblici. 5. - Il secondo motivo denunzia un vizio, di violazione di norma sul procedimento (artt. 111 Cost., 201 T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775 e 360 n. 4 cod. proc. civ., in relazione all'art. 143 del testo unico).

I ricorrenti deducono che il Tribunale superiore non <ha verificato la necessaria sussistenza della "c.d. definitività" del provvedimento adottato dall'Amm.ne - nella specifica sede di acque pubbliche - e che era presupposto inderogabile per la stessa radicazione della propria competenza giurisdizionale>.

Aggiungono che, siccome vi si era unicamente richiesto che fosse seguita la procedura di valutazione, senza disporre circa la compatibilità ambientale, quell'atto non aveva natura di provvedimento. 5.1. - Il motivo non è fondato. 5.1.1. - Esso non lascia intendere con certezza quale sia la questione che il Tribunale superiore avrebbe dovuto, ma non ha esaminato ovvero ha deciso, ma in modo contrario a diritto.

Si potrebbero considerare prospettati due punti.

Il primo riguarda la possibilità di impugnare l'atto immediatamente o solo dopo che sia stato inutilmente proposto ricorso in sede amministrativa.

Si deve però osservare che il ricorso al Tribunale superiore, previsto dall'art. 143, primo comma, lett. a) del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1175, può essere proposto anche contro atti non definitivi (Corte cost. 31 gennaio 1991 n. 42 ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui condizionava l'ammissibilità del ricorso a tale requisito dell'atto).

Il secondo riguarda l'interesse all'impugnazione.

Se non che l'atto impugnato - come ha affermato il Tribunale superiore - presenta un contenuto dispositivo capace di arrecare lesione ad una situazione di interesse legittimo della parte nei cui confronti è rivolto.

Il Consorzio aveva chiesto una concessione di acqua pubblica.

Sulla domanda è stato adottato un atto soprassessorio, ovverosia un atto mediante il quale il procedimento è stato interrotto, in attesa che ne venisse aperto e chiuso un altro, il cui risultato avrebbe potuto influenzare il contenuto del provvedimento da prendere sulla domanda di concessione.

Aver affermato che il progetto delle opere da eseguire per derivare ed utilizzare le acque concesse doveva essere considerato, nel caso, non solo sotto gli aspetti già implicati dalle norme disciplinanti la materia delle acque pubbliche, ma anche sotto i diversi aspetti implicati dalle norme sopravvenute in materia ambientale, significa, se tale affermazione fosse da considerare contraria a diritto, avere leso in duplice modo ed immediatamente una situazione di interesse protetto del Consorzio.

La situazione soggettiva protetta, di cui sarebbe stata attuata la lesione, se l'interpretazione della legge affermata nell'atto non fosse esatta, è da un lato quella a veder percorso e non interrotto il procedimento ordinato alla concessione dell'acqua, dall'altro quella a che il proprio interesse alla fruizione dell'acqua non sia posto a raffronto con interessi pubblici che la legge esclude debbano nel caso essere ponderati. 6. - Il terzo motivo denunzia vizi di violazione di norme di diritto e di norme sul procedimento nonché difetti di motivazione (artt. 111 Cost., 201 T.U. Il dicembre 1933, n. 1775 e 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ. , in relazione agli artt. 6 L. 8 luglio 1986, n. 349 e 7 del D.P.C.M. 10 agosto 1988 n. 377, oltre che al T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, al R.D. 14 agosto 1920, n. 1285, al D.P.R. 11 novembre 1959, n. 1363).

I ricorrenti criticano le considerazioni svolte dal Tribunale a proposito dell'interpretazione, da darsi alla disciplina transitoria dettata dall'art. 7.1. del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377; osservano, inoltre, da un lato che non v'era stata alcuna autorizzazione provvisoria alla esecuzione dei lavori, il cui temporaneo diniego costituiva anzi il contenuto del provvedimento impugnato, dall'altro che nessun valore di approvazione del progetto di massima poteva essere attribuito alla deliberazione della Cassa del Mezzogiorno di far luogo alla costruzione della diga. 6.1. - Il motivo non è fondato. 6.1.1. - Il D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 - adottato in base all'art. 6.2. della L. 8 luglio 1986, n. 349 - ha individuato le categorie di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni dell'ambiente, per questo destinate ad essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale.

