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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione REG.RIC. ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello riuniti nn. 4801/00 e 5075/00, proposti da:
- (4801/00) Comune di Caivano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Arcangelo D’Avino, ed elettivamente domiciliato in Roma, v. Calcutta n. 45 (studio D’Auria),
contro
la Polisportiva S’Antimo s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Basile, ed elettivamente domiciliata in Roma, v. Portuense n. 104 (c/o sig.ra De Angelis),
e nei confronti
di A.S. Delphinia Sporting Club, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in questo giudizio;
- (5075/00) A.S. Delphinia Sporting Club, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe ed Orazio Abbamonte, con i quali elettivamente domicilia in Roma, v. Proba Petronia n.60,
contro
la Polisportiva S’Antimo s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Basile, ed elettivamente domiciliata in Roma, v. Portuense n. 104 (c/o sig.ra De Angelis),
e nei confronti
del Comune di Caivano, in persona del Sindaco p.t., non costituito in questo giudizio,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sez. I , del 9 marzo 2000, n. 639, resa inter partes, con la quale è stato accolto il gravame proposto dalla Polisportiva appellata avverso gli atti di gara per l’affidamento della custodia e della gestione del centro sportivo comunale.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellata;
Visti gli atti tutti delle cause;
Viste le ordinanze nn. 2867 e 2891 in data 13 giugno 2000, con cui sono state accolte le istanze di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Relatore alla pubblica udienza del 18 dicembre 2001 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti Basile e S. Como, quest’ultimo su delega dell’avv. D’Avino;
Visto il dispositivo della presente decisione n. 723 pubblicato il 21.12.01;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, è stato accolto il ricorso proposto dalla Polisportiva appellata, risultata seconda in graduatoria, avverso gli atti della gara per l’aggiudicazione, avvenuta con il sistema del pubblico incanto e secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa a norma dell’art. 23, lett. b), del d.lg. 157/95, dell’appalto del servizio di gestione e custodia del centro sportivo comunale, di durata novennale.
Dinanzi al Tribunale territoriale la Polisportiva S. Antimo aveva lamentato, in particolare, che il Comune appaltante avrebbe illegittimamente omesso di rilevare che l’aggiudicataria, l’associazione senza fine di lucro A.S. Delphinia Sporting Club, aveva comunque svolto nell’ultimo quinquennio un’attività commerciale e pertanto andava esclusa dalla gara in virtù dell’art. 12 del d.lg. 157/95 (ossia per inosservanza degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse).
2. Con ordinanza cautelare in data 14 aprile 1999, il TAR Campania accoglieva l’istanza di sospensiva proposta dalla Polisportiva appellata, adducendo che l’attività di gestione del centro sportivo, oggetto della gara, non poteva essere considerata non commerciale poiché non effettuata nei confronti degli associati e che, conseguentemente, l’associazione aggiudicataria non avrebbe potuto essere considerata esente dagli obblighi fiscali e tributari.
Accogliendo l’appello cautelare, la Sezione riformava in data 2 luglio 1999 la suddetta ordinanza.
3. Il TAR, nondimeno, accoglieva, con la sentenza avversata, il ricorso nel merito, insistendo, tra l’altro, sulla necessità di verifica da parte del Comune del rispetto della normativa di carattere fiscale, con riguardo all’aggiudicataria.
4. Hanno interposto appello, avverso la prefata pronunzia, sia il Comune appaltante che l’aggiudicataria A.S. Delphinia.
5. L’appellata si è costituita in giudizio per resistere agli appelli, puntualmente difendendo il percorso logico-argomentativo seguito dai giudici di prime cure.
Con ordinanze della Sezione nn. 2867 e 2891 in data 13 giugno 2000 è stata sospesa l’efficacia della sentenza di primo grado.
Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2001 i ricorsi in appello sono stati introitati per la decisione.
DIRITTO
1. Gli appelli in epigrafe, che debbono essere riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza, sono fondati e meritano pertanto di essere accolti.
