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Consiglio Stato, sez. V, 16 Ottobre 2002, n. 5601.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 1996

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4546 del 1996 proposto da CANEPARO Giuseppe, RAMASCO Silvana, CANEPARO Riccardo, RAMASCO Franca, BANINO Angelo, QUAGLIA Michela, GILLI Claudio, CANEPARO Mariella, DELORENZI Pietro, BERTAGNOLIO Maria Albertina, BANINO Vincenzo, SPERANDIO Danilo, MARCHESI Giorgio, COMPARETTI Giuseppina, Soc. TECNICA 2000 s.r.l., rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Contaldi ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 63

c o n t r o

il Comune di Sandigliano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Marco Siniscalco e Gustavo Romanelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, via Cosseria n. 5

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 920 del 21.12.1995.

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, alla pubblica udienza del 26 marzo 2002, il relatore, consigliere Nicolina Pullano, ed uditi, inoltre, gli avvocati delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con la sentenza impugnata il Tar Piemonte ha respinto il ricorso proposto dagli attuali appellanti per l’annullamento dell’ordinanza del Comune di Sandigliano, n. 48 del 26.10.1994, con la quale è stata disposta, ai sensi dell’art. 18, comma 1, parte II, della L. 28.2.1985 n. 47, la sospensione di una lottizzazione abusiva.

Gli appellanti ritengono che la sentenza sia errata perché, nella specie, non sussisterebbero i presupposti della lottizzazione c.d. negoziale o cartolare e, pertanto, chiedono che, in riforma della sentenza suddetta, il provvedimento impugnato sia annullato per i motivi già dedotti in primo grado (violazione dell’art. 18 della L. n. 47/85, eccesso di potere sotto molteplici aspetti e violazione delle norme relative al procedimento di formazione dell’atto).

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio e, con successiva memoria, ha illustrato le ragioni di infondatezza dell’appello.

Anche gli appellanti hanno depositato memoria con la quale hanno ribadito le proprie argomentazioni difensive.

D I R I T T O

L’appello è infondato.

L’art. 18, primo comma, della L. 28.2.1985 n. 47 prevede che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non solo quando vengano iniziate opere che comportino la trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi, ma anche “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno ed alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

Nella specie ricorrono gli elementi indicati dalla norma per fare ragionevolmente ritenere che il frazionamento, in singoli lotti, dei terreni agricoli, originariamente di proprietà Caneparo e Ramasco, e i successivi atti di compravendita da questi stipulati con gli altri appellanti, avessero scopo edificatorio.

Innanzi tutto va considerato - come del resto è stato già evidenziato in primo grado - che il frazionamento suddetto è avvenuto nell’imminenza dell’approvazione di una variante al P.R.G., che prevedeva un pec nel quale sarebbero stati inclusi i terreni suddetti; e, proprio in vista di detta variante, la maggior parte degli acquirenti dei singoli lotti, secondo quanto loro stessi riferiscono, hanno presentato dichiarazioni di intenti ad edificare per la costruzione di fabbricati di civile abitazione.

Tale circostanza sarebbe già di per sé sufficiente a configurare l’intento lottizzatorio abusivo perseguito, il quale risulta, peraltro, comprovato da ulteriori elementi: la dimensione dei lotti (quasi tutti di mq. 1200/1300) e la non dimostrata esistenza di interessi professionali degli acquirenti (tra i quali anche una società - Tecnica 2000 -) nel settore dell’agricoltura.

Né vale opporre che la variante sarebbe stata approvata a distanza di oltre tre anni dall’attività di frazionamento e di quasi due anni dalla manifestazione di intenti ad edificare, essendo risaputo che la modifica di uno strumento urbanistico è preceduta da una attività procedimentale di lunga durata nel corso della quale sono previste anche forme di pubblicità.

Parimenti non significativa, tenuto conto che il provvedimento impugnato fa riferimento al frazionamento della sola particella 476, è la circostanza - peraltro, genericamente dedotta - che alcuni mappali non avrebbero formato oggetto di frazionamento.

Per le ragioni suesposte si appalesano infondate le censure di violazione di legge ed eccesso di potere dedotte con il primo motivo di appello.

Con il secondo motivo gli appellanti ribadiscono le censure di difetto di motivazione ed istruttoria e di contraddittorietà, incongruità e illogicità del comportamento dell’amministrazione, in quanto l’ordinanza sarebbe stata emessa dopo che la stessa aveva approvato il tipo di frazionamento, aveva rilasciato per gli atti di trasferimento la dichiarazione urbanistica attestante la destinazione agricola dei terreni ed aveva inserito tali terreni nella variante di P.R.G..

