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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. VI, 4 settembre 2002, n. 4435.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1782/2001, proposto da Italgru s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Ruggiero Tumbiolo e dall’avv. Lucio Filippo Longo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo , in Roma, via , Attilio Friggeri, n. 95;

contro

Autorità Portuale di Genova, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Mauceri del foro di Genova ed Enrico Romanelli, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

e nei confronti di

Fantuzzi Reggiane s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Liguria, sez. II , 22 novembre 2000, n. 1257 , resa tra le parti .

Visto il ricorso con i relativi allegati;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

vista la propria decisione parziale e interlocutoria 14 gennaio 2002, n. 157;

visti tutti gli atti della causa;

relatore alla pubblica udienza dell’11 giugno 2002, il consigliere Rosanna De Nictolis e udito l'avvocato Longo per l’appellante e l’avvocato Pafundi su delega dell’avv. Romanelli per l’amministrazione appellata;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

 1. Con avviso in data 6 maggio 1999, l’Autorità Portuale di Genova ha indetto una gara a licitazione privata per la fornitura e posa in opera di due gru portuali traslanti su pneumatici, complete di traverse con gancio girevole e di quattro spreaders.

 L’appalto andava aggiudicato a corpo al prezzo più basso.

 Italgru s.p.a., invitata a partecipare alla gara, presentava l’offerta con il migliore ribasso.

 L’amministrazione sottoponeva l’offerta di Italgru a verifica di anomalia, e la escludeva avendola ritenuta non congrua.

 La società proponeva due distinti ricorsi al T.A.R., contro la propria esclusione e contro l’aggiudicazione alla società Fantuzzi Reggiane s.p.a., chiedendo altresì il risarcimento del danno.

 1.1. L’aggiudicataria, nel costituirsi in giudizio, spiegava ricorso incidentale con cui deduceva che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dall’appalto per non aver allegato all’offerta la stima analitica richiesta dalla lettera invito.

 1.2. Il T.A.R. adito con la sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso incidentale e dichiarato inammissibile quello principale.

 Ha proposto appello l’originaria ricorrente.

 La Sezione, con la decisione 14 gennaio 2002, n. 157, ha accolto in parte il ricorso, ritenendo che il giudizio di anomalia fosse viziato da difetto di motivazione.

 Ha disposto adempimenti istruttori in ordine alla domanda di risarcimento.

 Ha infatti osservato che, essendo stata l’esclusione annullata per difetto di motivazione, con salvezza del rinnovo della verifica di anomalia, allo stato non vi fosse la prova della sussistenza di un danno risarcibile.

 Ha osservato la pronuncia che <<Siffatta prova vi potrà eventualmente essere solo all’esito del rinnovo delle operazioni di gara, ove risulti che l’offerta non era anomala e che pertanto alla stessa andava aggiudicato l’appalto.

 Dopo il rinnovo delle operazioni dovrà valutarsi se l’appalto può ancora essere aggiudicato alla ricorrente – attuando così una forma di risarcimento in forma specifica – ovvero, non essendo più possibile l’aggiudicazione, il danno va ristorato per equivalente.

 Sicché, la domanda di risarcimento del danno non può allo stato essere valutata.

 Occorre invece in via istruttoria ordinare all’amministrazione di rinnovare il giudizio di anomalia, entro novanta giorni decorrenti dalla comunicazione, o, se anteriore, notificazione della presente pronuncia, e di comunicarne l’esito al Collegio>>.

 La liquidazione delle spese relative alla domanda accessoria di risarcimento del danno è stata rinviata alla sentenza definitiva.

 2. La causa è stata pertanto chiamata all’udienza odierna limitatamente alla domanda di risarcimento del danno.

 L’amministrazione ha rinnovato le operazioni di verifica dell’offerta e ha confermato il giudizio di anomalia mediante una analisi dettagliata e motivata.

 E’ stato dunque adottato un nuovo e autonomo provvedimento di esclusione.

 Lo stesso impone la reiezione domanda di risarcimento del danno, non emergendo, allo stato, alcun danno risarcibile.

 E, invero, l’originario provvedimento di esclusione è stato annullato per difetto di motivazione, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, e con riserva di verificare la sussistenza di un danno risarcibile all’esito del rinnovo delle operazioni di gara.

 Il rinnovo delle operazioni e la conferma dell’esclusione con autonomo provvedimento, allo stato non impugnato, rende infondata la domanda di risarcimento del danno.

 Il danno sarebbe risultato comprovato, infatti, ove fosse risultata la illegittimità sostanziale dell’operato dell’amministrazione, che avesse negato l’aggiudicazione ad un concorrente che vi avesse titolo.

 Risulta nel caso di specie, al contrario che, al di là del vizio formale di difetto di motivazione dell’atto di esclusione, il concorrente è risultato non avere diritto all’aggiudicazione, sicché non vi è alcun danno risarcibile.

 In sintesi, se in sede giurisdizionale viene annullato un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale o comunque per vizi di difetto di istruttoria e motivazione, che non escludono e, anzi, consentono il riesercizio del potere, la domanda di risarcimento del danno non può essere valutata se non all’esito del nuovo esercizio del potere; se l’atto negativo viene reiterato, per ragioni diverse dal precedente, il sopravvenuto provvedimento negativo esclude, allo stato, la sussistenza di un danno risarcibile derivante dal primo provvedimento, salva la verifica degli estremi del danno in caso di annullamento giurisdizionale anche del secondo provvedimento.

 3. Non possono, sul punto, trovare accoglimento le deduzioni di parte ricorrente, secondo cui il danno, distinto nelle due voci del danno emergente e del lucro cessante, sarebbe comunque risarcibile per il solo fatto della acclarata illegittimità dell’atto di esclusione, ancorché si tratti di sola illegittimità formale.