La sentenza impugnata, nell’accogliere il gravame proposto dalla Polisportiva appellata avverso gli atti della gara, espletata per pubblico incanto e con il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, volta ad aggiudicare l’appalto della custodia e gestione del centro sportivo comunale, ha sviluppato il proprio percorso argomentativo, nel merito, su capisaldi che possono sintetizzarsi nei termini che seguono:
a) si premetteva che avendo il Comune appaltante previsto quale requisito di partecipazione, all’art. 5 del capitolato speciale d’appalto, che si trattasse di soggetti ben definiti, già sotto tale aspetto non poteva affermarsi con certezza che l’aggiudicataria (attuale appellante), costituita come associazione non lucrativa e di utilità sociale, rientrasse tra i soggetti ivi elencati, proprio in considerazione della sua natura non commerciale, non espressamente contemplata. A tal riguardo l’ammissione della stessa ad una gara svolta in regime concorrenziale sarebbe venuta a creare un anomalo confronto tra soggetti imprenditoriali ed altri privi comunque di scopo lucrativo;
b) nel delineato contesto, a maggior ragione doveva collocarsi la necessaria verifica, da parte della stazione appaltante, del rispetto della normativa di carattere fiscale, nel senso che se è vero che in sede di ammissione alla gara devono ritenersi sufficienti le dichiarazioni dei concorrenti ai sensi dell’art. 11 d.lg. 358/92, l’Amministrazione nondimeno, sussistendone nel caso gli estremi, doveva successivamente attivare le procedure di verifica del possesso dei requisiti richiesti in ordine alla posizione dell’aggiudicataria. Nella fattispecie un siffatto tipo di controllo, circa il rispetto degli obblighi fiscali, doveva essere attivato in relazione alle risultanze dei bilanci informali esibiti in sede di gara, dai quali risultava un volume d’affari, nell’ultimo quinquennio, superiore ad un miliardo e trecento milioni di lire. La dichiarazione dell’A.S. Delphinia, di non essere tenuta all’adempimento degli obblighi relativi al possesso della partita IVA ed alla tenuta della contabilità, “non poteva quindi essere accettata supinamente dall’Amministrazione: e tanto non solo per l’attività da svolgersi, ma anche per quella svolta nell’ultimo quinquennio e risultante dal volume di affari dichiarato” ;
c) il dichiarato carattere di azienda no profit, ovvero di associazione sportiva non commerciale, non poteva essere utilizzato per sottrarsi all’adempimento degli obblighi fiscali, vertendosi nell’ipotesi contemplata dall’art. 111 TUIR, ossia di attività resa non esclusivamente a favore dei soci o associati. L’attività dell’aggiudicataria rimaneva fiscalmente regolata dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398 [recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche], la quale ammetteva all’epoca l’accesso ad un regime speciale semplificato se i ricavi annui non avessero superato la soglia di circa 130 milioni di lire (cifra così fissata dal d.m. 10 novembre 1998). Inoltre l’art. 25, comma 1, della legge 133/99 stabiliva [con effetto però non retroattivo] che i proventi derivanti dallo svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali non concorrono alla formazione del reddito imponibile delle associazioni sportive che applicano il regime della l. 398/91 al di sotto degli accennati 130 milioni (l’opzione cesserebbe comunque di effetti nel momento del superamento del predetto tetto), purché però siano percepiti in via occasionale e saltuaria. Orbene i proventi dichiarati dall’associazione aggiudicataria non risultavano di carattere occasionale e saltuario, ed in definitiva sarebbe stata la stessa natura delle prestazioni, come specificate e richieste in capitolato, ad individuarne la loro natura commerciale;
d) ne conseguiva che il Comune non avrebbe dovuto attenersi alle dichiarazioni della concorrente, ma verificare se effettivamente fosse in concreto un soggetto esente dagli obblighi fiscali anzidetti. Ciò rendeva l’impugnato atto di aggiudicazione illegittimo, oltre che per le esposte violazioni di legge e la carenza di accertamenti istruttori, anche per difetto di motivazione.
2. Gli appelli in epigrafe rivestono connotati di fondatezza sotto tutti i profili.
L’argomentare dei primi giudici, che a volte hanno in effetti sforato in dettami e direttive di amministrazione attiva, fuoriuscendo così dai confini della valutazione delle censure di legittimità e dell’efficacia direttamente conformativa della suddetta valutazione, è complesso ma risulta basarsi su fondamenta fallaci.
3. Si deve anzitutto convenire con gli appellanti nella parte in cui hanno lamentato che le considerazioni del Tribunale circa i dubbi sull’includibilità dell’aggiudicataria nell’ambito dei soggetti indicati dall’art. 5 del capitolato speciale d’appalto ed i rischi di anomala competizione tra soggetti imprenditoriali ed altri privi di lucro, riconducibili alla partecipazione dell’associazione Delphinia, sono state rese dal giudice territoriale ultra petita partium.
