AmbienteDiritto.it 

Sito giuridico ambientale                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

Sentenza Consiglio di Stato Sez. V   8 maggio 2002, n. 2468

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2001 ha pronunciato la seguente

 

decisione

 

sul ricorso in appello n. 1122/2001, proposto da Putignano Giovanni & Figli s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Ernesto Sticchi Damiani, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del Cav. Luigi Gardin, in Roma, Via L. Mantegazza, n. 24.

contro

la Provincia di Brindisi, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Achille Chiappetti, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, Via Paolo Emilio N. 7;

l’A.T.I. Degremont Italia S.p.A., in persona del suo legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. Pietro Quinto, ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio, 46, presso Gian Marco Grez.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Seconda Sezione Staccata di Lecce, 21 dicembre 2000, n. 3825;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti  di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza n. 1292/01 con la quale è stata respinta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 6 novembre 2001, il Consigliere Marco Lipari;

Uditi gli Avvocati Sticchi Damiani, Chiappetti e Quinto;

Visto il dispositivo di decisione n. 516 del 9 novembre 2001;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

 

La sentenza impugnata, pronunciandosi sul ricorso proposto dall’attuale appellante, Putignano e figli s.r.l., contro gli atti concernenti l’appalto concorso bandito dalla Provincia di Brindisi, per la realizzazione e la gestione temporanea dell’impianto di affinamento delle acque reflue provenienti dagli abitati di Francavilla Fontana, Latiano e Mesagne e di un collettore per la loro utilizzazione in agricoltura:

ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata, ATI Degremont, aggiudicataria dei lavori, concernente l’asserita illegittima ammissione alla gara della Società Putignano, per carenza di elementi indispensabili dell’offerta;

ha dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto dalla attuale appellante, “in quanto la stessa non può conseguire dall’azione alcuna utilità, essendo preclusa l’aggiudicazione in suo favore”;

ha respinto il ricorso incidentale condizionato, proposto dall’attuale appellante, riguardante l’asserita illegittimità del bando di gara, nella parte in cui non specificava i documenti da allegare all’offerta esplicativi del costo di gestione.

L’appellante ripropone le censure disattese dal tribunale, espresse con il ricorso principale e con il ricorso incidentale di primo grado condizionato, e sostiene l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dall’ATI Degremont.

Le parti intimate si sono costituite in giudizio. L’ATI Degremont ha articolato un appello incidentale.

 

DIRITTO

 

L’attuale appellante, ricorrente in primo grado, ha partecipato all’appalto concorso bandito dalla Provincia di Brindisi per la realizzazione e la gestione temporanea dell’impianto di affinamento delle acque reflue provenienti dagli abitati di Francavilla Fontana, Latiano e Mesagne e di un collettore per la loro utilizzazione in agricoltura.

L’appalto veniva aggiudicato all’ATI Degremont, classificatasi al primo posto della graduatoria, con un punteggio complessivo di punti 91,488 , mentre l’appellante otteneva 88,967 punti, collocandosi al secondo posto. Al terzo posto si classificava, infine, la società Termomeccanica con 77,499 punti.

L’attuale appellante impugnava gli atti di gara, articolando varie censure e sostenendo, fra l’altro, che la Degremont avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione, per violazione dell’articolo 11, comma 4, del capitolato speciale, del bando di gara e della lettera di invito, secondo il quale “le ditte che non avranno raggiunto il punteggio minimo pari al 50 % di quello disponibile per ciascun elemento di valutazione, saranno escluse dalla fase finale della valutazione (esame dell’offerta economica)”.

Al riguardo, l’interessata rilevava che il bando di gara attribuiva all’elemento di valutazione “costo di gestione” il punteggio massimo di 10 punti e che la Degremont aveva conseguito, per tale voce, solo punti 3,911, a fronte dei 10 punti ottenuti dall’appellante, avendo indicato un costo notevolmente superiore. Precisava che, secondo i criteri stabiliti, la commissione aveva attribuito il massimo punteggio all’offerta con il costo più basso, assegnando poi alle altre offerte dei punteggi proporzionalmente ridotti.

La Società controinteressata si costituiva in giudizio, articolando un ricorso incidentale, con cui deduceva l’inammissibilità dell’offerta della Putignano, perché questa:

in relazione al criterio del costo di gestione aveva indicato la sola voce del costo del personale, senza considerare quella relativa alla manutenzione ordinaria;

aveva programmato un impianto di distribuzione per una portata di 240 litri al secondo, mentre il capitolato di oneri, all’articolo 6, richiedeva un dimensionamento della portata di 600 litri al secondo;

non aveva precisato l’idoneità a soddisfare le esigenze delle zone artigianali di Mesagne, Latiano e Francavilla, violando le prescrizioni dell’articolo 1 del capitolato speciale.

Reagendo all’avverso ricorso incidentale, la Putignano proponeva, a sua volta, un ulteriore ricorso incidentale condizionato contro il bando di gara, nella parte in cui avrebbe riferito il costo anche ad attività comprendenti la realizzazione di diverse opere di manutenzione.

La sentenza impugnata ha, nell’ordine:

accolto il ricorso incidentale della Degremont;

dichiarato inammissibile il ricorso principale della Putignano;

respinto il ricorso incidentale condizionato della Putignano.

L’appellante sostiene, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dalla Degremont, per difetto del prescritto requisito soggettivo della legittimazione attiva e dell’interesse processuale.

