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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4913.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

- sui ricorsi in appello nr. 767 del 1991 e n.3319 del 1992, entrambi proposti  dal sig. Demetrio Neri, rappresentato e difeso dall’ avv. Michele Salazar, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Gracchi, n.130,

CONTRO

il Comune di Reggio Calabria, in persona del sindaco in carica,  rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Neri e Anna Patti, presso la quale è elettivamente domiciliato in Roma, via dei Gracchi n.130,

e nei confronti

della impresa Marino Antonio, ora s.a.s. Marino Costruzioni di Giuseppe Marino e C., delle cooperative edilizie “Mediterranea Sud”, “Unitaria”, “La Regionale”, “Magistra”, in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentate e difese dagli avv.ti Alfredo Caracciolo e Claudio Rossano, presso il quale sono elettivamente domiciliate in Roma, via Veneto, n.108,

per la riforma

- quanto all’appello n.767/1991, della sentenza del T.A.R. della Calabria, sezione di Reggio Calabria, 5 novembre 1990, n.671;

- quanto all’appello n.3319/1992, della sentenza del T.A.R. della Calabria, sezione di Reggio Calabria, 9 dicembre 1991, n.476.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria e della s.a.s. Marino Costruzioni ed altri;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 5 marzo 2002, relatore il consigliere Marcello Borioni, uditi l'avv. Salazar e l'avv. Caracciolo;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Il T.A.R. della Calabria, sezione di Reggio Calabria, con sentenza 5 novembre 1990, n.671, ha riunito i ricorsi n.78/1988 e n.1388/1988 proposti dal sig. Neri Demetrio avverso rispettivamente: a) ricorso nr.78/1988, le deliberazioni del Consiglio comunale di Reggio Calabria 19 febbraio 1986, n.13 e 7 gennaio 1987, n.4, inerenti a localizzazione di un intervento di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art.51 della legge n.865/21971 e ogni altro connesso e consequenziale, fra cui la deliberazione della giunta comunale di Reggio Calabria 26 giugno 1987, n.1421, e l’avviso sindacale in data 28 ottobre 1987 di deposito degli atti ai sensi dell’art.10 della legge n.865/1971; b) ricorso n.1388/1988, il decreto del presidente della provincia di Reggio Calabria 3 luglio 1989, n.44, recante l’autorizzazione alla occupazione d’urgenza e ogni atto presupposto e connesso, fra cui quelli impugnati con il ricorso precedente.

Con sentenza 5 novembre 1990,n.671, il T.A.R. ha dichiarato inammissibile, allo stato, la costituzione del Comune di Reggio Calabria, ha rigettato i motivi primo, secondo, quarto e ottavo di entrambi i ricorsi e ha disposto incombesti istruttori.

 Lo stesso T.A.R., con sentenza 9 dicembre 1991, n.476, ha dichiarato inammissibile la costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria in resistenza al ricorso n.78/1978; ha rigettato lo stesso ricorso n.78/1978; ha in parte rigettato, in parte dichiarato inammissibile il ricorso n.1388/1989.

 Con due distinti appelli (n.767/1991; n.3319/1992) il sig. Demetrio Neri ha impugnate le due sentenze, contestandone le motivazioni e le conclusioni e rinnovando le censure dedotte in primo grado.

 Si è costituito il Comune di Reggio Calabria, che resiste agli appelli, chiedendone il rigetto. Si sono costituiti anche la s.a.s. Marino Costruzioni di Giuseppe Marino e C., avente causa dell’impresa Marino Antonio, e le cooperative edilizie “Mediterranea Sud”, “Unitaria”, “La Regionale”, “Magistra”, che resistono agli appelli e contestano la sentenza n.476/1991 nella parte in cui afferma l’inammissibilità del ricorso originario del sig. Neri avverso il decreto 3 luglio 1989, n.44, con il quale il presidente della Provincia di Reggio Calabria ha autorizzato l’occupazione di urgenza.

 Con successive memorie le parti hanno illustrato le rispettive tesi.

DIRITTO

 I due appelli, riuniti per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, sono fondati.

