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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. V, 2 Ottobre 2002, n. 5162.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello numero di registro generale 284/1996 del 13 dicembre 1995 proposto dal Sig. Rino SAVORELLI, residente in Ravenna Frazione Mezzano, rappresentato e difeso, per delega a margine del ricorso in appello, dall’Avv. Rino Paganini del Foro di Ravenna ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Francesco Crisci in Roma, via degli Scipioni, 8,

contro

il Comune di Ravenna, in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dall’Avv. Arrigo Allegri ed elettivamente domiciliato presso lo studio Colarizi in Roma, Via Panama, 12,

e nei confronti

della Soprintendenza dei Beni Ambientali e Architettonici in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’avv. V. Cesaroni dell’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata in via dei Portoghesi, 12;

della Regione Emilia Romagna, non costituita in giudizio,

per la riforma

della decisione del Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna - Bologna, n.192 del 16 marzo 1995, depositata il 12 maggio 1995, non notificata, assunta nei ricorsi riuniti nn.562 e 1150/1984.

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza dell’8 marzo 2002, il Consigliere Francesco D’OTTAVI;

Uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

L’istante ottenne dal Sindaco di Ravenna una concessione edilizia (n.1362 del 26 luglio 1982) per la costruzione di un capanno da pesca nella zona denominata “Taglio Destra del Fiume Lamone”, nel territorio del Comune di Ravenna, su cui in precedenza aveva ottenuto in concessione dall’Amministrazione finanziaria del demanio un tratto di relativo terreno golenale.

La concessione edilizia comunale veniva rilasciata in precario rinnovabile di anno in anno.

Con successivo provvedimento dell’8 marzo 1986 il Sindaco di Ravenna ordinava la demolizione delle opere in quanto la struttura portante era stata realizzata in cemento armato.

Con ulteriore provvedimento il medesimo Sindaco di Ravenna ingiungeva all’appellante la demolizione delle ulteriori opere eseguite dopo l’avvenuta decadenza della concessione.

Contro tali provvedimenti l’attuale appellante proponeva distinti ricorsi dinanzi al competente T.A.R. dell’Emilia - Romagna.

Il Tribunale previa riunione dei ricorsi li respingeva ritenendoli in parte inammissibili e in parte improcedibili.

Il Savorelli ha proposto formale atto di appello deducendo l’illegittimità dell’impugnata sentenza per vari profili di legge e di eccesso di potere.

In particolare l’appellante rileva che la rilevata concessione in precario rendeva perfettamente legittimo l’intervento realizzativo operato; inoltre l’Amministrazione non ha valutato gli effetti dell’ultimazione del capanno e comunque non sussistevano i presupposti per ordinare la demolizione del manufatto.

Rileva ancora l’appellante che l’utilizzazione del cemento armato si era resa necessaria per le particolari condizioni geologiche dei luoghi.

L’appellante conclude per l’accoglimento del ricorso con ogni consequenziale statuizione di legge.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ravenna che con analitica memoria contesta le menzionate censure e conclude per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.

DIRITTO

Come riportato nella narrativa che precede con l’appello in esame viene impugnata la sentenza n.192/1995, del 16 maggio 1995, con cui il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia – Romagna, previa riunione, respingeva i ricorsi proposti dall’attuale appellante avverso le ordinanze di demolizione del capanno da pesca realizzato dall’appellante.

Come pure evidenziato in precedenza l’attuale appellante, ottenuta la concessione edilizia e la successiva variante per realizzare un capanno da pesca, non ha costruito nel termine decadenziale previsto dalla disposizione di cui all’art.27 della Legge R. Emilia–Romagna n.47/1978, il relativo solaio ed inoltre eseguiva la palificazione di sostegno del capanno medesimo in “cemento” anziché in “legno”, come tassativamente previsto.

Quindi il Sindaco con le pure richiamate ordinanze ha dapprima disposto la rimozione delle parti difformi, e successivamente, sull’accertto presupposto della mancata realizzazione del necessario solaio, accertava la decadenza della concessione ingiungendo la conseguente demolizione della costruzione abusiva.

L’appellante oltre a svolgere autonome censure avverso l’impugnata decisione – che ha respinto i due ricorsi riuniti in quanto inammissibili e improcedibili – reitera le censure di merito svolte in primo grado aggiungendo peraltro nuove (ed inammissibili) doglianze.