 3.1. Quanto al danno emergente, corrispondente, secondo quanto dedotto dalla parte, alle spese per la redazione e presentazione della domanda di partecipazione alla gara, lo stesso non può essere ritenuto svincolato dal rinnovo delle operazioni di gara, come preteso dal ricorrente.

 Invero, in termini generali la partecipazione alle gare di appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione.

 Detti costi di partecipazione alla gara si colorano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in rilievo il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili e addirittura illegittime.

 I costi di partecipazione alla gara qualificati come danno emergente in caso di condotta illecita della stazione appaltante vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara.

 Solo ove tale rinnovo non sia possibile, vengono ristorati per equivalente.

 Nel caso di specie, vi è stato il risarcimento in forma specifica della illegittima esclusione, e dunque dei costi di partecipazione alla gara, mediante rinnovo delle operazioni di gara.

 E posto che il rinnovo delle operazioni si è tradotto solo in una nuova valutazione dell’anomalia dell’offerta, ma non in una nuova partecipazione alla gara, è evidente come non vi sono stati per l’impresa costi aggiuntivi di partecipazione, sicché il danno ha già avuto pieno ristoro in forma specifica.

 Diversamente opinando, vale a dire concedendo il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara in aggiunta al risarcimento in forma specifica, si concederebbe al partecipante ad una gara di pubblico appalto un beneficio maggiore di quello che deriverebbe da una partecipazione regolare e addirittura dalla stessa aggiudicazione, vale a dire il rimborso di costi che restano ordinariamente a carico dell’impresa partecipante.

 3.2. Quanto al lucro cessante, corrispondente al mancato utile, che si sarebbe conseguito in caso di aggiudicazione della gara, parte ricorrente sostiene che tale voce di danno andrebbe risarcita a prescindere dal rinnovo delle operazioni di gara, in quanto andrebbe ristorata per equivalente la perdita di chance di vittoria.

 Tale assunto è infondato, in quanto anche la chance di vittoria deve, ove possibile, essere ristorata in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara.

 Rinnovate le operazioni di gara a titolo di ristoro in forma specifica, se l’impresa risulta vincitrice, delle due l’una:

l’appalto non è stato ancora eseguito, e in tal caso potrà essere eseguito dall’impresa vincitrice, e non c’è spazio alcuno per risarcimenti in forma equivalente;

l’appalto è stato nel frattempo eseguito, sicché l’impresa vincitrice non può essere aggiudicataria ed esecutrice dei lavori: in tal caso, sarà dovuto il risarcimento per equivalente, sia del danno emergente (costi di partecipazione alla gara), sia del lucro cessante (mancato utile).

 In sintesi, in un appalto pubblico la chance di vittoria dell’impresa illegittimamente esclusa deve, ove possibile, essere ristorata in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara: se all’esito del rinnovo l’impresa risulti vincitrice, ma non possa aggiudicarsi l’appalto perché lo stesso nel frattempo è stato già eseguito, sarà dovuto il risarcimento per equivalente, sia del danno emergente (costi di partecipazione alla gara), sia del lucro cessante (mancato utile).

 4. Va altresì osservato che appaiono in questa sede inammissibili le censure dedotte contro il nuovo provvedimento di esclusione nella memoria depositata da parte appellante per l’udienza odierna.

 Trattandosi, infatti, di nuovo e autonomo provvedimento, lo stesso deve essere specificamente impugnato mediante atto notificato alle controparti, in un nuovo giudizio.

 Invero, una volta annullato in sede giurisdizionale un provvedimento di esclusione da appalto, per vizi di carattere formale, e ordinato all’amministrazione il rinnovo delle operazioni di gara, a titolo di risarcimento in forma specifica e al fine della verifica della sussistenza di un danno risarcibile per equivalente, il nuovo provvedimento negativo, che non sia meramente confermativo del precedente, deve essere autonomamente impugnato con atto notificato alle controparti.

 Neppure può ipotizzarsi, come richiesto dal ricorrente, una disapplicazione provvedimentale, sull’assunto che la causa risarcitoria verte in tema di diritti soggettivi, in relazione ai quali sarebbe consentita la disapplicazione dei provvedimenti illegittimi.

 Se anche si vuole qualificare la pretesa al risarcimento del danno in termini di diritto soggettivo, tuttavia nel caso di specie il danno discende da un nuovo provvedimento amministrativo – asseritamente illegittimo – e dunque trattasi di danno arrecato ad una situazione soggettiva di interesse legittimo. Sicché, secondo le regole ordinarie, i provvedimenti lesivi di interessi legittimi vanno tempestivamente impugnati, e non possono essere disapplicati, nemmeno nella prospettiva che gli stessi arrecano un danno ingiusto, facendo insorgere un diritto soggettivo al relativo risarcimento, in quanto il diritto soggettivo al risarcimento del danno arrecato ad un interesse legittimo è una situazione soggettiva che nasce, in via eventuale, solo dopo l’annullamento giurisdizionale del provvedimento lesivo dell’interesse legittimo, ma non esiste prima della impugnazione del provvedimento medesimo e a prescindere dalla stessa.

 5. Per quanto esposto, va respinta la domanda di risarcimento del danno, con compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sulla domanda di risarcimento del danno in epigrafe, la respinge.

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 giugno 2002, con la partecipazione di:

Mario Egidio Schinaia - Presidente

Luigi Maruotti             - Consigliere

Giuseppe Minicone    - Consigliere

Rosanna De Nictolis  - Cons. rel. ed est.

Guido Salemi            - Consigliere

 

M A S S I M E

 

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