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Consiglio Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3823.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

Sul ricorso in revocazione, proposto da Ferretti Emanuela e Cagnucci Anna, rappresentate e difese dall’avv. Roberto Bianchi, presso il quale sono elettivamente domiciliate in Roma, via Romeo Romei n. 15;

CONTRO

Prefettura di Perugia, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei portoghesi, n.12;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato- Sezione IV- n.3150/2001, del 27 febbraio 2001;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 29 gennaio 2002 la relazione del consigliere Raffaele Maria De Lipsis, e uditi altresì l’avv. Bonaiuti su delega dell'avv. Bianchi R. per l’appellante e l'avv. dello Stato Clemente per l'amministrazione appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso in revocazione le sig.re Ferretti Emanuela e Cagnucci Anna impugnavano la sentenza di questa Sezione n.3150/01, del 27 febbraio 2001, che- pronunciandosi sul loro appello avverso la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria n. n.770/99- aveva dichiarato irricevibile, in quanto tardivamente proposto, il ricorso di primo grado dalle medesime presentate ai sensi e per gli effetti del D.L.27 ottobre 1997, n.364, convertito con legge 17 dicembre 1997, n.434.

Esponevano le ricorrenti di avere impugnato in primo grado i seguenti atti: a) ordinanza prefettizia 14 ottobre 1997, n.3607, di requisizione in uso di un’area di loro proprietà in favore del Comune di Nocera Umbra; b) ordinanza prefettizia n.4955 dell’8 dicembre 1997, di requisizione in uso di un’altra area di loro proprietà sempre a favore del predetto Comune; c) decreto prefettizio n.461 del 10 marzo 1998, integrativo delle precedenti statuizioni. Il TAR adito - con sentenza n.770/99 - aveva dichiarato in parte inammissibile e in parte rigettato il loro gravame.

Appellavano la citata pronuncia le interessate, contestandone la motivazione e riproponendo le censure già articolate in prime cure.

Questa Sezione, con decisione n.3150/01, sull’assorbente presupposto che i termini di decadenza per l’impugnativa degli atti gravati in quella sede fossero ormai decorsi per tutti, dichiarava irricevibile il ricorso di primo grado.

Di quest’ultima decisione viene ora richiesta la revocazione per i seguenti motivi:

1) Errato computo da parte della Sezione del termine di decadenza per proporre il ricorso di primo grado.

Del tutto erroneamente non si sarebbe tenuto conto del fatto che il ricorso di primo grado era stato presentato ai sensi e per gli effetti del D.L. 27 ottobre 1997, n.364, convertito dalla legge 17 dicembre 1997, n. 343, il quale- a seguito dei noti eventi sismici che avevano colpito le regioni Marche ed Umbria- ha disposto la sospensione di tutti i termini perentori, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione in scadenza nel periodo dal 26.9.1997 al 31.3.1998, per tutti i soggetti che alla data del 26 settembre 1997 erano residenti nei comuni maggiormente interessati dai suddetti eventi sismici, tra cui Nocera Umbra.

Pertanto, sussisterebbe il dedotto errore di fatto.

2) Errore di fatto sotto altro profilo.

Quanto affermato in sentenza circa il fatto che la difesa delle ricorrenti avrebbe prodotto memorie a sostegno della propria tesi non corrisponderebbe al vero, in quanto non sarebbe mai stato notificato alla difesa l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione del ricorso in appello; in tal modo non sarebbe stato rispettato il principio del contraddittorio.

Per il caso che la Sezione avesse voluto “giudicare con una sola decisione sulla domanda di revocazione e sul merito della controversia”, le interessate riproponevano i motivi di gravame già esposti nell’atto di appello, condensati nel vizio di “ violazione e/o falsa applicazione di legge. Illogicità e contraddittorietà della decisione”.

In sostanza, le ricorrenti si dolevano del fatto che i provvedimenti gravati in prime cure non contenessero la necessaria determinazione di durata.

Si costituiva il Ministero dell’Interno senza produrre memorie.

