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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4927.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello numero di registro generale 7444 del 1993, proposto dal sig.Tricoci Francesco, rappresentato e difeso, per delega a margine  dall’Avv. Angelo Cosentino, ed elettivamente domiciliato presso questi in Roma, alla via Padova, n. 56;

contro

il Prefetto della Provincia di Cosenza, in persona del titolare pro tempore dell’Ufficio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, per legge, domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione di Catanzaro, 28 settembre 1992, numero 492, non notificata, resa tra le parti, di reiezione del ricorso numero di quel T.a.r. 543 del 1983, proposto dal sig. Francesco Tricoci.

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza del 23 aprile 2002, il Consigliere Paolo Troiano.

Sentito l'avv. Vittorio Cosentino per delega dell'avv. Angelo Cosentino;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria il sig. Francesco Tricoci impugnava il provvedimento del Prefetto di Cosenza 2 novembre 1982 con cui è ordinata “la riduzione al pristino stato della loc. Piana, Km. 206,700 dell’Autostrada SA/RC – Saracena, eliminando le opere abusivamente costruite”, ossia un manufatto abusivamente costruito dall’interessato in zona soggetta a vincolo di rispetto stradale.

Con decisione 28 settembre 1992, numero 492 il T.a.r. adito rigettava il ricorso.

Avverso detta pronuncia interponeva appello il sig. Francesco Tricoci con atto notificato il 21 ottobre 1993 e depositato in data 3 novembre 1993, deducendo le seguenti doglianze:

1) Il provvedimento prefettizio non è sufficientemente motivato perché non indica la distanza della costruzione in sopraelevazione dall’autostrada e l’entità planovolumetrica della nuova costruzione.

2) L’abuso edilizio in parola non comporta rischi per la circolazione stradale perché consiste nella modesta sopraelevazione di un fabbricato rurale preesistente alla strada, che anche dopo l’intervento “dista dal ciglio stradale oltre 40 metri ed è sottostante al livello dell’autostrada”.

Resisteva all’appello il Ministero dell’Interno, e con semplice memoria di costituzione depositata il 7 dicembre 1994 rassegnava le conclusioni insistendo per il rigetto dell’appello.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

Il primo mezzo di impugnazione, con cui si censura la carenza di motivazione del provvedimento con cui il Prefetto di Cosenza ha disposto la demolizione di un manufatto abusivamente edificato all’interno della zona di rispetto autostradale, è infondato.

Per costante indirizzo giurisprudenziale l’ordine di demolizione di un manufatto costruito a distanza inferiore a quella prescritta, adottato ai sensi dell’articolo 20 T.U. 8 dicembre 1933, n. 1740, non richiede una specifica motivazione, ove l’atto (come nel caso di specie) sia stato emanato prima dell’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, essendo sufficiente il richiamo alle disposizioni in materia di distanze rispetto al nastro stradale (ex multis, Cons. giust. amm., 6 settembre 1986, n. 138; Sez. IV, 28 febbraio 1978, n. 144).

Va, inoltre, rilevato che nella fattispecie in esame non è contestata l’esattezza dei presupposti di fatto su cui si fonda il provvedimento di demolizione, ammettendosi nello stesso atto di appello che l’opera, distante “dal ciglio stradale oltre 40 metri”, è ubicata all’interno della fascia di rispetto.

2. Anche il secondo motivo di appello – con cui si deduce che il manufatto abusivo non comporta rischi per la circolazione stradale perché consiste nella modesta sopraelevazione di un fabbricato rurale preesistente alla strada, che anche dopo l’intervento “dista dal ciglio stradale oltre 40 metri ed è sottostante al livello dell’autostrada” – si appalesa privo di pregio.

Le opere realizzate all’interno della fascia di rispetto autostradale prevista al di fuori del perimetro del centro abitato (fascia di sessanta metri) sono ubicate in aree assolutamente inedificabili e, pertanto, se costruite dopo l’imposizione del vincolo, rientrano nella previsione di cui all’articolo 33, comma 1, lettera d) della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e non sono suscettibili di sanatoria, anche se si tratti di mere soprelevazioni di manufatti preesistenti ed anche se l’opera resti al di sotto del livello della strada.

A tale riguardo giova premettere che, ai sensi dell’articolo 41-septies, commi 1 e 2 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo aggiunto dall’articolo 19 della l. 6 agosto 1967, n. 765) “Fuori del perimetro dei centri abitati debbono osservarsi nell’edificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, misurate a partire dal ciglio della strada. Dette distanze vengono stabilite con decreto del Ministro per i Lavori pubblici di concerto con i Ministri per i trasporti e per l’Interno, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, in rapporto alla natura delle strade ed alla classificazione delle strade stesse, escluse le strade vicinali e di bonifica”.

Tale vincolo di inedificabilità è configurato come assoluto nel caso di autostrade per le aree situate al di fuori del centro abitato, perché - ai sensi del D.M. 1 aprile 1968 - è esclusa ogni possibilità di deroga alla distanza minima, fissata in sessanta metri (la fascia di rispetto è, invece, ridotta a venticinque metri all’interno del perimetro del centro abitato ed è derogabile a mente dell’articolo 9, comma 1 della legge 24 luglio 1961, n. 729).

