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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

TAR Abruzzo - Pescara, Sentenza 28 giugno 2002 n. 595

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

 

composto dai magistrati: dott. Antonio Catoni Presidente dott. Michele Eliantonio consigliere dott. Mario Di Giuseppe consigliere relatore ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 405  del 2001 , proposto da LUCIANI Ernesto , rappresentato e difeso dagli avv. Marcello Russo e Maria Gabriella Iovino, presso il primo elettivamente domiciliato in Pescara, via V. Colonna n.31;

CONTRO

COMUNE di CHIETI , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Morgione, Patrizia Tracanna e Giuliano Trifone, elettivamente domiciliato in Pescara, presso la Segreteria del TAR ;

E NEI CONFRONTI DI

DI MUZIO Pierina, non costituita in giudizio;

CLARO IMMOBILIARE srl, con sede in Chieti, in persona del legale rappresentante  pro tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. Antonella Bosco  ed elettivamente domiciliato  in Pescara, via L. Muzii  n. 80  presso l’avv. Maria Di Tillio ;

per l’annullamento

del provvedimento 27-29.3.2001 n.202 prot. n.15798/1745 del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Chieti, relativo a sanzione pecuniaria per opere edilizie abusive, nonché: della relazione 15.1.2001 n.175 del Settore Assetto del Territorio; della relazione 23.2.2001 n.4.1272 del Settore Lavori Pubblici; della relazione 20.3.2001 n.1606 dell’Ufficio Urbanistico; di tutte le concessioni edilizie e segnatamente delle 31.12.1993 n.4223/665, 8.11.1995 n.3900/6211, 7.10.1997 n.1265/1388, 15.1.1998 n.37328/4738;

e per l’annullamento

del provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426 del Dirigente del Settore Assetto del Territorio del predetto Comune, relativo a revoca dell’atto n.202 del 2001 di cui sopra, ad annullamento parziale della concessione edilizia 15.1.1998 n.37328/4738, a rimborso della sanzione pecuniaria di cui sopra ed a riserva di ulteriori idonei provvedimenti, nonché della relazione 15.5.2001 n.2899 del Settore Urbanistica, della nota 30.5.2001 n.3136, del provvedimento 27.3.2001 n.202 (per ulteriori motivi), della mancata dichiarazione di decadenza della concessione edilizia 31.12.1993 n.4223/665;

e per il risarcimento dei danni.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti, con in relativi allegati;

Visti  gli atti  di costituzione in giudizio del predetto Comune e della srl Claro Immobiliare;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la propria ordinanza 11.10.2001 n.272 di reiezione dell’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 21.3.2002, il cons. Di Giuseppe;

Uditi l’avv. Russo  per la parte ricorrente, l’avv. Trifone  per la parte resistente e l’avv. Bosco  per la parte controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con atto notificato in data 8 e 12.6.2001 e depositato il 25.6.2001 il signor Luciani Ernesto, proprietario di un edificio in via Spatocco di Chieti, ha impugnato il provvedimento 27-29.3.2001 prot. n.15798/1745 del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Chieti, relativo a sanzione pecuniaria (L.10.616.400) per realizzazione, in fase di costruzione di un edificio confinante con la proprietà del Luciani, di opere edilizie difformi dal progetto assentito (per le quali era stata ordinata la sospensione dei lavori con provvedimenti 9.4.1998 n.155 e 21.4.1998 n.166), avendone ritenuto impossibile la demolizione poiché pregiudicherebbe la statica della restante parte di fabbricato (pilastro e porzioni di abitazione). Contestualmente sono state impugnate le relazioni citate nel contesto del provvedimento, nonché le concessioni edilizie relative all’edificio in costruzione: 31.12.1993 n.4223/665, 8.11.1995 n.3900/6211, 7.10.1997 n.1265/1388, 15.1.1998 n.37328/4738.

