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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

Consiglio Stato, sez. VI, 27 agosto 2002, n. 4302.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6671/1996, proposto da Associazione Nazionale Demolitori Autoveicoli (A.D.A.), in persona del legale rappresentante in carica e da Calò Roberto s.a.s., in persona del legale rappresentante in carica, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Federico Sorrentino, ed elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultimo , in Roma, Lungotevere delle Navi , n. 30;

contro

Ministero de ll’ambiente e Ministero dell’industria , in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliati presso gli uffici di quest’ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Lazio - sede di Roma , sez. II , 24 maggio 1996, n. 1001 , resa tra le parti .

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni appellate ;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

vista la propria ordinanza 20 settembre 1996, n. 1024, con cui è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

visti tutti gli atti della causa;

relatore alla pubblica udienza del 7 maggio 2002 il consigliere Rosanna De Nictolis.

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

   1. Con ricorso al T.A.R. del Lazio le odierne appellanti impugnavano il decreto del Ministro dell’ambiente 5 settembre 1994, emanato in attuazione dell’art. 5, D.L. 8 luglio 1994, n. 438, nella parte in cui comprende i rifiuti inerenti la demolizione di autoveicoli tra quelli esclusi dall’applicazione del citato decreto – legge.

   Il T.A.R. adito, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato il ricorso inammissibile, per difetto di contraddittorio, in quanto essendo il decreto ministeriale stato emanato di concerto da più autorità, lo stesso era imputabile a tutte le autorità concertanti, e dunque il ricorso andava notificato a tutte e non solo ad alcune.

   Hanno proposto appello le originarie ricorrenti, contestando la declaratoria di inammissibilità e riproponendo, nel merito, tutte le censure di cui al ricorso di primo grado.

   1.1. In rito, osservano che il ricorso giurisdizionale va notificato all’organo che ha emesso l’atto impugnato. Nel caso di atti <<di concerto>> l’organo che ha emanato l’atto è da ritenere che sia solo quello che acquisisce il concerto degli altri organi.

   In ogni caso gli atti di concerto andrebbero riferiti all’unica amministrazione statale, ancorché articolata in più organi, sicché si avrebbe un’unica parte processuale cui notificare il ricorso.

   Ove poi si volesse aderire alla tesi che in caso di atto di concerto il ricorso va notificato a tutte le autorità concertanti, comunque si dovrebbe consentire, in caso di notifica a una sola di esse, la integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre, in analogia a quanto si verifica per i controinteressati.

   Ove si ritenesse non possibile la integrazione del contraddittorio, andrebbe sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, L. TAR, per irragionevole disparità di trattamento con la disciplina processualcivilistica, che in caso di litisconsorzio necessario consente l’integrazione del contraddittorio (art. 102, cod. proc. civ.).

   2. L’appello è infondato.

   2.1. Il decreto ministeriale impugnato è stato emanato in attuazione degli articoli 2 e 5, D.L. 8 luglio 1994, n. 438.

   L’art. 5, in particolare, contempla l’emanazione di un <<decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri del tesoro, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, della sanità e dell'interno>>.

   La giurisprudenza di questo Consesso, con orientamento da cui non c’è ragione di discostarsi nel caso di specie, ha ritenuto che l’atto <<di concerto>> sia riferibile a tutte le autorità da cui promana, con la conseguenza che, in applicazione dell’art. 21, L. TAR, e dell’art. 24, Cost., il ricorso va notificato a tutte le autorità che hanno partecipato al concerto, dovendo tutte essere poste in condizione di difendersi (C. Stato, sez. VI, 6 luglio 2000, n. 3785: <<Il ricorso proposto contro un atto emanato <<di concerto>> (nella specie, la domanda di accertamento della compatibilità ambientale per l’autorizzazione all’ampliamento di una discarica di rifiuti di seconda categoria di tipo C) deve essere notificato a tutte le autorità emananti, ai sensi dell’art. 21, L. TAR, attuativo dell’art. 24 Cost., che non consente che una pronuncia del giudice amministrativo rechi pregiudizio a chi non si sia potuto difendere, dovendosi garantire la difesa in giudizio anche all’amministrazione di cui sia contestata la legittimità di un atto o di un comportamento>>; cfr. anche C. Stato, sez. VI, 26 giugno 1990, n. 663:<<Nel caso in cui un atto che richiede il concerto di due autorità sia stato in concreto adottato in mancanza di accordo da una soltanto delle autorità interessate, l'impugnazione dell'atto medesimo deve essere notificata soltanto all'autorità che ha adottato il provvedimento (negativo) e non anche a quella che doveva esprimersi in sede di concerto>>, da cui si desume a contrario, la necessità di notifica del ricorso a tutte le autorità concertanti).

