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TAR Campania-Napoli, Sez. I - Sentenza 19 aprile 2001 n. 1793 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - Telecom Italia s.p.a. (Avv. F. Merlino) c. Comune di Casagiove (Avv. A. Romano) e CODACONS – interventore ad opponendum (Avv.ti G. Ursini, R. D’Angelo e C. Rienzi).

Omissis

FATTO

I ricorsi in trattazione riguardano l’installazione e l’esercizio, da parte del gestore di telefonia mobile ricorrente, di una stazione radio base in territorio di Casagiove, montata su di un palo metallico per il supporto di antenne di 19 metri di altezza, posto sul solaio di un edificio ubicato in via Torino, di proprietà della società Telecom Italia s.p.a..

Per una più diretta comprensione della controversia è utile premettere una breve ricostruzione dei fatti.

In data 10 luglio 1995 la Telecom Italia s.p.a. inoltrava all’Ufficio Tecnico del Comune di Casagiove una comunicazione relativa ai lavori di installazione del palo metallico sopra descritto, per conto della T.I.M. s.p.a., per il supporto di antenne per conversione radiomobile, con allegata una relazione tecnica asseverata.

Il successivo 30 novembre 1995 venivano iniziati i lavori di costruzione, previo deposito del progetto strutturale all’Ufficio del Genio Civile. Ultimati i lavori, veniva depositato il collaudo statico della struttura.

In data 13 giugno 1996 la Telecom trasmetteva analoga informativa, contenente i dati tecnici dell’impianto, alla A.S.L. Caserta 1.

Il 17 maggio 1996 il Sindaco del comune di Casagiove adottava il primo degli atti impugnati, l’ordinanza n. 43 di sospensione della funzionalità dell’antenna e di ingiunzione di rimozione del palo metallico.

Tale provvedimento forma oggetto del primo ricorso, il n. 6435/96, proposto dalla Telecom Italia s.p.a..

Il successivo 28 maggio 1996 veniva adottata l’ordinanza n. 45, di contenuto identico, che si differenzia dalla prima solo per essere diretta anche alla T.I.M. s.p.a..

Questa seconda ordinanza è stata impugnata dalla T.I.M. s.p.a. con il ricorso 6460/96. La stessa è stata sospesa dalla IV sezione di questo Tribunale, con ordinanza cautelare n. 1129 del 28 agosto 1996.

In data 27 novembre 1996 il sindaco di Casagiove ha dunque assunto l’ordinanza n. 108, con la quale ha ordinato alla Telecom Italia s.p.a. la sospensione ad horas del funzionamento dell’impianto radio base.

La società T.I.M. ha impugnato anche detto provvedimento (ricorso n. 775/97) ottenendone la sospensione dell’efficacia (ordinanza n. 111/97 del 5 febbraio 1997).

In data 3 giugno 1997 il sindaco di Casagiove ha emanato una nuova ordinanza, la n. 80, con la quale ha imposto alla T.I.M. s.p.a. talune prescrizioni finalizzate alla verifica del rispetto dei limiti massimi di emissione delle onde elettromagnetiche ed alla installazione di un sistema di monitoraggio in grado di determinare l’automatico spegnimento della centrale in caso di superamento dei livelli prefissati.

La T.I.M. s.p.a. ha impugnato anche tale ulteriore provvedimento (ricorsi nn. 7101/97 e 9168/97, quest’ultimo relativamente alla parte dell’atto in cui si determinavano i limiti di emissione), ma la V sezione di questo T.A.R. respingeva la domanda cautelare (ordinanza n. 456/97 del 18 novembre 1997) ritenendo – fermo restando l’esercizio in attività dell’antenna – non sussistente il danno grave e irreparabile.