Il ricorso deduce:

I-violazione degli artt.7 e segg. della legge n.241 del 1990 e dell’art.7 della legge n.142 del 1990 modificato dall’art.4 della legge n.265 del 1999, difetto di istruttoria, poiché l’Amministrazione non ha avvisato il Luciani dell’avvio del procedimento sfociato nell’atto sanzionatorio impugnato, sebbene egli fosse portatore di situazioni giuridicamente rilevanti, quale proprietario di edificio confinante ed in quanto aveva pure diffidato, con atto notificato il 12.11.1999, il predetto Dirigente dal rilasciare qualsiasi concessione in sanatoria ed era costituito parte civile nel processo penale a carico dei controinteressati, così impedendogli di partecipare al procedimento stesso;

II-violazione ed erronea applicazione dell’art.12 della legge n.47 del 1985, eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione, poiché il Dirigente provvedente non poteva ignorare che la concessione edilizia conseguita dai controinteressati era stata ottenuta in base a false prospettazioni della situazione reale e che in data 15.1.1998 era stata rilasciata una variante in corso d’opera su concessione edilizia scaduta sin dal 27.8.1997, sicchè non si tratta di costruzione eseguita in difformità, ma di opera che nella sua unitarietà è stata realizzata su area diversa da quella del progetto approvato e quindi totalmente abusiva; pertanto, applicando la sanzione pecuniaria si è sanato l’intero progetto conservando anche la parte di edificio che doveva essere demolita, opere per le quali è stata presentata il 18.3.1998 domanda di concessione in sanatoria su cui la Commissione edilizia ha espresso parere negativo e su cui si è formato il silenzio-diniego, non impugnato dagli interessati;

III-violazione ed erronea applicazione dell’art.4 della legge n.10 del 1977 e dell’art.60 della L.Reg. n.18 del 1983 modificata dalla L.Reg. n.70 del 1995, difetto di motivazione, eccesso di potere, poiché l’opera è stata realizzata nei piani secondo e terzo oltre il termine perentorio di tre anni stabilito dal comma 4 dell’art.4 della legge n.10 del 1977 per l’ultimazione dei lavori, sicchè, in assenza di domanda e concessione di proroga, si determina la decadenza “ipso iure” della concessione edilizia per mancata ultimazione dei lavori ed il Comune è tenuto a dichiararla d’ufficio con effetto “ex tunc”; peraltro, non è stata rilasciata concessione in sanatoria, né l’opera può essere sanata per contrasto con lo strumento urbanistico, sicchè deve esserne disposta la demolizione;

IV-illegittimità di tutte le concessioni edilizie rilasciate e sopra indicate, nonché sotto altro profilo del provvedimento 27.3.2001, poiché tutte le concessioni sono state rilasciate in violazione di norme di piano e di legge, in particolare in violazione delle norme sulle distanze e di zona, sulla base di false prospettazioni della situazione dei luoghi, sicchè anche il primo piano è stato realizzato in sostanziale difformità rispetto al progetto approvato e quindi se ne doveva ordinare la demolizione invece di prenderlo a base e pretesto della mancata demolizione dei piani superiori, applicando una sanzione pecuniaria, peraltro non richiesta.

Con “motivi aggiunti”, notificati il 13.9.2001 e depositati il 20.9.2001, il signor Luciani ha impugnato il provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426 del Dirigente del Settore Assetto del Territorio del predetto Comune, relativo a revoca dell’atto n.202 del 2001 di cui sopra, ad annullamento parziale della concessione edilizia 15.1.1998 n.37328/4738, a rimborso della sanzione pecuniaria di cui sopra ed a riserva di ulteriori idonei provvedimenti, nonché la relazione 15.5.2001 n.2899 del Settore Urbanistica, la nota 30.5.2001 n.3136, il provvedimento 27.3.2001 n.202 (per ulteriori motivi), la mancata dichiarazione di decadenza della concessione edilizia 31.12.1993 n.4223/665. Contestualmente è stata proposta domanda di risarcimento danni.

