Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 1073/2002 proposto dalla Geosonda – Fondazioni e Applicazioni Speciali alle Costruzioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Matteo Mazzone ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Roma, Via G. Antonelli n.45;
controla Regione Autonoma della Valle d’Aosta, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gianfranco Garancini ed Enrico Romanelli ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta n.192/2001 in data 17.10/15.12.2001;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Valle d’Aosta;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2002, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi i procuratori delle parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata veniva respinto il ricorso, proposto dalla Geosonda S.p.A. dinanzi al T.A.R. della Valle d’Aosta, inteso ad ottenere l’annullamento del provvedimento dirigenziale n.128 del 24.1.2001 con il quale la Regione Valle d’Aosta aveva disposto l’incameramento della cauzione provvisoria di L.122.500.000, prestata dalla società ricorrente in occasione della sua partecipazione alla gara di appalto per l‘affidamento dei lavori di messa in sicurezza e recupero ambientale di discariche esaurite presso il Centro Regionale di Compattazione RSU nel Comune di Brissogne.
Avverso la predetta decisione proponeva rituale appello la Geosonda S.p.A., criticando il convincimento espresso dal T.A.R. circa la legittimità del provvedimento impugnato, ribadendo le ragioni addotte a sostegno del ricorso originario e concludendo per l’annullamento della sentenza appellata.
Resisteva la Regione Valle d’Aosta, difendendo la correttezza della decisione impugnata, ribadendo la legittimità dell’incameramento della cauzione provvisoria prestata dalla ricorrente ed invocando la reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- Le parti controvertono sulla legittimità del provvedimento con il quale la Regione resistente ha disposto, in esito alla verifica a campione, ai sensi dell’art.10 comma 1 quater L. 11 febbraio 1994, n. 109, del possesso dei requisiti di partecipazione prescritti dal bando, l’incameramento della cauzione provvisoria di L.122.500.000, prestata dalla società ricorrente in occasione della sua partecipazione alla gara di appalto per l‘affidamento dei lavori di messa in sicurezza e recupero ambientale di discariche esaurite presso il Centro Regionale di Compattazione RSU nel Comune di Brissogne.
Prima di esaminare la legittimità del provvedimento controverso, merita dare conto, ai fini di una migliore comprensione della questione dibattuta, dei termini, di fatto e di diritto, della vicenda dedotta in giudizio.
Con lettera del 15.5.2000 l’Amministrazione Regionale chiedeva alla Geosonda S.p.A., quale concorrente sorteggiata ai sensi dell’art.10 comma 1 quater L. n.109/94, di attestare il possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico - organizzativa prescritti dal bando, mediante la produzione, nel termine di dieci giorni, di dichiarazioni di regolarità contributiva rilasciate dall’INAIL, dall’INPS e dalla Cassa Edile, con riferimento alla data della gara, e copie dei bilanci degli anni 1994-95-96-97 e 98, rilasciate ed autenticate dalla Camera di Commercio o dal Tribunale, comprensive di note integrative e di deposito.
Nel rispetto del termine perentorio prescritto, la Geosonda trasmetteva all’Amministrazione dichiarazione sostituiva di atto notorio che le copie, allegate, dei certificati di regolarità contributiva e degli estratti dei bilanci erano conformi agli originali.
Sul presupposto della difformità della documentazione trasmessa dalla concorrente dalle forme richieste con la nota del 15.5.2000 per la valida attestazione dei requisiti di partecipazione, l’Amministrazione provvedeva dapprima all’esclusione della Geosonda dalla gara e, con successiva determinazione dirigenziale (n.128 del 15.2.2001), all’incameramento della cauzione provvisoria.
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Valle d’Aosta la Geosonda S.p.A. impugnava il solo provvedimento dispositivo dell’incameramento della cauzione, non avendo interesse alla contestazione dell’esclusione dalla procedura selettiva, assumendolo viziato in quanto violativo della normativa che autorizza l’attestazione di stati, fatti e qualità personali mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio nonché in quanto diretto a sanzionare l’allegazione di dichiarazioni sostanzialmente complete e veritiere ed invocandone, di conseguenza, l’annullamento.