E’ seguita dunque l’ordinanza n. 14 del 16 febbraio 1998 con la quale il sindaco di Casagiove ha disposto la sospensione ad horas del funzionamento dell’antenna posta a servizio della stazione radio base, per il ritenuto inadempimento della T.I.M. alle prescrizioni a tutela della salute stabilite con il provvedimento n. 80/98. Anche tale atto è stato impugnato davanti a questo giudice amministrativo (ricorso n. 1916/99; sospensiva respinta con ordinanza n. 1213/99).

Infine, in data 4 agosto 1999 il sindaco di Casagiove ha intimato alla T.I.M. s.p.a., con nota n. 007982/99, la disattivazione dell’impianto, in conseguenza della mancata esecuzione dell’ordinanza sindacale n. 14 del 16 febbraio 1999, confermando la vigenza delle prescrizioni sancite dall’ordinanza n. 80/99. Anche quest’ultimo provvedimento è stato impugnato dalla T.I.M. s.p.a. (R.G. n. 8439/99).

Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2001 tutti i summenzionati ricorsi sono stati chiamati e introitati in decisione.

DIRITTO

Sussistono evidenti motivi di connessione oggettiva e soggettiva che suggeriscono la riunione dei ricorsi in esame e la loro decisione con un’unica sentenza.

Riveste carattere pregiudiziale e logicamente prioritario l’esame dei ricorsi 6435/96 e 6460/96 Reg. Gen, relativi ai primi due provvedimenti adottati dal sindaco di Casagiove nei confronti delle ricorrenti.

Coma già chiarito in fatto, si tratta in sostanza dello stesso provvedimento, poiché l’ordinanza n. 45 del 28 maggio 1996 è identica alla n. 43 del 15 maggio 1996 e si differenzia dalla prima solo per il fatto di essere diretta anche nei confronti della T.I.M. s.p.a., e non della sola Telecom Italia s.p.a..

Con l’atto in questione il sindaco di Casagiove motiva l’ordine di sospensione ad horas della funzionalità dell’antenna e la rimozione delle opere abusive ("installazione di un palo metallico per il supporto di antenne per conversione radiomobile di altezza m. 19,00, posto a distanza irregolare dal fabbricato adiacente e installato sull’ultimo solaio dell’edificio di proprietà Telecom sito in questo Comune alla via Torino") sulla base della seguente motivazione: ". . . constatato che le opere abusive sono state costruite in assenza di concessione edilizia o della procedura prevista dal D.L. n. 154 del 26.3.96; visto l’art. 7, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47; tenuto altresì conto che, per l’ubicazione richiesta di tale impianto, si ritiene necessario, in ogni caso, acquisire l’attestazione rilasciata dall’ASL conformemente alle disposizioni contenute nella circolare del Ministero della Sanità n. 69 del 12.11.1982; ritenuta l’urgenza di provvedere al fine di scongiurare i paventati pericoli per la salute pubblica".

La Telecom Italia e la T.I.M., nei ricorsi nn. 6435/96 e 6460/96 (sostanzialmente identici) di impugnazione degli atti in esame, sostengono in sintesi che per l’installazione dell’antenna era sufficiente la denuncia di inizio di attività, ritualmente presentata, e che la Telecom aveva già provveduto ad inviare alla A.S.L. 1 di Caserta "la documentazione attestante la rispondenza dell’impianto - di ben più evoluta tecnologia rispetto a quella della circolare del ministero della sanità del 1982 – ai valori limite, addirittura su livelli più restrittivi di quelli proposti in ambito nazionale, così come verificato dalla ISPESL di Roma su impianti analoghi".

La tesi di parte ricorrente non è fondata.

Ritiene il Collegio che per un impianto della specie e delle dimensioni di quello oggetto di causa ("installazione di un palo metallico per il supporto di antenne per conversione radiomobile di altezza m. 19,00") sia necessaria la concessione edilizia, ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 10 del 1977.