A supporto del proprio assunto, l’appellante deduce che il ricorso incidentale costituisce, in generale, uno strumento di neutralizzazione della iniziativa giurisdizionale. Peraltro, nell’ambito delle controversie originate dall’impugnazione dei risultati di gare e di concorsi pubblici, si atteggia diversamente quando il merito del giudizio principale riguarda il momento valutativo delle offerte, ovvero la loro stessa ammissibilità, come avviene nel caso all’origine della presente controversia.

In tale seconda ipotesi, secondo l’appellante, occorrerebbe esaminare prioritariamente il ricorso principale, considerata la sua indubbia priorità logica: l’impugnazione mira proprio a stabilire che il controinteressato, vincitore della selezione, non ha più titolo a partecipare alla gara e, quindi, non ha alcun interesse, nemmeno occasionale e riflesso, a contestarne la legittimità, al fine di conservare la posizione illegittimamente acquisita.

In caso di accertata fondatezza del ricorso principale, pertanto, non vi sarebbe più alcuno spazio per l’esame del ricorso incidentale. Infatti, in tal modo, si consentirebbe ad un soggetto sicuramente privo dei requisiti prescritti per partecipare alla gara, in base all’accertamento compiuto dal giudice, di censurare la partecipazione di altri soggetti. Ciò determinerebbe, fra l’altro, l’elusione dei termini perentori per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi e la violazione del generale criterio processuale secondo cui la proposizione del ricorso presuppone sempre l’accertamento di un effettivo interesse differenziato della parte.

La tesi proposta dall’appellante merita di essere esaminata con attenzione, alla luce delle regole e dei principi che governano il ricorso incidentale di primo grado nel processo amministrativo.

L’articolo 22, comma primo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, si limita a stabilire che “nel termine di venti giorni successivi a quelli stabiliti per il deposito del ricorso, l'organo che ha emesso l'atto impugnato e le altre parti interessate possono presentare memorie, fare istanze e produrre documenti. Può essere anche proposto ricorso incidentale secondo le norme degli articoli 37 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e 44 del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.”

L’articolo 37, derivato dall’art. 29 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638, reca una disciplina più complessa e dettagliata, ma ancora riferita al piano strettamente formale e procedimentale dell’istituto.

“Nel termine di 30 giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, l'autorità e le parti, alle quali il ricorso fosse stato notificato, possono presentare memorie, fare istanze, produrre documenti, e anche un ricorso incidentale, con le stesse forme prescritte per il ricorso.

La notificazione del ricorso incidentale sarà fatta nei modi prescritti per il ricorso principale, presso il domicilio eletto, all'avvocato che ha firmato il ricorso stesso.

L'originale del ricorso incidentale, con la prova delle eseguite notificazioni e coi documenti, deve essere depositato in segreteria nel termine di giorni 10.

Se colui che vuole produrre il ricorso incidentale risiede all'estero, il termine per la notificazione è aumentato nella misura indicata al capoverso secondo dell'art. 36.

I termini e i modi prescritti nel presente articolo per la notificazione e il deposito del ricorso incidentale debbono osservarsi a pena di decadenza.

Il ricorso incidentale non è efficace, se venga prodotto dopo che siasi rinunziato al ricorso principale, o se questo venga dichiarato inammissibile, per essere stato proposto fuori termine”.

L’articolo 44 del regolamento di procedura, poi, stabilisce che “nel termine di dieci giorni successivi a quello assegnato pel deposito del ricorso incidentale, l'autorità e il ricorrente principale possono presentare memorie, fare istanze e produrre i documenti che ritengono opportuni”.

Tutte le disposizioni richiamate si riferiscono, essenzialmente, alle modalità formali di presentazione del ricorso ed alla descrizione di alcuni degli effetti riguardanti gli ulteriori sviluppi del procedimento.

Non vi sono, invece, dirette ed esaurienti indicazioni circa i soggetti legittimati, l’oggetto ed il contenuto del ricorso incidentale, la sua funzione, i suoi riflessi sul giudizio e sulla formazione della decisione finale.

La dottrina e la giurisprudenza hanno comunque valorizzato due dati testuali della disciplina vigente.

Il primo attiene alla stessa aggettivazione (“incidentale”), che attribuisce all’atto un carattere profondamente diverso da quelli propri del ricorso principale. In tal modo, la norma evidenzia che il ricorso incidentale si innesta nell’ambito della impugnativa proposta dall’attore principale contro il provvedimento amministrativo lesivo. Nella dinamica processuale, quindi, l’atto costituisce una particolare modalità di esercizio del diritto di difesa spettante alle parti del giudizio diverse dal ricorrente e, segnatamente, al controinteressato.

In tal modo, si chiarisce che l’atto introduce un ulteriore tema decisorio, più ampio rispetto a quello ricavabile dal ricorso originario e dalle altre difese. Lo stretto collegamento con la protezione delle posizioni delle parti intimate spiega, poi, la vocazione essenzialmente conservativa del ricorso incidentale, che mira a mantenere (in tutto od in parte), l’assetto di interessi definito dal provvedimento amministrativo impugnato.

Il secondo dato letterale è contenuto nell’ultimo comma dell’articolo 37 ed evidenzia il profilo strettamente accessorio del ricorso incidentale: la sua sorte processuale è direttamente subordinata a quella dell’impugnazione principale.

