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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

Consiglio Stato, sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6070.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1510 del 1986 (n. R.G. 4542), proposto dal Consorzio Edina, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Lamberti, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via F. Patetta, n. 4 presso il sig. Francesco Fusco.

C O N T R O

CARLUCCI Maria, CULOTTA Pietro e CARLUCCI Rita, rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Bonelli, domiciliato presso la segreteria della sezione.

e nei confronti del

Sindaco di Napoli – Commissario Straordinario del Governo ai sensi del titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219, rappresentato e difeso dall’avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia per legge in Roma Via dei Portoghesi, n. 12.

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Napoli (Sezione I) 23 giugno 1986, n. 344.

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Data per letta alla pubblica udienza del 21 maggio 2002, la relazione del Consigliere Costantino Salvatore;

Uditi l’avv. Lamberti per il Consorzio appellante, l’avv. Colacino per gli appellati e l’avv. dello Stato De Socio per il Sindaco di Napoli, in qualità.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con ordinanza 24 maggio 1985, n. 1991, il Sindaco di Napoli, quale Commissario del Governo per l’attuazione degli interventi di cui al titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219, vincolava alcune aree nel centro urbano di Napoli, ad integrazione di quelle già individuate con ordinanze n. 1 del 28 maggio 1981 e n. 379 del 5 febbraio 1983, allo scopo di realizzare, nel Comparto n. 14, alloggi ed opere di urbanizzazione, già assentiti al Consorzio Edina nell’ambito del programma previsto dal citato titolo VIII.

Con successiva ordinanza n. 1992 del 24 maggio 1985, il medesimo Sindaco disponeva l’occupazione d’urgenza delle predette aree, nell’ambito delle quali ricadeva l’edificio di proprietà di Carlucci Maria, Culotta Pietro e Carlucci Rita.

Contro le ordinanze in parola insorgevano con ricorso al Tar per la Campania, sede di Napoli, i soggetti da ultimo indicati, i quali deducevano una serie di motivi di illegittimità.

Al ricorso resistevano sia il Sindaco di Napoli sia il Consorzio Edina, eccependo in via preliminare la sua tardività e, nel merito, la sua infondatezza.

Il Tar adito, disattesa l’eccezione di tardività, accoglieva il ricorso con la sentenza in epigrafe specificata contro la quale ha proposto appello il Consorzio Edina, chiedendone l’integrale riforma.

Gli originari ricorrenti si sono costituiti in questo grado di giudizio, osservando che nelle more del giudizio sarebbe venuto meno l’interesse a coltivare il gravame e chiedendo comunque la conferma della sentenza gravata.

Anche il Sindaco di Napoli, nella qualità di Commissario straordinario del Governo, si è costituito in questo grado.

L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 maggio 2002.

D I R I T T O

1. Si può prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse, sollevata dagli originari ricorrenti, dovendo l’impugnazione essere respinta nel merito.

2. Con unico articolato motivo d'appello il Consorzio E. censura la sentenza che ha accolto il motivo con cui si deduceva la violazione dell'art. 80 legge n. 219 del 1981, essendo state occupate aree non suscettibili di procedura ablatoria, in quanto sulle stesse insistevano edifici non demolibili.

In particolare, ad avviso del T.A.R., l'art. 80 legge n. 219 del 1981, nell'inciso in cui afferma che sono espropriabili le aree disponibili ed immediatamente utilizzabili, anche se comprendenti edifici da demolire, va interpretato in senso restrittivo, e va inteso nel senso che possono essere apprese solo aree nude, prive, cioè, di edifici, oppure aree su cui insistono edifici che, per essere stati danneggiati dal sisma o per altra causa, sono in sè‚ ed ex ante - prima, cioè, della procedura ablatoria - da destinare alla demolizione; non possono invece essere sottratte ai privati proprietari aree su cui insistono edifici non danneggiati o comunque recuperabili, che non siano in sè‚ ed ex ante, da demolire. Nè su siffatta interpretazione restrittiva può incidere, ad avviso del T.A.R., la successiva normativa di cui all'art. 84 ter legge n. 219 del 1981 (introdotto con legge n. 80 del 1984) e all'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986, che ha solo esteso le ipotesi in cui gli edifici possono essere demoliti, ma non ha inciso sui presupposti per l'espropriabilità degli edifici stessi.

