AmbienteDiritto.it 

Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

Consiglio Stato, Sezione V,  del 2 dicembre 2002, sentenza n. 6624 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 894/2002, proposto dal Comune di ARICCIA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Fiorella CARLONI presso cui elettivamente domicilia in Roma, via Ortigara 10,
contro
GE.SE.NU s.p.a., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico ARLINI presso il quale elettivamente domicilia in Roma, via G. Nicotera 29,
per l’annullamento
della sentenza del TAR del Lazio, Roma, Sezione II, 6 ottobre 2001, n. 8173;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della società appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 25 giugno 2002, il Cons. Paolo BUONVINO e uditi per le parti gli avv.ti CARLONI e ARLINI;
visto il dispositivo n. 351 pubblicato il 26.6.2002;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
 

F A T T O


1) - Con la sentenza appellata il TAR, riuniti i ricorsi nn.3655/99, 11032/99 e 16913/99, proposti dalla società GE.SE.NU. s.p.a.. contro il Comune di Ariccia, ha accolto gli stessi in parte e nei limiti di cui in motivazione.
Il TAR, disattendendo quanto dedotto dall’originaria ricorrente con i primi due ricorsi, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’emanazione, da parte dell’Amministrazione, di un provvedimento contingibile e urgente, di efficacia semestrale (ord. sind. n. 9 del 22 gennaio 1999 e delibera di G.M. presupposta) volto ad ovviare all’emergenza rifiuti (provvedimento prorogato per tre mesi con il secondo degli atti impugnati in primo grado, ord. sind. 24 luglio 1999, n. 155, connessa delibera di G.M. e altri atti presupposti); tali determinazioni prorogavano d’ufficio il servizio - già gestito dalla società GE.SE.NU. con contratto del 1995 venuto a scadenza - di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani; ha, però, accolto i detti ricorsi nella parte economica, avendo ritenuto illegittima la determinazione di mantenere ferme le condizioni previste nel contratto stesso, ormai scaduto.
Il TAR, infine, ha accolto, in parte, anche l’ultimo dei ricorsi di primo grado, proposto per l’annullamento del provvedimento (determinazione dirigenziale n. 869 del 25 ottobre 1999) con il quale il Comune ha stabilito in 214.805.556 l’importo di una penalità dovuta dall’impresa per non aver effettuato il servizio di raccolta rifiuti speciali per 19 giorni; per il TAR, in effetti, la penalità sarebbe stata correlabile ad un solo giorno di disservizio.
Il TAR ha accolto, infine, entro i limiti precisati al punto 6) della sentenza, le richieste risarcitorie dell’interessata; a tal fine, ha precisato le modalità per la corresponsione del giusto compenso, correlandolo agli indici ISTAT.
2) - Con il presente appello il Comune di Ariccia deduce l’erroneità di detta sentenza, chiedendone la riforma nella parte in cui ha accolto i ricorsi avversari.
Si è costituita in giudizio la società GE.SE.NU. s.p.a. che, oltre ad insistere per il rigetto dell’appello, svolge anche appello incidentale autonomo avverso i capi di sentenza in cui è riuscita soccombente.
 