La posizione subalterna del ricorrente incidentale deriva dalla circostanza che questi non esercita l’azione per primo ed autonomamente, ma agisce nell’ambito di un rapporto processuale iniziato dal ricorrente principale, a tutela di un interesse proprio alla conservazione dell’atto impugnato e per prevenire il pregiudizio che gli deriverebbe dall’accoglimento del ricorso principale.

Sulla base di questi argomenti, arricchiti da considerazioni ricavate dalla complessiva ricostruzione sistematica del processo amministrativo e dalla esperienza maturata nell’ambito della disciplina del giudizio civile sulle impugnazioni incidentali delle sentenze, la giurisprudenza e la dottrina hanno delineato i tratti essenziali dell’istituto, definendo le svariate questioni interpretative emerse nella pratica.

Un orientamento dottrinario qualifica il ricorso incidentale come strumento di difesa attiva della parte, valorizzando la sua attitudine a proteggere la posizione del controinteressato, attraverso un significativo ampliamento dell’oggetto della cognizione del giudice.

Peraltro, l’impostazione più frequente inquadra il ricorso incidentale nell’ambito delle eccezioni spettanti al controinteressato, per il soddisfacimento di un interesse sorto soltanto a seguito dell’impugnazione principale e da questa dipendente.

Detta qualificazione si riflette, anzitutto, sulla giustificazione razionale delle modalità temporali di proposizione del ricorso e sull’ulteriore regime formale dell’atto. Esso va articolato in un termine perentorio, la cui decorrenza non è però legata alla conoscenza del provvedimento contestato, bensì alla proposizione del ricorso incidentale, che costituisce l’atto lesivo da cui sorge l’interesse ad articolare l’eccezione.

Inoltre, sulla base di questa qualificazione, è possibile evidenziare che il ricorso incidentale costituisce un onere per la parte interessata, nel senso che determinate difese possono essere articolate solo con questa specifica forma processuale.

In tale prospettiva, costituisce un principio consolidato che ove le parti resistenti al ricorso non intendano limitare la propria difesa alla contestazione delle avversarie censure, ma intendano anche far valere motivi autonomi rispetto a quelli proposti nel ricorso principale, debbono avanzare un apposito ricorso incidentale a norma dell'art. 37 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 (C. Stato, sez. V, 21-10-1991, n. 1253).

Più in particolare, con riferimento a vicende molto simili a quelle oggetto della presente vertenza, si precisa che nel giudizio di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara d'appalto, qualora la parte aggiudicataria controinteressata intenda far dichiarare il difetto di interesse della ricorrente ammessa a parteciparvi perché priva dei requisiti prescritti nel bando o nella lettera di invito, non è sufficiente la proposizione di un'unica eccezione, ma occorre un rituale ricorso incidentale con cui si impugni il provvedimento di ammissione della ricorrente alla gara, atteso che proprio la proposizione del ricorso principale rende attuale l'interesse dell'aggiudicataria ad impugnare in via incidentale l'atto di ammissione alla gara dell'impresa che mira a realizzare i lavori (C. Stato, sez. V, 11-06-1999, n. 460).

Questo orientamento, poi, si coordina con il principio giurisprudenziale che circoscrive il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo nel processo amministrativo.

Altro indirizzo interpretativo, invece, preferisce inquadrare il ricorso incidentale nella categoria della riconvenzione, considerando che si tratta di un mezzo di difesa del convenuto, consistente nella proposizione di una domanda in contraddizione con quella dell’attore principale, dipendente dal titolo dedotto in giudizio.

Secondo questa impostazione, il ricorso incidentale non mira esclusivamente alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale, ma tende anche (almeno nei casi in cui la parte lo chieda espressamente) ad una pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato in via incidentale, salva la valutazione delle ulteriori conseguenze sulle sorti del ricorso principale (di inammissibilità o di infondatezza, secondo la concreta fisionomia dell’oggetto del giudizio e delle censure proposte).

Va ricordato, poi, che il carattere difensivo (di eccezione o di riconvenzione) del ricorso incidentale comporta rilevanti conseguenze anche in ordine alla definizione dei soggetti attivamente legittimati. Secondo le indicazioni interpretative della giurisprudenza e della dottrina, si possono svolgere le seguenti affermazioni.

Sono certamente legittimati i controinteressati ritualmente evocati in giudizio.

Sono legittimati anche i controinteressati non intimati, i quali possono articolare il ricorso incidentale nell’atto di intervento.

È legittimata anche l’amministrazione resistente, quanto meno in riferimento agli atti presupposti adottati da altre autorità.

Non sono legittimati i soggetti cointeressati, ferma restando la possibilità di innestare nel giudizio principale un’autonoma impugnazione, ma nel rispetto dei termini di decadenza.

Non sono legittimati gli interventori, attesa la loro posizione dipendente da quella delle parti principali.

Non sono legittimate, in generale, le altre parti intimate, prive della qualifica di controinteressati in senso sostanziale.

L’indicata natura difensiva e conservativa del ricorso incidentale (anche in relazione ai soggetti attivamente legittimati) assume un rilievo essenziale per delinearne la portata oggettiva e le conseguenze sul contenuto della decisione del giudice, e sullo stesso ordine di esame delle questioni.