Per mezzo del gravame di prime cure la Polisportiva appellata si è, infatti, limitata ad eccepire che la menzionata Delphinia non era in possesso dei requisiti di cui all’art. 12 del d.lg. 157/95, e ciò costituiva una causa di esclusione dalla gara.
L’esame di prima istanza andava limitato a questo aspetto, in quanto non era stato lamentato, con il ricorso introduttivo, che la Delphinia non potesse partecipare alla gara in quanto ONLUS.
La norma di capitolato invocata, peraltro, nell’elencare, in generale, le associazioni sportive, gli enti di promozione e gli altri soggetti ammessi a partecipare, sembrava tutt’altro che precludere la partecipazione degli enti non lucrativi.
4. Ma il punto chiave del thema decidendum, che fa orientare il Collegio verso l’accoglimento degli appelli in epigrafe, è il problema del potere-dovere dell’Amministrazione comunale appaltante di disporre le verifiche tese, nello specifico, ad accertare la veridicità delle dichiarazioni dei concorrenti circa l’assolvimento degli obblighi fiscali.
In tal senso recede in secondo ordine anche l’aspetto della regolarità fiscale, in concreto, dell’associazione sportiva aggiudicataria, sul quale entrambi gli appellanti, peraltro, non hanno evitato di soffermarsi, con non poca dovizia di considerazioni.
Tanto premesso, è vero che l’art. 12 del d.lg. 157/95, per il tramite del rinvio all’art. 11 del d.lg. 24 luglio 1992, n. 358, prevedeva l’esclusione dalla partecipazione alle gare per i concorrenti che non fossero in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti (nella versione sostituita dall’art. 10 del d.lg. 25 febbraio 2000, n. 65, è lo stesso art. 12 a recare direttamente una analoga previsione), ma non per questo può dirsi che l’Amministrazione appaltante doveva, o che comunque era nelle sue possibilità (con gli strumenti e le professionalità necessarie), esprimere giudizi circa la regolarità fiscale dell’associazione richiedente.
Nel nostro sistema, nel cui ambito tra l’altro non è prevista una tipica forma di certificazione pubblica di regolare assolvimento degli obblighi fiscali, i controlli sul corretto adempimento dei predetti obblighi sono disimpegnati esclusivamente dagli organi competenti dell’Amministrazione tributaria, e la situazione non può ritenersi mutata solo per l’espletamento di una procedura di gara.
Questo ovviamente non esclude che l’Amministrazione, pur prendendo atto della dichiarazione auto-attestativa dell’interessato, si attivi, anche senza fermare la procedura di gara, sollecitando gli organi competenti sul territorio affinché dispongano gli accertamenti del caso, in esito ai quali possono intervenire misure sanzionatorie di vario profilo (nei confronti della ditta che abbia reso dichiarazioni mendaci), nonché, se possibile, di carattere ripristinatorio nei confronti dei soggetti comunque danneggiati, ad esempio in relazione all’illegittima partecipazione ad una procedura di gara.
Va però escluso il quadro immaginato dall’appellata, e condiviso dal Tribunale di prima istanza, dove è la stessa Amministrazione appaltante (per la quale a questo punto dovrebbe ipotizzarsi la possibilità di avvalersi di onerose consulenze esterne) a dover effettuare una valutazione di merito, seppur solo presuntiva o meramente indiziaria, circa la regolarità fiscale dell’impresa concorrente, sindacando quindi la veridicità della dichiarazione resa dalla ditta richiedente, con tutte le immaginabili conseguenze sulla celerità del dispiegarsi della procedura di gara.
Ad avviso dell’appellata, che riconosce come questo ( e non dunque la possibilità di una ONLUS di partecipare alla gara, a norma del capitolato) sia l’aspetto chiave, che ha portato peraltro i primi giudici ad assumere la contestata decisione, a lei favorevole, il Comune di Caivano, a fronte della dichiarazione dell’aggiudicataria “di non essere tenuta all’adempimento degli obblighi relativi al possesso della partita IVA ed alla tenuta di contabilità”, avrebbe dovuto, per non incappare nella violazione diretta dell’art. 12 del d.lg. 157/95, oltre che del principio della par condicio tra i concorrenti, interpellare l’aggiudicataria e verificare se fosse effettivamente un soggetto esente dagli obblighi fiscali anzidetti. In sostanza il Comune avrebbe dovuto verificare, anzitutto, l’avvenuta manifestazione di volontà optativa per il regime agevolato (di cui all’art. 1 della l. 398/91), dopo di che, di fronte ad un riscontro positivo, accertare se la concorrente superasse il limite di proventi (per attività commerciali) previsto dalla normativa vigente per poter continuare ad usufruire dei benefici.