Il Consorzio appellante critica la decisione del T.A.R., osservando che alla luce dell'art. 84 ter legge n. 219 del 1981, dell'art. 6 legge n. 730 del 1986, e dell'art. 3 D.L. n. 115 del 1988, si dovrebbe ritenere che sono occupabili ed espropriabili anche aree su cui insistono edifici, demolibili anche se in buono stato di conservazione, se ciò sia necessario per realizzare il programma costruttivo delineato dalla legge n. 219. La demolizione sarebbe cioè possibile anche per ragioni di carattere urbanistico.

2. 1. Il motivo è infondato.

L'art. 80, comma 1 legge n. 219 del 1981 considera di preminente interesse nazionale la realizzazione di un programma straordinario di edilizia residenziale per la costruzione nell'area metropolitana di Napoli di 20.000 alloggi e delle relative opere di urbanizzazione.

Il comma 2 di detto art. 80 della legge n. 219 del 1981, nel testo novellato dal D.L. n. 333 del 1981, stabilisce che il Sindaco di Napoli individua, nell'ambito del territorio comunale, le aree disponibili ed immediatamente utilizzabili, anche se comprendenti edifici da demolire, nonché le zone di recupero del patrimonio edilizio.

Secondo il costante orientamento di questa Sezione, da cui non c'è motivo di discostarsi nel caso di specie, l'espressione aree disponibili ed immediatamente utilizzabili si riferisce, nella formulazione originaria dell'art. 80, alle sole aree inedificate, e, nel testo novellato dal D.L. n. 333 del 1981, anche alle aree comprendenti edifici la cui demolizione sia necessaria per una causa diversa e anteriore all'intervento espropriativo (Cons. Stato, IV Sez., 3 marzo 1987, n. 126; id., 20 luglio 1988, n. 623; id., 24 marzo 1989, n. 185; id. 3 ottobre 1990, n. 723; id., 7 febbraio 1991, nn. 83, 85 e 86).

Questa interpretazione restrittiva merita adesione da un lato, perché la legge n. 219 del 1981 contiene in materia espropriativa deroghe in via di eccezione alla normativa ordinaria di settore, di talché va interpretata secondo criteri rigorosi.

Dall'altro lato, se lo scopo della procedura ablatoria delineata dalla legge n. 219 del 1981 è la realizzazione di alloggi per le popolazioni che a seguito dei noti eventi sismici del 1980 sono rimaste prive di abitazione agibile, siffatto scopo, peraltro, deve coerentemente inserirsi in una logica più generale di ricostruzione postsismica, e di risparmio di risorse, essendo il soccorso alle popolazioni terremotate e la ricostruzione un costo per l'intera collettività. In tale logica, se ha un senso demolire edifici con caratteristiche intrinseche di destinazione alla demolizione, perché, essendo danneggiati dal sisma o altre cause, non sono recuperabili, appare antieconomico e contrario agli scopi e ai costi della ricostruzione demolire edifici sani o comunque recuperabili a costi minori di quelli che implicherebbe la demolizione e ricostruzione degli stessi.

Ciò posto in ordine alla interpretazione seguita dell'art. 80 legge n. 219 del 1981, come novellato dal D.L. n. 333 del 1981, occorre verificare se siffatta interpretazione sia ancora valida a seguito delle sopravvenienze normative di cui agli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n. 730 del 1986.

L’art. 84 ter legge n. 219 del 1981, introdotto dall'art. 11 L. 18 aprile 1984 n. 80, stabilisce che gli edifici compresi nelle aree acquisite ai sensi dell'art. 80 possono essere demoliti, anche per motivate ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma stesso.

