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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

Consiglio Stato, Sezione V,  del 18 novembre 2002, sentenza n. 6393 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
 

decisione


sul ricorso in appello n.12168/2001, proposto dal Comune di Margherita di Savoia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Mescia, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Paisiello n.55, presso lo studio dell’avv. F.G.Scoca,
contro
Scavisud sas, in persona del suo legale rappresentante, difesa e rappresentata dall’avv.Angelo Vantaggiato, ed elettivamente domiciliata preso lo studio dell’avv. Alberto Angeletti, in Roma, alla via Giuseppe Pisanelli 2,
per l’annullamento
della sentenza n.5375 resa dal TAR della Puglia, sez.IIa, di Lecce, in data 13 giugno 2001,pubblicata il 17 settembre 2001.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Vista la costituzione in giudizio della parte appellata.
Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese.
Visti tutti gli atti di causa.
Relatore il Consigliere Paolo De Ioanna alla pubblica udienza del 14 maggio 2002.
Uditi gli avvocati delle parti in causa , come da verbale d’udienza.
Ritenuto in fatto e considerati in diritto quanto segue:
 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR della Puglia, II sez. ha accolto il ricorso proposto dalla Scavi Sud sas, inteso ad ottenere il risarcimento del danno subito a causa del comportamento illegittimo tenuto dal Comune di Margherita di Savoia in occasione dello svolgimento della pubblica gara , a mezzo di incanto, per l’affidamento dei lavori di costruzione della rete pluviale posta al servizio del centro abitato.


2. La Scavi Sud sas , partecipante alla procedura concorsuale de qua, aveva infatti censurato l’illegittima ammissione alla procedura di gara della ditta Dibattista srl, per aver presentato una offerta economicamente incomprensibile: non vi era coincidenza tra il ribasso offerto sull’importo totale, pari al 26,90% ( corrispondente alla somma dei ribassi indicati per le opere a misura : 19,984% e per le opere a corpo 6,916%) ed il prezzo complessivo indicato. La esclusione della ditta Dibattista avrebbe infatti comportato una rideterminazione della media aritmetica dei ribassi offerti, con conseguente aggiudicazione della gara in favore di Scavi Sud. La tesi di Scavi Sud, respinta in primo grado, veniva invece accolta da questo Collegio, con la decisione n.960 del 10.12.1999: detta decisione si fondava sulla considerazione che il bando in questione prescriveva che ciascuna offerta fosse articolata in lavori a corpo e a misura ed in una offerta totale: ognuna di tali articolazioni veniva dunque a qualificarsi come costitutiva dell’offerta e dovendo pertanto il risultato complessivo , cioè l’offerta sul totale, essere coerente rispetto alle parti di cui si compone. In caso di difformità tra addendi e somma, nessuno di tali componenti può essere privilegiato quale elemento di individuazione dell’offerta, “ restando così del tutto incerto il contenuto di questa”.


3. Sulla base di questa decisione , la Scavi Sud proponeva domanda di risarcimento del danno al TAR Puglia che, con la sentenza in esame, condannava il Comune di Margherita di Savoia alla corresponsione di lire 399.547.748 a titolo di risarcimento del danno, derivante dall’illegittima aggiudicazione della gara de qua, oltre alla rivalutazione e agli interessi dal momento delle maturazione al soddisfo.


4. Il Comune di Margherita di Savoia ha proposto appello contro tale sentenza. la Scavi Sud resiste. La causa è stata trattenuta in decisione nella pubblica udienza del 14 maggio 2002.


Diritto


1. L’appello è fondato e deve essere accolto. Nel giudizio amministrativo, la declaratoria giurisdizionale della illegittimità di un atto amministrativo non costituisce un elemento sul quale la parte interessata può innestare una domanda di risarcimento del danno, senza dare puntuale e ragionevole dimostrazione del rapporto di causa ed effetto che si instaura tra atto illegittimo e danno, senza fornire una sua plausibile quantificazione (vedi: C.d S., V sez.n3863 dell’11 luglio 2001) e, quindi, senza cercare di ricostruire gli elementi che configurano un comportamento colpevole di tale gravità , tenuto anche conto del contesto in cui si sviluppa l’azione amministrativa, da rendere risarcibile il danno proprio in quanto sussiste la colpa dalla pubblica amministrazione, sul piano della violazione delle regole di normale diligenza e perizia amministrativa (C d S. n.6281,VI sez, del 18 dicembre 2001). In sostanza non è possibile costruire uno schema di automatica equivalenza giuridica tra annullamento di un atto amministrativo, comportamento illegittimo della pubblica amministrazione e risarcibilità del danno ingiusto ricevuto dal soggetto destinatario degli effetti lesivi dell’atto annullato. Il risarcimento presuppone la ricostruzione: a) del nesso causale tra atto annullato e danno, b) la ragionevole quantificabilità del danno; c) l’enucleazione di un elemento di colpa che emerge in quanto l’errore commesso dall’apparato amministrativo non sia scusabile, tenuto anche conto del contesto in cui si è sviluppata l’azione amministrativa (C.d S. n.3169,IV sez. 14 giugno 2001).