D I R I T T O


1) - Ritiene la Sezione che siano da rigettare sia l’appello principale del Comune che quello incidentale svolto dalla GE.SE.NU. s.p.a.
2) – Quanto a quest’ultimo (che si appunta avverso quei capi della sentenza appellata che hanno riconosciuto legittima l’adozione, nella specie, da parte del Sindaco, di due ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi dell’art. 38 della legge n. 142/1990), perché, sebbene la situazione di emergenza rifiuti sia stata occasionata dallo stesso comportamento parzialmente omissivo del Comune, che non si è attivato per tempo per indire una gara comunitaria per l’affidamento del servizio, non di meno la situazione eccezionale stessa corrispondeva ad un dato obiettivo, che legittimava l’Amministrazione ad imporre all’originario gestore del servizio di proseguire nella gestione per un periodo di tempo predefinito (dapprima di sei, poi di ulteriori tre mesi), al fine di evitare gravi pregiudizi per la collettività sotto il profilo igienico-sanitario.
È vero che ritardi della P.A. nel portare a termine procedure concorsuali o altri fatti comunque imputabili a ritardi o disservizi della stessa Amministrazione non legittimano, di massima, la stessa a sopperire alle proprie manchevolezze con il ricorso ai provvedimenti contingibili ed urgenti.
Non di meno, in materia di potere di ordinanza extra ordinem, esercitato dal Sindaco ai sensi dell’art. 12 del d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915 (e, ora, dell’art. 13 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), non appare necessario, al fine della configurazione del requisito dell’urgenza, il verificarsi di una situazione di danno per l’ambiente e la salute pubblica, essendo sufficiente che si verifichi una situazione di pericolo non fronteggiabile adeguatamente e tempestivamente con misure ordinarie (cfr. Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 596); e, in tale situazione, è consentito il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti.
Ebbene, tale situazione di pericolo è oggettivamente riconoscibile nella specie e da ritenersi non fronteggiabile con misure ordinarie, in considerazione dei tempi non brevi correlati all’effettuazione della gara, in una situazione normativa, primaria e secondaria, in materia tariffaria, ancora in corso di perfezionamento al momento dell’adozione delle determinazioni di cui è causa, con effetti di ricaduta in ordine alla esatta definizione dei contenuti economici da inserire nel bando per l’appalto del servizio di raccolta RSU che si andava a predisporre.
Si aggiunga che il Comune non era rimasto del tutto inerte, essendosi tempestivamente attivato per l’affidamento del servizio semestrale in parola alla stessa GE.SE.NU. s.p.a., a mezzo di trattativa privata; non essendo questa andata in porto per mancato accordo economico, correttamente il Comune si è avvalso – per sopperire alle esigenze della collettività e per evitare rischi igienico-sanitari - dei poteri straordinari di cui all’art. 38 della legge n. 142/1990 e, di fatto, nel rispetto dei limiti temporali di cui al citato art. 13 del d.lgs. n. 22/1997.
In quest’ottica, appare legittimo il provvedimento che pone a carico del gestore uscente l’onere di proseguire nell’espletamento, per un limitato periodo di tempo, il servizio di cui era stato a suo tempo aggiudicatario; così come legittimo appare il provvedimento che prolunga, per un altro, più breve periodo di tempo, il servizio stesso, nella pendenza della gara indetta nelle more; donde, in definitiva, l’infondatezza dell’appello incidentale della GE.SE.NU. s.p.a., volto a contestare la legittimità dei provvedimenti contingibili e urgenti di cui si tratta per difetto dei necessari presupposti.
3) - Peraltro – e passando, quindi, all’appello principale svolto dal Comune – il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato; all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio si ricollega un’esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento; sicché correttamente i primi giudici hanno ritenuto illegittime le determinazioni comunali (inserite nei detti provvedimenti contingibili ed urgenti e pure esse costituenti veri e propri atti autoritativi e non di natura contrattuale) di tenere invariati i prezzi del servizio fissati con il contratto, ormai remoto, del 1995; del pari correttamente il TAR ha anche fatto richiamo al principio secondo cui la potestà d’ordinanza deve, in linea di principio, limitarsi ad imporre misure tali da comportare il minor sacrificio possibile per il destinatario (cfr., tra le altre, la decisione della Sezione 29 luglio 1998, n. 1128).
Diversamente opinando si determinerebbe, del resto, un ingiustificato sacrificio dell’iniziativa economica privata a beneficio della PA, con violazione dei principi desumibili dall’art. 41 Cost. e, al contempo, una sorta di prestazione imposta, in contrasto con i principi desumibili dall’art. 23 Cost., nel momento in cui viene definito il corrispettivo di una prestazione economica in un valore non più rispondente ai valori attuali di mercato.
E correttamente la sentenza impugnata evidenzia ancora che, da parte del Sindaco, è mancata ogni concreta indagine istruttoria e, correlativamente, ogni motivazione atte a dar conto se, effettivamente, il corrispettivo economico autoritativamente fissato fosse concretamente remunerativo delle prestazioni rese, ovvero superato dal naturale evolversi della situazione monetaria e, in particolare, dalla perdita del potere d’acquisto della moneta.
Per tali motivi, i provvedimenti impugnati in primo grado appaiono illegittimi nei loro contenuti economici.
4) – Appare, poi, condivisibile anche il criterio risarcitorio elaborato dal TAR in via equitativa (rivalutazione dell’originario compenso, in base agli indici ISTAT, con riferimento al momento dell’adozione della prima delle dette ordinanze; con rivalutazione monetaria e interessi corrispettivi sulla somma così determinata, a partire dalla data di cessazione del servizio in regime di proroga e fino al soddisfo).
