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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

Consiglio Stato, sez. IV, 9 Ottobre 2002, n. 5363.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello proposto dalla Tor di Valle Costruzioni Spa nella persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Pierluigi Piselli col quale elettivamente domicilia in Roma Via Giuseppe Mercalli n. 13 (appellante )

contro

il Ministero dei lavori pubblici ed il Provveditorato regionale alle opere pubbliche per l’Umbria, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale domiciliano ex lege in Roma Via dei Portoghesi n. 12 (appellati)

e nei confronti

della Tecnis Spa, in persona del legale rappresentante, ed in ATI con la Si.Gen. Co. srl, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Eugenio Picozza col quale elettivamente domicilia in Roma Via delle Quattro Fontane n- 16 (appellante incidentale)

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, III Sez., 30.11.2001 n. 8902;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione dell’Amministrazione;

Visto il controricorso e ricorso incidentale proposto dalla Soc. Tecnis;

Vista le memorie prodotte dalle parti;

Visto il dispositivo n. 321 del 20.6.2002;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica Udienza del 18 giugno 2002 il Consigliere Antonino Anastasi; uditi gli avvocati Piselli e prof. Picozza nonchè l’avv. St. Linda;

Visto il dispositivo n. 321/2002 pubblicato il 20.6.2002 ai sensi dell’art. 4 comma 6 L. 21.7.2000 n. 205;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. 

FATTO

Con avviso di gara pubblicato in GUCE del 25.10 2000 il Provveditorato regionale alle Opere Pubbliche per l’Umbria ha indetto una licitazione privata per l’affidamento dei lavori di sistemazione idrogeologica del versante in frana in località “Ivancich” del comune di Assisi, da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso mediante offerta a prezzi unitari, su un importo a base d’asta per £. 24.247.392.730.

Invitata alla gara dopo aver superato la fase di pre qualificazione, la Spa Tor di Valle offriva un ribasso del 26% e si collocava al secondo posto della graduatoria, dopo l’ATI Tecnis Spa - Si.Gen. Co. srl che aveva offerto un ribasso del 26,17.

Rilevando che il ribasso percentuale attribuito alla Tecnis non corrispondeva al prezzo complessivo da questa offerto, la Tor di Valle impugnava gli atti di gara avanti al TAR Lazio deducendone l’illegittimità.

Nel prosieguo, essendo emerso che la discordanza era in realtà dovuta ad errore materiale compiuto dall’Amministrazione, la Tor di Valle notificava motivi aggiunti – volti ad impugnare anche l’aggiudicazione definitiva dell’appalto nel frattempo disposta – mediante i quali deduceva che la Tecnis non aveva indicato in calce all’offerta il ribasso proposto, in violazione di quanto stabilito a pena di esclusione dalla lettera di invito, nonchè dall’art. 90 del DPR n. 554 del 1999; che la Tecnis avrebbe apportato una irrituale correzione alla voce n. 67 della lista lavori; che l’offerta Tecnis avrebbe dovuto essere esclusa per palese anomalia del prezzo unitario offerto in relazione alla essenziale voce n. 7 (“ dreni autoperforanti”) della lista stessa.

Per conseguenza la ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti impugnati ed il risarcimento del danno patito.

Con atto notificato il 28 giugno 2001 e depositato il 5 luglio 2001 la controinteressata resisteva al ricorso e proponeva gravame incidentale, deducendo che la ricorrente non avrebbe dovuto essere ammessa alla gara, non essendo in possesso del requisito di qualificazione relativo alla (non prevalente ) categoria di lavori OS 21.

La ricorrente, a sua volta, eccepiva la tardività del ricorso incidentale, in quanto notificato quando era già decorso il termine di trenta giorni (art. 37 TU n. 1054 del 1924 cui rinvia l’art. 22 comma primo secondo periodo L. n. 1034 del 1971) da intendersi dimidiato ai sensi dell’art. 4 comma 2 L. n. 205 del 2000 vista la tipologia della controversia.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale ha innanzi tutto disatteso l’eccezione di tardività del ricorso incidentale, rilevando che la deroga alla regola del dimezzamento dei termini prevista dalla legge in relazione alla “proposizione del ricorso” spiega effetti anche per quel che concerne la proposizione del ricorso incidentale.

Nel merito il Tribunale ha ritenuto fondato il ricorso incidentale, con conseguente improcedibilità del ricorso principale.

A giudizio del Tribunale il bando di gara (non impugnato dalla ricorrente ) indicava chiaramente, accanto alla categoria prevalente OG 4, anche la categoria non prevalente OS 21 (opere strutturali speciali) di importo superiore al 15% del totale lavori, rispetto alla quale la Tor di Valle, non avendo costituito una ATI verticale, avrebbe dovuto dunque provvedere in proprio, previa dimostrazione della relativa capacità tecnica, ai sensi dell’art. 13 comma 7 L. n. 109 del 1994 richiamato dall’art. 74 comma 2 del Regolamento.