Si può prescindere dall’inammissibilità delle nuove censure prospettate, stante la palese infondatezza del ricorso in appello.

Invero risultano infondate le doglianze connesse con la concessione rilasciata dal demanio fluviale in quanto questo si estrinseca in un provvedimento del tutto autonomo e diverso dalla concessione edilizia, provvedimento quest’ultimo avente finalità e garanzie del tutto specifiche e che comunque, ai fini che qui interessano, costituisce l’unico provvedimetno abilitativo alla realizzazione del manufatto sotto il prevalente profilo urbanistico-edilizio.

Ne consegue che le censure attinenti alla pretesa ammissibilità della palificazione in cemento non può essere ritenuta rilevante ai fini del pieno riscontro della legittimità della concessione edilizia che, in relazione alla specifica regolamentazione tipologica della realizzazione in questione – capanno da pesca – richiede ed impone la palificazione in legno.

Infondate sono poi le censure di contraddittorietà dei provvedimenti in esame in quanto – come esattamente ritenuto dal Tribunale - del tutto legittimamente il Sindaco in relazione al pregressivo successivo accertamento delle violazioni poste in essere dall’appellante emanava, in tempi diversi e sulla base dei differenti presupposti, i due menzionati provvedimenti repressivi.

Del resto come ampiamente risulta dalla documentazione in atti il presupposto per l’intervenuta decadenza è l’accertata tardiva realizzazione del solaio. La mancata realizzazione di tale requisito fondamentale della validità del provvedimento concessorio, ha poi legittimamente comportato l’adozione dell’adottato provvedimento decadenziale.

Conclusivamente quindi l’appello deve essere respinto.

Sussistono tuttavia validi motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, respinge l’appello e per l’effetto conferma la pure richiamata sentenza.

 

Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, l’8 marzo 2002, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:

 

Claudio Varrone             Presidente

Paolo Buonvino              Consigliere

Goffredo Zaccardi           Consigliere

Aldo Fera                      Consigliere

Francesco D’Ottavi         Consigliere, rel.

 

 

L'ESTENSORE                                    IL PRESIDENTE                            IL SEGRETARIO

F.to Francesco D’Ottavi                        F.to Claudio Varrone                      F.to Giuseppe Testa

 

 

 

M A S S I M A

1) La concessione rilasciata dal demanio fluviale è un provvedimento del tutto autonomo e diverso dalla concessione edilizia - capanno da pesca - la rimozione delle parti difformi e successiva demolizione della costruzione abusiva per decadenza del provvedimento concessorio. Sono infondate le doglianze connesse con la concessione rilasciata dal demanio fluviale in quanto questo si estrinseca in un provvedimento del tutto autonomo e diverso dalla concessione edilizia, provvedimento quest’ultimo avente finalità e garanzie del tutto specifiche e che comunque, ai fini che qui interessano, costituisce l’unico provvedimetno abilitativo alla realizzazione del manufatto sotto il prevalente profilo urbanistico-edilizio. (L’appellante, ottenuta la concessione edilizia e la successiva variante per realizzare un capanno da pesca, non ha costruito nel termine decadenziale previsto dalla disposizione di cui all’art.27 della Legge R. Emilia-Romagna n.47/1978, il relativo solaio ed inoltre eseguiva la palificazione di sostegno del capanno medesimo in “cemento” anziché in “legno”, come tassativamente previsto.) Ne consegue che le censure attinenti alla pretesa ammissibilità della palificazione in cemento non può essere ritenuta rilevante ai fini del pieno riscontro della legittimità della concessione edilizia che, in relazione alla specifica regolamentazione tipologica della realizzazione in questione - capanno da pesca - richiede ed impone la palificazione in legno. Di conseguenza il Sindaco, con successive ordinanze ha dapprima disposto la rimozione delle parti difformi, e successivamente, sull’accertato presupposto della mancata realizzazione del necessario solaio, accertava la decadenza della concessione ingiungendo la conseguente demolizione della costruzione abusiva. La mancata realizzazione di tale requisito fondamentale della validità del provvedimento concessorio, ha poi legittimamente comportato l’adozione dell’adottato provvedimento decadenziale. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5162

 

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