Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 5511 del 1993, proposto da BENCARDINO Alfredo, rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco Fabbri e Maurizio Acquarone, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via dei Giordani n. 22.
contro
Regione Liguria, in persona del Presidente in carica della Giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avv. ti Giuseppe Petrocelli e Gigliola Benghi, elettivamente domiciliato presso l’Ufficio di rappresentanza della regione Liguria, in Roma Piazza Madama, n. 9.
Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio.
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria (Sezione I), n. 112 del 24 marzo 1993.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio della regione Liguria.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.
Vista la decisione della Sezione 6 aprile 2000, n. 1987.
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 21 maggio 2002 relatore il Consigliere Costantino Salvatore; udito l'avv. F. Baldari su delega dell'avv. Fabbri F.L.; nessuno comparso per le parti.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Alfredo Bencardino, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Liguria, impugnava il provvedimento 25 settembre 1991, n. 1253, con il quale l’Assessore regionale all’urbanistica denegava l’autorizzazione in sanatoria per la realizzazione di un terrazzino nella copertura di un fabbricato sito in Imperia, Via Zara n. 6.
Egli deduceva due motivi di ricorso, con i quali lamentava l’illegittimità del diniego, rispettivamente, per l’incompetenza dell’assessore regionale, trattandosi di attribuzione di pertinenza della Commissione edilizia integrata, che si era espressa favorevolmente, e per difetto di motivazione, perché il diniego era stato emesso senza la necessaria istruttoria e senza la benchè minima specificazione dello stato dei luoghi.
Con successivo ricorso, il Bencardino impugnava il provvedimento sindacale 12 dicembre 1991, recante diniego di concessione edilizia in sanatoria, e contro quest’ultimo atto deduceva la violazione dell’art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, dell’art. 1 della legge regionale 19 novembre 1982, n. 44, nonché difetto e contraddittorietà di motivazione, perché il diniego sarebbe stato adottato, nonostante la pendenza del ricorso contro l’atto regionale ed il parere favorevole espresso dalla commissione edilizia comunale.
Le amministrazioni intimate si costituivano in giudizio, replicando per la parte di rispettiva competenza alle censure sollevate, e il TAR, riuniti i due ricorsi, li respingeva con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale l’interessato ha proposto il presente appello, chiedendone l’integrale riforma.
Nel presente grado di giudizio si è costituita solo la Regione Liguria.
Con decisione 6 aprile 2000, n. 1987, sono stati disposti incombenti istruttori, in esito ai quali, l’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 22 maggio 2002.
D I R I T T 0
1. Il primo motivo d’appello ripropone la censura, disattesa dal primo giudice, di incompetenza dell'assessore regionale, trattandosi di materia di pertinenza del comune ai sensi dell’art. 1, lett. e), della legge regionale 15 marzo 1980, n. 15, e non di attribuzione della regione ai sensi dell’art. 1 bis, lett. g), della medesima legge.
La fondatezza della censura sarebbe confermata dal contenuto delle relazioni n. 8371 del 17 luglio 2001 della Soprintendenza per i Beni Architettonici della Liguria, e n. 22018 del 4 agosto 2000 del Comune di Imperia. Dalla prima risulterebbe, infatti, che il vincolo non è stato mai notificato ai danti causa del ricorrente, mentre la seconda attesta che con la sigla “Fi” non si identifica una ZTO del PRG ma solo “i monumenti e manufatti intangibili per vincolo di Soprintendenza e/o PRG”, per cui essa non sarebbe assimilabile alla zona “A” del PRG.
Aggiunge l’appellante che dubbi sulla esistenza del vincolo emergerebbero anche dalla circostanza che solo in data 5 febbraio 1998, con nota n. 1413, la Soprintendenza ha comunicato l’avvio del procedimento per l’imposizione del vincolo ex lege 1 giugno 1939, n. 1089.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. In punto di fatto, conviene precisare che dalla documentazione acquisita agli atti emerge che l’appartamento di proprietà del Bencardino fa parte dell’immobile, denominato Palazzo Guarnieri, sito sul Promontorio di Porto Maurizio in Via Zara del Comune di Imperia, e che detto immobile è sottoposto sia a vincolo ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sia al vincolo di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089.