   E, invero, nel caso del concerto, vi sono una pluralità di amministrazioni che partecipano non solo all’istruttoria, ma anche alla decisione finale, di cui assumono oltre che l’imputazione anche la responsabilità.

   Ne consegue che, nel rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, tutte le autorità cui l’atto è imputabile devono essere evocate in giudizio.

   2.2. La circostanza che siano tutte autorità statali, non può farle considerare, come assume parte appellante, un’unica parte processuale.

   Basta infatti considerare che i ricorsi avverso autorità statali vanno notificati presso l’Avvocatura dello Stato, la quale, a sua volta, provvede a informarne le amministrazioni evocate in giudizio, affinché forniscano le proprie deduzioni, su cui si baserà la difesa in giudizio.

   Se talune delle autorità concertanti non vengono evocate in giudizio, le stesse non verranno mai informate della impugnazione di un atto ad esse imputabile, e non saranno poste in condizione di fornire le proprie deduzioni.

   E’ dunque palese la violazione del diritto di difesa che ne deriverebbe.

   2.3. Una volta stabilito che in caso di atti di concerto devono essere evocate in giudizio tutte le autorità emananti, resta da stabilire se possa trovare applicazione la regola dettata dall’art. 21, L. TAR, per i controinteressati, secondo cui è sufficiente la notifica del ricorso ad almeno un controinteressato, salva la possibilità di integrazione successiva del contraddittorio.

   Occorre allora chiarire se sia possibile, in caso di atto imputabile a più amministrazioni, la notifica ad una sola di esse, con possibilità di integrazione successiva del contraddittorio.

   La soluzione deve essere negativa.

   L’art. 21 L. TAR consente l’integrazione postuma del contraddittorio solo con riferimento ai controinteressati, e non anche in relazione alle amministrazioni che emanano l’atto.

   Trattasi di disposizione eccezionale, che non è suscettibile di applicazione al di fuori del caso specificamente contemplato.

   L’eccezionalità della disposizione discende dalla circostanza che il processo amministrativo ha di regola struttura impugnatoria di un provvedimento autoritativo, entro rigorosi termini di decadenza. La notifica del ricorso oltre il termine prescritto comporta, di regola, decadenza, a meno che non vi sia una regola speciale, come quella dettata per i controinteressati.

   La deroga alla decadenza ha, del resto, per i controinteressati una sua giustificazione razionale in due ordini di considerazioni:

da un lato, non sempre i controinteressati sono agevolmente individuabili, sia in ordine alla loro identità, sia in ordine al loro indirizzo, sicché è corretto consentire una possibilità di sanatoria postuma degli errori di notifica;

dall’altro lato, ragioni di economia processuale, connesse ai costi di notificazione, giustificano che il ricorso sia notificato solo ad un controinteressato, perché, ove il ricorso risulti infondato, lo stesso può essere respinto senza integrare il contraddittorio e dunque senza far sostenere ulteriori costi al ricorrente; e, d’altro canto, non sono i controinteressati i soggetti istituzionalmente deputati alla difesa dell’atto impugnato.

   Tali ordini di considerazioni non valgono per le autorità che emanano il provvedimento, sicché per le stesse occorre l’integrità del contraddittorio ab initio e non n è possibile l’integrazione successiva.

   E, invero:

a differenza dei controinteressati, le autorità emananti sono immediatamente individuabili, sia quanto a identità, sia quanto a luogo della notificazione, specie per le autorità statali, che per legge sono domiciliate presso l’Avvocatura dello Stato;

il ricorso deve essere notificato a tutte le autorità emananti perché tutte, a differenza dei controinteressati, sono istituzionalmente deputate alla difesa del provvedimento.

   2.4. Quanto, infine, al dedotto dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 21 L. TAR, perché lo stesso non consente, in un caso di litisconsorzio necessario quale è quello di atto proveniente da più autorità, l’integrazione del contraddittorio, a differenza della disciplina processualcivilistica, lo stesso appare manifestamente infondato.