Con i “motivi aggiunti” è dedotto:

I-violazione dell’art.7 e segg. della legge n.241 del 1990, poiché anche il nuovo provvedimento non è stato preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento;

II-travisamento dei fatti, omessa emanazione dell’ordine di demolizione ed erronea applicazione delle sanzioni amministrative, poiché nel provvedimento 27.3.2001 n.202 era stato riferito di aver disposto la demolizione delle opere abusive, invece era stata disposta solo la sospensione dei lavori, sicchè le sanzioni amministrative sono state emesse senza il preventivo ordine di demolizione, in violazione dell’art.7 della legge n.47 del 1985;

III-erronea applicazione dell’art.11 della legge n.47 del 1985, eccesso di potere, difetto di motivazione e di istruttoria, poiché l’annullamento della concessione edilizia è stato disposto per parti minime (per mq.2,30 di cui mq.0,46 verso il lato Luciani) e nella planimetria depositata dal Comune non risulta la parete finestrata del ricorrente che avrebbe dovuto imporre una distanza di ml.10 dal relativo spigolo, mentre è stata rispettata la sola distanza da una finestra imponendo la eliminazione dello spigolo per mq.0,46, sicchè l’edificio resta a ml.1,50 da quello del ricorrente; senonchè: la concessione edilizia era scaduta prima dell’inizio dei lavori che doveva avvenire entro il 31.12.1994, mentre la dichiarazione di inizio lavori, datata 28.8.1994, risulta protocollata il 26.5.1995; la Commissione edilizia ha espresso parere favorevole all’annullamento senza una motivazione tecnico-giuridica; l’annullamento parziale si riferisce alle opere realizzate dopo la scadenza della concessione o in difformità dal progetto approvato e non alla illegittimità della concessione edilizia, mentre l’art.11 della legge n.47 del 1985 citato nell’atto presuppone l’annullamento della concessione per sua illegittimità, l’impossibilità materiale di rimozione dei vizi o di restituzione in pristino stato e la valutazione dell’UTE, ma non consente una sostanziale variazione d’ufficio del progetto ad opera dell’Amministrazione la quale, se sussistono i presupposti per l’autotutela, deve rimuovere l’intera concessione, salva la facoltà dell’interessato di chiedere l’approvazione di un progetto in sanatoria ai sensi dell’art.13 della citata legge; peraltro, l’art.11 cit. presenta profili di incostituzionalità, in quanto non concerne, come l’art.13, oggettivi accertamenti di conformità dell’opera eseguita alle norme di piano, bensì concessioni illegittime, come tali annullate ed accertamenti discrezionali amministrativi della impossibilità di rimozione, sicchè il pagamento del valore delle opere abusive estinguerebbe il reato per costruzioni illegittime;

IV-erronea applicazione, sotto ulteriore profilo, dell’art.11 della legge n.47 del 1985, mancata applicazione dell’art.7 stessa legge e mancata adozione di provvedimenti demolitori dovuti, eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, erronei presupposti, poiché la concessione è stata rilasciata sulla base di false prospettazioni progettuali, collocando falsamente le posizioni dei fabbricati del Luciani e della Mancini e, quindi, non arretrando l’edificio fino a ml.10 dal lato Luciani e non riducendo l’area occupata sul lato Mancini; peraltro, la costruzione è stata realizzata tutta dopo la scadenza della concessione edilizia, sia riguardo al termine iniziale (31.12.1994), sia riguardo al termine finale, sicchè non poteva esserne pronunciato l’annullamento parziale;

V-eccesso di potere per sviamento, poiché l’Amministrazione ha serbato un trattamento di gran lunga meno severo con la controinteressata rispetto a quello severissimo riservato al ricorrente per un abuso edilizio di proporzione irrisoria rispetto a quella degli abusi perpetrati dalla controinteressata.

Con memoria depositata in data 8.2.2002 la difesa del ricorrente ha ulteriormente argomentato a sostegno delle dedotte censure, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Per resistere si è costituito in giudizio il Comune di Chieti, senza peraltro depositare memorie difensive.

Si è costituita in giudizio anche la controinteressata s.r.l. CLARO IMMOBILIARE la cui difesa, con memorie depositate in data 5.7.2001, 10.10.2001 e 9.3.2002, ha eccepito la parziale improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse rispetto alla domanda d’annullamento del provvedimento 27-29.3.2001 n.202, essendo stato questo revocato con il provvedimento 12-15.6.2001 n.257 impugnato con i motivi aggiunti, nonché l’inammissibilità del ricorso per tardività con riguardo all’impugnazione delle concessioni edilizie in epigrafe indicate, avendo da tempo acquisito il ricorrente piena contezza delle caratteristiche dell’intervento edilizio, esaminando la perizia 15.9.1998, con i relativi allegati, redatta dall’ing. Bellizzotti quale CTU nel procedimento penale in cui il Lucani è costituito parte civile, oltrechè partecipando in tale veste alle relative udienze del 14.4.2000 e 2.2.2001. La stessa difesa ha, inoltre, controdedotto nel merito delle varie censure, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza 11.10.2001 n.272 il TAR ha respinto l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti.