L'art. 1.1. del D.P.C.M. - per quanto qui interessa - ha dettato la seguente disposizione: - <Sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, i progetti delle opere rientranti nelle seguenti categorie:.. 1) dighe ed altri impianti destinati a trattenere regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 10 metri e-o di capacità superiore a 100.000 metri cubi>. 6.1.2. - La disciplina a regime risultante dalla legge e dal regolamento - quale si desume dalle norme che si verranno richiamando - può essere cosi riassunta.

Prima d'essere approvati, i progetti sono comunicati al Ministro dell'ambiente, al Ministro per i beni culturali ed ambientali ed alla Regione interessata per territorio ai fini della valutazione dell'impatto sull'ambiente (art. 6.3. legge); si intendono per progetti delle opere, i progetti di massima delle opere stesse, quali si presentano prima d'essere inoltrati per i pareri, le autorizzazioni, i nulla - osta e gli altri atti previsti dalla normativa vigente e, comunque, prima dell'aggiudicazione dei relativi lavori (art. 2.1. reg.).

Quanto alle dighe ed agli impianti similari, si intendono per progetti, i progetti di massima allegati alla domanda di concessione di derivazione d'acqua - cosi come previsto all'art. 9 del R.D. 14 agosto 1920, n. 1285, al R.D. 11 dicembre 1933, n. 1175 ed all'art. 1 del D.P.R. 1 novembre 1959, n. 1363.

Questi progetti di massima debbono essere inoltrati prima della concessione alla derivazione, anche provvisoria, da parte del Ministro dei lavori pubblici (art. 2.1. lett. I, reg.).

Il Ministro dell'ambiente, sentita la Regione interessata, di concerto con il Ministero per i beni culturali e ambientali, si pronuncia sulla compatibilità ambientale nei successivi novanta giorni, decorsi i quali la procedura di approvazione del progetto riprende il suo corso, salvo proroga deliberata dal Consiglio dei Ministri in casi di particolare rilevanza (art. 6.4. legge).

La questione è rimessa al Consiglio dei Ministri, se quello competente per la realizzazione dell'opera non ritenga di uniformarsi alla valutazione del Ministro dell'ambiente (art. 6.5. legge).

La disciplina appena riassunta appare organizzata intorno a due punti.

Sulla domanda di derivazione d'acqua non può essere preso un provvedimento di concessione, se prima non sia aperto e chiuso il procedimento di valutazione d'impatto ambientale; la pronuncia di compatibilità ambientale è espressa sui progetti di massima delle opere, che debbono accompagnare la domanda di concessione. 6.1.3. - Il regolamento ha introdotto anche una disciplina transitoria - sulla cui interpretazione ed applicazione nel caso delle dighe si è appunto incentrata la controversia.

Questa risulta in particolare dall'art. 7.1., con il quale è stata dettata la seguente disposizione: - <La disciplina di cui al presente decreto non si applica ai progetti delle opere per i quali sia già intervenuta l'approvazione a norma delle disposizioni vigenti>. 6.2. - L'applicazione della disciplina transitoria al caso delle dighe e degli impianti similari deve essere fatta sulla base di queste considerazioni. 6.2.1. - A valutazione di impatto ambientale, nella disciplina a regime, vanno sottoposti i progetti di massima e, specifica l'art. 2.,1. reg., <i progetti di massima delle opere stesse, prima che vengano inoltrati per i pareri, le autorizzazioni, i nulla - osta e gli altri atti previsti dalla normativa vigente... >.

Ciò significa che la valutazione di impatto ambientale si compie sugli aspetti dell'opera, quali debbono essere descritti nei progetti di massima previsti dalle singole discipline pertinenti a ciascun tipo di opera, e non invece od anche sui progetti esecutivi che, secondo le medesime discipline, debbono essere predisposti sulla base del progetto di massima ed approvati perché si possa pervenire alla concreta realizzazione dell'opera.

Di questi, nei casi previsti dall'art. 6.2. reg., può doversi avere una rinnovata valutazione, quando siano tali da comportare importanti variazioni rispetto alla progettazione di massima già oggetto di pronuncia di compatibilità ambientale. 6.2.2. - Pendente un procedimento amministrativo, se manchino norme transitorie che dispongano diversamente, le norme sopravvenute vi debbono trovare applicazione.

Tuttavia vi debbono essere applicate nel rispetto del principio per cui la legittimità degli atti già intervenuti deve essere valutata alla stregua della situazione di fatto e di diritto esistente al tempo in cui sono stati posti in essere. 6. 2. 3. - Nel caso, come si è visto, è stata dettata una norma transitoria.

