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Consiglio Stato, sez. IV, 18 Ottobre 2002, n. 5742.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1735 del 1992 (N.R.G. 5376/92) proposto dal Comune di Ussaramanna, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Gallus Cardia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Lazio, n. 9.

contro

la sig.ra Zedda Edulcia nota Ignazia, rappresentata e difesa dall’avv, Giorgio Piras e con lo stesso elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Isabella Lesti, in Roma, via via Arenula n. 21;

nonchè

i sig.ri Elvezio Mallocci, Eurilia Mallocci, Claudina Zedda , Silvio Garu e Quirico Rubiu, non costituiti;

per l'annullamento

della sentenza n. 511 del 9 maggio 1992  resa inter partes dal Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna sul ricorso proposto dagli odierni appellati ed iscritto nel registro generale di quel Tribunale al n. 1129 del 1987;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della sig.ra Zedda;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la decisione interlocutoria della Sezione n. 910 del 15 febbraio 2002;

Relatore alla pubblica udienza del 9 luglio 2002 il Consigliere Dedi Rulli; uditi l’avv. Perugini, con delega dell’avv. Cardia, per il Comune appellante e l’avv. Alessi su delega dell'avv. G. Piras per la sig.ra Zedda.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo della Sardegna gli odierni appellati impugnavano, chiedendone l’annullamento, le delibere del consiglio comunale di Ussaramanna (n. 14 del 23 febbraio 1984 e n. 23 del 5 aprile dello stesso anno) nonché gli atti regionali di approvazione concernenti l’adozione e l’approvazione del Piano di edilizia economica e popolare. In quella sede deducevano il vizio di eccesso di potere per sviamento, per travisamento dei fatti e violazione di legge per sovradimensionamento del piano, illogicità ed arbitrarietà; nei confronti dell’approvazione regionale ne deducono la illegittimità poiché le modifiche imposte in sede regionale sarebbero al di fuori della competenza regionale.

Il Tribunale adito ha accolto il gravame ritenendo fondato il secondo motivo di ricorso con il quale si denunciava la irrazionalità del dimensionamento del piano che non ha tenuto conto del continuo decremento demografico della popolazione del Comune così che le stime riportate nella relazione tecnica allegata al detto strumento urbanistico appaiono assolutamente disancorate dalla realtà.

Con atto notificato il 7 settembre 1992 il comune di Ussaramanna impugna in questa sede la detta decisione assumendone la erroneità sul rilievo della logicità della previsione demografica contenuta nel piano contestato come confermato dalla circostanza che, a distanza di otto anni dalla data di adozione, il piano ha ormai trovato quasi completa attuazione.

Degli originari ricorrenti si è costituita solo la sig.ra Edulcia Zedda la quale con memoria depositata il 9 ottobre 2001, eccepisce in via pregiudiziale, la mancata notifica dell’atto di appello alla Regione Sardegna che è parte necessaria del giudizio; nel merito ribadisce quanto già prospettato in primo grado insistendo sul profilo del sovradimensionamento del piano e riproponendo i motivi dichiarati assorbiti in quella sede.

Tutte le parti hanno infine depositato ulteriori memoria difensive insistendo ciascuna sulle proprie tesi e nelle già rassegnate conclusioni.

Con decisione n. 910/2002 è stato ordinato al Comune appellante di provvedere alla notifica dell’appello alla Regione Sardegna, notifica eseguita il 19 marzo 2002.

Alla pubblica udienza del 9 luglio 2002, su concorde richiesta dei difensori delle parti, la controversia è stata spedita in decisione.

DIRITTO

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna ha accolto il gravame proposto dagli odierni appellati avverso le delibere consiliari del Comune di Ussaramanna di adozione del Piano di Edilizia Economica e Popolare (n. 14 del 23 febbraio 1984 e n. 23 del 5 aprile del medesimo anno) ed avverso il decreto approvativo dell’Assessore regionale all’Urbanistica n. 1121/U del successivo 30 luglio.

La soluzione di accoglimento muove dal presupposto della illogicità dei criteri posti a base del dimensionamento del piano che non ha tenuto conto della progressivo diminuzione della popolazione nel decennio di riferimento.

2. Le argomentazioni svolte e le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado appaiono al Collegio da condividere essendo prive di riscontro documentale ed insufficienti per una diversa soluzione le tesi difensive svolte dal Comune appellante.

Viene qui in rilievo l’art. 3 della L. 18 aprile 1962 n. 167, come modificato dall’art. 2 della legge 28 gennaio 1977 n.10 il quale dispone che in sede di adozione del piano per l’edilizia economica e popolare il cd. “dimensionamento” vale a dire il fabbisogno abitativo previsto per il successivo decennio deve essere il risultato di valutazioni attendibili, razionali e basate su dati concreti ed attuali. Da ciò consegue che, pur in presenza di una determinazione dell’organo competente di carattere eminentemente discrezionale, è necessario che la stessa sia fondata su criteri logici e razionali e soprattutto su presupposti di fatto plausibili.

Orbene nel caso in esame, la determinazione del fabbisogno abitativo posta a base del P.E.E.P. assume a presupposto, come si legge nella relazione allegata, una previsione di crescita demografica che, nel 1993, avrebbe dovuto raggiungere gli 830 abitanti e ciò per un previsto rientro degli emigranti dovuto agli incentivi per l’allevamento del bestiame e per le attività agricole, previsione del tutto disancorata dalla realtà.