D I R I T T O

La preliminare eccezione d’improcedibilità parziale del ricorso originario, sollevata dalla difesa di parte controinteressata, è fondata, giacchè la stessa Autorità provvedente ha successivamente adottato l’atto 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426 con cui ha revocato il precedente provvedimento 27-29.3.2002 n.202 prot. n.15798/1745 che costituiva, appunto, uno degli atti impugnati con detto ricorso. Tanto comporta, evidentemente, il venir meno della materia del contendere limitatamente alla domanda di annullamento dell’atto revocato dalla stessa Amministrazione.

Non può, invece, essere condivisa l’eccezione d’inammissibilità per tardività dell’impugnazione delle concessioni edilizie 31.12.1993 n.4223/665, 8.11.1995 n.3900/6211, 7.10.1997 n.1265/1388 e 15.1.1998 n.37328/4738, pure sollevata dalla difesa di parte controinteressata, poiché l’eccezione stessa si basa su una presunzione di piena conoscenza delle concessioni in discorso da parte del ricorrente, essendo questi costituito parte civile nel procedimento penale a carico dei titolari delle concessioni ed avendo egli in tale veste, pertanto, partecipato alle relative udienze ed esaminato la perizia redatta dal CTU nominato dalla competente Procura della Repubblica, così avendo da tempo acquisito piena contezza delle caratteristiche dell’intervento edilizio di che trattasi.

E’ noto che, secondo la giurisprudenza, la prova dell’effettiva e piena conoscenza del provvedimento impugnato deve essere dimostrata in modo assolutamente rigoroso da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione (fra le tante: Cons. St., Sez.IV, 4 dicembre 2000 n.6486), sicchè l’effettiva e piena conoscenza della concessione edilizia rilasciata a terzi deve essere provata da chi eccepisce la tardività della sua impugnazione in modo rigoroso, e non meramente induttivo (fra le tante: Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2002 n.1533).

Ed invero, ai fini dell’inizio della decorrenza del termine per l’impugnazione della concessione edilizia non basta la semplice notizia del rilascio dell’atto o la vaga cognizione del suo contenuto, oppure il mero inizio o lo svolgimento dei lavori di costruzione, in quanto occorre la conoscenza dei suoi elementi essenziali, conoscenza che può in via presuntiva trarsi quando risulta da dati incontrovertibili il completamento della costruzione (Cons. St., VI, n.1533 del 2002 cit.).

D’altra parte, non può ritenersi acquisita la conoscenza piena del provvedimento amministrativo lesivo, quando questa avvenga nel corso del processo da parte del difensore, occorrendo che la conoscenza piena sia acquisita personalmente dal soggetto interessato (fra le tante: Cons. St., Sez.IV, 7 settembre 2000 n.4725).

Neppure può ritenersi acquisita la conoscenza piena degli atti amministrativi da parte del soggetto interessato che abbia presentato esposti o denunce per lamentarne la lesività o l’eventuale illegittimità (fra le tante: Cons. St., Sez.V, 17 dicembre 1990 n.890).

Nel caso in esame, dunque, il Collegio è dell’avviso che le circostanze addotte dalla parte controinteressata non siano idonee a far ritenere che il ricorrente abbia effettivamente e personalmente acquisito in epoca anteriore, e comunque in occasione delle citate udienze in sede penale o del deposito della citata perizia nella stessa sede oppure della presentazione di esposti e denunce, la conoscenza piena, prescritta dall’art.21 della legge n.1034 del 1971, delle concessioni edilizie impugnate in questa sede e, pertanto, valuta infondata la relativa eccezione di tardività dell’impugnazione, non risultando eccepito, né provato, che il ricorso sia stato proposto quando i lavori di costruzione dell’edificio erano completati oppure che dal ricorrente fossero anteriormente conosciuti i contenuti dei progetti assentiti con le citate concessioni edilizie.