DIRITTO

1) Con il primo motivo di revocazione le ricorrenti si dolgono in quanto la impugnata sentenza conterrebbe un errore di fatto derivante da un errato computo del termine di decadenza relativo alla proposizione del ricorso di primo grado, che sarebbe stato presentato “ ai sensi e per gli effetti del D.L. 27 ottobre 1997, n.364, convertito dalla legge 17 dicembre 1997, n. 343, il quale- a seguito dei noti eventi sismici che avevano colpito le regioni Marche ed Umbria- ha disposto la sospensione di tutti i termini perentori, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione in scadenza nel periodo dal 26.9.1997 al 31.3.1998, per tutti i soggetti che alla data del 26 settembre 1997 erano residenti nei comuni maggiormente interessati dai suddetti eventi sismici, tra cui Nocera Umbra”.

Pertanto, essendo stati i provvedimenti impugnati in prime cure notificati durante il periodo della sospensione dei termini, il calcolo del termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso non sarebbe stato correttamente effettuato dalla Sezione, che erroneamente avrebbe dichiarato la irricevibilità del gravame di primo grado.

La doglianza è fondata.

1.1) Come è noto, affinché ci possa essere la revocazione di una decisione, occorre la esistenza di un errore di fatto, consistente in una falsa percezione della realtà processuale da parte del giudice, cioè in una svista- obiettivamente ed immediatamente rilevabile- che abbia portato ad affermare l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti risulti, invece, positivamente accertato. . .

Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che il ricorso di primo grado è stato presentato con espresso riferimento al D. L. 27 ottobre 1997, n. 364, normativa che ha disposto la sospensione dei termini per i residenti nei comuni delle regioni Marche ed Umbria interessati agli eventi sismici del settembre 1997.

L’art. 1° della citata normativa espressamente stabilisce che: “ per i soggetti che, alla data del 26 settembre 1997, erano residenti o avevano sede operativa nei comuni e nei territori individuati ai sensi dell’art. 1, commi 2 e 3 , dell’ordinanza del Ministro dell’Interno delegato per il coordinamento della protezione civile n.2694 del 13 ottobre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 241 del 15 ottobre 1997, sono sospesi, sino al 31 marzo 1998, i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche tributari, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo dal 26 settembre 1997 al 31 marzo 1998.”.

Quindi, atteso che le due ordinanze prefettizie impugnate in primo grado risultano notificate alle odierne ricorrenti, residenti nel Comune di Nocera Umbra (Comune rientrante tra quelli individuati dalla citata ordinanza ministeriale) in data 9 dicembre 1997, cioè durante il predetto periodo di sospensione dei termini, il (nuovo) dies a quo di decorrenza ai fini della loro impugnativa iniziava dal 1° aprile 1998 e scadeva dopo sessanta giorni, il 31 maggio 1998. Con la conseguenza che il ricorso di primo grado, che risulta notificato in data 29 maggio 1998- contrariamente a quanto affermato nella decisione di cui oggi si chiede la revocazione- appare presentato nei termini e, pertanto, erroneamente la sentenza impugnata ne ha dichiarato la irricevibilità.

1.2) L’individuazione del menzionato errore di fatto revocatorio in cui è incorsa la decisione d’appello è, di per sé, autonomamente sufficiente a far dichiarare ammissibile e fondato il ricorso per revocazione in esame; pertanto, l’ulteriore censura relativa al secondo errore di fatto, dedotto dalle interessate sempre a fini revocatori, può considerarsi assorbita.

L’accoglimento del ricorso in revocazione comporta, ora, l’esame del merito dell’atto di appello proposto dalle interessate avverso la decisione del TAR dell’Umbria n. 770/99.

2) Con un unico articolato motivo di gravame le ricorrenti deducono il vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge, in quanto la sentenza gravata non avrebbe correttamente interpretato l’art. 7 della legge n. 2248, ALL E, del 20 marzo 1965, e l’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n.225.

In sostanza, le interessate si dolgono del fatto che i provvedimenti gravati in prime cure non contengano la necessaria determinazione di durata, facendo riferimento ad una generica quanto indeterminata locuzione “fino a cessate esigenze”.