In effetti, la generica funzione attribuita al ricorso incidentale quale mezzo di “concentrazione delle impugnazioni” proposte contro lo stesso provvedimento descrive in modo esatto, ma ancora incompleto, la fisionomia dell’istituto. Questo deve essere opportunamente delimitato alla sola tutela degli interessi dedotti in rapporto di stretta accessorietà con quello fatto valere dal ricorrente principale, e comunque orientati a determinare una pronuncia interamente (od almeno parzialmente) sfavorevole al ricorrente principale.

In questo senso, si spiega anche la prospettiva di un’ autorevole corrente dottrinaria, condivisa da una parte consistente della giurisprudenza, secondo cui il ricorso incidentale non mira affatto ad ottenere l’annullamento del provvedimento di cui si assume l’illegittimità (come avviene per il ricorso principale), ma introduce una ragione di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso principale, la cui sussistenza il giudice deve valutare sulla base della fondatezza delle censure mosse dal ricorrente incidentale.

La tesi deve essere integrata dalla considerazione che, almeno in alcuni casi, il ricorso incidentale assume un contenuto di maggiore complessità, atteggiandosi come domanda riconvenzionale volta ad ottenere una pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato.

Chiarita la proiezione finalistica e difensiva del ricorso incidentale, è quindi possibile delineare i diversi casi in cui esso risulta oggettivamente ammissibile.

La prima ipotesi è quella in cui il ricorso principale è rivolto contro lo stesso provvedimento impugnato con il ricorso principale, ma deduce diversi (ed opposti) motivi di illegittimità.

Ciò si verifica, in particolare, quando l’atto impugnato costituisce l’esito di una valutazione o di un accertamento complesso, in relazione alla pluralità degli elementi oggettivi considerati o della comparazione soggettiva tra più aspiranti ad un determinato provvedimento ampliativo.

In tali eventualità, può accadere che il ricorso principale proposto dall’interessato intende contestare la legittimità dell’operato dell’amministrazione per avere erroneamente valutato determinati titoli. Il ricorso incidentale, a sua volta, mira a contestare la valutazione di altri titoli (eventualmente di un soggetto diverso), in modo da mantenere inalterato l’esito segnato dal provvedimento impugnato.

La giurisprudenza ha da tempo analizzato questa ipotesi particolare: ai fini dell'ammissibilità del ricorso incidentale occorre che il provvedimento impugnato in via principale abbia preso in qualche modo in considerazione, per differenziarle tra loro, le posizioni giuridiche di diversi soggetti, in modo tale che la determinazione finale dell'amministrazione possa considerarsi frutto di un'attività di comparazione ed a condizione che col ricorso incidentale si impugni proprio quel provvedimento, deducendo nei suoi confronti altre censure che possano influenzare questo confronto (C. Stato, sez. V, 26-07-1985, n. 267).

La seconda eventualità è quella in cui il ricorso incidentale deduca dei vizi riferiti ad una fase procedimentale precedente a quella in cui si è verificata l’illegittimità denunciata dal ricorrente principale. Nelle procedure selettive ciò può avvenire quando, contestata dal ricorrente principale la fase strettamente valutativa delle offerte o dei titoli, viene dedotta dal controinteressato l’illegittimità dell’ammissione alla gara od al concorso di determinati candidati.

La terza ipotesi, infine, è quella in cui il ricorso incidentale mira a contestare un provvedimento presupposto a quello principale, come avviene nei casi in cui il ricorso incidentale si rivolge contro gli atti normativi o generali posti a base del provvedimento impugnato in via principale.

La giurisprudenza, dopo aver seguito inizialmente un indirizzo molto restrittivo, ha da tempo riconosciuto che col ricorso incidentale è ammesso che si impugnino, oltre all'atto impugnato in via principale, anche altri provvedimenti quando gli atti in parola siano strettamente e intimamente legati al primo, in modo che la loro eventuale illegittimità possa riverberarsi su di esso a favore del ricorrente in via incidentale (C. Stato, sez. V, 02-08-1988, n. 490).

Resta fermo, tuttavia, che il ricorso incidentale, essendo uno strumento processuale di essenza «derivata» ed «accessoria», non consente di proporre tardivamente - prendendo spunto dal ricorso avverso - censure che si sarebbero dovute inserire in un contesto autonomo, in quanto riguardanti pregressi provvedimenti direttamente lesivi e suscettibili d'impugnazione (T.a.r. Sardegna, 10-10-1997, n. 1251).

Si deve poi precisare che se su tali provvedimenti diversi già è stata pronunciata sentenza definitiva, va proposta, ove possibile, opposizione di terzo ai sensi dell'art. 36 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, così come integrato per effetto della sentenza della c. cost. n. 177 del 17 maggio 1995 (T.a.r. Veneto, 09-05-1996, n. 901).

In tutte le ipotesi considerate, il ricorso incidentale manifesta la propria attitudine a determinare una adeguata tutela della parte intimata, in rapporto alla proposizione della difesa in cui si articola il ricorso incidentale.

Peraltro, in dottrina ed in giurisprudenza si è anche prospettata la possibilità che il ricorso incidentale abbia una portata essenzialmente cassatoria.

Ciò si affermato in relazione a due distinti gruppi di ipotesi.

Il primo è costituito dai ricorsi incidentali proposti contro atti presupposti a quello impugnato con il ricorso incidentale. Secondo questa prospettiva, solo l’effettiva caducazione dell’atto presupposto potrebbe realizzare l’interesse del ricorrente incidentale, imponendo la conseguenziale reiezione (nel merito e non per difetto di interesse) del ricorso principale.