Quanto al merito del ricorso, giova ricordare che il Comune di Chieti, con provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426, ha disposto la revoca dell’ordinanza 27-29.3.2001 n.202 prot. n.15798/1745 (relativa ad irrogazione di sanzione pecuniaria ed impugnata con il ricorso originario) ed ha contestualmente disposto l’annullamento parziale della concessione edilizia 15.1.1998 n.37328/4738 (impugnata insieme alle precedenti concessioni con il ricorso originario) limitatamente a porzioni di modesta entità dell’edificio in corso di costruzione, riservandosi di adottare ulteriori provvedimenti ai sensi dell’art.11 della legge n.47 del 1985.

Pertanto, la controversia attiene alla domanda di annullamento di tutte le concessioni edilizie in epigrafe indicate (impugnate con il ricorso originario), alla domanda di annullamento del provvedimento n.257 del 2001sopra citato (impugnato con i motivi aggiunti), alla domanda di annullamento della mancata dichiarazione di decadenza della concessione edilizia 31.12.1993 n.4223/665 (proposta con i motivi aggiunti) ed alla domanda di risarcimento danni (proposta con i motivi aggiunti).

Seguendo l’ordine logico, il Collegio ritiene di dover esaminare, innanzitutto, le censure rivolte nei confronti dell’originaria concessione edilizia. Nell’ambito del secondo motivo del ricorso originario parte ricorrente sostiene che detta concessione è illegittima poiché conseguita in base a false prospettazioni della situazione reale.

La censura deve essere condivisa alla luce delle rilevazioni risultanti dalla relazione datata 15.9.1998 redatta dal CTU, dott. ing. Antonio Bellizzotti, incaricato dalla Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Chieti nell’ambito del procedimento n.531/98, depositata dalla difesa di parte ricorrente, della quale il Collegio ritiene di poter tenere conto per gli aspetti di natura esclusivamente tecnico-rappresentativi.

In essa si legge (a pag.13) che “ la planimetria in scala 1:500 allegata alla originaria C.E.4223/665 del 31.12.1993 riporta che la distanza del fabbricato progettato con quello vicino esistente è di m.10,00 mentre il progettista stesso dichiara nella planimetria allegata alla richiesta di sanatoria del 19.3.1998 che la distanza tra un altro spigolo del fabbricato in costruzione con la parete del vicino fabbricato esistente è di m.7,12. E’ palese che la forma e la posizione dei fabbricati rappresentati nella planimetria allo stato iniziale non corrisponde a quella trovata nella situazione finale.” Vi si legge, inoltre (a pag.14), che “nella planimetria in scala 1:500 inserita in progetto la distanza tra il fabbricato progettato e quello del ricorrente è di m.2,50 e le pareti non risultano prospicienti. Di fatto troviamo che la distanza risulta di m.1,50 e con porzione di pareti prospicienti posti a distanza inferiore ai prescritti m.10,00 e con il pilastro posizionato entro la distanza di m.3,00”.

D’altra parte, la lettura della consulenza tecnica redatta dal geom. Giorgio Marino nell’interesse degli imputati nell’ambito del sopra citato procedimento n.531/98, depositata dalla difesa di parte controinteressata in questa sede, non conduce ad escludere le discrepanze rilevate dall’ing. Bellizzotti con riguardo alle planimetrie allegate all’originaria domanda di concessione edilizia. Infatti, vi si legge (a pag.3) che “il progettista del fabbricato Claroimmobiliare probabilmente è stato tratto in inganno dalle risultanze catastali dove viene indicato il solo corpo principale del fabbricato insistente sul terreno di destra e non la superfetazione retrostante dove si incorre nel fronteggio a m.7,12” e che “questa circostanza, accompagnata dalla estrema accidentalità dei luoghi, ha impedito una diretta ed efficace misurazione, però si ritiene che se vi è stata una carente ed incompleta indicazione, sicuramente non vi è stata falsità ed inganno, in quanto nella planimetria di progetto la misura di m.10,00 liberi viene indicata nello spigolo più avanti verso la via Spatocco e non in quello dove è stato accertato e riconosciuto il fronteggio a m.7,12”.

