Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 3792/02, proposto da:
COMUNE DI MONGHIDORO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Benedetto Graziosi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. Gian Marco Grez in Roma, via Lungotevere Flaminio, n. 46;
contro
REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Mastragostino, Maria Chiara Lista e Adriano Giuffrè, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ultimo in Roma, via Collina, n. 36;
e nei confronti
- del COMUNE DI BOLOGNA, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio;
- di GIUSEPPE GERVASIO, nella sua qualità di commissario ad acta per l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui alla l.r. dell’Emilia Romagna 6 settembre 1999, n. 25, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione II, 28 febbraio 2002, n. 375;
visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Emilia Romagna;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza pubblica del 9 luglio 2002 il consigliere Carmine Volpe e uditi altresì l’avv. B. Graziosi per l’appellante e l’avv. M. C. Lista per la Regione Emilia Romagna;
ritenuto e considerato quanto segue.
FATTO
Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe - assunta in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare ai sensi dell’art. 26, comma 5, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall’art. 9, comma 1, della l. 21 luglio 2000, n. 205 - ha dichiarato irricevibile, per tardività, il ricorso proposto dal Comune di Monghidoro contro i seguenti provvedimenti:
a) deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia Romagna 31 luglio 2001, n. 1647, di nomina dell’avv. Giuseppe Gervasio a commissario ad acta per l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti del detto Comune nella costituzione della forma di cooperazione per la rappresentanza unitaria degli interessi degli enti locali e per l’esercizio unitario delle funzioni amministrative, relativamente ai servizi idrico integrato e di gestione dei rifiuti urbani nel relativo ambito territoriale;
b) deliberazione della conferenza dei Comuni in data 7 giugno 2000, avente ad oggetto la scelta della forma di cooperazione.
Il primo giudice ha ritenuto che si sarebbe dovuta impugnare (e nei termini di legge) la deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia Romagna 18 aprile 2001, n. 577, con cui il Comune appellante era stato diffidato ad adottare la deliberazione necessaria per la costituzione della forma di cooperazione, con l’avvertenza che, in caso di ulteriore inosservanza entro trenta giorni dalla medesima diffida, si sarebbe proceduto alla nomina di un commissario ad acta con il compito di adottare in via sostitutiva tale provvedimento. Poiché la diffida costituisce atto autonomamente ed immediatamente lesivo - con riguardo sia all’affermazione dell’obbligo di attivazione degli Ambiti territoriali ottimali sia all’esercizio dei poteri sostitutivi - la tardività del ricorso, con riguardo alla diffida stessa, comporta la tardività di tutte le censure dedotte, poiché riconducibili a siffatto provvedimento ed ai suoi presupposti legittimanti.
La sentenza viene appellata dal detto Comune per i
seguenti motivi:
1) violazione dei principi generali dell’ordinamento processuale amministrativo con riferimento all’interesse a ricorrere (art. 21 della l. n. 1034/1971), dato che la diffida sarebbe atto di per sé non autonomo e, quindi, non immediatamente impugnabile;
2) violazione di legge: invalidità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 3 della l.r. dell’Emilia Romagna 6 settembre 1999, n. 25, con riferimento agli artt. 4 e 9 della l. 5 gennaio 1994, n. 36, nonché in relazione all’art. 24 della l. 8 giugno 1990, n. 142 (violazione dell’art. 117 della Cost.).
Si sostiene che la legge regionale non avrebbe potuto istituire una nuova persona giuridica di diritto pubblico (data, nella specie, dall’Agenzia di ambito);
3) violazione di legge: invalidità derivata dalla illegittimità costituzionale degli artt. 3, 5, 6 e 7 della l.r. dell’Emilia Romagna n. 25/1999 per contrasto con gli artt. 5, 128 e 117 della Cost..
Si sostiene l’incostituzionalità della privazione della titolarità, e non solo dell’esercizio, delle funzioni proprie dei Comuni da parte del nuovo soggetto Agenzia di ambito, in palese violazione dei principi autonomistici costituzionalmente sanciti;
4) illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 2 della l.r. dell’Emilia Romagna n. 25/1999 per contrasto con gli artt. 5, 117 e 118 della Cost..
