Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 1346/96, proposto dall’Ordine Ingegneri della Provincia di Vibo Valentia e dal Consiglio Nazionale Ingegneri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’avv. Maria Alessandra Sandulli, e presso lo studio della stessa elettivamente domiciliati in Roma, c.so Vittorio Emanuele n. 349,
contro
il Comune di Vibo Valentia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Mario Garofalo, e con lui elettivamente domiciliato in Roma, v. Cicerone n. 44 (studio Aguglia),
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Catanzaro, 12 gennaio 1995, n. 12, resa inter partes, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dagli attuali appellanti avverso l’art. 20 del regolamento comunale sui contratti, in tema di affidamento di incarichi interni di progettazione.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’8 marzo 2002 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Visto il dispositivo della presente decisione, n. 150 pubblicato il 12 marzo 02;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. L’art. 20 del regolamento comunale di Vibo Valentia per la disciplina dei contratti, impugnato in prime cure dagli attuali appellanti a tutela degli interessi della categoria professionale di cui sono portatori, prevedeva, in tema di incarichi “interni” di progettazione - una volta premesso che “l’attività negoziale viene esercitata servendosi di strumenti tecnici ed amministrativi caratterizzati dal perseguimento dell’interesse pubblico nelle migliori condizioni di efficienza, di produttività e di efficacia” - che “le progettazioni e così ogni altro atto tecnico derivante o connesso sopra indicati rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed amministrative del Comune”.
Stabiliva altresì, al comma 5, che con la deliberazione di Giunta con la quale veniva indicato il funzionario incaricato della progettazione, poteva essere fissato in favore del medesimo, ove non venisse esentato dal disbrigo del normale servizio, un compenso che non poteva in ogni caso superare il 50% della tariffa professionale, tenendo comunque presente che nel compenso suddetto era compresa anche la direzione dei lavori, nel senso che la stessa era conditio sine qua non per il materiale pagamento del compenso fissato per la progettazione.
L’affidamento di incarichi a professionisti esterni (direttamente o attraverso lo svolgimento di appositi concorsi), in deroga a quanto stabilito dall’appena menzionata disposizione, veniva introdotto, dal successivo art. 21, solo quale ipotesi eccezionale, connessa ad esigenze particolari dovute alla speciale natura dell’opera pubblica o dell’atto.
2. L’Ordine provinciale ed il Consiglio nazionale professionale attualmente appellanti, gravatisi avverso il predetto art. 20, si sono visti respingere dal TAR Calabria il ricorso, pur ritenuto ammissibile sotto i profili della legittimazione attiva e dell’impugnabilità di un atto regolamentare lesivo.
3. Hanno dunque i medesimi interposto l’appello in trattazione, al fine di ottenere la riforma della sentenza impugnata, in epigrafe indicata, riproponendo alcune delle censure avanzate in prime cure.
4. Il Comune intimato si è costituito in giudizio per resistere all’appello, in relazione al quale ha anche eccepito la sopravvenuta improcedibilità per cessazione della materia del contendere, attesa la nuova produzione regolamentare comunale.
Le parti hanno depositato documentazione.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2002 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello merita accoglimento, con particolare riguardo ai profili di seguito evidenziati.
2. Non può, preliminarmente, darsi seguito all’eccezione di improcedibilità del gravame per cessata materia del contendere, peraltro genericamente formulata da parte del Comune resistente, atteso che vi è tutt’altro che certezza che con il nuovo Regolamento per la disciplina e la ripartizione del fondo interno per progettazioni, direzione, collaudi di lavori e opere pubbliche o atti di pianificazione, di cui all’art. 18, comma 1-bis, della l. 109/94, adottato con delibera di Giunta 29 luglio 1999, n. 369, sia stato “escluso dall’ordinamento” comunale (abrogazione che comunque avrebbe effetto ex nunc e non ex tunc) il precedente regolamento, nella parte contestata.
3. Con la pronunzia impugnata il TAR Calabria ha respinto, nel merito, il gravame proposto dagli attuali appellanti sulla base di argomentazioni che possono riassumersi nei termini che seguono.
L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche, nel rispetto peraltro delle norme sui limiti delle competenze professionali, rientrerebbe tra i compiti istituzionali ai sensi dell’art. 285 t.u. com. prov., come modificato dall’art. 16 della l. 530/47; con la conseguenza che l’eventuale disimpegno di incombenze come tali caratterizzate, cioè dirette al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, ove esclusivamente pertinenti all’attività di servizio e quindi non oggetto di compenso al di fuori della retribuzione per legge predeterminata, non può ex se rivelarsi inibito.