Sotto un secondo profilo, poi, si indica l’ipotesi in cui, fermo restando l’accoglimento del ricorso principale (e la sua portata annullatoria), il ricorso incidentale mira a tutelare la posizione del controinteressato in relazione al rinnovato svolgimento dell’attività amministrativa.

In tal senso, si è affermato che il ricorso incidentale svolge una funzione complessa, talvolta meramente conservativa, altre volte orientativa della attività amministrativa di attuazione della sentenza.

Secondo questo angolo visuale, il ricorso incidentale, previsto dall'art. 37, t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e dall'art. 37, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, è un mezzo posto a disposizione del controinteressato intimato per impugnare un provvedimento amministrativo in una parte e per motivi diversi da quelli addotti dal ricorrente, allo scopo di paralizzare l'azione proposta da quest'ultimo e di ottenere che, nel caso di eventuale possibile fondatezza della di lui istanza, il provvedimento impugnato in via principale venga nel contempo sindacato sotto altri profili, favorevoli allo stesso controinteressato, sì da portare alla finale salvezza del suo contenuto essenziale ovvero al suo rinnovo in senso ugualmente vantaggioso (C. Stato, sez. V, 26-07-1985, n. 267).

In tale ambito si collocano alcune ipotesi considerate dalla giurisprudenza di primo grado.

Secondo tale prospettiva, l'aggiudicatario controinteressato è legittimato e titolare di interesse a proporre ricorso incidentale tendente a far dichiarare che il ricorrente principale avrebbe dovuto essere escluso dalla gara, così che, in caso di accoglimento del ricorso principale, la gara stessa risulti sostanzialmente deserta, ovvero caratterizzata da unica offerta non ammessa, con obbligo della stazione appaltante di reindire una nuova gara suscettibile di consentire nuova e diversa partecipazione del soggetto la cui originaria scelta quale contraente (aggiudicazione) sia stata dichiarata illegittima, in accoglimento del ricorso principale; di conseguenza, è possibile il contemporaneo accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale, con l'effetto che né il soggetto ordinariamente aggiudicatario (ricorrente incidentale), né il soggetto aspirante alla aggiudicazione in via di subentro (ricorrente principale), ottengono l'affidamento della concessione (T.a.r. Lombardia, 11-10-1996, n. 1488).

In una prospettiva più generale, poi, la dottrina ha considerato le ipotesi in cui i motivi dedotti con il ricorso principale involgono profili discrezionali, presupponendo, in caso di accoglimento, la rinnovazione degli atti annullati. In tali eventualità, il ricorso incidentale può riguardare ulteriori aspetti della formazione della decisione discrezionale: pertanto, l’accoglimento del ricorso incidentale esplica i propri effetti strumentali e conservativi mediante l’annullamento del provvedimento ed il vincolo conformativo sulla successiva attività amministrativa.

Sulla base di queste considerazioni, è possibile precisare quali conseguenze determina l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale e come esso si inserisce nel quadro delle questioni esaminate dal giudice.

Secondo la giurisprudenza prevalente, il ricorso incidentale è dato al controinteressato quale formale impugnazione contro lo stesso provvedimento (od altro strettamente connesso), oggetto dell'impugnazione principale, per far valere contro quest'ultimo un vizio diverso da quelli dedotti dal ricorrente e tale da poter condurre, astrattamente, all'annullamento dell'atto a favore del ricorrente incidentale.

Pertanto, tale controimpugnazione - che rimane sempre, proprio per la sua intrinseca natura, di carattere condizionato - normalmente porta, se accolta, alla sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente principale all'annullamento del provvedimento impugnato, annullamento da cui, per effetto del subordinato accoglimento del ricorso incidentale, non deriverebbe alcuna utilità (C. Stato, sez. IV, 18-04-1994, n. 344).

In modo ancora più perentorio, si è affermato che il ricorso incidentale di primo grado, previsto dall'art. 24, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, dall'art. 37, t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 e dall'art. 44, r.d. 17 agosto 1907, n. 642, è soltanto apparentemente un mezzo di impugnazione; in realtà esso è una particolare figura di eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, del ricorso principale, dato che in nessun caso il suo accoglimento può condurre all'annullamento del provvedimento impugnato, o, comunque, ad altra pronuncia, eventualmente chiesta dal ricorrente incidentale, diversa da quella della dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale (T.a.r. Sicilia, sez. I, Catania, 09-02-1991, n. 65).

Proprio il collegamento con l’interesse a ricorrere, con la struttura normalmente condizionata del ricorso incidentale e con il suo carattere accessorio consentono di stabilire l’esatto ordine di esame delle questioni.

In linea generale, il ricorso incidentale va esaminato dopo quello principale e solo in caso di riconosciuta (astratta) fondatezza di quest’ultimo, poiché esso, di regola, opera come una eccezione processuale in senso tecnico.

Tuttavia, anche mettendo da parte il rilievo di esigenze di economia processuale (peraltro da coordinare con il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato), si sono individuate fattispecie in cui l’esame del ricorso incidentale può (o deve) precedere la valutazione del ricorso principale.

In particolare, si è affermato che nel caso in cui sia proposto un ricorso incidentale tendente a paralizzare l'azione principale per ragioni di ordine processuale, il giudice è tenuto a dare la precedenza alle questioni sollevate dal ricorrente incidentale che abbiano priorità logica su quelle sollevate dal ricorrente principale, e tali sono le questioni che si riverberino sull'esistenza dell'interesse a ricorrere del ricorrente principale, perché, pur profilandosi come questioni di merito, producano effetti sull'esistenza di una condizione dell'azione, e quindi su una questione di rito (C. Stato, sez. V, 24-11-1997, n. 1367).