Resisteva l’Amministrazione Regionale difendendo la legittimità del proprio operato, sostenendo l’inapplicabilità al subprocedimento regolato dall’art.10 comma 1 quater della disciplina sull’autocertificazione e domandando la reiezione del ricorso.
Con la decisione appellata, i primi giudici hanno giudicato legittimo l’incameramento della cauzione provvisoria, in quanto correttamente fondato sul rilievo della difformità e dell’incompletezza della documentazione presentata dalla Geosonda rispetto alle prescrizioni del bando ed alle forme indicate nella richiesta di dimostrazione del possesso dei requisiti, conseguente reiezione del ricorso.
Con l’atto di appello la Geosonda ripropone gli argomenti, appresso illustrati ed esaminati, addotti a sostegno del ricorso originario, e disattesi dal T.A.R., criticando la correttezza della pronuncia recettiva impugnata.
L’Amministrazione appellata difende il convincimento espresso dai primi giudici, ribadisce la legittimità del provvedimento controverso e contesta la fondatezza dei motivi di impugnazione.
2.- Vanno, preliminarmente, disattese le eccezioni (non esaminate dal T.A.R.), formulate dalla Regione in primo grado e riproposte con la memoria di costituzione in appello, di inammissibilità del ricorso in primo grado per omessa impugnazione del bando di gara (nel termine di decadenza) e del provvedimento di esclusione.
Basti, sinteticamente, osservare, in ordine alla dedotta mancanza della tempestiva impugnazione del bando, che la ricorrente, per quanto si ricava dalla lettura dell’atto introduttivo, non contesta la legittimità del regolamento di gara, sostenendo, anzi, il contrasto con quello della richiesta di dimostrazione dei requisiti formulata dalla Regione con lettera del 15.5.2000, sicchè non pare configurabile alcun onere di immediata opposizione avverso l’atto di disciplina del procedimento.
Quanto, poi, all’affermata necessità, a pena d’inammissibilità, della contestuale impugnazione del provvedimento di esclusione, è sufficiente rilevare che l’autonomia della portata dispositiva dei due atti e la sostanziale diversità degli interessi da quelli pregiudicati impediscono, nonostante l’identità dei presupposti legittimanti, di ravvisare un onere di contestazione congiunta dei due atti.
Pur trovando ragione nella medesima violazione e nella stessa disposizione di legge, il provvedimento di esclusione e quello di escussione della cauzione realizzano esigenze diverse e pregiudicano, al contempo, interessi differenti, con la conseguenza che, come nel caso di specie, può darsi il caso di concorrenti lesi dal solo incameramento della cauzione (per l’evidente danno patrimoniale conseguente) e non anche dall’esclusione dalla gara (avendo presentato un’offerta non competitiva) e, quindi, legittimati, sotto il profilo dell’interesse a ricorrere, a contestare una sola delle determinazioni determinate dall’omessa attestazione dei requisiti di partecipazione.
Deve, quindi, ritenersi sicuramente ammissibile, oltre che coerente con i principi dettati in tema di interesse a ricorrere, l’impugnazione della sola escussione della cauzione, quale provvedimento effettivamente ed esclusivamente lesivo degli interessi del concorrente sanzionato.
3.- Nel merito, la questione centrale dibattuta dalle parti è costituita dall’analisi dell’utilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai fini dell’attestazione dei requisiti di partecipazione ai sensi dell’art.10 comma 1 quater L. n. 109/94.
Dalla risoluzione del problema appena illustrato discende, invero, l’accertamento della regolarità della documentazione trasmessa dalla Geosonda S.p.A. e, quindi, la verifica della sussistenza del presupposto legittimante il contestato incameramento della cauzione.
I termini della questione possono essere così riassunti: mentre la società ricorrente sostiene che la valenza generale dell’art. 2 D.P.R. 20 ottobre 1998, n.403 (regolamento di attuazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 15 maggio 1997. m.127) autorizza, comunque, in mancanza di un’esplicita deroga normativa, il ricorso alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per l’attestazione di stati, fatti e qualità personali nei rapporti con la pubblica amministrazione, la Regione, di contro, nega l’applicabilità dell’istituto ex adverso richiamato alla peculiare fase procedimentale prevista dall’art.10 comma 1 quater L. n.109/94, sostenendo che resterebbero, altrimenti, frustrate le esigenze sottese al controllo a campione nelle procedure per l’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici.