Il ricorrente, che ha realizzato un’opera abusiva all’interno della predetta fascia di rispetto ed al di fuori del perimetro del centro abitato, non può, inoltre, avvalersi della possibilità di sanatoria offerta dall’articolo 32, comma 4, lettera c) della citata legge n. 47 del 1985 (per cui “Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: […] c) in contrasto con le norme del D.M. 1 aprile 1968 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”), perché nella fattispecie in esame il vincolo sull’area era stato imposto prima della costruzione del manufatto.

Trova, allora, applicazione la norma di cui all’articolo 33, comma 1, lettera d) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che esclude la possibilità di sanatoria delle opere di cui al precedente articolo 31 “quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: […] d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree”.

In tal senso si è espressa sia la giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., 14 gennaio 1987, n. 193, per cui non è suscettibile di sanatoria, ai sensi della citata legge n. 47 del 1985, la sopraelevazione di edificio che disti dal ciglio dell’autostrada, all’esterno dei centri abitati, meno di quanto previsto dal d. m. 1 aprile 1968, se la sopraelevazione è stata realizzata dopo l’imposizione del vincolo autostradale; v. anche Cass. civ., 26 gennaio 2000, n. 841, che per tale ragione esclude la natura edificatoria del terreno rientrante nella fascia di rispetto) sia quella del Consiglio di Stato (Sez. V, 8 settembre 1994, n. 968, che qualifica come inedificabile l’area ricompresa nella predetta fascia di rispetto).

Va, inoltre, osservato che il carattere assoluto del vincolo sussiste a prescindere dalla concrete caratteristiche dell’opera realizzata. Infatti il divieto di costruire ad una certa distanza dalla sede autostradale, posto dall’articolo 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729 e dal successivo d.m. 1 aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi con la presenza di costruzioni. Pertanto le distanze previste dalla norma suddetta vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (in termini, Cass. civ., 1 giugno 1995, n. 6118) o che costituiscano mere sopralevazioni (v. la citata Cass. civ., 14 gennaio 1987, n. 193), o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti.

3. Va, infine, osservato che non è più operante la sospensione del giudizio amministrativo in pendenza di sanatoria, essendo decorso il termine di cui all’articolo 44, comma 1 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Non è, inoltre, intervenuta nelle more la sanatoria dell’opera, essendo ancora pendente il relativo procedimento, come attestato anche dalla relativa certificazione 19 aprile 2002 del responsabile del procedimento del Comune di Saracena, prodotta dall’appellante

Per le suesposte considerazioni, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata l’impugnata decisione.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione quarta, respinge l’appello.

Condanna il sig. Francesco Tricoci a rimborsare all'Amministrazione appellata le spese del grado di giudizio, che liquida in euro 1000,00 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2002, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l’intervento dei signori:

Giovanni Paleologo        Presidente

Costantino Salvatore      Consigliere

Marcello Borioni            Consigliere

Antonino Anastasi         Consigliere

Paolo Troiano                Consigliere est.

 

M A S S I M E

1) L’ordine di demolizione (emesso dal Prefetto) di un manufatto costruito a distanza inferiore a quella prescritta - è sufficiente il richiamo alle disposizioni in materia di distanze rispetto al nastro stradale. Per costante indirizzo giurisprudenziale l’ordine di demolizione di un manufatto costruito a distanza inferiore a quella prescritta, adottato ai sensi dell’articolo 20 T.U. 8 dicembre 1933, n. 1740, non richiede una specifica motivazione, ove l’atto (come nel caso di specie) sia stato emanato prima dell’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, essendo sufficiente il richiamo alle disposizioni in materia di distanze rispetto al nastro stradale (ex multis, Cons. giust. amm., 6 settembre 1986, n. 138; Sez. IV, 28 febbraio 1978, n. 144). (Nella fattispecie si censura la carenza di motivazione del provvedimento con cui il Prefetto di Cosenza ha disposto la demolizione di un manufatto abusivamente edificato all’interno della zona di rispetto autostradale, censura risultata per il C.d.S. infondata. Va, inoltre, rilevato che nella specie in esame non è contestata l’esattezza dei presupposti di fatto su cui si fonda il provvedimento di demolizione, ammettendosi nello stesso atto di appello che l’opera, distante “dal ciglio stradale oltre 40 metri”, è ubicata all’interno della fascia di rispetto). Consiglio di Stato, sezione IV, 25 settembre 2002, n. 4927

2) Fascia di rispetto autostradale - il carattere assoluto del vincolo sussiste a prescindere dalla concrete caratteristiche dell’opera realizzata - pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla incolumità delle persone - l’esigenza di assicurare fascia di rispetto utilizzabile. Va, inoltre, osservato che il carattere assoluto del vincolo sussiste a prescindere dalla concrete caratteristiche dell’opera realizzata. Infatti il divieto di costruire ad una certa distanza dalla sede autostradale, posto dall’articolo 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729 e dal successivo d.m. 1 aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi con la presenza di costruzioni. Pertanto le distanze previste dalla norma suddetta vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (in termini, Cass. civ., 1 giugno 1995, n. 6118) o che costituiscano mere sopralevazioni (v. la citata Cass. civ., 14 gennaio 1987, n. 193), o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti. Va, infine, osservato che non è più operante la sospensione del giudizio amministrativo in pendenza di sanatoria, essendo decorso il termine di cui all’articolo 44, comma 1 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Consiglio di Stato, sezione IV, 25 settembre 2002, n. 4927

 

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