2. Queste premesse di ordine generale valgono a meglio inquadrare il caso al nostro esame. Ora, se si esamina il comportamento dell’apparato amministrativo in causa,è agevole rendersi conto che il susseguirsi di una complessa e difficile fase giurisdizionale , intesa a chiarire i contorni della vicenda in esame, fa emergere che tale apparato si è condotto in modo non irragionevole nel cercare di adeguare la propria azione alle diverse soluzioni prospettate in via giurisdizionale. E’ certamente vero che in questo caso il conflitto giurisprudenziale si è sviluppato dopo il verificarsi della fattispecie e dunque non può assumere il ruolo di scusante, in senso tecnico; tuttavia esso serve a capire e a valutare il comportamento dell’ente locale nel mentre tale diversità di orientamenti veniva svolgendosi: ed al riguardo non sembra che il comportamento dell’ente locale sia stato irrazionale o avventato. E’ dunque molto difficile, nel caso che ci occupa, a prescindere dalla soluzione sistemica che si predilige in ordine all’elemento soggettivo della pubblica amministrazione, ( applicazione dell’art.2043 o, al contrario, dell’art.2236 del cod.civ.) , configurare un profilo di colpa al quale connettere il risarcimento del danno.


3. Inoltre, non può negarsi che la censura rivolta inizialmente dalla Scavi Sud al comportamento dell’ente locale verteva su un profilo interpretativo del bando di gara non del tutto lineare, né auto evidente: si trattava di individuare il punto in cui una offerta, in parte a corpo ed in parte a misura, perdeva i suoi contenuti di precisa e ben definibile determinabilità. L’annullamento dell’aggiudicazione chiude e definisce un rapporto giuridico assai complessa, al cui interno, è irragionevole intestare all’apparato amministrativo comportamenti di natura colposa sui quali innestare il risarcimento del danno.


4. A tutto ciò occorre aggiungere che la prova del pregiudizio economico subito dalla Scavi Sud appare estremamente debole. Se è pacifico in giurisprudenza che anche a seguito dell’aggiudicazione non si ricostruisce in testa alla ditta vincitrice un vero e proprio diritto alla conclusione del contratto, che resta fino la momento della sua stipula un atto discrezionale della PA , nel caso in esame la Scavi Sud poteva vantare solo una aspettativa alla sua conclusione, nel caso di aggiudicazione: aggiudicazione che, peraltro, non sarebbe conseguita in modo del tutto automatico. In ogni caso , la quantificazione presuntiva della perdita di possibilità alternative, a cui ha fatto ricorso il giudice di prime cure, applicando l’art.345 della legge n.2248 del 1865,all.F e l’art.122 del dpr n.544 del 21.12.1999, (determinazione forfettaria del profitto normalmente conseguibile ) non prescinde dalla necessità di fornire un principio di prova in ordine a tale perdita di possibilità alternative. Questo criterio forfettario , in altri termini, non è utilizzabile per il solo fatto che l’aggiudicazione è stata annullata: soccorre in quanto non si riesca a determinare in modo attendibile un danno per la cui quantificazione deve comunque essere offerto qualche principio di prova in ordine alle opportunità alternative alle quali l’impresa i questione ha dovuto rinunciare. Principio di prova che nel caso in esame è del tutto assente.


5. Per le ragioni svolte, l’appello è fondato e deve essere accolto. Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese di lite tra le parti.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe,lo accoglie e , per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata , respinge il ricorso in primo grado.
Compensa interamente le spese di lite tra le parti in causa.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.


Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 14 maggio 2002, con la partecipazione di :
Agostino Elefante Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Francesco D’Ottavi Consigliere
Paolo De Ioanna Consigliere estensore.

 

L'ESTENSORE                      IL PRESIDENTE                                       IL SEGRETARIO
f.to Paolo                              De Ioanna f.to Agostino Elefante                 f.to Giuseppe Testa


 





 

M A S S I M E

1)  La declaratoria giurisdizionale della illegittimità di un atto amministrativo - domanda di risarcimento del danno - rapporto di causa ed effetto tra atto illegittimo e danno - quantificazione - la colpa della pubblica amministrazione - violazione delle regole di normale diligenza e perizia amministrativa. Nel giudizio amministrativo, la declaratoria giurisdizionale della illegittimità di un atto amministrativo non costituisce un elemento sul quale la parte interessata può innestare una domanda di risarcimento del danno, senza dare puntuale e ragionevole dimostrazione del rapporto di causa ed effetto che si instaura tra atto illegittimo e danno,  senza fornire una sua  plausibile quantificazione (vedi: C.d S., V sez.n3863 dell’11 luglio 2001) e, quindi, senza cercare di ricostruire gli elementi che configurano  un comportamento colpevole di tale gravità , tenuto anche  conto del contesto in cui si sviluppa l’azione amministrativa, da rendere risarcibile il danno proprio in quanto sussiste la colpa della pubblica amministrazione, sul piano della violazione delle regole di normale diligenza e perizia amministrativa (C d S. n.6281,VI sez, del 18 dicembre 2001). In sostanza non è possibile costruire uno schema di automatica equivalenza giuridica tra annullamento di un atto amministrativo, comportamento illegittimo della pubblica amministrazione e risarcibilità del danno ingiusto ricevuto dal soggetto destinatario degli effetti lesivi dell’atto annullato. Il risarcimento presuppone la ricostruzione: a) del nesso causale tra atto annullato e danno,  b) la ragionevole quantificabilità del danno; c)  l’enucleazione di un elemento di colpa che emerge in quanto l’errore commesso dall’apparato amministrativo non sia scusabile, tenuto anche conto del contesto in cui si è sviluppata l’azione amministrativa (C.d S. n.3169,IV sez. 14 giugno 2001). Consiglio  di  Stato,  Sezione V del 18/11/2002, sentenza n. 6393   

 

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