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Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. del 8 maggio 2002, n. 2482.

 

 

REPUBBLICAITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2001 ha pronunciato la seguente

decisione

Sul ricorso in appello sub 4358/01, proposto dalla società CO.GE.CA, in persona del legale rappresentante p.t., rapppresentata e difesa dagli avv.ti Mario Siniscalco, Riccardo Montanaro e Guido Francesco Romanelli, e presso il terzo elettivamente domiciliata in Roma, Via Cosseria n. 5;

contro

il Comune di Rivoli, in persona del sindaco p.t., n.c.;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte. II Sezione, n. 165 del 26 gennaio 2001;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2001 il consigliere Vincenzo A. Borea, udit l’avv. Romanelli per l’appellante;

Visto il dispositivo della decisione n. 668 del 12 dicembre 2001;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso al TAR Piemonte notificato il 19 ottobre 2000, la società ora appellante, dopo essere stata esclusa, con atto 17 aprile 2000, da una procedura per l’aggiudicazione di lavori per rifacimento fognatura, illuminazione pubblica, sedime stradale, segnaletica e arredo urbano in una determinata area cittadina, per non aver presentato nei termini la documentazione prevista dall’art. 10 comma 1 quater L. 11 febbraio 1994 n. 109, impugnava la successiva nota 10 ottobre 2000 con la quale si disponeva l’incameramento della cauzione provvisoria a suo tempo prestata dalla interessata mediante polizza fidejussoria.

A sua difesa la società sosteneva che si era trattato di mero errore materiale (aveva in termini inviato i certificati di buona esecuzione di lavori di categoria OG6 anziché di categoria OG3), al quale aveva posto rimedio immediatamente inviando la documentazione giusta, tanto è vero che poi la società stessa sarebbe risultata aggiudicataria di altro analogo appalto, precisando altresì che sarebbe ingiusto equiparare i concorrenti che di fatto posseggono i requisiti richiesti a quelli che invece non li posseggono affatto. Da ultimo si lamentava il difetto di motivazione dell’atto impugnato.

Il TAR dichiarava il ricorso inammissibile in quanto rivolto avverso un atto consequenziale di altro atto (l’esclusione dalla gara) non impugnato.

Avverso le conclusioni alle quali è pervenuto il TAR insorge ora la società interessata, sostenendone l’erroneità e insistendo nelle proprie tesi.

DIRITTO

L’appello deve essere respinto, sia pur con motivazione diversa da quella resa dai primi giudici.

La controversia attiene ad un atto con il quale il Comune di Rivoli ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria a suo tempo prestata dalla società appellante in occasione della partecipazione ad un appalto di lavori pubblici, incameramento dovuto alla mancata presentazione in termini, a seguito del sorteggio previsto dall’art.10 comma 1 quater L. 11 febbraio 1994 n. 109, di uno dei documenti richiesti a riprova del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesta dal bando di gara.

La singolarità della fattispecie sta nel fatto che la società interessata non ha impugnato l’atto di esclusione dalla gara, dovuto alla stessa ragione, e adottato sin dall’aprile del 2000, mentre l’atto di incameramento, unico oggetto d’impugnativa, risulta adottato sei mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno.

Sulla base di tale circostanza il TAR ha giudicato inammissibile il ricorso, ritenendo l’atto impugnato meramente consequenziale dell’atto di esclusione.

Dispone l’art. 10 comma 1 quater L. n. 109/94 cit. che “i soggetti di cui all’art. 2 comma 2 (della l. n. 109/94), prima di procedere alla apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro 10 giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico organizzativa, eventualme3nte richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione richiesta in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto alla Autorità per i provvedimenti di cui all’art. 4 comma 7 nonché per l’applicazione delle misure sanzionatorie di cui all’art. 8, comma 7”.

Due considerazioni devono trarsi dal testo della disposizione citata: da un lato balza evidente che da un medesimo presupposto derivano tre conseguenze parallele ed autonome, nei loro contenuti, l’una dall’altra, e cioè l’esclusione dalla gara, l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’Autorità: di qui l’ulteriore corollario che la mancata impugnazione dell’atto di esclusione vale soltanto a rendere definitiva l’ esclusione dalla gara della società interessata, senza che a questa sia precluso il diritto di contestare l’incameramento o di far valere le proprie ragioni innnanzi all’Autorità (cfr., sul punto, C.d.S. , VI Sez., 18 maggio 2001 n. 2780).