Quanto al vincolo storico - artistico risulta depositato agli atti il Decreto del Ministero dell’educazione nazionale 15 novembre 1933, notificato sotto la stessa data alle Suore Terziarie Cappuccine, che sottopone Palazzo Guarnieri al vincolo previsto dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, e la sua esistenza è stata ricordata all’originario ricorrente sin dal 1986 (nota Soprintendenza per i Beni Architettonici della Liguria 28 gennaio 1986, n. 898) e confermata con nota 27 giugno 1995, n. 07014, con la quale la Soprintendenza, nel ricordare che a suo tempo il Ministero non ha inteso esercitare il diritto di prelazione nei confronti della compravendita dell’appartamento, rammenta al destinatario che il vincolo predetto ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo, e che l’immobile non può essere demolito, modificato o restaurato senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza. Né vale opporre che il vincolo di cui al D. M. del 1933 non risulta essere stato mai notificato ai danti causa del Bencardino, quasi a volere prospettare una sua inopponibilità all’attuale proprietario, anche perché il vincolo predetto non è stato trascritto.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Sez. VI, 29 ottobre 1996, n. 1430; 8 gennaio 1991, n. 1) ha avuto modo di precisare che requisito della trascrizione dei vincoli, ai fini dell'opponibilità al successivo proprietario, possessore e detentore, imposto dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, riguarda solamente i vincoli imposti sulla base della legislazione del 1939 e non invece quelli imposti in base alla normativa precedente che non richiedeva tale condizione e che sono stati mantenuti in vita dalla norma transitoria contenuta nell'art. 71 legge n. 1089 del 1939 la quale, per il permanere dei vincoli in questione, richiedeva soltanto che fossero stati adottati «a norma della L. 20 giugno 1909, n. 364, relativo regolamento, e della L. 11 giugno 1922 n. 778».
Un vincolo legittimamente imposto con la notifica al proprietario del bene - in vigenza di una normativa che non ne prescriveva la trascrizione ai fini della sua valenza nei confronti dei terzi - non può ritenersi caducato per effetto del trasferimento del bene ad esso relativo non accompagnato da una informazione dell'alienante in ordine alla esistenza del vincolo medesimo, stante la natura reale del vincolo stesso e l'irrilevanza, ai fini della sua sussistenza ed operatività, di attività privatistiche implicanti, eventualmente, azioni civilistiche di responsabilità connesse all'obbligo di esatte informazioni nel procedimento relativo alla formazione dei contratti.
Pertanto, la notifica del vincolo, effettuata in base all'art. 5 L. 20 giugno 1909, n. 364, precedente alla L. 1 giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse storico e artistico, non può ritenersi priva di effetti sotto il vigore della successiva legge, dato che anche questa ultima prevede agli artt. 2, 3 e 5 analoga notifica del Ministro ai privati proprietari e dato che esiste, quindi, una perfetta equiparazione di forme tra le due notifiche; nè importa che la notifica di cui trattasi, non risulti, altresì trascritta nei registri della conservatoria delle ipoteche ai sensi dell'art. 2 secondo comma legge n. 1089 del 1939, in quanto la trascrizione è, invero, istituto che non spiega alcun effetto sulla validità degli atti, assolvendo, essa, soltanto funzioni di pubblicità verso i terzi.
In ordine al vincolo ambientale, la sua esistenza è esplicitamente ricordata nella relazione del Comune n. 22018 del 4 agosto 2000, nella quale si precisa che tutta la zona è sottoposta a vincolo panoramico ai sensi della citata legge n. 1497 del 1939. Si tratta, evidentemente, del vincolo previsto dall’art. 1, comma 1, lett. a) del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, essendo Palazzo Guarnieri situato sul Promontorio di Porto Maurizio, collocato a ridosso del mare.
1.3. Fatte queste precisazioni in ordine alla condizione del bene dal punto di vista vincolistico, si deve subito osservare che nella presente controversia ciò che viene in considerazione è solo il vincolo paesaggistico, perché il provvedimento regionale impugnato, di diniego di autorizzazione in sanatoria dal punto di vista paesaggistico, è stato adottato ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
Secondo l’originario ricorrente, la competenza a pronunciarsi sulla domanda di nulla osta paesaggistico sarebbe della Commissione edilizia comunale integrata ai sensi dell’art. 1, lett. e), della legge regionale 15 marzo 1980, n. 15, che subdelega ai comuni le funzioni amministrative in materia di bellezze naturali concernenti, fra l’altro “ la adozione dei provvedimenti previsti dall'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
La censura è infondata.