In tale contesto, la Tor di Valle, che non aveva dimostrato la qualificazione per la categoria non prevalente, andava dunque esclusa dalla gara, con conseguente difetto di interesse a contestarne i risultati.

La sentenza è qui appellata dalla Tor di Valle che ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, reiterando innanzi tutto l’eccezione di tardività della notifica del ricorso incidentale già versata in primo grado.

Si eccepisce inoltre la tardività del deposito del ricorso incidentale, avvenuto il 5 luglio 2002, quando era già decorso il termine di dieci giorni (art. 37 TU n. 1054 del 1924 richiamato dall’art. 22 l. n. 1034 del 1971) nella specie dimezzato a 5 giorni (art. 4 L. n. 205 del 2000) decorrenti dall’ultima notifica eseguita il 28 giugno.

Nel merito l’appellante deduce l’infondatezza del ricorso incidentale, negando che la categoria non prevalente OS 21 appartenga alle lavorazioni altamente specialistiche per le quali è vietato (nel caso di importo superiore al 15 % del totale) il subappalto.

L’appellante sostiene inoltre di aver obiettivamente dimostrato il possesso dei requisiti di qualificazione per la predetta ctg. non prevalente e di aver ciò fatto allegando alla dichiarazione relativa alla categoria prevalente un certificato rilasciato dall’ANAS e riferito ad un appalto di caratteristiche tecniche analoghe a quelle in controversia, di importo doppio rispetto a questo ed eseguito all’epoca per circa la metà dei lavori affidati.

Tanto premesso, la appellante ripropone le censure dedotte in primo grado con motivi aggiunti avverso gli atti di gara e non esaminate dal primo Giudice a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale, chiedendo il risarcimento in forma specifica o per equivalente del danno patito.

Si è costituita, con controricorso e/o ricorso incidentale, la appellata Tecnis la quale, dopo aver eccepito la tardività dell’appello perché notificato ad oltre 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, chiede la conferma di quanto deciso dal primo giudice in ordine alla tempestività del ricorso incidentale di primo grado da essa proposto, ribadendo che il termine normale non dimezzato si applica (oltre che per la notifica del ricorso principale) anche al caso di quello incidentale.

Quanto alla tardività del deposito del ricorso incidentale di primo grado, si deduce – in relazione al divieto di eccezioni nuove in appello – l’inammissibilità di una eccezione formulata per la prima volta in secondo grado da Tor di Valle, ma basata su atti già conosciuti in prime cure.

Richiamata la nozione tradizionale secondo la quale il rapporto giuridico processuale si incardina nel processo amministrativo ed in genere nei processi introdotti da ricorso col deposito del gravame, la Tecnis sostiene inoltre che la deroga al dimezzamento dei termini copre non solo le attività di notifica ma anche quelle di deposito dell’atto.

In subordine l’appellata osserva che ricorrono i presupposti per la concessione dell’errore scusabile attesa da un lato l’incertezza della previsione normativa di riferimento e dall’altro la addebitabilità del ritardo all’Ufficiale giudiziario il quale, dopo aver provveduto alle attività notificatorie in data 28 giugno, avrebbe restituito (“scaricato”) l’atto all’UNEP solo il 4 luglio, con conseguente obiettiva impossibilità per la parte di provvedere al tempestivo deposito.

Nel merito Tecnis ribadisce la fondatezza del ricorso incidentale da essa proposto, osservando in particolare che il certificato prodotto dalla Tor di Valle non dimostrava in alcun modo la qualificazione dell’impresa ad eseguire i lavori per la categoria non prevalente OS 21: al riguardo, l’appellata sottolinea l’erroneità dell’impostazione difensiva seguita da Tor di Valle, la quale, al fine di non scorporare i lavori OS 21 subappaltati nel precedente appalto ANAS, fa riferimento all’intero importo a base d’asta e non considera invece l’entità dei lavori in concreto realizzati alla data in cui fu messa la certificazione.

Ulteriormente, l’appellata insiste per il rigetto di tutte le doglianze dedotte da Tor di Valle avverso gli atti di gara affermando che la omessa indicazione del ribasso offerto è ininfluente, trattandosi di elemento comunque indicato nella apposita dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante; che la correzione alla voce n. 67 è stata apportata dalla Commissione la quale ha provveduto ad una mera rettifica materiale; che la pretesa anomalia dell’offerta relativa ai dreni autoperforanti ben si spiega atteso che da un lato la Tecnis ha caricato i relativi costi sulla voce generale riferita all’esecuzione della galleria e dall’altro intende provvedere alla realizzazione dei suddetti dreni valendosi di specifica tecnologia sviluppata da società tedesche.