Altrimenti opinandosi, verrebbe a delinearsi, soluzione alla quale – ad avviso del Tribunale di prima istanza – non può con ogni evidenza in alcun modo accedersi, un vero e proprio obbligo di affidare – sempre e comunque – a professionisti esterni gli incarichi di progettazione onde trattasi, con riveniente preclusione per l’Amministrazione di risolvere in ambito interno (e con risorse proprie) le relative problematiche di carattere ideativo e configurativo.
Le predette conclusioni non risulterebbero modificate dall’intervenuta abrogazione della rammentata disposizione di cui al citato art. 285 per effetto dell’art. 64 della l. 142/90, al riguardo dovendosi richiamare l’ampia latitudine discrezionale riservata all’Amministrazione dall’art. 51 del predetto testo normativo quanto allo svolgimento della potestà auto-organizzativa, nonché la configurazione in termini meramente facoltativi del ricorso allo strumento negoziale di diritto privato per lo svolgimento di attività a vario titolo connesse con il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente.
La disposizione impugnata non contrasterebbe neppure con l’art. 58, comma 2, del d.lg. 29/93, recante il divieto di conferire ai dipendenti pubblici incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o da altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati, trattandosi di legittimo esercizio di incombenze istituzionalmente rimesse all’ente.
Ciò premesso, quanto alla fattispecie in esame, il primo giudice ha evidenziato che il contestato art. 20 prevede che le progettazioni rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed amministrative del Comune, sicché, in relazione alle competenze istituzionalmente demandate alle strutture organizzative comunali viene prevista un’ipotesi a regime che contempla lo svolgimento, ad opera del personale ivi addetto, delle rammentate incombenze, consentendo peraltro (art. 21) la possibilità di derogare a tale principio per casi particolari, affidando incarichi “esterni” .
La previsione in discorso rientrerebbe pertanto nel consentito ambito di svolgimento dell’apprezzamento discrezionale della P.A., il cui esercizio, lungi dal comprimere la libera esplicazione dell’attività professionale (e quindi dal precludere la possibilità per l’Amministrazione di conferire incarichi di progettazione mediante attività negoziale di diritto privato), si limiterebbe – invero non irragionevolmente – a privilegiare l’utilizzazione delle risorse tecniche ed amministrative proprie della struttura organizzativa dell’ente.
In tale quadro anche la eccepita violazione delle disposizioni disciplinanti le attribuzioni legittimamente conferibili al personale ed il connesso regime retributivo non rivestirebbe alcun apprezzabile profilo di interesse per la posizione al riguardo vantata dalla parte ricorrente, in quanto la concreta disciplina delle modalità compensative riconosciute ai dipendenti pubblici per lo svolgimento di compiti riconosciuti come demandabili a strutture interne dell’Amministrazione esulerebbe irrimediabilmente dal novero delle situazioni sottoponibili al sindacato giurisdizionale da parte della categoria professionale che assuma, al riguardo, essersi consumata una lesione dell’interesse collettivo del quale si dimostri portatrice.
4. Il diffuso, dettagliato e per molti versi pregevole argomentare della sentenza impugnata a difesa dei principi sottesi alla contestata disposizione regolamentare non trova piena adesione nel Collegio e viene scalfito sotto il profilo della dedotta violazione del principio dell’onnicomprensività retributiva nel pubblico impiego, rispetto al quale, peraltro, non può disconoscersi una posizione legittimante di tutela dell’interesse categoriale in capo agli attuali reclamanti, considerata anche la portata generale dell’atto impugnato.
Pur, infatti, non venendo meno le ragioni di fondo a sostegno della possibilità di attribuire incarichi “interni” di progettazione, la disposizione regolamentare non sfugge a censura nella parte in cui reca l’attribuzione facoltativa di un compenso per l’esercizio di una funzione che resta ratione officii, in aperta violazione, appunto, del divieto di erogare compensi aggiuntivi al trattamento economico ordinario per l’espletamento dei compiti e dei doveri d’ufficio.
Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori dell'orario di servizio.
Orbene, poiché appare chiaro che nel caso di specie la regolamentazione generale si riferisce all’attribuzione ai dipendenti del ruolo tecnico di mansioni nell'ambito dello svolgimento delle funzioni proprie delle qualifiche, secondo le competenze istituzionali delle strutture di appartenenza, ne consegue, come effetto naturale, la non attribuibilità di compenso, non trattandosi di incarichi speciali, per i quali, invece, può legittimamente prevedersi una retribuzione (cfr. Cons. Stato, V, 29 settembre 1999, n. 1200).
Può dunque concludersi conformemente al principio secondo cui il divieto di percepire compensi, stabilito per i pubblici dipendenti assoggettati al regime dell'onnicomprensività del trattamento retributivo, opera inderogabilmente in tutti i casi in cui l'attività svolta dall'impiegato sia riconducibile a funzioni e poteri connessi alla di lui qualifica e all'ufficio ricoperto, corrispondenti a mansioni cui egli non possa sottrarsi perché rientranti nei normali compiti di servizio, fermo restando che siffatto principio non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare incarichi retribuiti a titolo professionale dall'Amministrazione, ove, però, ne ricorrano i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque espletamento di compiti d'istituto (cfr., in tema, anche Cons. Stato, VI, 5 marzo 1997, n. 363).
5. Nel senso suddetto, pertanto, l’appello merita accoglimento, e identica sorte spetta, conseguentemente e negli stessi termini, al ricorso di primo grado.
Sussistono i motivi per compensare tra le parti le spese di lite, in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.
Spese di lite compensate, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, l’8 marzo 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Claudio Varrone Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
f.to Gerardo Mastrandrea f.to Claudio Varrone f.to Giuseppe Testa
M A S S I M E
1) Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori dell'orario di servizio - trattamento retributivo - mansioni. Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori dell'orario di servizio. Orbene, poiché appare chiaro che nel caso di specie la regolamentazione generale si riferisce all’attribuzione ai dipendenti del ruolo tecnico di mansioni nell'ambito dello svolgimento delle funzioni proprie delle qualifiche, secondo le competenze istituzionali delle strutture di appartenenza, ne consegue, come effetto naturale, la non attribuibilità di compenso, non trattandosi di incarichi speciali, per i quali, invece, può legittimamente prevedersi una retribuzione (cfr. Cons. Stato, V, 29 settembre 1999, n. 1200). Può dunque concludersi conformemente al principio secondo cui il divieto di percepire compensi, stabilito per i pubblici dipendenti assoggettati al regime dell'onnicomprensività del trattamento retributivo, opera inderogabilmente in tutti i casi in cui l'attività svolta dall'impiegato sia riconducibile a funzioni e poteri connessi alla di lui qualifica e all'ufficio ricoperto, corrispondenti a mansioni cui egli non possa sottrarsi perché rientranti nei normali compiti di servizio, fermo restando che siffatto principio non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare incarichi retribuiti a titolo professionale dall'Amministrazione, ove, però, ne ricorrano i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque espletamento di compiti d'istituto (cfr., in tema, anche Cons. Stato, VI, 5 marzo 1997, n. 363). Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
2) L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche - la retribuzione - professionisti esterni incarichi di progettazione - la discrezionalità riservata all’Amministrazione. L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche, nel rispetto peraltro delle norme sui limiti delle competenze professionali, rientrerebbe tra i compiti istituzionali ai sensi dell’art. 285 t.u. com. prov., come modificato dall’art. 16 della l. 530/47; con la conseguenza che l’eventuale disimpegno di incombenze come tali caratterizzate, cioè dirette al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, ove esclusivamente pertinenti all’attività di servizio e quindi non oggetto di compenso al di fuori della retribuzione per legge predeterminata, non può ex se rivelarsi inibito. Altrimenti opinandosi, verrebbe a delinearsi, soluzione alla quale – ad avviso del Tribunale di prima istanza – non può con ogni evidenza in alcun modo accedersi, un vero e proprio obbligo di affidare – sempre e comunque – a professionisti esterni gli incarichi di progettazione onde trattasi, con riveniente preclusione per l’Amministrazione di risolvere in ambito interno (e con risorse proprie) le relative problematiche di carattere ideativo e configurativo. Le predette conclusioni non risulterebbero modificate dall’intervenuta abrogazione della rammentata disposizione di cui al citato art. 285 per effetto dell’art. 64 della l. 142/90, al riguardo dovendosi richiamare l’ampia latitudine discrezionale riservata all’Amministrazione dall’art. 51 del predetto testo normativo quanto allo svolgimento della potestà auto-organizzativa, nonché la configurazione in termini meramente facoltativi del ricorso allo strumento negoziale di diritto privato per lo svolgimento di attività a vario titolo connesse con il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente. La disposizione impugnata non contrasterebbe neppure con l’art. 58, comma 2, del d.lg. 29/93, recante il divieto di conferire ai dipendenti pubblici incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o da altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati, trattandosi di legittimo esercizio di incombenze istituzionalmente rimesse all’ente. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
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