Si censura la scelta di fondo operata dalla citata l.r. n. 25/1999, che ha delimitato gli ambiti territoriali ottimali in corrispondenza con il territorio provinciale.
La Regione Emilia Romagna si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso in appello ed eccependo, tra l’altro, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso di primo grado per non essere stato notificato alla Provincia di Bologna ed alla conferenza dei sindaci dell’ambito di Bologna.
DIRITTO
Il ricorso in appello è infondato. Può prescindersi, conseguentemente, dall’esame dell’eccezione di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso di primo grado, sollevata dalla difesa della Regione Emilia Romagna.
La l.r. dell’Emilia Romagna 6 settembre 1999, n. 25, nel dare attuazione alle disposizioni di cui agli artt. 8 e seguenti della l. 5 gennaio 1994, n. 36, in tema di servizio idrico integrato, e di cui all’art. 23 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in tema di gestione dei rifiuti urbani, delimita (all’art. 2), in corrispondenza con il territorio di ciascuna Provincia e con l’area metropolitana di Bologna, nove Ambiti territoriali ottimali.
L’art. 3 della citata l.r. n. 25/1999, dal titolo “forme di cooperazione,” prescrive che:
- (comma 1) “le Province e i Comuni di ciascun ambito territoriale ottimale costituiscono…una forma di cooperazione per la rappresentanza unitaria degli interessi degli Enti locali associati e per l'esercizio unitario di tutte le funzioni amministrative spettanti ai Comuni relativamente ai servizi previsti al comma 1 dell'art. 1 mediante una delle seguenti forme:
a) convenzione di cui all'art. 24 della Legge n. 142 del 1990 e successive modifiche e integrazioni;
b) consorzio di funzioni di cui all'art. 25 della Legge n. 142 del 1990 e successive modifiche e integrazioni”;
- (comma 2) “la forma di cooperazione esercita le funzioni ad essa spettanti ai sensi della presente legge come "Agenzia di ambito per i servizi pubblici" e ha personalità giuridica di diritto pubblico”.
Il successivo art. 4, dal titolo “costituzione della forma di cooperazione”, prevede che:
- (comma 1) “al fine di promuovere e garantire il coordinamento delle procedure di istituzione dell'Agenzia di ambito per i servizi pubblici di cui all'art. 3, le Province convocano, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, una Conferenza dei Sindaci dell'ambito. La conferenza sceglie la forma di cooperazione sulla base del pronunciamento di tanti Sindaci che rappresentino almeno i due terzi degli abitanti dell'ambito calcolati sulla base dell'ultimo censimento. La conferenza approva, altresì, uno schema degli atti necessari ad istituire la forma di cooperazione, secondo quanto richiesto dalla legislazione vigente”;
- (comma 2) “qualora la decisione della Conferenza dei Sindaci non sia intervenuta entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge la forma di cooperazione dell'ambito è quella prevista all'art. 3, comma 1, lett. b)”;
- (comma 3) “i Comuni, entro novanta giorni dalla scelta della forma di cooperazione, deliberano gli atti necessari per l'istituzione dell'Agenzia di ambito per i servizi pubblici dandone comunicazione alla Provincia”;
- (comma 4) “decorso inutilmente il termine di cui al comma 3, la Giunta regionale, su comunicazione della Provincia e previa diffida ad adempiere entro trenta giorni, nomina il commissario ad acta che provvede ad adottare tutti gli atti di cui al comma 3”;
- (comma 5) “gli oneri conseguenti all'attività del commissario sono posti a carico del bilancio dell'Agenzia”.
Il Comune appellante, una volta intervenute, da parte della conferenza dei sindaci, la scelta della forma di cooperazione e l’approvazione dello schema degli atti necessari per costituire l’Agenzia di ambito per i servizi pubblici, deliberava di non aderire e di non approvare né sottoscrivere gli atti costitutivi. Così che la Regione Emilia Romagna, ai sensi dell’art. 4, comma 4, della citata l.r. n. 25/1999, diffidava il Comune ad adottare la deliberazione necessaria per la costituzione della forma di cooperazione, con l’avvertenza che, in caso di ulteriore inosservanza nel termine di trenta giorni, si sarebbe proceduto alla nomina di un commissario ad acta con il compito di adottare in via sostitutiva tale provvedimento. La Regione, poi, con successiva deliberazione, nominava il commissario ad acta per l’adozione degli atti di cui al comma 3 del medesimo art. 4.