In prossimità dell’Udienza la Tecnis ha presentato memoria, chiedendo in particolare che la questione sul termine di notifica e deposito del ricorso di primo grado sia deferita all’Adunanza plenaria e sollevando in subordine questione di legittimità costituzionale – in relazione agli artt. 3, 24, 103, 11, 113 e 125 c. 2 Cost. – della normativa di riferimento ove restrittivamente interpretata.

Anche la Tor di valle ha prodotto memoria, contestando in particolare che la Tecnis abbia mai disposto della speciale tecnologia tedesca per “microtunnelling” sulla quale ha basato la risolutiva offerta di prezzo relativa ai dreni.

In fatto, espone Tor di Valle che Tecnis si sarebbe limitata a noleggiare ex post una macchina diversa da quelle tedesche richiamate nell’offerta e che opera per di più con caratteristiche tecniche non perfettamente compatibili con l’originario progetto esecutivo.

In punto di danno la Tor di Valle rappresenta altresì che i lavori impostati dalla Tecnis versano ancora allo stato iniziale, il che le consentirebbe di essere – a titolo di risarcimento in forma specifica – immessa nel cantiere senza pregiudizio per la tempestiva realizzazione dell’opera.

All’Udienza del 18 giugno 2002 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

Come precisato in premessa, il Tribunale ha accolto il ricorso incidentale col quale la ATI di cui è mandataria Tecnis spa ha contestato la legittimità dell’ammissione alla gara in controversia della Tor di Valle spa ed ha per conseguenza dichiarato improcedibile il ricorso presentato da quest’ultima avverso l’aggiudicazione in favore della controinteressata.

La sentenza è appellata dalla Tor di Valle, la quale ne chiede la riforma, eccependo sotto due diversi profili l’inammissibilità del ricorso incidentale di primo grado.

A sua volta l’appellata eccepisce la tardività dell’appello perché notificato a 92 giorni dal deposito della sentenza, quando era ormai decorso il termine decadenziale di 60 giorni, risultante dal dimezzamento ex art. 23 bis comma 2 L. n. 1034 del 1971 del termine di 120 giorni a sua volta fissato dal comma 7 dello stesso articolo per la proposizione dell’appello avverso sentenza non notificata.

Tale ultimo rilievo non è assolutamente condivisibile, innanzi tutto poiché la applicabilità della regola generale sul dimezzamento dei termini processuali va esclusa nel caso in cui nell’ambito della stessa disciplina acceleratoria è prevista una disposizione che introduce uno specifico termine di adempimento: il che è quanto avviene al comma 7 dell’art. 23 bis, ove per la proposizione dell’appello si prevede un termine lungo “ speciale” di 120 giorni.

In secondo luogo, anche a voler seguire la prospettazione dell’appellata, il termine in questione sarebbe pur sempre termine per la proposizione del ricorso, come tale non dimezzabile.

L’appello è dunque ricevibile.

Con il primo motivo Tor di Valle insiste per la tardività del ricorso incidentale di primo grado, perchè notificato quando era ormai decorso il termine di 15 giorni risultante dal dimezzamento del termine ordinario di 30 giorni previsto dall’art. 37 TU n. 1054 del 1924 cui rinvia l’art. 22 comma primo secondo periodo L. n. 1034 del 1971.

Come esattamente statuito dal Tribunale, il rilievo è del tutto infondato essendo ormai acquisito in giurisprudenza che la deroga alla regola del dimezzamento dei termini prevista dall’art. 4 comma 2 legge n. 205 del 2000 per la proposizione del ricorso principale non può non trovare applicazione, pena in caso diverso la sua incostituzionalità, anche per il ricorso incidentale, trattandosi nell’uno e nell’altro caso di posizioni di contestazione del provvedimento – o in secondo grado della sentenza – che vanno tutelate in maniera omogenea. (VI Sez. 27.3.2001 n. 1807 e da ultimo, con riferimento all’appello, Ap. 31.5.2002 n. 5).

Con il secondo motivo l’appellante eccepisce poi la tardività del deposito del ricorso incidentale di primo grado, avvenuto il 5 luglio 2002, quando era già decorso il termine di dieci giorni (art. 37 TU n. 1054 del 1924 richiamato dall’art. 22 l. n. 1034 del 1971) nella specie dimezzato a 5 giorni (art. 4 L. n. 205 del 2000) decorrenti dall’ultima notifica eseguita il 28 giugno.

A sua volta l’appellata deduce l’inammissibilità della eccezione perchè formulata per la prima volta in appello.