Giova precisare che, essendo il provvedimento in esame fondato su una pluralità di ragioni giustificatrici autonome e indipendenti (carenza di concessione edilizia e pericolosità dell’impianto per la salute pubblica), è sufficiente la fondatezza di una sola di esse ai fini della legittimità dell’atto (ex plurimis, da ultimo, Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2000 n. 5530).

Il Collegio condivide la prevalente giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto dell’assoggettabilità a concessione edilizia dell’installazione di antenne della specie di quella oggetto del presente giudizio. Tale giurisprudenza afferma condivisibilmente che, ai sensi dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, "è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, o anche solo funzionale", ovvero "quando si intenda realizzare un intervento sul territorio con la perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opere in muratura" (Cons. St., sez. V, 6 aprile 1998 n. 415, che richiama, della stessa sezione, le decisioni 14 dicembre 1994 n. 1486, 23 gennaio 1991 n. 64 e 21 ottobre 1985 n. 343). In particolare, nella decisione n. 415 del 1998 la sezione V del Consiglio di Stato ha ritenuto la necessità di concessione edilizia proprio riguardo a un caso di installazione di un’antenna di notevoli dimensioni, facendo leva in particolare sul rilievo che "nella specie, risulta con chiarezza . . . che l'antenna è saldamente ancorata al suolo ed è visibile dai luoghi circostanti, sicché non è dubitabile che vi sia stata l'alterazione avente rilievo ambientale ed estetico, cui più volte ha fatto riferimento la Sezione".

Tale orientamento è largamente condiviso dal giudice amministrativo di primo grado (Tar Emilia Romagna, sez. Parma, 17 aprile 2000 n. 229; Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 4 aprile 2000 n. 432, Tar Marche, 15 gennaio 1999 n. 73; Tar Lombardia, Milano, sez. I, 7 aprile 1997 n. 430, Tar Puglia, Bari, sez. II, 9 febbraio 1996 n. 29; id., 8 ottobre 1992 n. 613).

Non ha pregio la tesi di parte ricorrente circa l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto della denuncia di inizio di attività previsto dall’articolo 4, comma 7, del d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, conv. con modif. nella legge 4 dicembre 1993 n. 493. La tipologia di impianto in questione non rientra in nessuna delle ipotesi elencate dal comma 7 di tale articolo.

In particolare, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, deve escludersi che l’antenna sia pertinenziale all’edificio sulla quale è installata. Non è quindi applicabile nemmeno l’articolo 7 del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, conv. con modif. nella l. 25 marzo 1982 n. 94 che assoggetta ad autorizzazione gratuita le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti. Non è sostenibile altresì che si tratti di un impianto tecnologico a servizio dell’edificio sottostante, a nulla rilevando in contrario che tale edificio è di proprietà della Telecom Italia s.p.a.. La strumentalità dell’antenna all’attività imprenditoriale di gestione di rete telefonica (facente peraltro capo al diverso soggetto gestore della rete mobile T.I.M. s.p.a.) non va infatti confusa con la strumentalità a servizio dell’edificio principale, che caratterizza la pertinenza e il rapporto di servizio tra i manufatti, cui si riferiscono l’articolo 7 del d.l. "Nicolazzi" citato e la lettera f) del comma 7 dell’articolo 4 del d.l. 398 del 1993.

Non inficia la validità dell’atto gravato la circostanza che l’amministrazione abbia rilevato non solo la mancanza di concessione edilizia, ma abbia dubitato anche dell’avvenuta ottemperanza, da parte della ricorrente, della procedura sulla denuncia di inizio di attività già prevista dal d.l. 26 marzo 1996 n. 154 (". . . constatato che le opere abusive sono state costruite in assenza di concessione edilizia o della procedura prevista dal D.L. n. 154 del 26.3.96"; il d.l. 154/1996, poi reiterato e non convertito in legge, aveva introdotto la nuova disciplina per il rilascio della concessione edilizia poi rifluita nell’articolo 2, comma 60, della legge finanziaria per il 1997, legge 23 dicembre 1996 n. 662, che ha sostituito l’articolo 4 del d.l. 398 del 1993).

