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Consiglio di Stato, Sez. V, 27 maggio 2002, n. 2930.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

 

D E C I S I O N E

 

sul ricorso in appello n. 1838 del 1993 proposto dal Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Stancanelli ed elettivamente domiciliato presso il dott. Gian Marco Grez, in Roma, Lungotevere Michelangelo, n. 9 ;

c o n t r o

il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

l’Unione italiana di tiro a segno e l’Unione italiana di tiro a segno- sezione di Prato, rappresentate e difese dall’avv. Tommaso Roberto e poi dagli avv.ti Alberto Valentini ed Elena Staccioli ed elettivamente domiciliate presso l’avv. Cesare Romano Carello in Roma, via Silvio Pellico, n. 24 ;

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. della Toscana (sez. I) 17 giugno 1992, n. 265, resa inter partes.

Visto il ricorso con i relativi allegati ;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e dell’Unione italiana di tiro a segno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 22 gennaio 2002 il Consigliere Domenico La Medica, uditi l’avv. Barbantini per delega dell’avv. Stancanelli, l’avv. Carello e l'Avvocato dello Stato Sclafani;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue :

 

F a t t o

 

La Sezione di Prato dell’Unione italiana di tiro a segno in data 20 settembre 1984 presentava al Comune della stessa città domanda di concessione edilizia per l’ampliamento del poligono di tiro sito in località Galceti; successivamente la stessa Sezione presentava un’ulteriore domanda di concessione edilizia per la costruzione di un manufatto ( ricovero per segnalatori ) al servizio del detto poligono.

Le suddette domande sono state respinte dal Comune sul rilievo del contrasto con il vigente P.R.G., in quanto per l’area in questione lo strumento urbanistico prevede la destinazione a verde pubblico.

Tuttavia, la menzionata Sezione con nota in data 11 novembre 1989 comunicava al Comune di voler dare inizio ai lavori progettati in forza dell’autorizzazione rilasciata dallo Stato Maggiore dell’Esercito ai sensi dell’art. 31, secondo comma, l. 6 agosto 1967 n. 765.

Il Comune ha impugnato innanzi al T.A.R. della Toscana il suddetto provvedimento, ma il Giudice adito ha respinto l’impugnativa con sentenza 17 giugno 1992, n. 265, nei cui confronti il medesimo Comune propone appello deducendo la violazione dell’anzidetta norma, nonché un eccesso di potere sotto diversi profili.

In sostanza, l’Amministrazione appellante afferma che non può trovare applicazione, nella specie, la particolare derogatoria disciplina prevista per le “ opere destinate alla difesa nazionale “, mancando qualsiasi collegamento funzionale tra i campi di tiro a segno e la menzionata destinazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa che, con memoria in data 13 dicembre 2001, ha concluso per il rigetto dell’appello.

Si è costituita in giudizio anche l’Unione italiana tiro a segno che con controricorso in data 19 marzo 1993 , ha ugualmente concluso per il rigetto dell’appello.

In prossimità dell’udienza, il Comune ed il Tiro a segno nazionale -Sezione di Prato hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese.

 

D i r i t t o

 

1. Il Comune di Prato censura la sentenza del T.A.R. della Toscana (sez. I) 17 giugno 1992, n. 265, con cui è stato respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento dello Stato Maggiore dell’Esercito avente ad oggetto l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 10 della l. 6 agosto 1967 n. 765, in favore della Sezione di Prato dell’Unione italiana di tiro a segno, ad effettuare lavori di ampliamento del poligono di tiro sito il località Galceti del medesimo Comune.

L’appello è fondato.

2. La disciplina derogatoria stabilita dalla citata norma per le “opere destinate alla difesa nazionale “trova giustificazione nelle particolari esigenze che tali opere sono destinate a soddisfare, esigenze che non possono essere apprezzate e limitate dalle autorità locali.

Peraltro manca nel nostro ordinamento un’enunciazione in termini normativi e generali della definizione di siffatte opere, riferendosi le sporadiche indicazioni che si rinvengono in proposito ad ambiti e finalità di volta in volta determinati (per esempio, l. 18 agosto 1978 n. 497, art. 5).

Per ciò, in considerazione che la menzionata destinazione delle opere può determinare la compressione di altri interessi costituzionalmente protetti, come quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha sottolineato l'esigenza che, tanto in sede legislativa che amministrativa, siano precisati con il dovuto rigore i criteri suscettibili di qualificare l’opera come destinata alla difesa nazionale.