Dal Consiglio di Stato in sede consultiva, questa norma è stata interpretata ed applicata, con riferimento al procedimento di concessione di acque da derivare e utilizzare mediante dighe, nel senso di ritenere che la disciplina in materia di impatto ambientale dovesse trovare applicazione, a meno che il procedimento medesimo non fosse stato già concluso, se non con il provvedimento di concessione previsto dall'art. 15 del testo unico 1775 del 1933, quanto meno con quello di concessione provvisoria previsto dall'art. 13 dello stesso testo unico.

Il Ministero dei lavori pubblici, che ha fatto proprio quel parere, lo ha applicato nel caso di specie: per affermare che sul progetto di massima della diga dovesse essere aperto il procedimento di valutazione di impatto ambientale, si è quindi fondato sul rilievo che il procedimento di concessione delle acque non era stato ancora concluso. 6.2.4. - Queste interpretazione ed applicazione della norma, come ha rilevato il Tribunale superiore, non si sottraggono a critica.

La prima critica e dunque la prima ragione per cui il provvedimento impugnato è illegittimo sta nel fatto che la norma transitoria individua come fatto preclusivo non la chiusura dei procedimenti che debbono essere percorsi per poter passare alla fase di esecuzione dell'opera, ma l'intervenuta approvazione del progetto di massima.

Depone in questo senso, anzitutto, l'interpretazione letterale.

È sufficiente al riguardo mettere in relazione tra loro l'art. 7.1. reg. (< La disciplina di cui al presente decreto non si applica ai progetti delle opere per i quali sia già intervenuta l'approvazione a norma delle disposizioni vigenti >) e gli artt. 1.1. alinea e 2.1. dello stesso regolamento, dove è esplicitato che per progetti delle opere si intendono i progetti di massima delle opere stesse.

L'interpretazione letterale trova conferma in quella sistematica.

Si è già detto che, nella disciplina a regime, la valutazione di impatto ambientale si compie sugli aspetti dell'opera, quali debbono essere descritti nei progetti di massima previsti dalle singole discipline pertinenti a ciascun tipo di opera, e non invece od anche sui progetti esecutivi che, secondo le medesime discipline, debbono essere predisposti sulla base del progetto di massima ed approvati perché si possa pervenire alla concreta realizzazione dell'opera.

Siccome l'approvazione del progetto di massima di un'opera ha la funzione di presupposto e limite della progettazione esecutiva, una volta che tale approvazione si sia avuta, richiedere una seconda approvazione in rapporto ad aspetti che in precedenza non si sono dovuti valutare significherebbe imporre un ritorno del procedimento ad una fase oramai superata.

La norma transitoria, interpretata nel senso che si sia inteso escludere la valutazione di impatto ambientale rispetto a progetti di massima già approvati, viene a presentare un valore che, da un lato non è in contrasto con i principi generali in materia di diritto intertemporale, dall'altro pone la disciplina transitoria in parallelo con quella a regime, perché anche in questa la valutazione di impatto ambientale sta a monte dell'approvazione del progetto di massima e non interferisce sulla prosecuzione del procedimento che si venga svolgendo sulla base del progetto di massima dopo la sua approvazione. 6.2.5. - Alla prima critica, che trova fondamento nella disciplina transitoria della materia ambiente, se ne deve aggiungere una seconda, che si radica invece nella disciplina della materia acque pubbliche.

La seconda critica è che, nel procedimento di concessione di acque, prima del provvedimento che la dispone, è appunto previsto intervenga l'approvazione del progetto di massima (art. 15 R.D. 14 agosto 1920, n. 1285; artt. 9 e 10 T.U. 11, dicembre 1933, n. 1775), destinata ad essere seguita dalla progettazione esecutiva, che segue al provvedimento di concessione (art. 21 R.D. 1285), ma nel caso delle dighe può precederla (artt. 2 e 5 D.P.R. 1 novembre 1959, n. 1363). 6.2.6. - Il Tribunale superiore, proseguendo nel suo ragionamento, dopo aver ritenuto irrilevante il fatto che il procedimento di concessione non fosse stato concluso, in sostanza ha affermato che l'applicazione della nuova disciplina sull'impatto ambientale era ostacolata dal fatto che del progetto di massima s'era avuta un'approvazione, in conformità di disposizioni vigenti.

Orbene, come risulta dalla sintetica esposizione fatta all'inizio, la realizzazione della diga sul fiume Melito, in funzione della derivazione d'acqua chiesta dal Consorzio, era stata inclusa in un programma di opere destinate ad essere finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno.