L'art. 6, comma 7, L. 28 ottobre 1986, n. 730, stabilisce che le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 80 della L. 14 maggio 1981, n. 219, nonché quelle di cui al comma 3 dell'art. 84 ter della medesima legge devono essere intese nel senso che gli edifici individuati possono essere comunque demoliti per ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma.

Ritiene il Collegio, aderendo ad un orientamento più volte espresso e ribadito anche di recente (Sez. IV, 8 giugno 2000, 3244; Sez. VI, 29 settembre 1999, n. 1276; Sez. IV, 12 gennaio 1999, n. 12), che le sopravvenienze normative avanti citate non siano idonee a disattendere la interpretazione restrittiva dell'art. 80 legge n. 219 del 1981 suesposta (Cons. Stato, IV Sez., 20 maggio 1996, n. 644; id., 20 luglio 1988, n. 623 cit.).

L'art. 84 ter legge n. 219 del 1981 non stabilisce i presupposti per l'acquisizione delle aree e degli edifici, mediante mero rinvio all'art. 80, ma si limita ad ampliare i presupposti per la demolizione di edifici, che siano acquisiti alle condizioni fissate dal precedente art. 80, in particolare, consentendo la demolizione, oltre che per la realizzazione degli alloggi e delle relative opere di urbanizzazione, anche per più generali ragioni urbanistiche relative alla realizzazione del programma costruttivo.

Resta fermo, pertanto, che per acquisire aree su cui insistono edifici, occorre che questi ultimi siano in sè, e già prima dell'intervento espropriativo, da destinare alla demolizione.

L'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986, a sua volta, reca una disposizione interpretativa che va letta avendo riguardo al dettato dell'art. 84 ter legge n. 219 del 1981. Quest'ultimo, infatti, stabilisce che gli edifici acquisiti possano essere demoliti per ragioni urbanistiche motivate.

Invece, l'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986 stabilisce che gli edifici acquisiti possono comunque essere demoliti per ragioni urbanistiche.

L'art. 6, comma 7, pertanto, riduce, rispetto all'art. 84 ter l'onere di motivazione in ordine alle ragioni urbanistiche della demolizione, ma non modifica i presupposti per l'acquisizione di edifici.

Siffatta complessiva ricostruzione e interpretazione del quadro normativo è suffragata, ad avviso del Collegio, pure da un altro ordine di considerazioni.

Se fossero state acquisibili anche aree comprensive di edifici non destinati alla demolizione già ex ante, ma da demolire per la realizzazione del programma, la formulazione delle norme in questione avrebbe potuto essere ben più semplice; in particolare, l'art. 80 legge n. 219 del 1981 poteva fare riferimento alle aree disponibili ed immediatamente utilizzabili, anche se comprendenti edifici, senza specificare che deve trattarsi di edifici da demolire.

A loro volta, gli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n. 730 del 1986 avrebbero potuto più semplicemente stabilire che sono acquisibili anche aree comprensive di edifici, la cui demolizione fosse necessaria per la realizzazione del programma.

Quanto, poi, all'art. 3 D.L. 28 aprile 1988, n. 115, invocato dal Consorzio E., lo stesso è irrilevante nel caso di specie, in quanto i provvedimenti impugnati risalgono ad epoca anteriore a tale normativa, che è pertanto inapplicabile.

Va da ultimo considerato che la espropriazione dell’area è stata disposta in quanto contenente un muraglione pericolante, con pericolo di rovinare sui sottostanti costruendi alloggi, sulla sommità del quale sono ubicati gli immobili di proprietà dei ricorrenti in primo grado, anch’essi da demolire. Senonché nel giudizio di primo grado è risultato accertato che la parte di muraglione pericolante non è quella prospiciente gli edifici da edificare, ma altra esistente più oltre, e tali risultanze non sono state smentite nel giudizio di secondo grado. Inoltre, l’appellante osserva che che sull’area di risulta è prevista la realizzazione di un sistema di vie, scale mobili ed ascensori per collegare l’area di Piazza Mazzini alla sottostante Montesanto. Senonché queste opere, così descritte, costituiscono opere di arredo urbano e non di urbanizzazione primaria o secondaria funzionalmente collegate alle realizzazioni di alloggi per le esigenze del dopo terremoto, per cui la specifica procedura della legge 219 del 1980 non può convenientemente essere utilizzata.