4.- Va, innanzitutto, rilevato che il bando di gara non indica le modalità dell’attestazione del possesso dei requisiti in occasione della verifica a campione e che, quindi, le forme con le quali doveva essere fornita la relativa prova vanno ricavate dall’esegesi delle disposizioni, apparentemente antinomiche, rispettivamente invocate dalle parti a sostegno delle rispettive tesi (e cioè l’art.2 D.P.R. n.403/98 e l’art.10 comma 1 quater L. n.109/94).
Il Collegio non ignora, ed, anzi, condivide, l’orientamento (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 2 luglio 2001, n.3602) che assegna al regolamento attuativo della L. n.127/97, e segnatamente all’art.2, valenza generale in tema di semplificazione della documentazione amministrativa, ammettendo l’esercizio delle facoltà ivi attribuite al privato anche nelle procedure selettive per l’aggiudicazione di appalti pubblici, ma reputa che lo strumento della dichiarazione di atto di notorietà di cui all’art.4 della legge 4 gennaio 1968, n.15 non possa validamente utilizzarsi nella peculiare fase procedimentale del controllo a sorteggio dei requisiti di partecipazione ai sensi dell’art.10 comma 1 quater L. n.109/94.
Devono, in proposito, distinguersi due fasi nei rapporti tra i concorrenti e l’Amministrazione: quella iniziale, nella quale può farsi legittimamente uso della dichiarazione sostitutiva di atto notorio contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara e quella, successiva, nella quale l’attestazione del possesso dei requisiti di partecipazione va compiuta per mezzo della documentazione pubblica certificativa della qualità o dello stato richiesti e non anche con le forme stabilite dall’art. 2 D.P.R. n.403/98.
Tale conclusione risulta sostenuta dalle ragioni di seguito esposte.
5.- In favore della tesi, preferita dal Collegio, dell’inutilizzabilità della dichiarazione sostitutiva milita, innanzitutto, un argomento di ordine letterale.
L’art.10 comma 1 quater L. n.109/94, infatti, là dove impone ai soggetti di cui all’art.2 di richiedere ad un numero di offerenti non inferiore al dieci per cento di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, prescrive, chiaramente, ai partecipanti sorteggiati di dimostrare le qualità richieste mediante la produzione delle relative certificazioni amministrative.
L’uso del verbo comprovare, invero, in quanto significativo della necessità dell’acquisizione di una documentazione più rigorosa di quella già fornita con la domanda di partecipazione, indica palesemente l’interesse pubblico, sotteso alla disposizione, a conseguire, nella fase della gara considerata, la definitiva dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione.
Se, infatti, il Legislatore avesse inteso consentire la mera ripetizione delle dichiarazioni già acquisite con la domanda di partecipazione, non avrebbe certamente usato l’espressione “comprovare…il possesso dei requisiti…presentando la documentazione indicata nel bando di gara o nella lettera di invito”, in quanto letteralmente incompatibile con l’interpretazione offerta dall’appellante e, di contro, significativa dell’opposta esigenza di conseguire una prova diversa, ulteriore e definitiva del possesso dei requisiti di partecipazione.
6.- La compiuta esigenza letterale dell’art.10 comma 1 quater della L. n.109/94 rinvia, inoltre, ad un connesso argomento logico, da assumersi a sostegno dell’opzione ermeneutica prescelta.
Premesso che le imprese partecipanti a gare di appalto dichiarano il possesso dei requisiti di partecipazione contestualmente alla presentazione della domanda, la tesi dell’ammissibilità della presentazione di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà in occasione della verifica a campione, ove accolta, condurrebbe all’inaccettabile conseguenza di vanificare completamente il subprocedimento previsto dalla disposizione in esame, che si risolverebbe nell’acquisizione delle medesime attestazioni già fornite dalle imprese sorteggiate e non potrebbe mai condurre, se non in esito ad un’ulteriore verifica (come si vedrà del tutto inattuabile), agli effetti sanzionatori ivi contemplati.