   La differente disciplina del processo amministrativo rispetto a quello civile non è irragionevole, essendo diverse le situazioni giuridiche soggettive dedotte in giudizio e gli interessi in gioco e conseguentemente la struttura del processo e segnatamente i termini di impugnazione.

   Nel processo civile vengono dedotti diritti soggettivi, e l’azione può essere proposta entro il termine di prescrizione, sicché l’integrazione del contraddittorio può essere ordinata senza che si violino decadenze già verificatesi. Neppure si viola la disciplina dei termini di prescrizione, perché la prescrizione è interrotta dall’azione con cui si promuove il giudizio (art. 2943 cod. civ.) e l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di un dato soggetto, ha effetto anche nei confronti degli altri cui la causa è comune (argomenta dall’art. 1310 cod. civ.).

   Nel processo amministrativo vengono dedotti interessi legittimi, e l’azione può essere proposta entro il termine di decadenza di sessanta giorni.

   L’integrazione postuma del contraddittorio non è dunque di regola possibile, perché comporterebbe la violazione di una decadenza già verificatasi. D’altro canto la decadenza,a differenza della prescrizione, non è suscettibile di interruzione (art. 2964 cod. civ.).

   Il diverso regime giuridico di prescrizione e decadenza, la prima suscettibile di interruzione, la seconda no, giustifica il diverso regime delle azioni giudiziarie in tema di diritti soggettivi e di interessi legittimi, e la possibilità di integrazione del contraddittorio nelle cause su diritti soggettivi, ma non in quelle su interessi legittimi, salve ipotesi eccezionali ed espressamente previste.

   3. Per quanto esposto, l’appello va respinto.

   La parziale novità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese tutte di lite.

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio 2002, con la partecipazione di:

Giorgio Giovannini       Presidente

Alessandro Pajno       Consigliere

Giuseppe Romeo        Consigliere

Giuseppe Minicone     Consigliere

Rosanna De Nictolis   Cons. rel. ed est.

 

M A S S I M E

1) L’art. 21 L. TAR, non consente, in un caso di litisconsorzio necessario quale è quello di atto proveniente da più autorità, l’integrazione del contraddittorio - termini di impugnazione - decadenza di sessanta giorni - il diverso regime giuridico di prescrizione e decadenza. Quanto, infine, al dedotto dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 21 L. TAR, perché lo stesso non consente, in un caso di litisconsorzio necessario quale è quello di atto proveniente da più autorità, l’integrazione del contraddittorio, a differenza della disciplina processualcivilistica, lo stesso appare manifestamente infondato. La differente disciplina del processo amministrativo rispetto a quello civile non è irragionevole, essendo diverse le situazioni giuridiche soggettive dedotte in giudizio e gli interessi in gioco e conseguentemente la struttura del processo e segnatamente i termini di impugnazione. Nel processo civile vengono dedotti diritti soggettivi, e l’azione può essere proposta entro il termine di prescrizione, sicché l’integrazione del contraddittorio può essere ordinata senza che si violino decadenze già verificatesi. Neppure si viola la disciplina dei termini di prescrizione, perché la prescrizione è interrotta dall’azione con cui si promuove il giudizio (art. 2943 cod. civ.) e l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di un dato soggetto, ha effetto anche nei confronti degli altri cui la causa è comune (argomenta dall’art. 1310 cod. civ.). Nel processo amministrativo vengono dedotti interessi legittimi, e l’azione può essere proposta entro il termine di decadenza di sessanta giorni. L’integrazione postuma del contraddittorio non è dunque di regola possibile, perché comporterebbe la violazione di una decadenza già verificatasi. D’altro canto la decadenza,a differenza della prescrizione, non è suscettibile di interruzione (art. 2964 cod. civ.). Il diverso regime giuridico di prescrizione e decadenza, la prima suscettibile di interruzione, la seconda no, giustifica il diverso regime delle azioni giudiziarie in tema di diritti soggettivi e di interessi legittimi, e la possibilità di integrazione del contraddittorio nelle cause su diritti soggettivi, ma non in quelle su interessi legittimi, salve ipotesi eccezionali ed espressamente previste. Consiglio di Stato Sezione VI, 21 agosto 2002, n. 4245.

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