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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. V, 1 Ottobre 2002, n. 5139.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 9150/1997 proposto da Di Caro Salvatore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Corso ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. M. S. Merlo in Roma, Via M. Dionigi n.29;

CONTRO

Il Comune di Villaricca, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Palma ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale Napolitano - Sarcina in Roma, Viale Angelico n.38;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Capania – Napoli, Sez. I, n.350/97 in data 20.11.1996/15.2.1997;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Comune di Villaricca;

Viste le memorie difensive depositate dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 30 aprile 2002, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza impugnata il T.A.R. Campania – Napoli respingeva il ricorso proposto da Di Caro Salvatore, titolare dell’omonima impresa, inteso ad ottenere l’annullamento della delibera n.235 del 14.6.1994 con la quale la Commissione Straordinaria, nominata a seguito dello scioglimento del consiglio comunale di Villaricca, aveva annullato, in sede di autotutela, la delibera consiliare n.62 del 26.7.91 di affidamento al ricorrente, a trattativa privata, dei lavori di completamento della scuola elementare di Via Marchesella.

Avverso la predetta decisione proponeva rituale appello l’originario ricorrente, riproponendo le medesime censure disattese con la sentenza impugnata, della quale chiedeva l’annullamento.

Resisteva il Comune di Villaricca, contestando la fondatezza dell’impugnazione e domandandone la reiezione.

Alla pubblica udienza del 30 aprile 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

 1.- Ai fini di una completa comprensione della controversia, giova premettere una sintetica ricognizione della vicenda sostanziale dedotta in giudizio.

 Con delibera di C.C. n.62 del 26.7.91 il Comune di Villaricca aveva affidato a trattativa privata, ai sensi dell’art.12 L. n.1/78, i lavori di completamento della scuola elementare di Via Marchesella, per l’importo di L.1.074.656.557, all’impresa Di Caro Salvatore, già appaltatrice di un precedente lotto per l’importo di L.580.014.000.

La Commissione Straordinaria insediatasi in seguito allo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Villaricca, annullava, tuttavia, con delibera n.235 del 14.6.94, la suddetta determinazione di affidamento dei lavori ritenendo il ricorso alla trattativa privata viziato in quanto fondato sull’erroneo presupposto che l’importo originario dei nuovi lavori (quantificato in L.1.419.068.730 nel progetto esecutivo approvato con delibera G.M. n.601 del 17.11.88) era stato validamente ridotto a L.1.158.659.360 (limite massimo per l’affidamento diretto) con delibera n.33 del 17.4.89 (relativa, però, a lavori estranei all’appalto in questione).

 Contro la determinazione di annullamento adottata dalla Commissione Straordinaria nell’esercizio dei poteri di autotutela proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. Campania Di Caro Salvatore, titolare dell’impresa omonima, che, pur avendo completato l’opera e consegnato i lavori, era rimasto creditore del corrispettivo stabilito.

 Con la decisione appellata, la delibera impugnata veniva giudicata immune dai vizi denunciati dal ricorrente, con conseguente reiezione del ricorso.

 Il Di Caro critica la pronuncia reiettiva impugnata, riproponendo, in appello, le tre censure, appresso esaminate, ritenute infondate dai primi giudici.

 2.- L’appellante sostiene, innanzitutto, l’illegittimità della delibera in quanto invalidamente adottata senza la presenza di uno dei tre componenti la Commissione. Adduce il ricorrente, a sostegno di tale censura, la natura di collegio perfetto dell’anzidetto organo (invocando, a tal fine, il D.M. n.523 del 28.7.95), la conseguente, necessaria partecipazione di tutti i suoi membri all’attività provvedimentale e, quindi, la sua irregolare costituzione nel caso di specie, stante la documentata assenza di un componente.

La censura è infondata e va disattesa.

Premesso, infatti, che il D.M. n.523/95, che prescrive il plenum per l’adozione di talune delibere (tra le quali quella in discussione), è incontestabilmente entrato in vigore successivamente all’adozione della determinazione controversa e che, quindi, non può applicarsi alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che il rinvio, contenuto nell’art.15 bis L. n.55/90, ad un successivo Decreto Ministeriale per la disciplina del funzionamento della Commissione Straordinaria, lungi dall’imporre la partecipazione, nelle more, di tutti i membri, autorizza, nel rilevato difetto di un regime positivo direttamente applicabile, il ricorso ai principi enucleati dalla giurisprudenza per la qualificazione, ai fini che qui rilevano, dell’organo collegiale considerato.

E’ stato, in proposito, affermato il principio, qui condiviso, per cui, nel silenzio della legge, il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è costituito dalla previsione, in aggiunta ai componenti effettivi, di componenti supplenti (Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 1997, n.1100), potendosi agevolmente trarre, solo in questa ipotesi, il convincimento circa l’univoca volontà del legislatore che il valido funzionamento dell’organo richieda la presenza di tutti i membri del collegio.

Coerentemente con siffatto, affidabile parametro valutativo, si deve escludere la natura di collegio perfetto della Commissione Straordinaria contemplata dall’art.15 bis L. n.55/90, atteso che in quest’ultima disposizione non è dato rinvenire alcuna previsione di componenti supplenti.