La prospettazione della ricorrente va, quindi, rifiutata anche perché, oltre che configgente con il dato letterale della disposizione, risulta anche contrastante con la sua esegesi logica e sistematica, finendo per svuotare di qualsiasi significato la sua portata precettiva. Quest’ultima si rivelerebbe, infatti, del tutto inutile, in quanto pedissequamente ripetitiva delle disposizioni relative alla domanda di partecipazione, se circoscritta alla richiesta ai concorrenti sorteggiati dell’attestazione con dichiarazione sostituiva del possesso dei requisiti di partecipazione.
7.- Sotto altro concorrente profilo, si osserva, inoltre, che la finalità precipua della disposizione in questione, agevolmente ravvisabile nell’esigenza di assicurare la serietà della partecipazione alle gare d’appalto, scongiurando, mediante l’efficacia preventiva tipica delle conseguenze sanzionatorie contestualmente contemplate, la presentazione di offerte da parte di soggetti privi dei requisiti di capacità economica o tecnica, esige, per la sua efficace realizzazione, che il controllo dei requisiti si estenda all’acquisizione della documentazione amministrativa certificativa delle qualità richieste e che all’omessa, tempestiva produzione di quella consegua l’applicazione delle sanzioni previste.
Non v’è dubbio, infatti, che l’ammissibilità della produzione di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà impedirebbe il perseguimento dell’interesse pubblico sopra segnalato, con conseguente vanificazione del senso della disposizione, posto che la conseguente, ridotta minaccia dell’applicazione delle sanzioni renderebbe il deterrente alla partecipazione alla gara di soggetti sprovvisti dei necessari requisiti pressochè irrilevante.
8.- Né vale, inoltre, sostenere che la disciplina dettata in tema di semplificazione delle certificazioni amministrative autorizza l’Amministrazione al successivo controllo della veridicità delle dichiarazioni sostitutive, con conseguente realizzazione, ancorchè differita ad una fase successiva ed eventuale, della finalità di documentazione dei requisiti sopra segnalata.
L’attività di verifica prevista dall’art.2 III comma D.P.R. n.403/98 appare, infatti, radicalmente incompatibile con la fase procedimentale di cui al’art.10 comma 1 quater L. n.109/94.
Premesso, infatti, che il successivo controllo della veridicità delle dichiarazioni sostitutive comporta la richiesta da parte dell’amministrazione procedente al soggetto competente della necessaria documentazione e che, quindi, il definitivo conseguimento di questa comporta la collaborazione di altra autorità ed implica, di conseguenza, un incontrollabile differimento dei tempi occorrenti per l’accertamento conclusivo della corrispondenza al vero del contenuto dell’autocertificazione, deve rilevarsi che tale incerto rinvio del momento finale della verifica in questione risulta insanabilmente confliggente con le esigenze di certezze e celerità proprie dei procedimenti per l’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici e, in particolare, della fase procedimentale nella quale si inserisce il controllo a campione.
La fissazione di un termine di dieci giorni, definito perentorio da un orientamento ormai consolidato (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2002, n.2197), per la documentazione del possesso dei requisiti indica, infatti, chiaramente l’esigenza di una rapida e certa definizione del subprocedimento in questione.
Il medesimo interesse ad una conclusione celere e certa del controllo a campione dei requisiti di partecipazione risulta, peraltro, ricavabile anche dalla sua collocazione in una fase immediatamente antecedente l’apertura delle buste contenenti le offerte.
Ammettendo l’utilizzabilità dello strumento dell’autocertificazione e la conseguente verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive, si pregiudicherebbero, in definitiva, irrimediabilmente le segnalate esigenze di certezza nella successione delle fasi di una procedura competitiva, con grave nocumento del pubblico interesse alla rapida definizione delle gare per l’aggiudicazione di appalti di lavori pubblici e delle regole che presiedono al corretto svolgimento delle procedure selettive.
La tesi sostenuta dalla società appellante si rivela, anche sotto i profili appena esaminati, contrastante con la lettera e con la funzione dell’art. 10 comma 1 quater L. n.109/94 ed incompatibile con la sua puntuale attuazione.
9.- La conclusione raggiunta non pare, da ultimo, smentita od inficiata dal rilievo della portata generale dell’art.2 D.P.R. n.403/98 che, secondo l’appellante, sarebbe radicalmente preclusiva di ogni lettura che ne limitasse l’applicazione in mancanza di un’esplicita deroga positiva.