Anche tali censure sono infondate.

Al riguardo il Tar ha, infatti, correttamente osservato che dall’atto impugnato possono agevolmente desumersi tanto le risultanze documentali quanto le ragioni di fatto e di diritto che lo sostengono e che “l’erroneità o la mancanza di una adeguata valutazione in alcune occasioni (in particolare quanto all’inserimento dei terreni nella variante) non possono precludere all'amministrazione un rivalutazione alla luce di una più approfondita conoscenza dei fatti".

Infondata è, infine, anche la denunciata violazione delle norme relative al procedimento di formazione dell’atto.

Gli appellanti ritengono che l’amministrazione avrebbe dovuto tenere conto del parere che aveva richiesto al suo legale di fiducia o, come deducono nella memoria difensiva, dare atto delle ragioni per le quali era stato disatteso.

Anche per tale aspetto appare puntuale l’osservazione del giudice di primo grado il quale ha disatteso la censura, precisando che, nella specie, il parere non era stato richiesto ad un organo consultivo e, pertanto, il Sindaco non era tenuto a dare ragione dei motivi per i quali non aveva ritenuto di seguirlo.

Con la memoria difensiva gli appellanti lamentano che l’amministrazione comunale avrebbe omesso di dare loro comunicazione dell’avvio del procedimento, ex art. 7 L. n. 241 del 1990, ed insistono, con molteplici argomenti, nella censura di difetto di istruttoria, che nel ricorso si erano, invece, limitati semplicemente a dedurre in rubrica.

Tali argomenti difensivi, in quanto del tutto nuovi, si appalesano inammissibili, perché non introdotti nelle forme e nei termini di rito.

Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello va, pertanto, respinto.

Le spese del giudizio possono essere compensate.

P. Q. M.

il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 26 marzo 2002

con l'intervento dei Signori:

Alfonso            QUARANTA            Presidente

Corrado            ALLEGRETTA         Consigliere

Filoreto            D’AGOSTINO           Consigliere

Claudio            MARCHITIELLO       Consigliere

Nicolina            PULLANO               Consigliere est.

 

 

L'ESTENSORE                                     IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO

f.to Nicolina Pullano                              f.to Alfonso Quaranta                        f.to Francesco Cutrupi

 

 

M A S S I M E

1)  Definizione di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio - configurazione dell’intento lottizzatorio abusivo. L’art. 18, primo comma, della L. 28.2.1985 n. 47 prevede che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non solo quando vengano iniziate opere che comportino la trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi, ma anche “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno ed alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”. Nella specie ricorrono gli elementi indicati dalla norma per fare ragionevolmente ritenere che il frazionamento, in singoli lotti, dei terreni agricoli, originariamente di proprietà (Caneparo e Damasco), e i successivi atti di compravendita da questi stipulati con gli altri appellanti, avessero scopo edificatorio. Innanzi tutto va considerato - come del resto è stato già evidenziato in primo grado - che il frazionamento suddetto è avvenuto nell’imminenza dell’approvazione di una variante al P.R.G., che prevedeva un pec nel quale sarebbero stati inclusi i terreni suddetti; e, proprio in vista di detta variante, la maggior parte degli acquirenti dei singoli lotti, secondo quanto loro stessi riferiscono, hanno presentato dichiarazioni di intenti ad edificare per la costruzione di fabbricati di civile abitazione. Tale circostanza sarebbe già di per sé sufficiente a configurare l’intento lottizzatorio abusivo perseguito, il quale risulta, peraltro, comprovato da ulteriori elementi: la dimensione dei lotti (quasi tutti di mq. 1200/1300) e la non dimostrata esistenza di interessi professionali degli acquirenti (tra i quali anche una società - Tecnica 2000 -) nel settore dell’agricoltura. Né vale opporre che la variante sarebbe stata approvata a distanza di oltre tre anni dall’attività di frazionamento e di quasi due anni dalla manifestazione di intenti ad edificare, essendo risaputo che la modifica di uno strumento urbanistico è preceduta da una attività procedimentale di lunga durata nel corso della quale sono previste anche forme di pubblicità. Consiglio di Stato Sezione V, 16 ottobre 2002 n. 5601

 

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