Ne consegue che la delibera impugnata risulta legittimamente adottata anche in assenza di uno dei tre membri della Commissione Straordinaria.

 3.- Con il secondo motivo viene, inoltre, censurata la delibera n. 235 del 14.6.94 per l’asserita carenza di motivazione circa l’interesse pubblico tutelato e per l’omessa ponderazione della consolidata posizione giuridica soggettiva del Di Caro.

A sostegno di tale doglianza si assume che la Commissione Straordinaria avrebbe illegittimamente omesso di dare conto della necessaria ponderazione tra l’interesse pubblico all’eliminazione della delibera ritenuta viziata e quello, sacrificato, del ricorrente al pagamento del corrispettivo dell’opera, correttamente eseguita e già consegnata all’Amministrazione.

Anche tale motivo è infondato e va respinto alla stregua dei rilievi che seguono.

Come correttamente osservato dai primi giudici, la preminente finalità al cui efficace perseguimento risulta preposta la Commissione Straordinaria, come si ricava dalla citata normativa di riferimento, risulta agevolmente individuabile nel ripristino della legalità, verosimilmente compromessa o gravemente pregiudicata dai condizionamenti della criminalità organizzata che hanno determinato lo scioglimento del Consiglio Comunale.

L’anzidetta esigenza risulta, infatti, realizzata proprio mediante l’affidamento ad un organo composto da persone estranee all’ambiente inquinato nonché dotate di significativa professionalità e di comprovata rettitudine della provvisoria e straordinaria gestione dell’Amministrazione in vista della regolare ripresa del funzionamento dell’Ente.

Ne consegue che la Commissione Straordinaria, al precipuo fine di eliminare tutte le irregolarità riscontrate nell’operato della precedente Amministrazione e presuntivamente riconducibili alle già accertate infiltrazioni della criminalità organizzata nella vita amministrativa dell’Ente, può (rectius: deve) adottare tutti quei provvedimenti ritenuti funzionalmente idonei al conseguimento dello scopo di sostituire un esercizio regolare e trasparente delle potestà comunali alla precedente gestione distorta ed inquinata.

Appare, di conseguenza, coerente con le segnalate esigenze che la Commissione Straordinaria proceda alla rimozione, nel legittimo esercizio dei poteri di autotutela, di tutte le scelte illegittime operate dalla precedente Amministrazione, in quanto verosimilmente riconducibili ad un illecito condizionamento esterno della regolare formazione della volontà degli organi elettivi, anche se produttive di effetti, ormai esauriti, nella sfera di soggetti terzi.

A fronte, infatti, della preminente esigenza pubblica di ripristino della legalità, il contrapposto interesse del privato alla conservazione degli effetti, a sé favorevoli, costituiti da un atto illegittimo si appalesa senz’altro recessivo.

Ne discende che la mera verifica dell’illegittimità della delibera annullata giustifica il provvedimento di autotutela, atteso che il perseguimento dell’interesse pubblico risulta connaturato allo stesso esercizio delle potestà proprie della Commissione Straordinaria e che il sacrificio di quello privato non appare significativamente apprezzabile nel descritto contesto di infiltrazione camorristica patita dalla precedente amministrazione.

 4.- Da ultimo, il ricorrente contesta la correttezza della stessa scelta di autoannullamento della delibera di affidamento dei lavori, assumendola viziata per travisamento dei fatti in quanto fondata sul falso presupposto della mancata approvazione del progetto relativo ai lavori appaltati a trattativa privata.

Viene, inoltre, criticata la decisione appellata, in quanto asseritamente pronunciata ultra petita, nella parte in cui è stato disatteso il terzo motivo sulla base del rilievo, estraneo alla motivazione della determinazione di autotutela, della natura fittizia della modifica del quadro economico dell’opera.

Deve preliminarmente osservarsi che la delibera della Commissione Straordinaria n.235 del 14.6.94 si fonda, a ben vedere, su due distinti rilievi: l’omessa approvazione del progetto dei lavori in questione e la mancata modifica del quadro economico dell’opera (nella misura necessaria a giustificare l’affidamento a trattativa privata).

Se può ammettersi l’infondatezza del primo rilievo, in considerazione del palese errore materiale contenuto nella parte dispositiva della delibera C.C. n.130 del 15.11.90 (in effetti approvativa del progetto esecutivo), deve, tuttavia, osservarsi che l’argomento relativo alla mancata modifica del quadro economico dell’opera va rettamente inteso nei termini di seguito precisati.

La sintetica motivazione da ultimo considerata va, infatti, chiaramente riferita all’omesso mutamento, ad opera della delibera n.130 del 1990, degli elementi economici costitutivi della stima originaria della spesa risultante dalla delibera n.601 del 1988, sicchè la riduzione dell’importo da L.1.419.068.730 a L.1.158.659.360 non risulta frutto di una modifica sostanziale dei presunti costi delle opere ma di una mera, artificiosa alterazione contabile del quadro economico complessivo.