A parte che la funzione subelegata concerne non già l’ipotesi del rilascio o meno del nulla osta paesaggistico, ma le sanzioni previste a carico dei proprietari che hanno realizzato interventi edilizi senza la previa autorizzazione, la tesi non considera che il medesimo articolo 1, nell’individuare le specifiche funzioni subdelegate ai comuni, fa espressamente salvo quanto disposto con l’art. 1 bis.
Tale ultima disposizione mantiene alla competenza della Regione, il rilascio dei provvedimenti autorizzativi concernenti tra l’altro, (lett. g) “rifacimenti esterni di edifici esistenti nell'ambito delle zone omogenee di tipo A, quali definite dall'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 emanato in applicazione dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ovvero individuate dagli strumenti urbanistici generali non soggetti a revisione a norma degli artt. 2 e 3 della legge regionale 6 febbraio 1974, n. 7”, e precisando che “sono considerati rifacimenti esterni gli interventi che determinano sostanziali alterazioni delle caratteristiche architettoniche e formali dell'edificio, quali: modificazioni delle coperture; modificazione delle superfici finestrate e delle aperture in genere; modificazione delle sporgenze e delle rientranze”.
Non sussiste, pertanto, alcun dubbio che l’opera realizzata dal Bencardino rientrasse nella competenza della Regione Liguria e in particolare all’assessore regionale all’urbanistica espressamente delegato.
Del resto, la circostanza che la domanda di autorizzazione in sanatoria sia stata rivolta all’organo regionale, dimostra che lo stesso ricorrente era consapevole della competenza della regione.
Il primo motivo d’appello va quindi respinto.
A tale conclusione non si può opporre che con la sigla “Fi” non si identifica una ZTO del PRG ma solo “i monumenti e manufatti intangibili per vincolo di Soprintendenza e/o PRG”, per cui essa non sarebbe assimilabile alla zona “A” del PRG.
A parte l’ammissibilità di tale profilo di censura, che non era stato sollevato con il ricorso di primo grado, appare decisivo rilevare che la norma attributiva della competenza regionale (art. 1 bis, comma 1, lett. g), legge regionale n. 15 del 1980) si riferisce ad edifici esistenti sia nell'ambito delle zone omogenee di tipo A, quali definite dall'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 emanato in applicazione dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, sia nell’ambito di quelle – evidentemente assimilabili alle zone A - individuate dagli strumenti urbanistici generali.
Come risulta dalla documentazione agli atti, l’intero centro di Porto Maurizio del Comune di Imperia, classificato come “zona di risanamento igienico e conservativo”, pur non essendo stato ricondotto dal PRG alle zone omogenee tipizzate dal D.M 2 aprile 1968, è assimilabile alla zona omogenea di tipo A limitatamente alle porzioni di tessuto, formatosi dal medioevo all’ottocento, individuate dallo stesso PRG con le sigle Fi e Fs.
In tale zona rientra pacificamente Palazzo Guarnieri, nel quale è situato l’appartamento di proprietà dell’originario ricorrente, per cui ricorrono tutte le condizioni – vincoli di Soprintendenza e vincoli di PRG – in presenza delle quali l’autorizzazione paesaggistica è di competenza della regione.
2. A conclusioni negative deve pervenirsi anche in ordine al secondo profilo del medesimo motivo d’appello, con il quale si ripropone la tesi che l’assessore regionale avesse l’obbligo di accompagnare il diniego con l’indicazione delle modalità alternative per l’esecuzione dell’intervento.
Come esattamente rilevato dal TAR il diniego è stato motivato con la inesistenza delle ragioni che avrebbero potuto consentire una deroga al vincolo, perché l’intervento si inseriva in un contesto caratterizzato da un tessuto storico di particolare valore ambientale, suscettibile di essere gravemente alterato dalla terrazzatura del tetto operata dal Bencardino. La pretesa, avanzata anche in questo grado di giudizio, di un’istruttoria per verificare la possibilità di un armonico inserimento del terrazzo nella falda e nell’ambiente circostante, non può essere accolta, perché tende a sostituire una valutazione di merito che è propria dell'amministrazione preposta alla salvaguardia del bene tutelato.
3. Infondato è pure il terzo motivo d’appello, relativo alla questione del decreto sindacale di diniego della concessione edilizia in sanatoria.