Dunque, ad avviso del Collegio, deve ritenersi per assodato che la planimetria allegata all’originaria domanda di concessione edilizia, nel rappresentare lo stato dei luoghi preesistente, non era correttamente redatta, giacchè non rappresentava in modo completo gli edifici esistenti a confine con il lotto d’intervento e riportava erronee misurazioni rispetto ad essi, con la conseguenza che il progetto del realizzando edificio presentato per l’approvazione non poteva essere correttamente valutato da parte della Commissione edilizia comunale e dell’Ufficio comunale competente al rilascio della relativa concessione edilizia, sicchè questa ne è risultata inficiata.

Le successive concessioni riguardanti l’edificio di che trattasi sono censurate dal ricorso, sia sotto il profilo dell’originaria illegittimità conseguente alla sopra ritenuta erroneità della rappresentazione del preesistente stato dei luoghi e quindi della impossibilità di prendere l’originaria concessione a base delle concessioni in variante rilasciate in corso d’opera, sia sotto il profilo dell’essere state tali successive concessioni rilasciate quando l’originaria concessione era scaduta.

Anche tali censure debbono essere condivise, giacchè la sopra ritenuta illegittimità della concessione originaria comporta evidentemente l’illegittimità delle varianti che la presuppongono. Peraltro, risulta dagli atti di causa che effettivamente la concessione originaria è scaduta alla data del 28.8.1997, cioè dopo tre anni dall’inizio dei lavori. Tanto risulta asserito dalla stessa Amministrazione a pag.2 della relazione 1.10.2001 prot. n.5409, depositata dalla difesa comunale; inoltre, discende dalla stessa comunicazione di inizio dei lavori dichiarato per il giorno 28.8.1994. Consegue che le impugnate concessioni edilizie 7.10.1997 n. 1265/1388 e 15.1.1998 n.37328/4738 sono illegittime in quanto rilasciate dopo che erano decorsi i termini di validità dell’originaria concessione.

Riguardo al provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426, impugnato con i motivi aggiunti, nel ricordare che con esso il Comune ha disposto l’annullamento parziale della concessione edilizia 15.1.1998 n.37328/4738, il Collegio deve condividere la relativa censura secondo cui l’Autorità provvedente avrebbe dovuto pronunciare, in via di autotutela, l’annullamento totale, non parziale, di detta concessione.

Infatti, la circostanza (peraltro nota al Comune) che l’originaria concessione era scaduta già alla data di rilascio della concessione del 15.1.1998 (rilasciata ai sensi dell’art.15 della legge n.47 del 1985) non poteva legittimare un annullamento parziale, ma postulava un annullamento totale, salva la possibilità per l’interessata di chiedere concessione in sanatoria ai sensi dell’art.13 della legge n.47 del 1985.

Aggiungesi che, come risulta asserito a pag.6 della relazione 1.10.2001 prot. n.5409 della stessa Amministrazione, depositata dalla difesa comunale, detta concessione del 15.1.1998 non poteva neppure essere rilasciata, come accaduto, ai sensi dell’art.15 della legge n.47 del 1985, giacchè le opere oggetto della relativa istanza non erano state realizzate al momento della richiesta (tant’è che non risultavano realizzate nemmeno successivamente, giusta relazione di sorveglianza edilizia 3.4.1998 n.2085).

Quanto alla riserva di emissione di ulteriori provvedimenti ai sensi dell’art.11 della legge n.47 del 1985, contenuta nello stesso provvedimento in esame, il Collegio ritiene inammissibili sia l’impugnativa che le relative censure dedotte con i motivi aggiunti, stante il carattere non provvedimentale di tale “riserva”; pertanto, ritiene irrilevante in questa sede l’eccezione d’incostituzionalità dell’art.11 cit. sollevata nell’ambito del terzo degli stessi motivi aggiunti.

Il ricorso pone, d’altra parte, la questione della mancata, da parte del Comune, dichiarazione di decadenza della concessione edilizia originaria.

