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Consiglio Stato, Sezione IV,  8 luglio 2002, sentenza n. 3795.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso n. 11727 del 2001, proposto dalla Società Di Palma s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Lentini ed elettivamente domiciliata in Roma, via di Villa Grazioli 13, presso l’avv. Giuseppe Giuffrè;
contro
il Comune di Mariglianella, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Zeno, elettivamente domiciliato in Roma, presso la Segreteria del Consiglio di Stato;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, 29 giugno 2001, n. 3040, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mariglianella;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 26 febbraio 2002 il consigliere Marzio Branca, e udito l’avv. Lentini .
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 

FATTO
 

Con la sentenza in epigrafe, è stato respinto il ricorso proposto dalla Impresa Di Palma s.r.l., titolare dell’appalto del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto in discarica dei rifiuti s. u. nel Comune di Mariglianella, avverso il diniego opposto alla sua domanda di revisione prezzi, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 537 del 1993.
Il TAR ha ritenuto che la normativa in questione non potesse applicarsi alla fattispecie, consistente non già in un contratto di appalto bensì nella concessione di pubblico servizio.
L’Impresa interessata ha proposto appello insistendo sul valore generale della clausola, destinata, secondo l’assunto, a conservare il rapporto sinallagamatico tra le prestazioni convenute.
Il Comune intimato si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2002 la causa veniva trattenuta in decisione.
 

DIRITTO
 

L’appello è infondato.
L’Impresa, infatti, prospetta una interpretazione dell’art. 6 della legge n. 537 del 1993, come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994, il cui comma 4 (già comma 6) prevede che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, come se la norma fosse destinata a garantire ai privati contraenti con le pubbliche amministrazioni incrementi del corrispettivo pattuito in sede di conclusione del contratto, in ragione di maggiorazioni dei costi.
Tale ricostruzione non può essere condivisa perché è frutto della estrapolazione della disposizione dal contesto normativo nel quale è inserita che ne comporta il totale travisamento.
L’art. 6 della legge n. 537 del 1993, sia nel testo originario, sia in quello modificato dall’art. 44 della successiva legge finanziaria (n. 724 del 1994) reca alcune norme destinate ad assicurare che l’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione si svolga nel rispetto delle condizioni ottimali di economicità e convenienza.
Mentre il comma 2 stabilisce che l’Amministrazione non può consentire la rinnovazione tacita del contratto oltre il termine della prevista scadenza, se non sulla base di una valutazione di convenienza espressa con provvedimento formale, il comma 4, con diverso istituto, sancisce il principio che, in favore dell’Amministrazione, è sempre concessa la revisione periodica del prezzo dei contratti a esecuzione periodica o continuativa (Cons. St., Sez. II, 8 febbraio 1995, n, 151; Corte Conti, Sez. contr. Stato, 27 aprile 2000 n. 37).
Ed infatti la revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni i servizi sulla base dei dati di cui comma 6, attribuendosi all’allora Ministero del bilancio e della programmazione economica la vigilanza e le iniziative da assumere per la realizzazione della funzione in questione (comma 8).
Si tratta quindi di procedimenti istituiti a tutela dell’economicità della gestione delle pubbliche risorse, e preordinati alla eventuale riduzione unilaterale ed autoritativa dei prezzi corrisposti, cui è estranea ogni finalità di garanzia del sinallagma contrattuale in favore dei privati contraenti, salvo il ricorso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (comma 19).
La pretesa avanzata dall’appellante, quindi, indipendentemente dalla qualificazione in termini di appalto o di concessione del rapporto instaurato con il Comune, si risolveva nella domanda di rinegoziare il corrispettivo pattuito a causa di una asserita lievitazione dei costi a suo carico.
Ma una tale istanza non poteva essere accolta, sia per l’esistenza di una clausola contrattuale (art.16) recante l’espressa esclusione di ogni forma di revisione del corrispettivo nel contratto concluso, sia perché la clausola imposta dalla legge non ha, come si è visto, il significato attribuitogli dall’appellante e, pertanto, non era idonea a travolgere la detta previsione contrattuale.
L’appello va quindi rigettato.
La spese possono essere compensate.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 febbraio 2002 con l'intervento dei magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.

 


L'ESTENSORE                            IL PRESIDENTE                           IL SEGRETARIO
F.to Marzio Branca                       F.to Alfonso Quaranta                  F.to Francesco Cutrupi




 

M A S S I M E

1)  L’Amministrazione non può consentire la rinnovazione tacita del contratto oltre il termine della prevista scadenza - in favore dell’Amministrazione, è sempre concessa la revisione periodica del prezzo dei contratti a esecuzione periodica o continuativa - l’attività contrattuale della P. A. - condizioni ottimali di economicità e  convenienza. L’art. 6 della legge n. 537 del 1993, sia nel testo originario, sia in quello modificato dall’art. 44 della successiva legge finanziaria (n. 724 del 1994) reca alcune norme destinate ad assicurare che l’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione si svolga nel rispetto delle condizioni ottimali di economicità e  convenienza. Mentre il comma 2 stabilisce che l’Amministrazione non può consentire la rinnovazione tacita del contratto oltre il termine della prevista scadenza, se non sulla base di una valutazione di convenienza espressa con provvedimento formale, il comma 4, con diverso istituto, sancisce il principio che, in favore dell’Amministrazione, è sempre concessa la revisione periodica del prezzo dei contratti a esecuzione periodica o continuativa (Cons. St., Sez. II, 8 febbraio 1995, n, 151; Corte Conti, Sez. contr. Stato, 27 aprile 2000 n. 37). Consiglio  di  Stato,  Sezione IV dell' 08/07/2002, sentenza n. 3795 

 

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