Il Comune appellante ha impugnato tale ultima deliberazione regionale, oltre che quella della conferenza dei Comuni relativa alla scelta della forma di cooperazione.
Il Comune, con il primo motivo di appello, deduce la violazione dei principi generali dell’ordinamento processuale amministrativo con riferimento all’interesse a ricorrere (art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034). Sostiene che la diffida sarebbe atto privo di autonoma lesività e, quindi, non immediatamente impugnabile.
Il Collegio osserva che, nella specie, la diffida ad assumere gli atti di partecipazione alla costituzione dell’Agenzia di ambito per i servizi pubblici era contenuta in una corposa ed articolata deliberazione, la quale, accertata l’inadempienza del Comune, ha manifestato per la prima volta la volontà della Regione di dare inizio al procedimento di sostituzione e di commissariamento dell’ente locale, al fine di pervenire comunque all’istituzione dell’Agenzia. Ciò sul rilevato presupposto che la costituzione degli ambiti territoriali e delle forme di cooperazione, nonché la partecipazione degli enti locali agli organismi di cooperazione, sono atti dovuti ed obbligatori per legge (art. 9, comma 3, della l. n. 36/1994, art. 23, comma 5, del d.lgs. n. 22/1997 e art. 4, comma 4, della citata l.r. n. 25/1999). Così che la diffida stessa, dati i suoi effetti costitutivi, contenendo sia l’affermazione dell’obbligo di attivazione dell’Agenzia di ambito sia l’indicazione che la conseguenza della mancata adesione sarebbe stata la nomina del commissario, in applicazione della citata l.r. n. 25/1999, era atto immediatamente lesivo da impugnare tempestivamente. Invero, ai fini della configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile, non rileva la sua collocazione al termine del procedimento, ma è essenziale il carattere costitutivo degli effetti che all’atto stesso si ricollegano; anche se il modulo procedimentale prevede ulteriori atti capaci di incidere sull’efficacia del provvedimento principale (Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2572).
Alla circostanza della mancata impugnazione della diffida, o comunque della tardività del gravame nei confronti della stessa, consegue la tardività di tutti i motivi di ricorso, in quanto riconducibili a siffatto provvedimento ed ai suoi presupposti legittimanti; tra cui l’istituzione dell’Agenzia di ambito, la lesione, attraverso di essa, del principio dell’autonomia dei Comuni, la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, la forma di cooperazione prescelta, nonché il contrasto tra la legge regionale e le fonti statali. Tutti motivi questi che, attaccando la citata l.r. n. 25/1999 sotto il profilo anche della non conformità a Costituzione, andavano tempestivamente dedotti contro la detta diffida, che ha rappresentato il primo atto con cui la Regione, in attuazione della legge regionale, ha inteso comunque realizzare la costituzione della forma di cooperazione prevista dalla legge stessa. Stante la capacità immediatamente lesiva della diffida, avverso il successivo atto di nomina del commissario ad acta, che consegue all’infruttuoso decorso del termine assegnato con la diffida, non sono proponibili censure non tempestivamente mosse all’indirizzo dell’atto sollecitatorio (si veda, per un caso analogo, anche se in ambito di coltivazione di cava, Cons. Stato, sez. VI, 16 novembre 1998, n. 1561). Anche perché il Comune appellante aveva già formalmente deciso di non aderire all’Agenzia di ambito per i servizi pubblici.
Conseguentemente, non si può passare all’esame degli altri motivi di appello, con i quali sono state ripresentate le censure dedotte in primo grado.
Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese e gli onorari di lite, liquidati a favore della Regione Emilia Romagna, seguono la soccombenza. Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti degli appellati non costituiti.
Per questi motivi
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo respinge.