Il Collegio considera che, secondo la giurisprudenza, il provvedimento di decadenza della concessione edilizia ha natura dichiarativa a carattere vincolato e che il relativo effetto estintivo non è disponibile per l’Amministrazione (Cons. St., Sez.V, 7 marzo 1997 n.204); pur dovendo essere adottato ogni volta che ne sussistono i presupposti (Cons. St., Sez.V, 3 febbraio 2000 n.597) il provvedimento di decadenza, tuttavia, non è automatico (Cons. St., Sez.V, 23 novembre 1996 n.1414); pertanto, la decadenza deve essere necessariamente dichiarata, ai sensi dell’art.31 della legge n.1150 del 1942, con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una posizione giuridica di interesse legittimo, sicchè non è configurabile nella specie un giudizio d’accertamento, in quanto la competenza esclusiva del G. A. ex art.16 della legge n.10 del 1977 lascia ferma, in soggetta materia, la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi e, quindi, per questi ultimi il solo rito impugnatorio annullatorio (Cons. St., Sez.V, 15 giugno 1998 n.834).

Quest’ultima pronuncia appare attuale anche in seguito alla devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G. A. delle controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle Amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia, disposta dall’art.34 del D.Lgs. n.80 del 1998 come sostituito dall’art.7, comma 1 lett.b), della legge n.205 del 2000, essendo ferma la disposizione contenuta nell’art.103, I comma, della Costituzione.

Tuttavia, il Collegio considera che l’art.34 cit. estende la giurisdizione del G. A. alle controversie sui “comportamenti” delle Amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia. Pertanto, ben può essere sindacato, ad avviso del Collegio, il comportamento dell’Amministrazione che, pur sussistendo i presupposti per dichiarare la decadenza di una concessione edilizia, non adotti il relativo provvedimento.

Nel caso in esame, in più parti (pagg.2,5 e 6) della citata relazione 1.10.2001 prot. n.5409 della stessa Amministrazione, depositata dalla difesa comunale, risulta che era acquisita (sin dalla nota 10.9.1998 prot. n.5433 del Servizio di Sorveglianza edilizia) da parte del competente Ufficio-Settore la consapevolezza dell’avvenuta scadenza, alla data del 28.8.1997, dei termini di validità dell’originaria concessione edilizia 31.12.1993 n.4223/665 e tuttavia non risulta che sia stato adottato il relativo dovuto provvedimento dichiarativo della decadenza.

Peraltro, dalla predetta relazione non risultano indicati elementi e circostanze tali da far escludere che si sia verificato l’effetto estintivo conseguente alla scadenza dei termini di validità della concessione in discorso.

Da tanto discende, ad avviso del Collegio, l’illegittimità del comportamento tenuto al riguardo dal predetto Comune con il non dichiarare la decadenza dell’originaria concessione edilizia.

Resta da esaminare la domanda di risarcimento danni proposta con i motivi aggiunti.

Al riguardo il Collegio deve rilevare che la domanda risulta proposta in modo indeterminato, in quanto priva della quantificazione del danno che si assume subito, sicchè la stessa appare inammissibile (Cons. St., Sez.V, 16 gennaio 2002 n.227).

Peraltro, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento di un atto in sede giurisdizionale, ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge; pertanto, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento (danno ingiusto), è indispensabile che siano accertate la colpa (o il dolo) dell’Amministrazione e l’esistenza di un danno al patrimonio con nesso causale tra l’illecito ed il danno subito (Cons. St., Sez.IV, 14 giugno 2001 n.3169).

Nel caso in esame, la domanda proposta non risulta assistita da sufficienti principi di prova in ordine alla sussistenza di tutti i requisiti sopra indicati, sicchè anche per questo verso la stessa appare inammissibile.

In conclusione, assorbite le censure non esaminate, il ricorso deve essere in parte dichiarato improcedibile, limitatamente all’impugnazione del provvedimento 27-29.3.2001 n.202 prot. n.15798/1745, e per il resto deve essere accolto e, pertanto, debbono essere annullati il provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426 e tutte le concessioni edilizie impugnate. Invece, la domanda di risarcimento danni deve essere dichiarata inammissibile.