Siffatta previsione ancora appare, avulsa da un benché minimo riscontro documentale mentre, dalle rilevazioni della popolazione residente pubblicate dall’Istituto centrale di statistica (atti di generale ed agevole conoscenza), la realtà del Comune interessato è nel senso opposto: la tendenza demografica di quella popolazione, negli anni 1974-1982, non solo è giunta alla crescita zero, ma è passata ad un progressivo decremento (da 813 a 705 unità) che ha trovato conferma anche per il periodo successivo tanto che la popolazione del Comune al 31 dicembre 2000 risulta essere di appena 600 unità.

Anche il riferimento alla rivalutazione delle attività agricole, agli incentivi per l’allevamento dl bestiame ed al rifiorire delle attività agricole non appare supportato da alcun elemento concreto tale da giustificare le previsioni di incremento demografico contenuto nella relazione del progettista, ed anzi risultano smentite dalla realtà del territorio comunale che vede uno spopolamento costante delle zone rurali.

Pertanto la previsione dell’Amministrazione di un costante ed apprezzabile incremento della popolazione non trovava, all’epoca di adozione del P.E.E.P., alcun riscontro nelle rilevazioni demografiche del decennio precedente, facendo emergere, così l’inattendibilità del criterio seguito nella predisposizione del piano stesso.

3. Quanto fin qui osservato trova ulteriore conferma nel rilievo (prospettato in primo grado ed assorbito) che il Comune ha inteso escludere, senza alcuna giustificazione logica, dalla valutazione degli alloggi esistenti la possibilità di recupero di quelli compresi nelle zone A e B per un totale di 34 abitazioni (142 vani) sia per una “asserita impossibilità che i proprietari possano addivenire alla cessione” per la zona A sia per “l’ampiezza delle superfici e tipologie ormai superate” di quelle situate nella zona B, valutazione che, se positiva, avrebbe consentito all’Ente locale di reperire in ogni caso 34 abitazioni rispetto alle 22 nuove villette realizzate con lo strumento urbanistico in esame.

E, d’altra parte, nell’atto di appello il Comune di Ussaramanna non propone elementi idonei a smentire la realtà demografica della zona così come appena chiarita, ma si limita a ribadire il contenuto della relazione al piano stesso oltre a precisare la circostanza che, ad oggi, lo strumento urbanistico in esame, anche se annullato dal giudice di primo grado, ha comunque trovato piena attuazione ad eccezione della posizione della sig.ra Zedda che non ha aderito, a differenza di quanto fatto dagli altri proprietari dei terreni interessati, alla cessione volontaria dell’aree di sua proprietà così che gli effetti dell’odierna pronuncia devono ritenersi limitati alla sua posizione.

4. In conclusione l’appello deve essere respinto e la decisione impugnata va confermata.

E’ opportuno, tuttavia, disporre la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunziando, respinge il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, conferma la decisione impugnata secondo le precisazioni contenute nella parte motiva.

 

Compensa tra le parti le spese e gli onorari del grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2002, con l’intervento dei signori:

Gaetano Trotta        Presidente

Raffaele De Lipsis   Consigliere

Carmine Volpe        Consigliere

Dedi Rulli               Consigliere, est.

Giuseppe Carinci    Consigliere

 

 

M A S S I M E

1)  P.E.E.P. - la determinazione del fabbisogno abitativo posta a base dell’adozione del piano per l’edilizia economica e popolare il cd. “dimensionamento” - il decennio successivo deve essere il risultato di valutazioni attendibili, razionali e basate su dati concreti ed attuali. Viene qui in rilievo l’art. 3 della L. 18 aprile 1962 n. 167, come modificato dall’art. 2 della legge 28 gennaio 1977 n.10 il quale dispone che in sede di adozione del piano per l’edilizia economica e popolare il cd. “dimensionamento” vale a dire il fabbisogno abitativo previsto per il successivo decennio deve essere il risultato di valutazioni attendibili, razionali e basate su dati concreti ed attuali. Da ciò consegue che, pur in presenza di una determinazione dell’organo competente di carattere eminentemente discrezionale, è necessario che la stessa sia fondata su criteri logici e razionali  e soprattutto su presupposti di fatto plausibili. (Nel caso in esame, la determinazione del fabbisogno abitativo posta a base del P.E.E.P. assume a presupposto, come si legge nella relazione allegata, una previsione di crescita demografica che, nel 1993, avrebbe dovuto raggiungere gli 830 abitanti e ciò per un previsto rientro degli emigranti dovuto agli incentivi per l’allevamento del bestiame e per le attività agricole, previsione del  tutto disancorata dalla realtà. Siffatta previsione ancora appare, avulsa da un benché minimo riscontro documentale mentre, dalle rilevazioni della popolazione residente pubblicate dall’Istituto centrale di statistica (atti di generale ed agevole conoscenza), la realtà del Comune interessato è nel senso opposto: la tendenza demografica di quella popolazione, negli anni 1974-1982, non solo è giunta alla crescita zero, ma è passata ad un progressivo  decremento (da 813 a 705 unità) che ha trovato conferma anche per il periodo successivo tanto che la popolazione del Comune al 31 dicembre 2000 risulta essere di appena 600 unità. Anche il riferimento alla rivalutazione delle attività agricole, agli incentivi per l’allevamento dl bestiame ed al rifiorire delle attività agricole non appare supportato da alcun elemento concreto tale da giustificare le previsioni di incremento demografico contenuto nella relazione del progettista, ed anzi risultano smentite dalla realtà del territorio comunale  che vede uno spopolamento costante delle zone rurali. Pertanto la previsione dell’Amministrazione di un costante ed apprezzabile incremento della popolazione non trovava, all’epoca di adozione del P.E.E.P., alcun riscontro nelle rilevazioni demografiche del decennio precedente,  facendo emergere, così l’inattendibilità del criterio seguito nella predisposizione del piano stesso). Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5742

 

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