Resta invero inequivoco che l’amministrazione ha legittimamente ritenuto nell’atto impugnato la necessità del previo rilascio della concessione edilizia per l’opera di cui trattasi, così risultando chiara e univoca l’individuazione della potestà in concreto esercitata, come reso palese dal successivo richiamo, nella motivazione dell’atto, all’articolo 7, comma 2, della legge 47 del 1985, riguardante per l’appunto le "Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali".

Ed infatti, l’erronea citazione di norme non incide sulla legittimità dell’atto ove l’erroneo richiamo non renda incerta l’individuazione esatta del potere esercitato (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 16 novembre 2000 n. 6132).

Consegue dalle suesposte considerazioni la conclusione dell’infondatezza dei due primi ricorsi (nn. 6435/96 e 6469/96 Reg. Gen.), che andranno conseguentemente respinti.

Segue al rigetto dei primi gravami l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse di tutte le altre azioni successivamente proposte.

Esse invero riguardano profili inerenti l’esercizio della stazione radio base, sul presupposto della sussistenza di un titolo edilizio utile al mantenimento dell’antenna, giusta l’ordinanza cautelare di sospensione degli effetti delle ordinanze sindacali 42 e 45 del 1995 di demolizione del manufatto.

Per effetto della reviviscenza dei suddetti provvedimenti, a seguito della presente pronuncia di rigetto nel merito dei ricorsi contro di essi proposti, si palesano inutili perché privi di oggetto tutti gli atti successivamente adottati dall’amministrazione e, conseguentemente, improcedibili i relativi gravami.

Sussistono, ad avviso del Collegio, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, ne dispone la riunione e così decide:

rigetta i ricorsi n. 6435/96 Reg. Gen. e 6460/96 Reg. Gen.;

dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse gli ulteriori ricorsi di cui in epigrafe;

compensa per intero tra le parti le spese di causa.

 

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 31 gennaio 2001.

Depositata il 19 aprile 2001.


 