Condanna il Comune appellante al pagamento, in favore della Regione Emilia Romagna, delle spese e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi euro duemilacinquecento. Nulla per le spese nei confronti degli appellati non costituiti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 9 luglio 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione IV, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Gaetano Trotta presidente
Raffaele De Lipsis consigliere
Carmine Volpe consigliere, estensore
Dedi Marinella Rulli consigliere
Giuseppe Carinci consigliere
Nello stesso senso: Consiglio di Stato Sezione IV del 7 novembre 2002 sentenze nn. 6094 - 6093 - 6092 - 6091 - 6090 - 6089 - 6088 - 6087 - 6086 - 6085 - 6084 - 6083 - 6082 - 6081 - 6080 - 6079.
M A S S I M E
1) Rifiuti - la costituzione degli ambiti territoriali e delle forme di cooperazione in tema di gestione dei rifiuti urbani - la diffida ad assumere gli atti di partecipazione alla costituzione dell’Agenzia di ambito per i servizi pubblici - mancata impugnazione della diffida, o comunque della tardività del gravame nei confronti della stessa. La diffida ad assumere gli atti di partecipazione alla costituzione dell’Agenzia di ambito per i servizi pubblici era contenuta in una corposa ed articolata deliberazione, la quale, accertata l’inadempienza del Comune, ha manifestato per la prima volta la volontà della Regione di dare inizio al procedimento di sostituzione e di commissariamento dell’ente locale, al fine di pervenire comunque all’istituzione dell’Agenzia. Ciò sul rilevato presupposto che la costituzione degli ambiti territoriali e delle forme di cooperazione, nonché la partecipazione degli enti locali agli organismi di cooperazione, sono atti dovuti ed obbligatori per legge (art. 9, comma 3, della l. n. 36/1994, art. 23, comma 5, del d.lgs. n. 22/1997 e art. 4, comma 4, della citata l.r. n. 25/1999). Così che la diffida stessa, dati i suoi effetti costitutivi, contenendo sia l’affermazione dell’obbligo di attivazione dell’Agenzia di ambito sia l’indicazione che la conseguenza della mancata adesione sarebbe stata la nomina del commissario, in applicazione della citata l.r. n. 25/1999, era atto immediatamente lesivo da impugnare tempestivamente. Invero, ai fini della configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile, non rileva la sua collocazione al termine del procedimento, ma è essenziale il carattere costitutivo degli effetti che all’atto stesso si ricollegano; anche se il modulo procedimentale prevede ulteriori atti capaci di incidere sull’efficacia del provvedimento principale (Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2572). Alla circostanza della mancata impugnazione della diffida, o comunque della tardività del gravame nei confronti della stessa, consegue la tardività di tutti i motivi di ricorso, in quanto riconducibili a siffatto provvedimento ed ai suoi presupposti legittimanti; tra cui l’istituzione dell’Agenzia di ambito, la lesione, attraverso di essa, del principio dell’autonomia dei Comuni, la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, la forma di cooperazione prescelta, nonché il contrasto tra la legge regionale e le fonti statali. Tutti motivi questi che, attaccando la citata l.r. n. 25/1999 sotto il profilo anche della non conformità a Costituzione, andavano tempestivamente dedotti contro la detta diffida, che ha rappresentato il primo atto con cui la Regione, in attuazione della legge regionale, ha inteso comunque realizzare la costituzione della forma di cooperazione prevista dalla legge stessa. Stante la capacità immediatamente lesiva della diffida, avverso il successivo atto di nomina del commissario ad acta, che consegue all’infruttuoso decorso del termine assegnato con la diffida, non sono proponibili censure non tempestivamente mosse all’indirizzo dell’atto sollecitatorio (si veda, per un caso analogo, anche se in ambito di coltivazione di cava, Cons. Stato, sez. VI, 16 novembre 1998, n. 1561). Anche perché il Comune appellante aveva già formalmente deciso di non aderire all’Agenzia di ambito per i servizi pubblici. Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6095
2) La configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile. Invero, ai fini della configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile, non rileva la sua collocazione al termine del procedimento, ma è essenziale il carattere costitutivo degli effetti che all’atto stesso si ricollegano; anche se il modulo procedimentale prevede ulteriori atti capaci di incidere sull’efficacia del provvedimento principale (Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2572). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6095
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