Al riguardo si premette che a rigore quella dedotta in rito dall’appellante non rientra nell’ambito delle eccezioni in senso proprio o stretto alle quali soltanto si riferisce il divieto di proposizione ex novo in appello introdotto dal nuovo testo dell’art. 345 comma secondo cod. proc. civ.(cfr. IV sez. 11.4.2002 n. 1977).

In effetti, la cosiddetta eccezione in rito è in realtà una mera difesa, mediante la quale la parte sollecita l’esercizio di poteri officiosi del giudice ed è noto che il giudice d'appello può controllare d'ufficio l'ammissibilità del ricorso di primo grado ove il T.A.R. non abbia – come nella fattispecie - espressamente esaminato e risolto, con esito positivo o negativo, tale specifica questione preliminare. (cfr. ad es. Csi 26.4.1996 n. 115 e V Sez. 13.7.1994 n. 753).

Indipendentemente quindi da ogni ulteriore approfondimento circa la tuttora controversa applicabilità al giudizio amministrativo del divieto di eccezioni nuove in appello (cfr. per la soluzione positiva VI 21.2.2001 n. 906 , per la negativa V Sez. 31.1.2001 n. 349), la questione sollevata dall’appellante va dunque qui esaminata.

In concreto, il ricorso incidentale risulta in effetti tardivamente depositato, applicandosi al termine di deposito del gravame originario la regola acceleratoria del dimezzamento dei termini.

Come è noto, l’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 4 della legge n. 205 del 2000, prevede al comma 2 che nelle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione ed affidamento di opere pubbliche “ I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso.”.

A fronte di tale disposizione, la questione da decidere è se la deroga al dimezzamento – applicabile come sopra si è visto alla proposizione sia del ricorso principale sia di quello incidentale – riguardi ambedue i termini, di notificazione e deposito, o soltanto il primo di questi.

In proposito osserva l’appellata che per la soluzione estensiva sembrerebbe militare l’argomento letterale, atteso che il Legislatore si riferisce al plurale ai “termini” ed atteso che nel processo amministrativo il ricorso per antica tradizione si intende formalmente proposto (ad es. ai fini dell’alternatività col ricorso straordinario) , al momento del deposito dell’atto previamente notificato, deposito col quale la parte promuove la vocatio iudicis ed istituisce il c.d rapporto giuridico processuale.

L’argomento non è però convincente, intanto perchè da più parti è stata evidenziata, in relazione a materia così complessa quale quella sinteticamente disciplinata dalla legge n. 205, l’inopportunità dell’utilizzo di canoni interpretativi esasperatamente letterali.

In secondo luogo, il suddetto argomento testuale risulta assai indebolito se si tiene presente che, nell’ambito della stessa legge TAR, il Legislatore già utilizza sovente il verbo “proporre” (o i suoi derivati) riferendosi in realtà alla attività di notificazione: in tal senso l’art. 28 comma secondo (l’appello avverso le sentenze è da “proporre” entro sessanta giorni) e l’art. 29 comma secondo (l’appello in materia elettorale va “proposto” entro il termine di venti giorni) depongono per un utilizzo legislativo di quella voce verbale che chiaramente prescinde dalla sottile distinzione di cui sopra.

Quanto all’utilizzo del plurale “ termini”, esso non sembra particolarmente determinante, visto che nel corpo dello stesso articolo (al comma 7) il Legislatore torna atecnicamente a riferirsi al “termine” per la proposizione dell’appello.

In ogni caso, l’impiego del sostantivo plurale ben può spiegarsi considerando che – come si è visto – l’eccezione alla regola del dimezzamento riguarda in realtà due ipotesi, separatamente disciplinate nel regime ordinario: quella della notifica del ricorso principale e quella della notifica del gravame incidentale.

Una volta chiarito il carattere non concludente dell’approccio ermeneutico letterale, osserva il Collegio che, per contro, convergenti argomenti di carattere sistematico nonchè extratestuale convergono nel far ritenere che il termine per il deposito del ricorso di primo grado sia dimezzato.

Al riguardo è stato innanzi tutto evidenziato come dai lavori preparatori della legge n. 205 risulta che il Legislatore – prestando adesione a quell’orientamento prevalentemente dottrinale che nel vigore del D.L. n. 67 del 1997 riconosceva natura sostanziale al termine per la notifica del ricorso introduttivo – ha espressamente affrontato il problema, risolvendolo nel senso che quello di deposito è invece un termine processuale, come tale soggetto alla regola generale.

In disparte tale rilievo, è soprattutto sul piano sistematico che si rivela la coerenza dell’indirizzo interpretativo qui sostenuto e secondo cui il termine di deposito è inciso dalla regola del dimezzamento.