 L’appellante ha sostenuto in primo grado e ribadito in questa sede che le impugnate deliberazioni del Consiglio comunale di Reggio Calabria 19 febbraio 1986, n.13 e 7 gennaio 1987, n.4, con le quali è stato localizzato un intervento di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art.51 della legge n.865/1971, sono illegittime per non essere state determinate le esigenze abitative da soddisfare, per non essere stata accertata l’osservanza del limite massimo consentito rispetto al fabbisogno complessivo di edilizia abitativa (70%), per la mancata esplicitazione delle ragioni che hanno indotto a scegliere le aree di sua proprietà.

 Per quanto concerne la prima censura il T.A.R. ha affermato che, trattandosi di un intervento previsto nell’ambito di un piano decennale di edilizia residenziale pubblica di competenza regionale, l’assenza di valutazioni circa il fabbisogno abitativo da parte dell’amministrazione comunale non inficerebbe la legittimità dell’atto di localizzazione.

 Questa tesi, ribadita nella difesa della Regione, non può essere condivisa.

 Posto che, secondo il citato art.51 della legge n.865/1971, la localizzazione dei programmi costruttivi di edilizia residenziale pubblica avviene con deliberazione del consiglio comunale, deve ritenersi che allo stesso organo competa anche di accertare i presupposti e definire il contenuto dell’intervento. Può, tuttavia, convenirsi che se l’attività istruttoria sia stata effettuata dalla Regione in sede di definizione di un apposito programma, l’organo consiliare possa limitarsi a disporre la localizzazione dell’intervento. Tuttavia, nel caso in esame non risulta né è stato affermato che la Regione Calabria abbia accertato il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica nel Comune di Reggio Calabria. A ciò si aggiunge che gli atti impugnati individuano dodici interventi costruttivi, sicché la carenza risulta ancor più rilevante, trattandosi, nella sostanza, di un intervento di carattere pianificatorio.

 Le stesse considerazioni e la stessa conclusione valgono per quanto attiene all’osservanza del predetto limite del 70% . Non vale a contrastare la censura l’argomentazione del T.A.R., ripresa nella difesa della Regione, secondo cui “non vi è alcuna prova né presunzione che l’intervento di edilizia residenziale in questione, sommato a tutti gli altri simili realizzati effettivamente abbia ecceduti in concreto il 70% del fabbisogno abitativo complessivo del Comune di Reggio Calabria”.

 L’intervento di localizzazione di cui all’art.51 della legge n.865/1971 richiede, secondo il suo modello legale, che la superficie da vincolare sia commisurata all’effettivo fabbisogno di edilizia residenziale pubblica secondo un rapporto che individua un equo punto di equilibrio fra l’interesse pubblico e gli interessi, giuridicamente protetti, dei proprietari delle aree interessate. Siffatto accertamento costituisce un obbligo inderogabile cui l’amministrazione deve adempiere, dandone adeguato conto nella motivazione, a tutela sia dell’interesse pubblico sia degli interessi privati incisi. L’inadempimento dell’obbligo è sufficiente per denotare l’esistenza del vizio di eccesso di potere.

 Altrettanto carente risulta l’operato dell’amministrazione per quanto attiene alla scelta dell’area.

 Il fatto che la “scelta localizzativa” sia stata effettuata nell’ambito della zona C del piano regolatore generale, avente destinazione abitativa, non toglie che dovessero essere esplicitate le ragioni che hanno indotto a localizzare l’intervento sul terreno di proprietà dell’originario ricorrente piuttosto che in altri aventi la medesima destinazione. E’ vero che, come si legge nella sentenza appellata, la localizzazione è il frutto di un apprezzamento largamente discrezionale. Ma ciò, anziché sminuire, accentua la necessità che gli atti adottati consentano di ripercorrere il procedimento logico seguito dall’amministrazione, senza di che il controllo giurisdizionale, che attiene non al contenuto della scelta, ma al modo come è stata effettuata, resterebbe precluso. Come osserva esattamente l’appellante, i provvedimenti impugnati non contengono alcun elemento indicativo dei criteri di scelta adottati.

 L’accertata presenza nell’atto di localizzazione (deliberazione consiliare n.13/1986) dei vizi predetti, ciascuno sufficiente a determinarne l’illegittimità, produce anche la caducazione degli altri atti impugnati, al primo strettamente conseguenti, ivi compreso il decreto di autorizzazione all’occupazione di urgenza. Resta, pertanto, assorbita ogni questione concernente quest’ultimo atto.

 In conclusione, per le ragioni esposte, entrambi gli appelli vanno accolti, con il conseguente annullamento degli atti impugnati nei limiti dell’interesse del ricorrente originario.