In realtà bene ha fatto l’Amministrazione, che di certo non aveva né il potere né, tra l’altro, i mezzi per procedere alla verifica della regolarità della posizione fiscale della Delphinia in relazione a prestazioni pregresse, ad arrestarsi all’elemento dell’autocertificazione resa dalla medesima e, non da ultimo, alla mancanza di atti di accertamento tributario, adottati dagli organi competenti nei riguardi dell’aggiudicataria.
5. Del resto, venendo al profilo successivo di doglianza, anche gli elementi che ad avviso del Tribunale, in quanto concordanti indizi di una irregolarità fiscale, dovevano necessariamente portare l’Amministrazione ad avviare, in proprio, le necessarie verifiche, risultano quanto meno opinabili.
Occorre (ed occorreva) tener conto, infatti, che la Delphinia, come si evince dagli atti di gara, gestisce un altro centro polisportivo, nel Comune di Cisterna, cosicché i richiamati dati di bilancio potevano essere agevolmente spiegati, alla stregua della normativa fiscale (art. 111 TUIR), in ragione delle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti.
Così anche il volume di entrate annue di circa 270 milioni di lire, ritenuto dal TAR – nel merito – un rilevante indizio della condizione di irregolarità fiscale dell’appellante e quindi elemento che avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a compiere accertamenti fiscali più approfonditi, poteva essere riconnesso all’attività resa dall’associazione sportiva in esecuzione dei propri fini istituzionali, nella gestione di un centro sportivo, e non risultava essere, dunque, necessariamente il frutto di attività commerciale, ai sensi di legge.
Né di certo il ragionamento portato avanti dall’Organo di prime cure, in adesione alle censure dell’appellata, si appalesa convincente nella parte in cui, con non condivisibile visione prognostica, l’irregolare posizione fiscale dell’appellante è stata fatta discendere dal fatto che questi, una volta assunto il servizio, avrebbe perso la qualifica di ente no profit. La regolarità fiscale è una condizione attuale rilevante al momento della richiesta di partecipazione alla gara, non potendosi certamente procedere all’esclusione di un concorrente dalla gara solo perché, pur avendo esso dichiarato il possesso dei requisiti, si pronostica che li perderà in seguito.
In ogni caso, anche qualora l’appellante perdesse i requisiti per il mantenimento del regime fiscale agevolato degli enti non profit, perché, in ipotesi, l’attività commerciale (non inerente ai fini istituzionali) venisse ad assumere portata prevalente, non sarebbe impedito alla medesima di sottoporsi al regime delle scritture contabili ed agli oneri fiscali dai quali in precedenza era esentata, senza che si possa incidere sulla posizione in gara già al momento della procedura selettiva, dando per scontato un esito (futura posizione fiscale irregolare) che scontato non lo è.
6. In definitiva, a ragion veduta, nei limiti della sindacabilità di scelte di per sé spettanti all’Amministrazione, e pur dovendosi d’altra parte riconoscere che l’aggiudicataria non aveva dato di suo contezza dell’esercizio dell’opzione per il regime semplificato a norma della l. 389/91, i presunti elementi di irregolarità non apparivano comunque tali da sollecitare doverosamente un indagine da parte degli organi di polizia tributaria, né tanto meno da attivare verifiche da parte della stessa stazione appaltante, alla quale dunque non può imputarsi la carenza di istruttoria o di motivazione.
7. Alla stregua delle riportate considerazioni, gli appelli riuniti di cui in epigrafe vanno accolti e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso di prime cure proposto dalla Polisportiva S. Antimo.
Sussistono, ad avviso del Collegio, i motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, con riferimento ad entrambi i gradi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello riuniti indicati in epigrafe, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado proposto dalla S’Antimo.
Spese di lite integralmente compensate tra le parti, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Emidio Frascione Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
f.to Gerardo Mastrandrea f.to Emidio Frascione f.to Francesco Cutrupi
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