Sul punto va disatteso, in primo luogo, l’appello principale del Comune, che deduce l’assenza, nella specie, di ogni responsabilità dell’Amministrazione, così da escludere la configurabilità stessa di ogni onere risarcitorio.
Al contrario, il Comune ha errato, per i motivi di cui si è detto, nel determinare unilateralmente i compensi spettanti alla controparte al di fuori di ogni valido criterio di sinallagmaticità e di congruenza economica e senza adeguati apprezzamenti istruttori; pertanto, non si ha, nella specie, un risarcimento riconducibile all’esercizio di attività lecita da parte dell’Amministrazione e connesso, in particolare, al corretto esercizio dei poteri contingibili ed urgenti, ma un risarcimento ricollegabile a quelle parti dei provvedimenti impugnati che, come si è visto, incidono illegittimamente sulla sfera dell’interessata e che giustificano, quindi, la pretesa riparatoria.
Sul punto va disatteso anche l’appello incidentale svolto dalla società GE.SE.NU.; in proposito, il TAR ha correttamente escluso che il contratto nelle more stipulato con altra aggiudicataria potesse costituire valida base per la determinazione del compenso, riguardando un periodo di servizio nuovo e diverso e modalità di servizio non omogenee con quelle pregresse.
Né, come pure rilevato dai primi giudici, l’interessata risulta aver fornito ulteriori e soddisfacenti elementi atti a comprovare l’entità di un maggior danno rispetto a quello coperto con il ricorso agli indici ISTAT; la documentazione che accompagna il ricorso di primo grado non soddisfa, infatti, ad avviso del Collegio, l’esigenza probatoria connaturata alla domanda risarcitoria; essa espone solo cifre relative al consuntivo 1998, prive di ogni supporto documentale atto a suffragare gli asseriti maggiori oneri; richiede, inoltre, per il 1999, maggiori spese per incremento costi, imprevisti e utili nella misura del 15%, senza fornire alcuna giustificazione in merito al valore percentuale ora detto; la documentazione prodotta in giudizio il 24 aprile 2001 non fornisce, poi, elementi utili a supportare dette domande.
In definitiva, deve ritenersi che i primi giudici abbiano individuato un corretto criterio atto a compensare i maggiori oneri subiti dall’originaria ricorrente per la prestazione del servizio nel periodo fissato dalle ordinanze impugnate.
5) – Vanno rigettati anche gli appelli, principale e incidentale, relativi al capo della sentenza appellata recante accoglimento, in parte, del ricorso di primo grado n. 16913/99, proposto avverso la determinazione del dirigente dell’area tecnica di comminazione di una penalità, a carico della GE.SE.NU. s.p.a., correlata al mancato svolgimento, da parte della stessa, del servizio di raccolta dei rifiuti differenziati per il periodo 5/23 luglio 1999.
Per il TAR il provvedimento è illegittimo nella parte in cui ha commisurato la sanzione a diciannove giorni anzichè a un giorno solo; di conseguenza, ha dichiarato l’obbligo del Comune di restituire le somme trattenute a titolo di penale eccedenti il doppio del corrispettivo stabilito per una giornata lavorativa.
La decisione è da condividere (ed è, quindi, da disattendere, anzitutto, sul punto, l’appello del Comune) laddove ha posto in luce la circostanza che tale tipo di raccolta doveva essere effettuato con cadenza quindicinale, sicché, nel detto periodo, era computabile, ai fini sanzionatori, la mancata effettuazione di un solo giorno di servizio.
In proposito è, infatti, da rilevare che l’effettuazione del servizio di raccolta differenziata di cui si tratta, previsto all’art. 1, nn. 7) e 8), del capitolato speciale d’appalto, ai sensi dell’art. 4, quarto comma, del capitolato stesso, è previsto “almeno una volta ogni quindici giorni”.
In presenza di una clausola siffatta e in difetto di più puntuali disposizioni sanzionatorie atte a sorreggere l’operato dell’Amministrazione, non poteva, invero, il disservizio contrattualmente riconducibile, nel periodo preso in considerazione, ad un solo giorno di mancata effettuazione, essere sanzionato - ai sensi dell’art. 22 del capitolato medesimo - come mancato espletamento del servizio per diciannove giorni consecutivi; non solo, infatti, il disservizio attiene solo alla raccolta differenziata, mentre, per quella ordinaria, non sono state rilevate mancanze nel periodo stesso, ma, principalmente, non può logicamente equipararsi l’omessa prestazione del servizio, con la cadenza quindicinale contrattualmente prevista, alla mancata prestazione di diciannove giorni del servizio stesso (con mancato dispiego di uomini e mezzi, e relativo risparmio per l’impresa, per un periodo corrispondente)
La sentenza del TAR resiste anche all’appello incidentale autonomo svolto dall’originaria ricorrente, secondo cui la mancata prestazione sarebbe stata, a suo tempo, pienamente giustificata e la sanzione adottata sarebbe stata, inoltre, affetta da manifesto sviamento di potere.
In effetti, l’interessata non ha offerto, nell’originario ricorso e nell’appello incidentale, concreti elementi atti a giustificare il lamentato disservizio; quanto alle giustificazioni sottoposte, con nota 30 luglio 1999, all’Amministrazione, esse appaiono prive di consistenza, dal momento che, nel periodo preso in considerazione dal Comune, l’interessata era, comunque, ancora tenuta ad assicurare l’espletamento del servizio di cui si tratta, stoccando i materiali nella località di cui all’ordinanza, rimasta inoppugnata, del 19 aprile1999; ciò induce anche a disattendere la censura di sviamento di potere ribadita in appello, non potendo riconoscersi tale vizio in presenza dell’applicazione, da parte dell’Amministrazione, di una sanzione prevista dal capitolato d’appalto (e salva, comunque, l’incongruità della stessa per le ragioni anzidette).
6) – Per tali motivi l’appello principale e quello incidentale di cui è causa appaiono infondati e, per l’effetto, debbono essere respinti.
Le spese del grado, tenuto conto della reciproca soccombenza, possono essere integralmente compensate tra le parti.
 