Quanto alle spese del giudizio sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporne la compensazione tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo-Sezione Staccata di Pescara dichiara in parte improcedibile il ricorso in epigrafe indicato e per il resto lo accoglie e, per l’effetto, annulla tutte le concessioni edilizie impugnate ed il provvedimento 12-15.6.2001 n.257 prot. n.29387/3426.

Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 21 marzo 2002.

Antonio Catoni presidente

Mario Di Giuseppe estensore

 

Il Segretario d’udienza

 

Pubblicata mediante deposito in Segreteria in data 28.06.2002

Il Direttore di Segreteria

 

 

M A S S I M E

1)  La prova dell’effettiva e piena conoscenza del provvedimento impugnato deve essere dimostrata in modo assolutamente rigoroso e non meramente induttivo da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione. La prova dell’effettiva e piena conoscenza del provvedimento impugnato deve essere dimostrata in modo assolutamente rigoroso da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione (fra le tante: Cons. St., Sez.IV, 4 dicembre 2000 n.6486), sicché l’effettiva e piena conoscenza della concessione edilizia rilasciata a terzi deve essere provata da chi eccepisce la tardività della sua impugnazione in modo rigoroso, e non meramente induttivo (fra le tante: Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2002 n.1533). TAR Abruzzo - Pescara, Sentenza 28 giugno 2002 n. 595

2) La decadenza della concessione edilizia ha natura dichiarativa a carattere vincolato - il provvedimento di decadenza, non è automatico - necessità della dichiarazione con apposito provvedimento - la posizione giuridica del privato - i comportamenti delle Amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia - la giurisdizione del G. A. - la domanda di risarcimento danni proposta con i motivi aggiunti. Il provvedimento di decadenza della concessione edilizia ha natura dichiarativa a carattere vincolato e che il relativo effetto estintivo non è disponibile per l’Amministrazione (Cons. St., Sez.V, 7 marzo 1997 n.204); pur dovendo essere adottato ogni volta che ne sussistono i presupposti (Cons. St., Sez.V, 3 febbraio 2000 n.597) il provvedimento di decadenza, tuttavia, non è automatico (Cons. St., Sez.V, 23 novembre 1996 n.1414); pertanto, la decadenza deve essere necessariamente dichiarata, ai sensi dell’art.31 della legge n.1150 del 1942, con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una posizione giuridica di interesse legittimo, sicché non è configurabile nella specie un giudizio d’accertamento, in quanto la competenza esclusiva del G. A. ex art.16 della legge n.10 del 1977 lascia ferma, in soggetta materia, la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi e, quindi, per questi ultimi il solo rito impugnatorio annullatorio (Cons. St., Sez.V, 15 giugno 1998 n.834). Quest’ultima pronuncia appare attuale anche in seguito alla devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G. A. delle controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle Amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia, disposta dall’art.34 del D.Lgs. n.80 del 1998 come sostituito dall’art.7, comma 1 lett.b), della legge n.205 del 2000, essendo ferma la disposizione contenuta nell’art.103, I comma, della Costituzione. Tuttavia, il Collegio considera che l’art.34 cit. estende la giurisdizione del G. A. alle controversie sui "comportamenti" delle Amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia. Pertanto, ben può essere sindacato, ad avviso del Collegio, il comportamento dell’Amministrazione che, pur sussistendo i presupposti per dichiarare la decadenza di una concessione edilizia, non adotti il relativo provvedimento. Resta da esaminare la domanda di risarcimento danni proposta con i motivi aggiunti. Al riguardo il Collegio deve rilevare che la domanda risulta proposta in modo indeterminato, in quanto priva della quantificazione del danno che si assume subito, sicché la stessa appare inammissibile (Cons. St., Sez.V, 16 gennaio 2002 n.227).  Peraltro, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento di un atto in sede giurisdizionale, ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge; pertanto, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento (danno ingiusto), è indispensabile che siano accertate la colpa (o il dolo) dell’Amministrazione e l’esistenza di un danno al patrimonio con nesso causale tra l’illecito ed il danno subito (Cons. St., Sez.IV, 14 giugno 2001 n.3169). TAR Abruzzo - Pescara, Sentenza 28 giugno 2002 n. 595

 

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