Un’ipotesi di questo genere si verifica quando il ricorso incidentale concerne un aspetto del procedimento in contestazione che incide sulla stessa legittimità della partecipazione del ricorrente. È il caso del ricorso principale proposto dal concorrente non vincitore di una gara o di un concorso contro la graduatoria della selezione.

In tali eventualità, quando il ricorso incidentale si rivolge contro l’ammissione del ricorrente principale, si prospetta una questione riguardante la stessa legittimazione dell’attore, che può (ed anzi, di regola, deve) essere esaminata con priorità rispetto alle altre.

Si tratta di un indirizzo ormai consolidato nella giurisprudenza della Sezione. Il ricorso incidentale innanzi al giudice amministrativo mira all'annullamento del medesimo provvedimento impugnato dal ricorrente principale per motivi diversi da quelli da costui dedotti, onde le censure incidentali sono tali rispetto non già ad uno, piuttosto che ad un altro dei motivi del ricorso principale, bensì a quest'ultimo nel suo complesso, senza che per ciò solo venga meno il carattere accessorio del ricorso incidentale nei riguardi di quello principale, perché, in ogni caso, il primo vien meno per effetto delle cause d'estinzione o del rigetto del secondo; peraltro il giudice deve esaminare preliminarmente il motivo del ricorso incidentale con il quale si contesta il titolo di legittimazione del ricorrente principale: nella specie, il ricorrente incidentale ha contestato in radice la partecipazione alla gara d'appalto pubblico del ricorrente principale, ossia la stessa legittimazione di quest'ultimo a gravarsi innanzi al giudice amministrativo contro l'esito della gara, onde il ricorso incidentale dev'essere prioritariamente esaminato prima di quello principale (C. Stato, sez. V, 13-02-1998, n. 168).

E la giurisprudenza ha ribadito che, in tali ipotesi, la proposizione del ricorso incidentale costituisce il veicolo necessario ed insostituibile per contestare la legittimazione del ricorrente principale.

Il controinteressato nei cui confronti sia stato proposto ricorso diretto alla sua esclusione da una gara pubblica per difetto di requisiti soggettivi richiesti deve proporre ricorso incidentale se vuole contestare l'ammissione alla gara del ricorrente (C. Stato, sez. V, 6 marzo 1990, n. 262).

L’appellante non contesta le premesse ricostruttive dell’istituto del ricorso incidentale e l’indirizzo giurisprudenziale che impone, in linea di massima, la priorità dell’esame delle censure relative all’interesse ed alla legittimazione del ricorrente principale.

Tuttavia, l’appellante svolge un interessante ragionamento, diretto a vagliare attentamente il concreto rapporto logico e processuale tra le censure articolate con il ricorso incidentale e quelle proposte con il ricorso principale.

Potrebbe accadere, infatti, che il ricorso principale, pur rivolto contro l’atto conclusivo di una procedura concorsuale o selettiva, intenda contestare, in radice, la stessa legittimità dell’ammissione alla gara del controinteressato. In tale eventualità, secondo l’appellante, la parte intimata non potrebbe articolare alcun ricorso incidentale, perché priva di legittimazione (in quanto non più abilitata a fare parte della procedura selettiva) ad ampliare il tema decisorio.

A dire dell’appellante, quindi:

in questa ipotesi il ricorso principale andrebbe esaminato prima di quello incidentale;

in caso di accoglimento del ricorso principale, non vi sarebbe alcuno spazio per l’esame del ricorso incidentale, proposto da un soggetto non legittimato.

La tesi, per quanto suggestiva, non può essere condivisa.

È certamente vero che, in linea di principio, la parte non ammessa a partecipare ad una procedura selettiva non è legittimata a proporre censure riguardanti l’ulteriore svolgimento della gara.

Peraltro, tale principio, che non ha carattere assoluto, si riferisce alle ipotesi in cui si tratta di valutare l’ammissibilità delle censure proposte da un soggetto escluso dalla gara. In tal senso, si è ripetutamente affermato che il concorrente escluso dalla procedura selettiva non ha alcun interesse a contestare gli atti riguardanti la fase valutativa delle offerte stesse, se non ottiene la rimozione del provvedimento preclusivo della sua partecipazione. Per le stesse ragioni, una volta respinta la censura contro l’illegittima esclusione di un concorrente dalla gara, vanno dichiarate inammissibili (od improcedibili) le ulteriori censure riguardanti i punteggi attribuiti ai candidati.

Si tratta però di criteri interpretativi che riguardano solo la proposizione del ricorso principale.

Le stesse regole, invece, non possono trovare applicazione nell’ambito del ricorso incidentale, proprio in considerazione della sua funzione meramente difensiva e conservativa.

Infatti, è certamente necessario verificare che il ricorrente incidentale abbia un interesse a proporre la propria impugnazione accessoria e subordinata. Ma il requisito va apprezzato secondo canoni diversi da quelli generalmente utilizzati per selezionare l’interesse alla proposizione del ricorso principale.

Il vincolo dell’interesse ad agire nel ricorso incidentale si scompone in due elementi, l’uno di carattere negativo e l’altro di carattere positivo.