L’appello va, pertanto, respinto.

Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Condanna il Consorzio appellante alla rifusione in favore degli originari ricorrenti delle spese di giudizio che liquida in complessive tremila euro.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso a Roma addì 21 maggio 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:

Stenio RICCIO Presidente

Costantino SALVATORE Consigliere est.

Raffaele DE LIPSIS Consigliere

Antonino ANASTASI Consigliere

Vito POLI Consigliere

 

M A S S I M E

1)  La realizzazione di alloggi per le popolazioni a seguito di eventi sismici - definizione di aree disponibili ed immediatamente utilizzabili - aree inedificate - edifici la cui demolizione sia necessaria. L'espressione aree disponibili ed immediatamente utilizzabili si riferisce, nella formulazione originaria dell'art. 80, legge n. 219 del 1981, alle sole aree inedificate, e, nel testo novellato dal D.L. n. 333 del 1981, anche alle aree comprendenti edifici la cui demolizione sia necessaria per una causa diversa e anteriore all'intervento espropriativo (Cons. Stato, IV Sez., 3 marzo 1987, n. 126; id., 20 luglio 1988, n. 623; id., 24 marzo 1989, n. 185; id. 3 ottobre 1990, n. 723; id., 7 febbraio 1991, nn. 83, 85 e 86). Questa interpretazione restrittiva merita adesione da un lato, perché la legge n. 219 del 1981 contiene in materia espropriativa deroghe in via di eccezione alla normativa ordinaria di settore, di talché va interpretata secondo criteri rigorosi. Dall'altro lato, se lo scopo della procedura ablatoria delineata dalla legge n. 219 del 1981 è la realizzazione di alloggi per le popolazioni che a seguito dei noti eventi sismici del 1980 sono rimaste prive di abitazione agibile, siffatto scopo, peraltro, deve coerentemente inserirsi in una logica più generale di ricostruzione postsismica, e di risparmio di risorse, essendo il soccorso alle popolazioni terremotate e la ricostruzione un costo per l'intera collettività. In tale logica, se ha un senso demolire edifici con caratteristiche intrinseche di destinazione alla demolizione, perché, essendo danneggiati dal sisma o altre cause, non sono recuperabili, appare antieconomico e contrario agli scopi e ai costi della ricostruzione demolire edifici sani o comunque recuperabili a costi minori di quelli che implicherebbe la demolizione e ricostruzione degli stessi. Ciò posto in ordine alla interpretazione seguita dell'art. 80 legge n. 219 del 1981, come novellato dal D.L. n. 333 del 1981, occorre verificare se siffatta interpretazione sia ancora valida a seguito delle sopravvenienze normative di cui agli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n. 730 del 1986. L’art. 84 ter legge n. 219 del 1981, introdotto dall'art. 11 L. 18 aprile 1984 n. 80, stabilisce che gli edifici compresi nelle aree acquisite ai sensi dell'art. 80 possono essere demoliti, anche per motivate ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma stesso. L'art. 6, comma 7, L. 28 ottobre 1986, n. 730, stabilisce che le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 80 della L. 14 maggio 1981, n. 219, nonché quelle di cui al comma 3 dell'art. 84 ter della medesima legge devono essere intese nel senso che gli edifici individuati possono essere comunque demoliti per ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma. Ritiene il Collegio, aderendo ad un orientamento più volte espresso e ribadito anche di recente (Sez. IV, 8 giugno 2000, 3244; Sez. VI, 29 settembre 1999, n. 1276; Sez. IV, 12 gennaio 1999, n. 12), che le sopravvenienze normative avanti citate non siano idonee a disattendere la interpretazione restrittiva dell'art. 80 legge n. 219 del 1981 suesposta (Cons. Stato, IV Sez., 20 maggio 1996, n. 644; id., 20 luglio 1988, n. 623 cit.). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6070

 

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