Questo, in conformità delle disposizioni sugli interventi della Cassa nell'esecuzione di opere pubbliche, aveva comportato l'approvazione del progetto di massima dell'opera, da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, oltre che del consiglio di amministrazione della Cassa (art. 137 del T.U. 6 marzo 1978, n. 218).

Di tale approvazione del progetto, nel provvedimento impugnato, non si è fatta alcuna considerazione e nel ricorso dei due ministeri si sostiene l'irrilevanza.

Se non che l'approvazione del progetto di massima della diga da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del consiglio di amministrazione della Cassa per il Mezzogiorno costituiva il fondamento per iniziarne la progettazione esecutiva, la cui approvazione avrebbe comportato la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, come dell'esserne l'esecuzione indifferibile ed urgente (artt. 135 e 137 del T.U. del 1978).

Dunque, l'intervenuta approvazione del progetto di massima della diga si presentava come quella approvazione prevista da norme preesistenti, che, se già intervenuta, rilevava in rapporto alla disciplina transitoria sin qui commentata, per escludere che del medesimo progetto dovesse tornarsi a richiedere un'approvazione sulla base della disciplina di impatto ambientale a regime. 6.2.7. - Questo rilievo è sufficiente a completare l'ordito delle ragioni di diritto che giustificano la decisione resa dal Tribunale superiore. 6.2.8. - Ha osservato nel proprio parere il Consiglio di Stato, che la concreta realizzazione di un'opera servente all'attuazione di una derivazione d'acqua pubblica non può essere iniziata, fuori del caso previsto dall'art. 13 del testo unico del 1933, prima che la concessione sia data.
Da questo argomento il Consiglio di Stato ha tratto la conclusione per cui, in linea generale, l'approvazione del progetto di una diga, anche di quello esecutivo, si sarebbe bensì potuta avere prima della concessione dell'acqua, ma non avrebbe costituito utile elemento di discrimine, ai fini della valutazione di impatto ambientale, tra disciplina a regime e disciplina transitoria.

Il Consiglio di Stato, nella sostanza, ha considerato che l'approvazione del progetto di una diga ne investe i soli aspetti tecnici, mentre è nel procedimento di concessione che, anteriormente al sopravvenire della disciplina di impatto ambientale, poteva aversi una analoga considerazione degli aspetti poi elevati da tale disciplina ad oggetto di apposita valutazione.

Se non che, come si è visto, per l'applicabilità della disciplina transitoria, in linea generale, non sono decisive la circostanza che fosse esaurito il procedimento preordinato a rendere possibile la realizzazione dell'opera o che questa fosse stata già intrapresa, ma l'intervenuta approvazione di un progetto di massima idoneo a fungere di base per l'ulteriore svolgersi del procedimento.

Nel caso particolare, poi, non s'era solo avuto quell'esame del progetto di massima della diga, che, secondo l'art. 1 del D.P.R. 1 novembre 1959, n. 1363, mette capo ad un parere, il quale costituisce a sua volta atto del procedimento di concessione, ma, come s'è veduto, la sua approvazione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nell'ambito del particolare procedimento previsto per la realizzazione delle opere comprese nei programmi predisposti dalla Cassa per il Mezzogiorno, approvazione seguita da un provvedimento avente, come pure si è detto, idoneità a fungere da presupposto del successivo svolgersi del procedimento ordinato alla realizzazione dell'opera. 7. - Il ricorso principale è rigettato. 8. - Il ricorso incidentale condizionato è assorbito. 9. - Le spese di questo grado del processo possono essere compensate, come già lo sono state quelle del giudizio davanti al Tribunale superiore delle acque.

Sussistono giusti motivi al riguardo.

Le sezioni unite li ravvisano nella complessità della questione, nei suoi aspetti generali come in quelli relativi al caso di specie, complessità di cui è indice il contrastante orientamento manifestatosi, nella ricerca della soluzione legittima, prima tra le amministrazioni pubbliche competenti, poi tra gli organi consultivi - il ricorso dei ministeri dà conto della posizione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, diversa da quella poi espressa dal Consiglio di Stato.

Nè va trascurato il particolare itinerario percorso nel caso dal procedimento amministrativo, ciò che ha avuto ripercussioni sulla non chiara formulazione della direttiva del 1999, appunto a proposito della diga oggetto di questa controversia.

P.Q.M

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello principale, dichiara assorbito l'incidentale e compensate le spese del giudizio.

Così deciso il giorno 1 dicembre 2000, in Roma, nella camera di consiglio delle sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione.

 

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