Il primo, negativo, consiste nell’assenza di una lesione attuale, che si sarebbe dovuta far valere in via principale.

Il secondo, positivo, concerne la lesione virtuale derivante dall’accoglimento del ricorso principale.

La riscontrata ampiezza oggettiva del ricorso incidentale si collega anche ad una adeguata latitudine del requisito dell’interesse, che va riconosciuto in tutte le ipotesi in cui l’illegittimità denunciata è comunque idonea a paralizzare l’azione proposta con il ricorso principale.

Molteplici esigenze di carattere sistematico portano a questo risultato interpretativo.

Anzitutto, occorre considerare che, seguendo la tesi dell’appellante, la posizione del controinteressato, vincitore della gara, non potrebbe mai essere tutelata mediante l’affermazione della illegittima ammissione del ricorrente principale alla procedura selettiva.

La denunciata illegittimità, riferita alla carenza dei requisiti soggettivi dell’altra parte, non potrebbe essere fatta valere con un autonomo ricorso, perché:

nel corso della procedura, l’atto di ammissione, avendo natura endoprocedimentale, non è autonomamente impugnabile;

all’esito della procedura di gara, il vincitore non vanta alcun interesse differenziato a contestare l’ammissione degli altri concorrenti, avendo conseguito, di norma, la massima utilità sostanziale offerta dalla procedura;

in caso di infondatezza del ricorso principale, il ricorso incidentale sarebbe privo di interesse;

in caso di accoglimento del ricorso principale, infine, il controinteressato non sarebbe comunque legittimato a contestare il titolo di legittimazione del ricorrente principale.

La tesi proposta dall’appellante, poi, condurrebbe al risultato, difficilmente giustificabile sul piano dei principi, che l’annullamento dell’aggiudicazione verrebbe pronunciata in accoglimento di un’iniziativa processuale proposta da un soggetto privo dei necessari requisiti di legittimazione. Inoltre, considerando l’effetto conformativo della sentenza, l’appalto verrebbe affidato ad un impresa carente dei prescritti presupposti sostanziali.

L’appellante si fa carico di questa obiezione, replicando che tale conseguenza è tipica della ordinaria dialettica processuale e che analogo risultato sostanziale si verificherebbe in caso di accoglimento del ricorso incidentale: l’appalto resterebbe definitivamente assegnato ad un’offerta non corrispondente alla lex specialis di gara.

In punto di fatto, occorre osservare, però, che proprio l’illegittima ammissione dell’offerta della Putignano ha determinato effetti sostanziali in merito al calcolo del punteggio attribuito alla Degremont ed agli altri concorrenti. Alla Putignano è stato attribuito il massimo punteggio, e, successivamente, quelli degli altri concorrenti sono stati proporzionalmente ridotti, perché notevolmente inferiori. Ne deriva che, una volta accertata l’illegittima ammissione della Putignano, l’offerta dell’aggiudicataria, conseguendo un punteggio certamente superiore alla misura del 50% di quello massimo ottenibile, risulterebbe ammessa.

Peraltro, la Sezione osserva come la tesi difensiva esposta dall’appellante riproponga il delicato interrogativo delle modalità attraverso cui, per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale, possa essere conservata l’efficacia di atti, di cui pure è accertata (o quanto meno non definitivamente esclusa) l’illegittimità.

Al riguardo, occorre considerare che l’accoglimento del ricorso incidentale può comportare conseguenze molto diverse a seconda del contesto in cui esso concretamente si inserisce.

L’ipotesi più semplice è quella in cui l’accertamento delle contrapposte illegittimità, dedotte, rispettivamente, con il ricorso principale e con quello incidentale, comporta il riconoscimento della sostanziale legittimità del risultato sostanziale finale. In tal caso, anche per evidenti esigenze di economia processuale, l’amministrazione non è tenuta a rinnovare il procedimento, perché gli esiti conclusivi resterebbero identici.

La seconda ipotesi è quella in cui il giudice accerta l’illegittimità del concreto provvedimento impugnato (dedotta con il ricorso principale), e la contestuale illegittimità dell’atto normativo, generale (od anche singolare) presupposto (prospettata con il ricorso incidentale). Ma anche in questa eventualità non si verifica alcuna contraddizione, perché, in ultima analisi, la pronuncia accerta la conformità del singolo atto con l’ordinamento giuridico.

Le altre ipotesi sono quelle in cui l’illegittimità dedotta con il ricorso principale non viene positivamente esclusa, ma il ricorso principale impedisce in radice la pronuncia di annullamento, per carenza di un requisito processuale in capo all’attore principale.

In tale eventualità manca qualsiasi valutazione sulla legittimità del provvedimento impugnato, in relazione alle censure dedotte in via principale. Il mancato accoglimento del ricorso principale deriva da ragioni puramente processuali, che non incidono sulla validità sostanziale dell’atto.

Proprio in tale eventualità viene in evidenza la correttezza dell’esame preventivo delle censure riguardanti il difetto di legittimazione del ricorrente principale. La sentenza non contiene un accertamento dell’illegittimità sostanziale del provvedimento amministrativo accompagnata dalla inammissibilità del ricorso, perché ciò determinerebbe una inversione logica della sequenza delle diverse questioni e determinerebbe un esito iniquo e scarsamente comprensibile sul piano pratico.