Il Sindaco, di fronte al diniego dell’autorizzazione paesaggistica, era tenuto ad adottare le proprie determinazioni sotto il profilo della disciplina urbanistica, il cui contenuto era ovviamente vincolato da quello adottato dall’organo regionale.
Né tale determinazione si pone in contraddizione con il parere favorevole espresso sulla domanda di sanatoria dalla Commissione edilizia comunale, perché dal verbale n. 1 del 12 dicembre 1989 emerge che l’organo consultivo, pur dando atto della conformità del progetto dal punto di vista urbanistico, ha rinviato ogni sua valutazione ad avvenuta acquisizione del parere della Soprintendenza ai sensi della legge n. 364 del 1909. Ciò che dimostra come, contrariamente a quanto sostenuto dal Bencardino, nessun parere favorevole è stato formulato dalla Commissione edilizia integrata.
L’appello deve, in conclusione, essere respinto.
Le spese di giudizio vanno poste a carico dell’appellante, secondo il generale principio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe specificato, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione in favore della Regione Liguria delle spese di giudizio, che liquida in complessive tremila euro.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 21 maggio 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Stenio RICCIO Presidente
Costantino SALVATORE Consigliere est.
Raffaele DE LIPSIS Consigliere
Antonino ANASTASI Consigliere
Vito POLI Consigliere
M A S S I M E
1) La funzione subelegata in merito ai vincoli - nulla osta paesaggistico - le sanzioni previste a carico dei proprietari che hanno realizzato interventi edilizi senza la previa autorizzazione - gli interventi che determinano sostanziali alterazioni delle caratteristiche architettoniche e formali dell'edificio - la domanda di autorizzazione in sanatoria quale elemento probatorio. La funzione subelegata concerne non già l’ipotesi del rilascio o meno del nulla osta paesaggistico, ma le sanzioni previste a carico dei proprietari che hanno realizzato interventi edilizi senza la previa autorizzazione, la tesi non considera che il medesimo articolo 1, nell’individuare le specifiche funzioni subdelegate ai comuni, fa espressamente salvo quanto disposto con l’art. 1 bis. Tale ultima disposizione mantiene alla competenza della Regione, il rilascio dei provvedimenti autorizzativi concernenti tra l’altro, (lett. g) “rifacimenti esterni di edifici esistenti nell'ambito delle zone omogenee di tipo A, quali definite dall'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 emanato in applicazione dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ovvero individuate dagli strumenti urbanistici generali non soggetti a revisione a norma degli artt. 2 e 3 della legge regionale 6 febbraio 1974, n. 7”, e precisando che “sono considerati rifacimenti esterni gli interventi che determinano sostanziali alterazioni delle caratteristiche architettoniche e formali dell'edificio, quali: modificazioni delle coperture; modificazione delle superfici finestrate e delle aperture in genere; modificazione delle sporgenze e delle rientranze”. Non sussiste, pertanto, alcun dubbio che l’opera realizzata dal Bencardino rientrasse nella competenza della Regione Liguria e in particolare all’assessore regionale all’urbanistica espressamente delegato. Del resto, la circostanza che la domanda di autorizzazione in sanatoria sia stata rivolta all’organo regionale, dimostra che lo stesso ricorrente era consapevole della competenza della regione. Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6067
2) Diniego dell’autorizzazione paesaggistica - obbligo ad adottare le proprie determinazioni sotto il profilo della disciplina urbanistica - irrilevanza - del parere favorevole espresso sulla domanda di sanatoria dalla Commissione edilizia comunale. Il Sindaco, di fronte al diniego dell’autorizzazione paesaggistica, era tenuto ad adottare le proprie determinazioni sotto il profilo della disciplina urbanistica, il cui contenuto era ovviamente vincolato da quello adottato dall’organo regionale. Né tale determinazione si pone in contraddizione con il parere favorevole espresso sulla domanda di sanatoria dalla Commissione edilizia comunale, perché dal verbale n. 1 del 12 dicembre 1989 emerge che l’organo consultivo, pur dando atto della conformità del progetto dal punto di vista urbanistico, ha rinviato ogni sua valutazione ad avvenuta acquisizione del parere della Soprintendenza ai sensi della legge n. 364 del 1909. Ciò che dimostra come, contrariamente a quanto sostenuto dal Bencardino, nessun parere favorevole è stato formulato dalla Commissione edilizia integrata. Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6067
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