 In effetti, il mantenimento nel rito abbreviato del termine ordinario per la notificazione del ricorso (anche incidentale) risponde soprattutto all’esigenza di assicurare al soggetto inciso dal provvedimento amministrativo o al notificatario del ricorso principale, che non dispongono ancora di un difensore, un “ congruo margine di valutazione” (Corte cost. 10.11.1999 n. 427) e quindi un ragionevole lasso di tempo per organizzare la propria, eventuale iniziativa processuale.

Ma, una volta notificato il ricorso col patrocinio obbligatorio di un legale, questa esigenza di particolare tutela della parte sostanziale è destinata a recedere, a fronte dell’interesse pubblico ad una sollecita definizione delle controversie sottoposte al rito abbreviato.

Deve dunque concludersi che il dimezzamento dei termini processuali previsto dall’art. 23 bis si applica anche al termine per il deposito del ricorso di primo grado.

Essendo tale assunto del tutto in linea con quanto sin qui costantemente ritenuto dalla concorde giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (in tal senso di rinvia alle recenti decisioni V Sez. 31.5.2002 n. 3043, VI Sez. 8.4.2002 n. 1906, Csi. 5.4.2002 n. 183 - quest’ultima circolante con erronea massimazione -, Csi. 12.6.2001 n. 287, IV Sez. 28.8.2001 n. 4562 e IV Sez. 29.8.2001 n. 4570) non sussistono i presupposti per la rimessione della causa alla Adunanza Plenaria.

In tal senso, la circostanza che la Sezione con ord.za 10.1.2002 n. 122 abbia deferito alla Adunanza Plenaria la questione relativa al termine di deposito del ricorso (principale ) in appello non appare significativa.

In disparte il rilevo che come è noto l’Adunanza ha poi riconosciuto l’applicabilità del dimezzamento anche al termine suddetto (Ap. 31.5.2002 n. 5), sta di fatto che il dubbio allora prospettato – comunque non condiviso dall’orientamento giurisprudenziale prevalente, come si desume da Sez. V 15.2.2002 n. 919 nonchè dalla motivazione della citata CSi. n. 183 del 2002 - riguardava esclusivamente il regime dell’appello, per la cui “ proposizione” l’art. 23 bis reca, come si è visto, una specifica disciplina al comma 7.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale prospettata dalla Tecnis, essa appare manifestamente infondata non potendosi ritenere che il rito abbreviato comprima oltre i limiti di ragionevolezza e di effettività il diritto alla difesa, dovendo del resto la congruità dei termini processuali essere valutata non solo in rapporto alle esigenze di chi ha l’onere di osservarli ma anche con riguardo alla funzione – rapida definizione delle controversie in settori particolarmente delicati della vita amministrativa - cui detti termini assolvono. (cfr., con riferimento al rito dettato per le opere pubbliche dall’art. 19 DL n. 67 del 1997, la citata Corte cost. 10.11.1997 n. 427).

Tanto chiarito, a giudizio del Collegio non ricorrono i presupposti per la concessione dell’errore scusabile.

In tal senso si deve innanzi tutto tenere presente che l’art. 23 bis si è innestato (in epoca peraltro non immediatamente prossima all’introduzione della controversia all’esame) su una preesistente disciplina che già prevedeva pacificamente l’abbreviazione del termine per il deposito del ricorso: e quindi, anche ad ammettere l’incertezza interpretativa, sarebbe stata comunque consigliabile una attivazione del ricorrente incidentale secondo il “vecchio” rito abbreviato e cioè nel più breve dei termini in astratto ora ipotizzabili.

Quanto alla contestata imputabilità dell’errore alla parte, deve riconoscersi che nel caso in esame questa è stata con ogni probabilità fuorviata dal tardivo adempimento, da parte dell’Ufficiale giudiziario, delle formalità burocratiche (lo “scarico” dell’originale all’UNEP) conseguenti alla notifica, regolarmente avvenuta nell’ultimo giorno utile.

In generale la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, differenziandosi dal restrittivo indirizzo sostenuto dalla Suprema Corte in tema di rimessione in termine (cfr. fra le recenti Cass. civ. 5.7.2001 n. 9090, fra le risalenti Cass. civ. 14.12.1988 n. 6811), riconosce tendenzialmente la scusabilità dell’errore nel caso in cui il mancato rispetto di un termine processuale sia imputabile all’U.G. (cfr. Ap. 3.7.1997 n. 11).

Nel caso in esame, però, il ritardo posto in essere attiene non già all’attività vera e propria di notifica, tempestivamente portata a buon fine, ma a successivi adempimenti burocratici interni: in tale contesto di fatto – come obietta l’appellante – la Tecnis non ha qui dimostrato di essersi avvalsa degli strumenti sollecitatori che la prassi metteva a sua disposizione per accelerare il ritiro dell’atto e non può quindi invocare, ai fini qui in esame, l’esimente della forza maggiore.

