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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 

 

Consiglio Stato, Sezione VI,  del 12 dicembre 2002, sentenza n. 6791 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso proposto dalla società AZIENDA DEL PESCATORE S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. Giancarlo Fanzini domiciliato presso il signor Gianmarco Grez in Roma, Lungotevere Michelangelo n. 9;

contro

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliataria per legge in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sez. II Bis, n. 1099 del 10 giugno 1996;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 9 luglio 2002 la relazione del Consigliere Santoro e uditi, altresì, l’Avv. dello Stato D’Elia e l’Avv. Fanzini;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La sentenza appellata ha annullato in parte (limitatamente all’imposizione del vincolo indiretto, per difetto di motivazione e salvi gli ulteriori provvedimenti e, soltanto per la particella 43 del foglio 1 del Comune di Montecompatri, anche del vincolo diretto), il provvedimento del Ministero per i beni e Attività Culturali di imposizione del vincolo di interesse archeologico su un'area di proprietà della società appellante, nella quale si trovano i resti dell'antico centro urbano di Gabii.

L'appellante deduce, con riferimento alla parte del ricorso disattesa dai primi giudici, insufficiente motivazione, sproporzionato ed ingiustificato nonché eccessivo sacrificio per la proprietà, lamentando che l'ampliamento del vincolo diretto rispetto ai precedenti decreti ministeriali 22 febbraio 1957, 26 maggio 1971 e 20 luglio 1985, non fosse stato accompagnato da un preciso accertamento di presenze archeologiche residue in zone specifiche, essendo la relazione sprovvista di elementi concreti, diversi da previsioni o supposizioni non dimostrate.

Contesta inoltre gli ulteriori elementi della motivazione relativi alle aree della tenuta Pantano Borghese ed altre, compresa quella interessata dallo scomparso lago di Castiglione. Il Ministero si è costituito ed a contro dedotto puntualmente.

DIRITTO

L'appello non è fondato.

La motivazione del provvedimento impugnato si fonda su ampia e dettagliata relazione della soprintendenza, che sfugge, nelle sue valutazioni di merito, alle censure dell'appellante.

Le considerazioni circa la probabilità del reperimento di beni archeologici non si rivelano illogiche, rispetto all'interesse affidato dalla norma alla tutela dell'autorità procedente, cui in effetti è affidata anche la possibilità di vincolare aree nelle quali vi è soltanto una ragionevole probabilità di trovare reperti archeologici.

Può ricordarsi, infatti, che il provvedimento d’imposizione del vincolo archeologico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, costituisce espressione di valutazioni tecnico-discrezionali, sindacabili sotto il profilo della congruità e logicità della motivazione (Sez. VI, 15 novembre 1999, n. 1811; Sez. VI, 20 ottobre 1998, n. 1398; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 19 settembre 1992, n. 674; Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596). Per salvaguardare l’integrità, il decoro e il godimento del complesso archeologico e per consentire le ricerche re adhuc integra, l’Amministrazione può sottoporre al vincolo un’ampia area, considerata come parco o complesso archeologico, dove vi sono stati i più antichi insediamenti o siano stati rinvenuti reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre 1997, n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596).

In tal caso, per l’imposizione del vincolo non è necessario che siano stati riportati alla luce tutti i reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre 1997, n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 18 novembre 1991, n. 874), bastando che essi siano stati rinvenuti in alcuni terreni tra quelli vincolati (Sez. VI, 6 ottobre 1999, n. 1309; Sez. VI, 29 novembre 1985, n. 616).

Vero è che l’Amministrazione non può attribuire rilievo determinante a mere ipotesi scientifiche (in quanto la giacenza sotterranea di reperti va desunta anche da elementi obiettivi e da rinvenimenti: Sez. VI, 13 aprile 1992, n. 261; Sez. VI, 13 aprile 1991, n. 194), ma può motivatamente rilevare (con una valutazione di per sé insindacabile: Sez. VI, 5 settembre 1989, n. 1194) che i ruderi disseminati su una vasta estensione di terreno (di epoca storica o preistorica) facciano parte di un complesso inscindibile, anche rispetto ai probabili assetti viari: oltre alla loro scoperta e valorizzazione in funzione della conoscenza e delle ricerche nei vari settori scientifici, i beni archeologici possono essere tutelati anche in funzione dell’immutabilità o della conservazione dell’unitario contesto ambientale in cui si trovano (cfr. Cons. giust. Amm., 18 ottobre 1989, n. 400; Sez. VI, 22 dicembre 1983, n. 923).