 Le spese dei due gradi sono a carico del Comune di Reggio Calabria nella misura di euro 7.500; sono compensate fra le parti private.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV) riuniti gli appelli, entrambi li accoglie. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati nei limiti dell’interesse del ricorrente originario.

 

Condanna il Comune di Reggio Calabria a rimborsare all’appellante euro 7.500 per spese dei due gradi di giudizio. Spese compensate fra le parti private.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato,  nella camera di consiglio del 5 marzo 2002, con l'intervento dei sigg.ri:

 

Giovanni Paleologo                                             presidente,

Raffaele Maria de Lipsis                                      consigliere,

Marcello Borioni                                                 consigliere est.

Antonino Anastasi                                              consigliere,

Fabio Cintioli                                                      consigliere.

 

 

M A S S I M A

1) La localizzazione dei programmi costruttivi di edilizia residenziale pubblica - l’assenza di valutazioni circa il fabbisogno abitativo da parte dell’amministrazione comunale rende illegittimo l’atto di localizzazione di un intervento di edilizia residenziale pubblica - il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica - la superficie da vincolare - la “scelta localizzativa” dell’area - l’inadempimento all’obbligo di motivazione dell’atto è sufficiente per l’esistenza del vizio di eccesso di potere - l’apprezzamento largamente discrezionale dell’amm. e il procedimento logico degli atti adottati. Posto che, secondo l’art.51 della legge n.865/1971, la localizzazione dei programmi costruttivi di edilizia residenziale pubblica avviene con deliberazione del consiglio comunale, deve ritenersi che allo stesso organo competa anche di accertare i presupposti e definire il contenuto dell’intervento. Può, tuttavia, convenirsi che se l’attività istruttoria sia stata effettuata dalla Regione in sede di definizione di un apposito programma, l’organo consiliare possa limitarsi a disporre la localizzazione dell’intervento. Tuttavia, nel caso in esame non risulta né è stato affermato che la Regione Calabria abbia accertato il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica nel Comune di Reggio Calabria. A ciò si aggiunge che gli atti impugnati individuano dodici interventi costruttivi, sicché la carenza risulta ancor più rilevante, trattandosi, nella sostanza, di un intervento di carattere pianificatorio. L’intervento di localizzazione di cui all’art.51 della legge n.865/1971 richiede, secondo il suo modello legale, che la superficie da vincolare sia commisurata all’effettivo fabbisogno di edilizia residenziale pubblica secondo un rapporto che individua un equo punto di equilibrio fra l’interesse pubblico e gli interessi, giuridicamente protetti, dei proprietari delle aree interessate. Siffatto accertamento costituisce un obbligo inderogabile cui l’amministrazione deve adempiere, dandone adeguato conto nella motivazione, a tutela sia dell’interesse pubblico sia degli interessi privati incisi. L’inadempimento dell’obbligo è sufficiente per denotare l’esistenza del vizio di eccesso di potere. Altrettanto carente risulta l’operato dell’amministrazione per quanto attiene alla scelta dell’area. Il fatto che la “scelta localizzativa” sia stata effettuata nell’ambito della zona C del piano regolatore generale, avente destinazione abitativa, non toglie che dovessero essere esplicitate le ragioni che hanno indotto a localizzare l’intervento sul terreno di proprietà dell’originario ricorrente piuttosto che in altri aventi la medesima destinazione. E’ vero che, come si legge nella sentenza appellata, la localizzazione è il frutto di un apprezzamento largamente discrezionale. Ma ciò, anziché sminuire, accentua la necessità che gli atti adottati consentano di ripercorrere il procedimento logico seguito dall’amministrazione, senza di che il controllo giurisdizionale, che attiene non al contenuto della scelta, ma al modo come è stata effettuata, resterebbe precluso. Come osserva esattamente l’appellante, i provvedimenti impugnati non contengono alcun elemento indicativo dei criteri di scelta adottati. L’accertata presenza nell’atto di localizzazione dei vizi predetti, ciascuno sufficiente a determinarne l’illegittimità, produce anche la caducazione degli altri atti impugnati, al primo strettamente conseguenti, ivi compreso il decreto di autorizzazione all’occupazione di urgenza. Consiglio di Stato, sezione IV, 25 settembre 2002, n. 4913

 

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