In conclusione, il ricorso incidentale di primo grado era inammissibile per tardività del deposito, il che comporta naturalmente l’annullamento della sentenza del TAR con conseguente necessità di procedere al vaglio delle censure di merito dedotte in prime cure dalla Tor di Valle, ivi ritenute improcedibili e qui riproposte con l’atto di appello.

Con il primo mezzo di merito si deduce l’illegittima valutazione da parte della Commissione dell’offerta Tecnis che avrebbe dovuto invece essere esclusa per omessa indicazione della percentuale di ribasso offerta.

Il mezzo è fondato.

Al riguardo deve infatti rilevarsi che la lettera di invito del 29.11.2000, nell’indicare gli atti da inserire a pena di esclusione nella busta B- offerta economica, fa inequivoca menzione (lett. b) della “lista delle categorie di lavorazioni e forniture.. messa a disposizione del concorrente completata in ogni sua parte in base alla quale è determinato il prezzo globale.”.

Sempre a termini della lettera di invito, in calce all’ultima pagina della lista – che si compone di sette colonne – andava “ indicato il prezzo globale offerto, rappresentato dalla somma dei prodotti riportati nell’ultima colonna, ed il conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo posto a base di gara. Il prezzo globale ed il ribasso sono espressi in cifre ed in lettere e vengono riportati nella dichiarazione”.

A fronte dell’inequivoco disposto della legge di gara, resta intanto acquisito che la Tecnis ha disatteso una prescrizione espressamente comminata a pena di esclusione, il che già di per sè depone nel senso della fondatezza del rilievo formulato da Tor di Valle.

Oppone l’appellata che nella specie si tratterebbe di una irregolarità meramente formale e tale dunque da non interferire col regolare svolgimento della procedura: in tal senso Tecnis, dopo aver ricordato che il plico B conteneva comunque la dichiarazione del suo legale rappresentante recante indicazione del prezzo e del ribasso percentuale, espone che la Commissione non avrebbe autonomamente ricavato il ribasso percentuale offerto dall’importo complessivo indicato in calce alla lista ma si sarebbe invece limitata a prendere atto del ribasso percentuale indicato nella suddetta dichiarazione.

La tesi difensiva di Tecnis non appare in realtà sostenibile.

Indipendentemente dal rilievo che in fatto tale tesi non trova particolare conforto nei verbali della Commissione, resta infatti che ai sensi della legge di gara l’omessa indicazione del ribasso percentuale aveva rilevo sostanziale, comportando una vera e propria l’impossibilità per l’Amministrazione di valutare l’offerta incompleta.

Precisa infatti la lettera di invito che “l’aggiudicazione avviene in base al ribasso percentuale indicato in lettere”: e che si tratti del ribasso indicato in calce alla lista (e non di quello “riportato” in dichiarazione ) si deduce dal fatto che in sede di aggiudicazione definitiva, dopo la verifica dei conteggi di cui alla lista, in caso di discordanza tra il prezzo complessivo risultante dalla verifica stessa e quello dipendente dal ribasso percentuale corretto, tutti i prezzi unitari sono corretti in modo costante in base alla percentuale di discordanza.

La lettera di invito non sembra quindi prestarsi a dubbi laddove predica il carattere essenziale del ribasso indicato in lettere in calce alla lista.

D’altra parte, che l’omissione di tale indicazione – fondamentale in termini di esternazione concludente dell’offerta economica- si configuri come insanabile, si evince anche dalla normativa di riferimento, come dedotto dall’appellante.

Dirimente in tal senso appare il disposto dell’art. 90 del DPR 21.12.1999 n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro n. 109 del 1994) il quale, dopo aver chiarito le modalità di predisposizione e parziale precompilazione della lista da parte dell’Amministrazione, descrive gli adempimenti di cui sono onerati i ricorrenti precisando (comma 2 ) che il prezzo complessivo offerto “ è indicato dal concorrente in calce al modulo stesso unitamente al conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara. Il prezzo complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere.” e che (comma 3) “ Nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il prezzo indicato in lettere. Il modulo è sottoscritto in ciascun foglio dal concorrente e non può presentare correzioni che non sono da lui stesso espressamente confermate e sottoscritte”.

Con il che resta dimostrato da un lato come l’indicazione della percentuale di ribasso sullo specifico modulo precompilato dall’Amministrazione assuma, come si è più volte detto, rilievo fondamentale in ordine alla giuridica e definitiva certezza dell’offerta e dall’altro come la relativa omissione fosse nella fattispecie all’esame insanabile.

In effetti, in termini di ragionevolezza, non avrebbe senso una normativa generale e speciale che disciplina l’attività di proposizione dell’offerta in modo così dettagliato e che responsabilizza in tal guisa sia la Stazione che i partecipanti alla gara, se a questi ultimi fosse tranquillamente consentito – non importa se per mera negligenza o per altre ragioni – di regolarsi in modo diverso, senza sentirne le conseguenze.