L’argomento, ancorché suggestivo, appare destituito di fondamento.
Premesso, infatti, che l’art. 10 comma 1 quater L. n.109/94, per come interpretato secondo il suo univoco significato logico e letterale, si pone in un rapporto apparentemente antinomico con l’art.2 D.P.R. n.403/98, impedendo l’esercizio di una facoltà riconosciuta in via generale dalla seconda disposizione, il relativo contrasto va risolto in applicazione dei principi che presiedono alla definizione dei rapporti tra norme.
Coerentemente con tali criteri di giudizio, deve sicuramente accordarsi prevalenza all’art. 10 comma 1 quater L. n.109/94, giudicando conseguentemente inapplicabile l’art.2 D.P.R. n.403/98 alla peculiare fattispecie diversamente regolata dalla prima disposizione.
Tale conclusione si fonda sull’applicazione sia del noto criterio lex specialis derogat generali, non potendosi dubitare che la norma dettata in tema di procedure di aggiudicazione di lavori pubblici si pone in un rapporto di specialità, regolando una fattispecie singolare del genere dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione, con quella sulla semplificazione della documentazione amministrativa, sia dell’altra regola generale lex posterior derogat anteriori, risultando l’art.10 comma 1 quater L. n.109/94 introdotto nell’ordinamento (dall’art.3 L. 18 novembre 1998, n.415) successivamente all’entrata in vigore del D.P.R. 20 ottobre 1998, n.403.
10- Così risolto il conflitto tra le due disposizioni nel senso della prevalenza di quella diretta a regolare la documentazione del possesso dei requisiti di partecipazione a procedimento di aggiudicazione di appalti di opere pubbliche, deve confermarsi, anche in fatto, la legittimità della determinazione amministrativa con la quale è stata disposta l’escussione della cauzione provvisoria prestata dalla Geosonda.
Anche prescindendo, infatti, dall’esame della controversa completezza delle dichiarazioni sostitutive in relazione al contenuto della documentazione specificamente richiesta dall’Amministrazione, la sola produzione di copie delle certificazioni richieste, con contestuale, ma inaccettabile, dichiarazione di conformità agli originali, deve ritenersi irregolare in quanto relativa ad attestazioni rese con modalità difformi da quelle prescritte (e cioè con la trasmissione dei documenti originali).
Né l’omessa allegazione delle certificazioni richieste può ritenersi giustificata dall’asserita indisponibilità degli Enti previdenziali ad attestare la regolarità contributiva, atteso che le due comunicazioni prodotte dalla ricorrente sub 14) e 15) si riferiscono solo all’I.N.P.S., con la conseguenza che non vi è alcuna prova del rifiuto dell’I.N.A.I.L. e della Cassa Edile al rilascio delle attestazioni in parola, e che anche le note versate in atti non dimostrano univocamente l’impossibilità del conseguimento del certificato di regolarità contributiva ai fini della partecipazione a gare per l’affidamento di appalti pubblici.
Né, infine, può essere utilmente allegata la circostanza della lentezza della Camera di Commercio nel rilascio di copie autenticate dei bilanci depositati, posto che l’impresa partecipante ad una procedura selettiva del tipo di quella in questione ha l’onere di premunirsi della documentazione necessaria all’attestazione de requisiti di guisa che, in mancanza di tempestivo conseguimento della disponibilità delle relative certificazioni, non può certo dolersi della ristrettezza del termine assegnato per la prova dei requisiti (stabilito in via astratta dalla legge) o del ritardo nei pubblici uffici nel rilascio dei documenti richiesti.
11.- Così accertata l’inosservanza da parte della società dell’obbligo sancito dall’art.10 comma 1 qutaer L. n.109/94 e, quindi, la sussistenza del presupposto per l’escussione della cauzione provvisoria prestata dall’impresa inadempiente, deve procedersi all’esame dell’ultimo motivo di ricorso, con il quale la Geosonda assume l’illegittimità del provvedimento in quanto diretto a sanzionare una dichiarazione, forse non conforme alle modalità di documentazione prescritte, ma certamente veritiera e competa.