Da un altro lato poi, va affermata la perentorietà del termine di 10 giorni entro il quale la documentazione deve essere presentata: come anche qui chiarito dalla decisione sopra citata (ma vedasi anche IV Sez., 6 giugno 2001 n. 3066).

Innanzi tutto, su di un piano letterale, appare inequivoco nel senso indicato il fatto che “i soggetti aggiudicatori”, trascorsi i dieci giorni senza che la richiesta prova sia fornita, “procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità…”.

A ciò fa riscontro l’evidente ratio di assicurare tempi brevi e certi prima della apertura delle buste delle offerte; né il termine può essere ritenuto irrazionalmente troppo breve perché i partecipanti alla gara ben conoscono le regole del gioco laddove queste prevedono un controllo preventivo a campione e quindi sono posti in grado di premunirsi tempestivamente per il caso che vengano sorteggiati.

Poste queste premesse normative e venendo alla fattispecie, sostiene la società appellante che soltanto l’esclusione dalla gara (non impugnata, si ripete) opererebbe automaticamente (a salvaguardia del meccanismo di determinazione dell’anomalia delle offerte) mentre l’atto di incameramento della cauzione, in forza della finalità sua propria di tipo sanzionatorio, non potrebbe non tener conto delle modalità del pur accertato inadempimento nel termine: in altre parole non potrebbe ignorare il fatto che l’interessata aveva commesso un mero errore materiale, trasmettendo i certificati di esecuzione lavori attinenti alla categoria OG6 anziché quelli attinenti alla categoria OG3: errore prontamente rimediato con l’invio della documentazione giusta, tanto è vero che di lì a poco la società si sarebbe vista aggiudicare un appalto analogo a quello in questione.

La tesi non può essere seguita. La norma, in virtù della ratio già vista che la sorregge, non distingue tra inadempimento formale (per errore o altro) e inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti per partecipare alla gara), con la conseguenza che non solo l’esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’Autorità conseguono automaticamente una volta scaduto il termine.

A non dissimili conclusioni è pervenuta peraltro l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (atto di regolazione 30 marzo 2000 n. 15), laddove si dice che “dalla formulazione del testo della norma e dalla ratio sottesa si evince che il termine di dieci giorni entro cui occorre documentare i requisiti indicati è da considerare perentorio ed improrogabile; nel senso che il suo obiettivo decorso, senza che il sorteggiato abbia fatto pervenire alla stazione appaltante la necessaria documentazione, implica l’automatico effetto della esclusione dalla gara, dell’incameramento della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza. Né assume rilievo l’effettivo possesso dei requisiti da parte dell’impresa, ovvero la documentazione degli stessi successivamente al decorso dei dieci giorni assegnati, dato che, per come è formulata la norma, rileva, al fine della produzione degli effetti indicati, il solo dato obiettivo e formale dell’inadempimento nel termine prescritto”.

Resta salva, comunque, a giudizio dell’Autorità, una duplice attenuazione degli effetti di cui sopra, e, cioè, da un lato la non imputabilità all’impresa del ritardo, e, da un altro lato, ciò che riveste particolare importanza proprio perché è la stessa Autorità a contemplare la misura riparatoria, la possibilità per l’Autorità stessa, nell’esercizio dei suoi poteri sanzionatori ex art. 4 comma 7 L. n. 109/94, di tener conto della particolarità della situazione, e quindi di distinguere tra inadempimento tardivo e mancanza dei requisiti richiesti.

E poiché nella specie non appare possibile considerare non imputabile alla società appellante il ritardo con il quale ha presentato la documentazione, essendo evidente la colpa e negligenza della società stessa, l’appello deve essere respinto, salva, si ripete, la suscettibilità della fattispecie di acquisire rilevanza innanzi all’Autorità di vigilanza.

Con la precisazione che le considerazioni sopra svolte in ordine alla automaticità dell’incameramento della cauzione rendono irrilevante l’ulteriore motivo di difetto di motivazione dedotto in primo grado e ribadito in appello.

In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Nulla per le spese del presente grado, non essendosi costituita la controparte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:

Rigetta l’appello così come proposto dalla soc. CO.GE.CA

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 11 dicembre 2001, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

 

Emidio Frascione Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Aldo Fera Consigliere

Filoreto D’Agostino Consigliere

Vincenzo Borea Consigliere est.

 

 

 

 

L'ESTENSORE                IL PRESIDENTE                     IL SEGRETARIO                IL DIRIGENTE

f.to Vincenzo Borea          f.to Emidio Frascione              f.to Franca Provenziani        f.to Pier Maria Costarelli

  

 

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