Ne consegue che risulta del tutto fondato il rilievo relativo all’omesso mutamento del quadro economico dell’opera e che la fittizia riduzione, rispetto alla stima iniziale, dell’importo dei nuovi lavori è stata correttamente ritenuta inidonea a giustificare l’appalto dell’opera a trattativa privata ai sensi dell’art.12 L. n.1/78, per il difetto del requisito relativo all’importo massimo dei lavori affidabili direttamente all’impresa esecutrice del primo lotto.

Né l’interpretazione offerta dai primi giudici della motivazione della delibera impugnata appare affetta dal vizio di ultrapetizione, atteso che, come già osservato, il vizio ritenuto dal T.A.R. sufficiente a giustificare la delibera di annullamento risultava chiaramente, ancorchè sinteticamente, individuato nella motivazione dell’atto controverso.

Va, quindi, disatteso anche il terzo motivo di ricorso.

 5.- Alle considerazioni che precedono consegue la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa le spese processuali;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 aprile 2002, con l'intervento dei signori:

Claudio Varrone             Presidente

Corrado Allegretta          Consigliere

Paolo Buonvino              Consigliere

Goffredo Zaccardi           Consigliere

Carlo Deodato                Consigliere Estensore

 

 IL PRESIDENTE L’ESTENSORE                               IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO

         F.to Claudio Varrone                                        F.to Carlo Deodato                          F.to Giuseppe Testa

 

 

 

M A S S I M E

1) Il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è costituito dalla previsione, in aggiunta ai componenti effettivi, di componenti supplenti. E’ condiviso il principio, per cui, nel silenzio della legge, il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è costituito dalla previsione, in aggiunta ai componenti effettivi, di componenti supplenti (Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 1997, n.1100), potendosi agevolmente trarre, solo in questa ipotesi, il convincimento circa l’univoca volontà del legislatore che il valido funzionamento dell’organo richieda la presenza di tutti i membri del collegio. Consiglio di Stato, sezione V, 1 ottobre 2002, n. 5139

2) Ripristino della legalità dai condizionamenti della criminalità organizzata che hanno determinato lo scioglimento del Consiglio Comunale - la preminente finalità della Commissione Straordinaria - appalto dell’opera a trattativa privata - esercizio dei poteri di autotutela - un atto illegittimo si appalesa senz’altro recessivo.  La preminente finalità al cui efficace perseguimento risulta preposta la Commissione Straordinaria, come si ricava dalla citata normativa di riferimento, risulta agevolmente individuabile nel ripristino della legalità, verosimilmente compromessa o gravemente pregiudicata dai condizionamenti della criminalità organizzata che hanno determinato lo scioglimento del Consiglio Comunale. L’anzidetta esigenza risulta, infatti, realizzata proprio mediante l’affidamento ad un organo composto da persone estranee all’ambiente inquinato nonché dotate di significativa professionalità e di comprovata rettitudine della provvisoria e straordinaria gestione dell’Amministrazione in vista della regolare ripresa del funzionamento dell’Ente. Ne consegue che la Commissione Straordinaria, al precipuo fine di eliminare tutte le irregolarità riscontrate nell’operato della precedente Amministrazione e presuntivamente riconducibili alle già accertate infiltrazioni della criminalità organizzata nella vita amministrativa dell’Ente, può (rectius: deve) adottare tutti quei provvedimenti ritenuti funzionalmente idonei al conseguimento dello scopo di sostituire un esercizio regolare e trasparente delle potestà comunali alla precedente gestione distorta ed inquinata. Appare, di conseguenza, coerente con le segnalate esigenze che la Commissione Straordinaria proceda alla rimozione, nel legittimo esercizio dei poteri di autotutela, di tutte le scelte illegittime operate dalla precedente Amministrazione, in quanto verosimilmente riconducibili ad un illecito condizionamento esterno della regolare formazione della volontà degli organi elettivi, anche se produttive di effetti, ormai esauriti, nella sfera di soggetti terzi. A fronte, infatti, della preminente esigenza pubblica di ripristino della legalità, il contrapposto interesse del privato alla conservazione degli effetti, a sé favorevoli, costituiti da un atto illegittimo si appalesa senz’altro recessivo. Ne discende che la mera verifica dell’illegittimità della delibera annullata giustifica il provvedimento di autotutela, atteso che il perseguimento dell’interesse pubblico risulta connaturato allo stesso esercizio delle potestà proprie della Commissione Straordinaria e che il sacrificio di quello privato non appare significativamente apprezzabile nel descritto contesto di infiltrazione camorristica patita dalla precedente amministrazione. (Nella specie: ne consegue che risulta del tutto fondato il rilievo relativo all’omesso mutamento del quadro economico dell’opera e che la fittizia riduzione, rispetto alla stima iniziale, dell’importo dei nuovi lavori è stata correttamente ritenuta inidonea a giustificare l’appalto dell’opera a trattativa privata ai sensi dell’art.12 L. n.1/78, per il difetto del requisito relativo all’importo massimo dei lavori affidabili direttamente all’impresa esecutrice del primo lotto). . Consiglio di Stato, sezione V, 1 ottobre 2002, n. 5139

 

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