Ciò premesso, ritiene la Sezione che il decreto impugnato in primo grado non sia affetto dai profili di eccesso di potere denunciati, essendovi enunciate considerazioni razionali ed effettuate scelte adeguatamente motivate, in ordine alla tutela delle aree interessate dai resti dell'antico centro urbano di Gabii e dallo scomparso lago di Castiglione.

La presenza di reperti archeologici, ancora non portati alla luce, è nella specie suggerita non solo dalla letteratura e dagli studi scientifici, ma anche dal ritrovamento di reperti in occasione di lavori agricoli o di urbanizzazione. Non importa, pertanto, che il decreto ministeriale non abbia analiticamente esposto che nei terreni dell’appellante siano stati rinvenuti reperti, poiché le medesime aree vanno sicuramente considerate parte dell’unitaria area archeologica sulla base di elementi quanto mai univoci, e non di mere ipotesi scientifiche.

Il provvedimento impugnato in primo grado va pertanto considerato adeguatamente motivato e basato su una specifica istruttoria.

Può infine ricordarsi che l’atto che impone il vincolo archeologico (così come quello impositivo di un vincolo artistico, storico, ambientale, paesistico) è rivolto a salvaguardare un’area facente parte di un’intera categoria di beni, sottoposti dalla legge ad un peculiare regime giuridico, per le loro predeterminate caratteristiche oggettive (cfr. Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179), e che di conseguenza la fattispecie non è riconducibile ad una limitazione senza indennizzo al diritto di proprietà.

L’appello deve dunque respingersi.

Le spese di giudizio possono essere compensate.

P. Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, addì 9 luglio 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Sesta - riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Giorgio GIOVANNINI Presidente

Sergio SANTORO Consigliere Est.

Luigi MARUOTTI Consigliere

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere

Lanfranco BALUCANI Consigliere

 


 

M A S S I M E

1) Natura del provvedimento d’imposizione del vincolo archeologico - valutazioni tecnico-discrezionali - il profilo della congruità e logicità della motivazione. Il provvedimento d’imposizione del vincolo archeologico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, costituisce espressione di valutazioni tecnico-discrezionali, sindacabili sotto il profilo della congruità e logicità della motivazione (Sez. VI, 15 novembre 1999, n. 1811; Sez. VI, 20 ottobre 1998, n. 1398; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 19 settembre 1992, n. 674; Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596). Per salvaguardare l’integrità, il decoro e il godimento del complesso archeologico e per consentire le ricerche re adhuc integra, l’Amministrazione può sottoporre al vincolo un’ampia area, considerata come parco o complesso archeologico, dove vi sono stati i più antichi insediamenti o siano stati rinvenuti reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre 1997, n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596). In tal caso, per l’imposizione del vincolo non è necessario che siano stati riportati alla luce tutti i reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre 1997, n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 18 novembre 1991, n. 874), bastando che essi siano stati rinvenuti in alcuni terreni tra quelli vincolati (Sez. VI, 6 ottobre 1999, n. 1309; Sez. VI, 29 novembre 1985, n. 616). Consiglio di Stato Sezione VI, del 12 dicembre 2002, sentenza n. 6791

2) La funzione dell’atto che impone il vincolo archeologico, artistico, storico, ambientale, paesistico - l’ indennizzo al diritto di proprietà. L’atto che impone il vincolo archeologico (così come quello impositivo di un vincolo artistico, storico, ambientale, paesistico) è rivolto a salvaguardare un’area facente parte di un’intera categoria di beni, sottoposti dalla legge ad un peculiare regime giuridico, per le loro predeterminate caratteristiche oggettive (cfr. Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179), e che di conseguenza la fattispecie non è riconducibile ad una limitazione senza indennizzo al diritto di proprietà. Consiglio di Stato Sezione VI, del 12 dicembre 2002, sentenza n. 6791

 

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