Per l’effetto, risultando l’aggiudicazione in favore di Tecnis illegittimamente disposta, il ricorso di primo grado va dunque accolto con annullamento degli atti impugnati ed assorbimento delle ulteriori censure.

Nell’atto di appello Tor di Valle, nella sua qualità di seconda classificata nell’ambito della procedura di gara in controversia, ha riproposto l’istanza risarcitoria – da soddisfarsi in forma specifica o per equivalente - già versata in prime cure.

Precisando i contorni della domanda, nella memoria di Udienza 12.6.2002 l’Impresa espone – allegando documentata relazione tecnica – che i lavori affidati alla Tecnis il 14.6.2001 (da ultimarsi in 36 mesi decorrenti da quella data) sarebbero in fase di stallo, come dimostrerebbe il fatto che l’emissione del primo S.A.L., per un importo di lavori inferiore al 10% dell’opera, è prevista non prima del mese di luglio del 2002: di qui la richiesta di risarcimento in forma specifica con aggiudicazione dei lavori ed immissione nel cantiere.

In alternativa, l’equivalente del pregiudizio sofferto è quantificato da Tor di Valle nel 10% dell’importo contrattuale, riferito in realtà – a quanto sembra - al prezzo a base d’asta e non a quello di aggiudicazione.

In tale contesto, a giudizio del Collegio si impone preliminarmente di verificare se effettivamente sussistono le condizioni tecnico-operative per l’eventuale immissione dell’Impresa nell’area di cantiere, con subentro all’attuale aggiudicataria.

Della relativa verificazione va incaricato lo stesso Provveditorato regionale alle Opere pubbliche per l’Umbria, il quale è invitato a chiarire con documentata relazione da produrre entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente decisione l’effettivo andamento dei lavori affidati a Tecnis e la praticabilità operativa del subentro di Tor di Valle.

In conclusione, in base alle considerazioni che precedono, l’appello va accolto per quanto di ragione; la sentenza impugnata va riformata con dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale ed annullamento degli atti impugnati in accoglimento del ricorso principale; ogni decisione sull’istanza risarcitoria va invece rinviata all’esito delle determinazioni dell’Amministrazione.

Sussistono motivi per compensare tra le parti le spese di questa parte del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie l’appello e per l’effetto in riforma della sentenza impugnata a) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

b) accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti ivi impugnati.

c) rinvia ogni decisione sulla domanda di risarcimento all’esito delle determinazioni dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

 

Gaetano TROTTA                                                   Presidente

Costantino SALVATORE                                        Consigliere

Raffaele Maria DE LIPSIS                                       Consigliere

Dedi RULLI                                                            Consigliere

Antonino ANASTASI estensore                               Consigliere

 

M A S S I M E

1)  Il mantenimento nel rito abbreviato del termine ordinario per la notificazione del ricorso (anche incidentale) - l’interesse pubblico - il dimezzamento dei termini processuali previsto dall’art. 23 bis legge n. 1034 del 1971  si applica anche al  termine per il deposito del ricorso di primo grado - i presupposti per la rimessione. Il mantenimento nel rito abbreviato del termine ordinario per la notificazione del ricorso (anche incidentale) risponde soprattutto all’esigenza di assicurare al soggetto inciso dal provvedimento amministrativo o al notificatario del ricorso principale, che non dispongono ancora di un difensore, un “congruo margine di valutazione” (Corte cost. 10.11.1999 n. 427) e quindi un ragionevole lasso di tempo per organizzare la propria, eventuale  iniziativa processuale. Ma, una volta notificato il ricorso col patrocinio obbligatorio di un legale, questa esigenza di particolare tutela della parte sostanziale è destinata a recedere, a fronte dell’interesse pubblico ad una sollecita definizione delle controversie sottoposte al rito abbreviato. Deve dunque concludersi che il dimezzamento dei termini processuali previsto dall’art. 23 bis legge n. 1034 del 1971 si applica anche al  termine per il deposito del ricorso di primo grado. Essendo tale assunto del tutto in linea  con quanto sin qui costantemente ritenuto dalla concorde giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (in tal senso di rinvia alle recenti decisioni V Sez. 31.5.2002 n. 3043, VI Sez. 8.4.2002 n. 1906, Csi. 5.4.2002 n. 183 - quest’ultima circolante con erronea massimazione -, Csi. 12.6.2001 n. 287, IV Sez. 28.8.2001 n. 4562 e IV Sez. 29.8.2001 n. 4570) non sussistono i presupposti per la rimessione della causa alla Adunanza Plenaria. In tal senso, la circostanza che la Sezione con ord.za 10.1.2002 n. 122 abbia deferito alla Adunanza Plenaria la questione relativa al termine di deposito del ricorso (principale ) in appello non appare significativa. In disparte il rilevo che come è noto l’Adunanza ha poi riconosciuto l’applicabilità del dimezzamento anche al termine suddetto (Ap. 31.5.2002 n. 5), sta di fatto che il dubbio allora prospettato –  comunque non condiviso dall’orientamento giurisprudenziale prevalente, come si desume da Sez. V 15.2.2002 n. 919 nonchè dalla motivazione della citata CSi. n. 183 del 2002 - riguardava esclusivamente il regime dell’appello, per la cui “proposizione” l’art. 23 bis reca, come si è visto, una specifica disciplina al comma 7. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2002, n. 5363