La doglianza è fondata.

E’ nota, al riguardo, la costante giurisprudenza di questo Consiglio (e delle altre Magistrature superiori amministrative, T.S.A.P. e Corte dei Conti) in materia di necessarietà del preciso termine di durata nei provvedimenti di requisizione d’uso della proprietà privata, stante l’intrinseco carattere di straordinarietà di siffatti atti, con i quali, in sostanza, per salvaguardare interessi generali non altrimenti tutelabili, si stravolge l’ordine naturale dei rapporti giuridici in base a circostanze specifiche da cui scaturiscono effetti limitati nel tempo.

Tali provvedimenti, adottabili in presenza di contingenze non altrimenti affrontabili che con misure di eccezione, devono essere assunti- tra l’altro- con il minimo danno per il privato e con la determinazione di un puntuale termine di efficacia dell'atto, fissato nel minimo indispensabile, e prorogabile soltanto in presenza del permanere delle gravi necessità che giustificarono l’adozione dell’atto medesimo.

2.1) Applicando i su richiamati principi al caso di specie, non può revocarsi in dubbio che le ordinanze prefettizie contestate in primo grado non contengono il termine finale di durata della disposta requisizione.

Invero, esse ordinano la requisizione in uso dell’area di proprietà delle

odierni ricorrenti, a favore del Comune di Nocera Umbra, “ fino a cessate esigenze”.

Né il predetto termine di durata potrebbe essere ricavabile per relationem ad altri atti indicati nelle ordinanze de quibus. Ciò in quanto l’unico atto ivi indicato- il D.P.C: M. 27.9.1997- (peraltro, riportato in uno dei due provvedimenti con estremi non esatti), si riferisce alla dichiarazione dello stato di emergenza nelle regioni Marche ed Umbria colpite dagli eventi sismici e contiene un ampio termine di durata , il 30 giugno 1999, che appare piuttosto relazionato alla situazione generale dell’emergenza astrattamente valutata e non rapportato alla contingente situazione di necessità che ha attivato- nella specie- il (successivo) provvedimento straordinario della requisizione in uso.

Sotto l’esaminato profilo, pertanto, gli impugnati provvedimenti si presentano come atti di disposizione sine die della proprietà privata e, come tali, illegittimi.

3) Alla luce delle su esposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, va annullata la gravata sentenza.

Le spese, come di regola seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, cosi decide:

Accoglie il ricorso in revocazione avverso la sentenza di questa Sezione n.3150/01 del 31 febbraio 2001 e, per l’effetto, la revoca;

Accoglie l’originario appello proposto avverso la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria n.770/99 del 25 settembre 1999 e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado;

Condanna la soccombente amministrazione al pagamento delle spese dei tre gradi di giudizio, che liquida forfettariamente in euro 3000,00 (tremila). .

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2002, con l’intervento dei signori:

Stenio Riccio - Presidente

Costantino Salvatore - Consigliere

Raffaele Maria De Lipsis - Consigliere estensore

Marinella Dedi Rulli - Consigliere

Vito Poli - Consigliere

 

M A S S I M E

1) Affinché ci possa essere la revocazione di una decisione, occorre la esistenza di un errore di fatto, consistente in una falsa percezione della realtà processuale da parte del giudice, cioè in una svista- obiettivamente ed immediatamente rilevabile- che abbia portato ad affermare l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti risulti, invece, positivamente accertato. .

2) I provvedimenti di requisizione d’uso della proprietà privata, stante l’intrinseco carattere di straordinarietà di siffatti atti, con i quali, in sostanza, per salvaguardare interessi generali non altrimenti tutelabili, si stravolge l’ordine naturale dei rapporti giuridici in base a circostanze specifiche da cui scaturiscono effetti limitati nel tempo, devono essere assunti con il minimo danno per il privato e con la determinazione di un puntuale termine di efficacia dell'atto, fissato nel minimo indispensabile, e prorogabile soltanto in presenza del permanere delle gravi necessità che giustificarono l’adozione dell’atto medesimo.

 

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