La necessità di questa valutazione preliminare del ricorso incidentale mirato a contestare la legittimazione attiva del ricorrente principale resta ferma, di norma, anche quando la domanda originaria mira ad affermare l’illegittimità della ammissione alla gara dell’aggiudicatario.

In effetti, occorre considerare attentamente la peculiarità delle concrete vicende di volta in volta esaminate nel giudizio.

Si pensi alle ipotesi di gare con due soli concorrenti. A fronte del ricorso proposto dal secondo classificato, diretto a contestare l’ammissione alla gara del vincitore, questi potrebbe a sua volta contestare l’ammissione alla selezione del ricorrente. In tale eventualità, in caso di fondatezza di entrambi i ricorsi, potrebbe apparire più congrua una decisione che, disponendo l’annullamento degli atti contestati, determini il rinnovo delle operazioni concorsuali. Il ricorrente incidentale, attraverso l’accoglimento della propria domanda otterrebbe comunque un risultato utile, consistente nella possibilità di partecipare al procedimento rinnovato dall’amministrazione.

Diversamente, nelle ipotesi in cui alla procedura concorsuale partecipano altri soggetti, oltre al ricorrente principale ed al controinteressato, ricorrente incidentale, l’accoglimento contestuale del ricorso principale e del ricorso incidentale non può risolversi in un annullamento di entrambi gli atti di ammissione, perché ciò determinerebbe un esito privo di utilità per entrambe le parti, tenuto conto che il vantaggio riguarderebbe la sfera giuridica di una diversa parte.

Dunque, nel caso di specie, caratterizzato dalla partecipazione alla gara di tre concorrenti, il tribunale ha correttamente esaminato con priorità logica il ricorso incidentale, affermando il difetto di legittimazione del ricorrente principale.

L’appellante contesta, nel merito, la pronuncia di accoglimento del ricorso incidentale di primo grado.

La censura è infondata.

In punto di fatto, va rilevato che la società Putignano ha indicato quale voce del costo di gestione la somma di lire 467.066.100. a fronte di circa tre miliardi di lire, indicati dagli altri due concorrenti. La cifra indicata dall’appellante è stata calcolata considerando solo il costo del personale e non le altre attività riconducibili alla gestione dell’opera e del connesso servizio.

A dire del tribunale, quindi, l’offerta è stata illegittimamente ammessa, perché contrastante con le prescrizioni di gara.

Secondo l’appellante, invece, il rapporto assume i caratteri di un appalto di lavori e non si configura come concessione di opera e di servizio. L’appaltatore era tenuto solo ad attivare l’impianto ed a gestirlo dalla data del collaudo provvisorio a quello del collaudo definitivo, affinché l’efficienza e la funzionalità dell’impianto risultassero ottimali e garantite al momento dell’affidamento in concessione della gestione ad altri soggetti attraverso ulteriori procedure di evidenza pubblica. Pertanto, il costo è stato ragionevolmente riferito al solo personale.

La tesi non è condivisibile.

L’articolo 1 del capitolato speciale indica con chiarezza che “è compresa e compensata nell’appalto la gestione del complesso condotta - impianto di affinamento – impianto irriguo per due anni a partire dalla data di emissione del collaudo provvisorio”.

Né si può affermare che i costi della gestione “ a regime” abbiano consistenza diversa da quella dei costi connessi alla utilizzazione provvisoria e debbano essere indicati nel piano di utilizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria allegato all’offerta.

Si tratta, all’evidenza, di documenti diversi che devono essere entrambi completati ed allegati alla domanda di partecipazione alla gara.

Non può essere attribuito rilievo nemmeno alla circostanza secondo cui l’articolo 35, comma 2, del capitolato speciale prevede che non potranno essere richieste dalla ditta appaltatrice compensi aggiuntivi, correlati allo svolgimento dell’attività di manutenzione.

Al contrario, la previsione della lex specialis di gara si spiega proprio considerando che tale attività manutentiva rientra nell’oggetto dell’appalto.

Secondo l’appellante, poi, in presenza di un’asserita ambiguità delle clausole del capitolato speciale, si dovrebbe procedere ad una omogeneizzazione delle offerte, nel senso di considerare ai fini della ponderazione del costo di gestione, o il solo costo del personale per tutte le concorrenti, ovvero le ulteriori voci di costo dal piano di utilizzazione.

Anche tale prospettazione non merita accoglimento: le clausole in esame non presentano incertezze apprezzabili in ordine al reale significato attribuibile. Ne deriva che la carenza dell’offerta dell’appellante non potrebbe essere superato da una correzione delle clausole del capitolato, effettuata in sede interpretativa, anche perché in tal modo si realizzerebbe una palese violazione della par condicio tra i concorrenti.

In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato .

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P Q M

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello;

condanna l’appellante a rimborsare agli appellati le spese di lite, liquidandole in lire quattromilioni per ciascuno;

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 novembre 2001, con l'intervento dei signori:

Emidio Frascione                     - Presidente

Giuseppe Farina                       - Consigliere

Paolo Buonvino                       - Consigliere

Aldo Fera                                - Consigliere

Marco Lipari                            - Consigliere Estensore

 

L'ESTENSORE                IL PRESIDENTE               IL SEGRETARIO               IL DIRIGENTE

f.to Marco Lipari               f.to Emidio Frascione        f.to Franca Provenziani       f.to Pier. Maria Costarelli

 

 

Per ulteriori approfondimenti vedi anche il canale:  Giurisprudenza