2) Affidamento di opere pubbliche - i termini processuali ridotti alla metà - teorie ed applicazione. L’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 4 della legge n. 205 del 2000, prevede al comma 2 che nelle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione ed affidamento di opere pubbliche "I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso.". La questione da decidere è se la deroga al dimezzamento riguardi ambedue i termini, di notificazione e deposito, o soltanto il primo di questi. Per la soluzione estensiva sembrerebbe militare l’argomento letterale, atteso che il Legislatore si riferisce al plurale ai "termini" ed atteso che nel processo amministrativo il ricorso per antica tradizione si intende formalmente proposto (ad es. ai fini dell’alternatività col ricorso straordinario), al momento del deposito dell’atto previamente notificato, deposito col quale la parte promuove la vocatio iudicis ed istituisce il c.d rapporto giuridico processuale. L’argomento non è però convincente, intanto perchè da più parti è stata evidenziata, in relazione a materia così complessa quale quella sinteticamente disciplinata dalla legge n. 205, l’inopportunità dell’utilizzo di canoni interpretativi esasperatamente letterali. In secondo luogo, il suddetto argomento testuale risulta assai indebolito se si tiene presente che, nell’ambito della stessa legge TAR, il Legislatore già utilizza sovente il verbo "proporre" (o i suoi derivati) riferendosi in realtà alla attività di notificazione: in tal senso l’art. 28 comma secondo (l’appello avverso le sentenze è da "proporre" entro sessanta giorni) e l’art. 29 comma secondo (l’appello in materia elettorale va "proposto" entro il termine di venti giorni) depongono per un utilizzo legislativo di quella voce verbale che chiaramente prescinde dalla sottile distinzione di cui sopra. Quanto all’utilizzo del plurale " termini", esso non sembra particolarmente determinante, visto che nel corpo dello stesso articolo ( al comma 7) il Legislatore torna atecnicamente a riferirsi al "termine" per la proposizione dell’appello. In ogni caso, l’impiego del sostantivo plurale ben può spiegarsi considerando che l’eccezione alla regola del dimezzamento riguarda in realtà due ipotesi, separatamente disciplinate nel regime ordinario: quella della notifica del ricorso principale e quella della notifica del gravame incidentale. Una volta chiarito il carattere non concludente dell’approccio ermeneutico letterale, per contro, convergenti argomenti di carattere sistematico nonchè extratestuale convergono nel far ritenere che il termine per il deposito del ricorso di primo grado sia dimezzato. Al riguardo è stato innanzi tutto evidenziato come dai lavori preparatori della legge n. 205 risulta che il Legislatore – prestando adesione a quell’orientamento prevalentemente dottrinale che nel vigore del D.L. n. 67 del 1997 riconosceva natura sostanziale al termine per la notifica del ricorso introduttivo – ha espressamente affrontato il problema, risolvendolo nel senso che quello di deposito è invece un termine processuale, come tale soggetto alla regola generale. In disparte tale rilievo, è soprattutto sul piano sistematico che si rivela la coerenza dell’indirizzo interpretativo qui sostenuto e secondo cui il termine di deposito è inciso dalla regola del dimezzamento. In effetti, il mantenimento nel rito abbreviato del termine ordinario per la notificazione del ricorso (anche incidentale) risponde soprattutto all’esigenza di assicurare al soggetto inciso dal provvedimento amministrativo o al notificatario del ricorso principale, che non dispongono ancora di un difensore, un "congruo margine di valutazione" (Corte cost. 10.11.1999 n. 427) e quindi un ragionevole lasso di tempo per organizzare la propria, eventuale iniziativa processuale. Ma, una volta notificato il ricorso col patrocinio obbligatorio di un legale, questa esigenza di particolare tutela della parte sostanziale è destinata a recedere, a fronte dell’interesse pubblico ad una sollecita definizione delle controversie sottoposte al rito abbreviato. Deve dunque concludersi che il dimezzamento dei termini processuali previsto dall’art. 23 bis si applica anche al termine per il deposito del ricorso di primo grado. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2002, n. 5363

 

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