P.Q.M.


il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge gli appelli principale e incidentale in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 

Così deciso in Roma il 25 giugno 2002 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
ALFONSO QUARANTA - Presidente
PAOLO BUONVINO - Consigliere, est.
ALDO FERA - Consigliere
FRANCESCO D’OTTAVI - Consigliere
ANIELLO CERRETO - Consigliere

L'ESTENSORE                                          IL PRESIDENTE                                                     IL SEGRETARIO
F.to Paolo Buonvino                                   F.to Alfonso Quaranta                                             F.to Francesco Cutrupi





 

M A S S I M E

1)  Il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti in deroga alle disposizioni vigenti - il potere del Sindaco di ordinanza extra ordinem - configurazione dei requisiti - limiti. In materia di potere di ordinanza extra ordinem, esercitato dal Sindaco  ai sensi dell’art. 12 del d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915 (e, ora, dell’art. 13 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), non appare necessario, al fine della configurazione del requisito dell’urgenza, il verificarsi di una situazione di danno per l’ambiente e la salute pubblica, essendo sufficiente che si verifichi una situazione di pericolo non fronteggiabile adeguatamente e tempestivamente con misure ordinarie (cfr. Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 596); e, in tale situazione, è consentito il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti. Peraltro il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato; all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio si ricollega un’esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento; sicché correttamente i primi giudici hanno ritenuto illegittime le determinazioni comunali (inserite nei detti provvedimenti contingibili ed urgenti e pure esse costituenti veri e propri atti autoritativi e non di natura contrattuale) di tenere invariati i prezzi del servizio fissati con il contratto, ormai remoto, del 1995; del pari correttamente il TAR ha anche fatto richiamo al principio secondo cui la potestà d’ordinanza deve, in linea di principio, limitarsi ad imporre misure tali da comportare il minor sacrificio possibile per il destinatario (cfr., tra le altre, la decisione della Sezione 29 luglio 1998, n. 1128). Consiglio di Stato Sezione V del 2 dicembre 2002 n. 6624   

 

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza