Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4539 del 1996 proposto dalla LEIVI s.r.l. in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Giulio Lais, presso lo studio del quale è elettivamente domiciliata in Roma, Via Monteverdi n. 20,
contro
il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Bonanni ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Tempio di Giove n. 21, presso gli uffici dell’Avvocatura Comunale,
per l'annullamento
della sentenza n. 628 in data 2 aprile 1996 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per Lazio, Sezione II bis;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 1301 del 2 luglio 1996, con la quale è stata accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Udito alla pubblica udienza del 26 marzo 2002 l'avv. Lais;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
L’appello in epigrafe è diretto all'annullamento della sentenza n. 628 pubblicata in data 2 aprile 1996 del TAR Lazio, sez. II bis, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla società Leivi s.r.l. avverso la disposizione dirigenziale n. 856 del 3 ottobre 1994, adottata dalla Circoscrizione IX del Comune di Roma, contenente l'ordine di sospensione e demolizione di opere eseguite senza concessione edilizia in zona D di piano regolatore generale.
Il T.A.R. ha respinto tutti e tre i motivi d’impugnazione, con i quali la ricorrente aveva dedotto che: a) contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, nella specie doveva ritenersi formato il silenzio assenso, previsto dall’articolo 8, comma 5, del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito nella L. 94/82, nonostante che l'opera fosse stata realizzata su area non inclusa in un piano urbanistico di attuazione; b) il termine annuale previsto dall'art. 4, comma 4, della L. n. 10 del 1977, per l'inizio dei lavori, non era ancora decorso; c) il dirigente circoscrizionale era incompetente ad emettere l'atto.
Motivi, questi, che la ricorrente ribadisce anche in questa sede d’appello e dei quali il Comune di Roma, costituitosi in giudizio, contesta il fondamento, concludendo per la reiezione del gravame, con ogni conseguenza di legge.
Accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata con ordinanza n. 1301 del 2 luglio 1996, la causa è stata trattata all’udienza pubblica del 26 marzo 2002, nella quale, sentito il difensore presente, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Non ha pregio, invero, l’argomento del lotto intercluso in zona totalmente urbanizzata, che la ricorrente ripropone per sostenere l’intervenuta formazione della concessione edilizia per silenzio assenso e, in conseguenza, l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato, secondo il quale, invece, tale presupposto manca.
E' contestato, infatti, che il lotto interessato dall’attività edilizia dell’attuale appellante fosse interamente intercluso e soprattutto ricadente in area dotata di tutte le urbanizzazioni.
La zona che lo comprende, in realtà, alla data di adozione del provvedimento impugnato, era qualificata dal piano regolatore generale come Zona D o di completamento e, a norma del disposto di cui all'art. 7, primo punto, delle relative norme tecniche di attuazione, questo tipo di zona comprendeva aree quasi del tutto edificate ma non ancora sufficientemente urbanizzate.
In proposito, occorre tener presente che il principio di equivalenza tra pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione, in base al quale è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo nelle zone adeguatamente urbanizzate, ha il suo necessario presupposto in uno stato di fatto che da questo strumento consenta di prescindere in quanto esso risulti non più necessario, essendo stato raggiunto il risultato (l’adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie) cui è finalizzato. Con la precisazione che, se lo stato delle urbanizzazioni deve essere tale da rendere ultronei gli strumenti attuativi prescritti dal p.r.g. (piano particolareggiato o piano di lottizzazione), la relativa verifica deve riguardare l'intero contenuto di tali piani, cioè non soltanto le urbanizzazioni primarie, ma anche quelle secondarie e l'ambito territoriale di riferimento non può essere limitato alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, ma deve coincidere con il perimetro del comprensorio che dagli strumenti attuativi dovrebbe essere pianificato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2001 n. 1341).
Nel caso in esame, pertanto, nel quale lo stato di sufficiente urbanizzazione, nel senso ora detto, non è stato in alcun modo provato dalla ricorrente, non può ritenersi formata una concessione edilizia per silenzio secondo l’art. 8, comma 5, del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9 (convertito nella L. 25 marzo 1982 n. 94), il quale richiede a tal fine, con disposizione di stretta interpretazione ed insuscettibile di applicazione analogica, l’esistenza di un piano attuativo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2000 n. 4702; id., sez. V, 10 febbraio 1998 n. 150).
L’accertata infondatezza della doglianza di carattere sostanziale rende superfluo l’esame di ogni altra censura.
L’appello va, pertanto, respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze del secondo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Compensa tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 26 marzo 2002 con l'intervento dei Signori:
Alfonso Quaranta - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Filoreto D’Agostino - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
f.to Corrado Allegretta f.to Alfonso Quaranta f.to Francesco Cutrupi
M A S S I M A
1) Piano particolareggiato e piano di lottizzazione - il principio di equivalenza tra pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione - la derogare all’obbligo dello strumento attuativo nelle zone adeguatamente urbanizzate - le urbanizzazioni primarie e secondarie - la formazione della concessione edilizia per silenzio - limiti. Occorre tener presente che il principio di equivalenza tra pianificazione urbanistica esecutiva e stato di sufficiente urbanizzazione, in base al quale è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo nelle zone adeguatamente urbanizzate, ha il suo necessario presupposto in uno stato di fatto che da questo strumento consenta di prescindere in quanto esso risulti non più necessario, essendo stato raggiunto il risultato (l’adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie) cui è finalizzato. Con la precisazione che, se lo stato delle urbanizzazioni deve essere tale da rendere ultronei gli strumenti attuativi prescritti dal p.r.g. (piano particolareggiato o piano di lottizzazione), la relativa verifica deve riguardare l'intero contenuto di tali piani, cioè non soltanto le urbanizzazioni primarie, ma anche quelle secondarie e l'ambito territoriale di riferimento non può essere limitato alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, ma deve coincidere con il perimetro del comprensorio che dagli strumenti attuativi dovrebbe essere pianificato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2001 n. 1341). Nel caso in esame, lo stato di sufficiente urbanizzazione, non è stato in alcun modo provato dalla ricorrente, non può ritenersi formata una concessione edilizia per silenzio secondo l’art. 8, comma 5, del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9 (convertito nella L. 25 marzo 1982 n. 94), il quale richiede a tal fine, con disposizione di stretta interpretazione ed insuscettibile di applicazione analogica, l’esistenza di un piano attuativo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2000 n. 4702; id., sez. V, 10 febbraio 1998 n. 150). Consiglio di Stato, sez. V, 8 ottobre 2002, n. 5335
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