Deduce, ancora, la ricorrente che l’incameramento della cauzione dovrebbe disporsi nei soli riguardi delle dichiarazioni false o rese in mala fede e non anche nei confronti di quelle fornite in buona fede e nella consapevolezza di valersi di una facoltà riconosciuta dall’ordinamento.
L’assunto è infondato.
Anche, prescindendo, infatti, dall’assorbente rilievo che l’argomento relativo all’affermata completezza e veridicità delle dichiarazioni di conformità allegate ai documenti trasmessi risulta sfornita di qualsivoglia sostegno probatorio, si osserva, comunque, che il legislatore ha assegnato rilevanza oggettiva all’omessa attestazione dei requisiti di partecipazione nelle forme prescritte dall’art.10 comma 1 quater L. n.109/94 e che, quindi, il relativo inadempimento non tollera ulteriori indagini da parte dell’Amministrazione in ordine all’elemento psicologico (se questo sia, cioè, dovuto a dolo o colpa dell’impresa) ed alla gravità della violazione (se questa, cioè, sia costituita da dichiarazioni false ovvero veritiere ma rese con modalità difformi da quelle richieste dalla legge).
Il carattere immediatamente precettivo e vincolante dell’univoca formulazione letterale sia della disposizione in esame sia, nel caso di specie, del punto i.1 del bando di gara impone, infatti, all’Amministrazione di procedere all’accertamento dell’allegazione della prova relativa al possesso dei requisiti di partecipazione ed alla sua adeguatezza e, in caso di esito negativo di tale verifica, di provvedere, in via automatica e conseguente, all’esclusione del concorrente, all’escussione della cauzione provvisoria ed alla segnalazione del fatto all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici.
Il comportamento dell’Amministrazione dinanzi al rilievo dell’inosservanza dell’obbligo imposto ai concorrenti sorteggiati ex art. 10 comma 1 quater L. n. 109/94 non ha, quindi, alcun contenuto discrezionale e si rivela, anzi, strettamente vincolato alla verifica dell’inadempimento in parola, senza che possano, in definitiva, distinguersi le due ipotesi dell’assoluta mancanza di prova e della difformità di quella fornita dalle modalità prescritte (Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 2001, n.1344) e senza che rilevi il carattere psicologico della violazione.
L’irrilevanza della gravità, oggettiva o soggettiva, dell’inadempimento considerato, oltre ad essere implicitamente indicata dalla stessa disposizione di legge (là dove non contempla alcuna eccezione alla prescritta applicazione delle sanzioni), risulta, inoltre desumibile anche da una sua lettura coerente con le finalità sopra individuate.
Se, invero, la disposizione in esame risulta preordinata ad evitare la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di appalti di lavori pubblici di soggetti sforniti dei necessari requisiti, con conseguente, grave nocumento per la serietà e la regolarità del sistema delle procedure di selezione, non v’è dubbio che l’efficacia preventiva appena illustrata risulta garantita esclusivamente dalla serietà e rigidità delle conseguente sanzionatorie connesse alla violazione in questione.
La riconosciuta funzione preventiva sarebbe, viceversa, grandemente diminuita se si ammettesse, come pretende l’appellante, l’esclusione della sanzione in questione nelle ipotesi (obiettivamente meno gravi) in cui la prova sia stata offerta, in buona fede, con modalità difformi da quelle prescritte.
Il riconoscimento di valore “scriminante” alle circostanze allegate dalla ricorrente a giustificazione del suo inadempimento, infatti, oltre a non essere sostenuto da alcun sostegno normativo positivo, determinerebbe (con l’evidente eccezione delle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore), una grave incertezza in ordine ai presupposti della potestà sanzionatoria in questione e finirebbe per vanificare le finalità della disposizione esaminata.
12.- Alle considerazioni che precedono conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata.
13.- La novità della questione giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e dichiara compensate le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 giugno 2002, con l'intervento dei signori:
AGOSTINO ELEFANTE - Presidente
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
GOFFREDO ZACCARDI - Consigliere
FILORETO D’AGOSTINO - Consigliere
CARLO DEODATO - Consigliere Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
f.to Carlo Deodato f.to Agostino Elefante f.to Giuseppe Testa
M A S S I M E
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