M A S S I M A

1) Installazione di un palo metallico per il supporto di antenne per conversione radiomobile - necessità della concessione edilizia - pericolosità dell’impianto per la salute pubblica - inapplicabilità dell’istituto della denuncia di inizio di attività (D.I.A.) - esclusione dell’assunto che l’antenna sia pertinenziale all’edificio sulla quale è installata - autorizzazione gratuita per le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti - esclusione - la strumentalità a servizio dell’edificio principale - la strumentalità dell’antenna all’attività imprenditoriale - la pertinenza e il rapporto di servizio tra i manufatti - l’erronea citazione di norme non incide sulla legittimità dell’atto. Ritiene il Collegio che per un impianto della specie e delle dimensioni di quello oggetto di causa ("installazione di un palo metallico per il supporto di antenne per conversione radiomobile di altezza m. 19,00") sia necessaria la concessione edilizia, ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 10 del 1977. Giova precisare che, essendo il provvedimento in esame fondato su una pluralità di ragioni giustificatrici autonome e indipendenti (carenza di concessione edilizia e pericolosità dell’impianto per la salute pubblica), è sufficiente la fondatezza di una sola di esse ai fini della legittimità dell’atto (ex plurimis, da ultimo, Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2000 n. 5530). Il Collegio condivide la prevalente giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto dell’assoggettabilità a concessione edilizia dell’installazione di antenne della specie di quella oggetto del presente giudizio. Tale giurisprudenza afferma condivisibilmente che, ai sensi dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, "è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, o anche solo funzionale", ovvero "quando si intenda realizzare un intervento sul territorio con la perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opere in muratura" (Cons. St., sez. V, 6 aprile 1998 n. 415, che richiama, della stessa sezione, le decisioni 14 dicembre 1994 n. 1486, 23 gennaio 1991 n. 64 e 21 ottobre 1985 n. 343). In particolare, nella decisione n. 415 del 1998 la sezione V del Consiglio di Stato ha ritenuto la necessità di concessione edilizia proprio riguardo a un caso di installazione di un’antenna di notevoli dimensioni, facendo leva in particolare sul rilievo che "nella specie, risulta con chiarezza . . . che l'antenna è saldamente ancorata al suolo ed è visibile dai luoghi circostanti, sicché non è dubitabile che vi sia stata l'alterazione avente rilievo ambientale ed estetico, cui più volte ha fatto riferimento la Sezione". Tale orientamento è largamente condiviso dal giudice amministrativo di primo grado (Tar Emilia Romagna, sez. Parma, 17 aprile 2000 n. 229; Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 4 aprile 2000 n. 432, Tar Marche, 15 gennaio 1999 n. 73; Tar Lombardia, Milano, sez. I, 7 aprile 1997 n. 430, Tar Puglia, Bari, sez. II, 9 febbraio 1996 n. 29; id., 8 ottobre 1992 n. 613). Non ha pregio la tesi di parte ricorrente circa l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto della denuncia di inizio di attività previsto dall’articolo 4, comma 7, del d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, conv. con modif. nella legge 4 dicembre 1993 n. 493. La tipologia di impianto in questione non rientra in nessuna delle ipotesi elencate dal comma 7 di tale articolo. In particolare, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, deve escludersi che l’antenna sia pertinenziale all’edificio sulla quale è installata. Non è quindi applicabile nemmeno l’articolo 7 del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, conv. con modif. nella l. 25 marzo 1982 n. 94 che assoggetta ad autorizzazione gratuita le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti. Non è sostenibile altresì che si tratti di un impianto tecnologico a servizio dell’edificio sottostante, a nulla rilevando in contrario che tale edificio è di proprietà della Telecom Italia s.p.a.. La strumentalità dell’antenna all’attività imprenditoriale di gestione di rete telefonica (facente peraltro capo al diverso soggetto gestore della rete mobile T.I.M. s.p.a.) non va infatti confusa con la strumentalità a servizio dell’edificio principale, che caratterizza la pertinenza e il rapporto di servizio tra i manufatti, cui si riferiscono l’articolo 7 del d.l. "Nicolazzi" citato e la lettera f) del comma 7 dell’articolo 4 del d.l. 398 del 1993. Non inficia la validità dell’atto gravato la circostanza che l’amministrazione abbia rilevato non solo la mancanza di concessione edilizia, ma abbia dubitato anche dell’avvenuta ottemperanza, da parte della ricorrente, della procedura sulla denuncia di inizio di attività già prevista dal d.l. 26 marzo 1996 n. 154 (". . . constatato che le opere abusive sono state costruite in assenza di concessione edilizia o della procedura prevista dal D.L. n. 154 del 26.3.96"; il d.l. 154/1996, poi reiterato e non convertito in legge, aveva introdotto la nuova disciplina per il rilascio della concessione edilizia poi rifluita nell’articolo 2, comma 60, della legge finanziaria per il 1997, legge 23 dicembre 1996 n. 662, che ha sostituito l’articolo 4 del d.l. 398 del 1993). Resta invero inequivoco che l’amministrazione ha legittimamente ritenuto nell’atto impugnato la necessità del previo rilascio della concessione edilizia per l’opera di cui trattasi, così risultando chiara e univoca l’individuazione della potestà in concreto esercitata, come reso palese dal successivo richiamo, nella motivazione dell’atto, all’articolo 7, comma 2, della legge 47 del 1985, riguardante per l’appunto le "Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali". Ed infatti, l’erronea citazione di norme non incide sulla legittimità dell’atto ove l’erroneo richiamo non renda incerta l’individuazione esatta del potere esercitato (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 16 novembre 2000 n. 6132). TAR Campania-Napoli, Sez. I - Sentenza 19 aprile 2001 n. 1793

 

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