Pertanto, è stata esclusa la validità del riferimento al solo profilo soggettivo, cioè alla natura “ militare “ dell’Amministrazione interessata ai lavori ed è stato affermato che, in ogni caso, tali criteri devono investire sia le caratteristiche oggettive che le finalità dell’opera (Corte cost., 1° aprile 1992, n. 150).

L’individuazione delle opere in argomento, quindi, deve essere effettuata in concreto sulla base della loro effettiva ed inequivoca destinazione alla difesa militare che si riveli mediante un chiaro nesso teologico che a questa le ricolleghi.

Dal canto suo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di osservare che il concetto di opera destinata alla difesa militare non può essere riferito esclusivamente alle opere realizzate o utilizzate dal Ministero della difesa, potendo comprendere anche quelle di altre Amministrazioni, purchè siano considerate tali da un’apposita norma definitoria o intervenga un formale atto di riconoscimento. E’ stato aggiunto che la qualificazione di un’opera come destinata alla difesa militare richiede sempre una manifestazione di volontà del Ministero dei lavori pubblici, dal momento che, per effetto dell’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, essa comporta la sottrazione dell’opera stressa al controllo del Ministero, altrimenti competente ad accertare la conformità alla disciplina urbanistica o comunque a stabilirne la localizzazione, d’intesa con la Regione e gli enti locali interessati ( Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 1999, n. 1712 ). 

3. Per quanto si riferisce all'opera adesso in questione, si deve osservare che si tratta di lavori per l’ampliamento del poligono di tiro comprendenti tra l’altro la realizzazione di una palazzina con locale per bar- ristoro, sala riunioni, ecc.; La stessa sezione pratese dell’Unione italiana tiro a segno nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia faceva presente che “gli impianti attuali risultano insufficienti a soddisfare il crescente numero degli sportivi” mettendo in evidenza che la relativa “attività ha carattere propedeutico per coloro che si accingono a praticare la disciplina sportiva”.

Emerge, quindi, per ammissione della sezione pratese dell’Unione tiro a segno, che l’unico scopo dell’ampliamento del poligono di tiro è quello di soddisfare esigenze di carattere sportivo e tanto trova conferma anche nella considerazione che le opere sono finanziate dal C.O.N.I.

In effetti, l’attività di tiro a segno che, secondo l’art. 1, l. 2 luglio 1882 n. 883, aveva il fine precipuo di “preparare la gioventù al servizio militare, di promuovere e conservare la pratica delle armi in tutti coloro che fanno parte dell’esercito “ha perso nel tempo ogni implicazione militare per assumere contenuti e profili esclusivamente sportivi. A meno che non si tratti in concreto di tiri a segno effettivamente utilizzati da corpi militari.

Per conseguenza si deve ritenere che la norma invocata non possa trovare applicazione nel caso in esame, dovendosi per essa escludere qualsiasi collegamento tra l’attività del tiro a segno e la difesa militare dello Stato.

4. In base alle pregresse considerazioni, l’appello deve essere accolto e per l’effetto in riforma della sentenza impugnata va annullato il provvedimento dello Stato Maggiore dell’Esercito che ha autorizzato la realizzazione delle opere in questione.

Per quanto concerne le spese, si ravvisano giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti per il doppio grado di giudizio.


P. Q. M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV) accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Spese compensate per il doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 22 gennaio 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), in camera di consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giovanni Paleologo                                         Presidente

Domenico La Medica                                      Consigliere,est.

Marcello Borioni                                             Consigliere

Antonino Anastasi                                          Consigliere

Giuseppe Carinci                                            Consigliere

 


 

MASSIME

 

Mancando nel nostro ordinamento un'enunciazione in termini normativi e generali di "opere destinate alla difesa nazionale", l'individuazione delle medesime opere deve essere effettuata sulla base della loro effettiva ed inequivoca destinazione alla difesa militare che si riveli da un chiaro nesso teleologico che a questa le ricolleghi.

 

L'attività di tiro a segno ha perso nel tempo ogni implicazione militare per assumere contenuti e profili esclusivamente sportivi; per ciò la realizzazione delle relative opere non rientra nella speciale disciplina derogatoria di cui all'art. 10, L. 6 agosto 1967, n. 765, dovendosi escludere qualsiasi collegamento tra la medesima attività e la difesa militare dello Stato.

  

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