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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. V Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il TAR Campania-Napoli, (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente:

D E C I S I O N E

Pres. D’Alessandro, Est. Arzillo - Natale (Avv.ti Capasso e Cantile) c. Comune di Villa Di Briano (n.c.), Enel Distribuzione S.p.A. (Avv.ti Murano, Perrotta ed De Santis) e Regione Campania (n.c.) - (accoglie).

Omissis

per l’annullamento

- del decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania n. 23151 del 9/12/97, con cui è stata disposta l’autorizzazione provvisoria per la costruzione di una linea elettrica aerea 150 Kv di collegamento tra la stazione 380/150 Kv di S. Maria Capua Vetere e la cabina primaria di Villa Literno;

- del decreto di occupazione d’urgenza del Capo Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Villa di Briano n. 2334 del 18/5/01;

- dell’avviso di esecuzione adottato da E.N.E.L. S.p.A. e notificato alla ricorrente;

- degli atti preordinati, connessi e conseguenziali, tra i quali il nulla – osta n. 4758/96, rilasciato dal Comune di Villa di Briano in data 18/3/97.

(omissis)

FATTO E DIRITTO

1. La ricorrente è proprietaria, nell’ambito del territorio del Comune di Villa di Briano, del fondo censito in catasto alla Partita 778, foglio 1, particella 121, interessato dall’esecuzione dei lavori relativi alla costruzione di una linea elettrica aerea 150 Kv di collegamento tra la stazione 380/150 Kv di S. Maria Capua Vetere e la cabina primaria di Villa Literno.

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 29/6 – 4/7/2001 e depositato in data 11/7/2001, la medesima impugna:

- il decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania n. 23151 del 9/12/97, con cui è stata disposta l’autorizzazione provvisoria per la costruzione della linea elettrica summenzionata;

- il decreto di occupazione d’urgenza del Capo Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Villa di Briano n. 2334 del 18/5/01;

- l’avviso di esecuzione adottato da E.N.E.L. S.p.A. e notificato alla ricorrente;

- gli atti preordinati, connessi e conseguenziali, tra i quali il nulla – osta n. 4758/96, rilasciato dal Comune di Villa di Briano in data 18/3/97.

Il ricorso si basa sui seguenti motivi:

violazione degli artt. 7 e ss. della Legge 7.8.1990, n. 241;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 25.6.1865 n. 2359 e dell’art. 35 della L.R. Campania 31.10.78, n. 51;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 116 del R.D. 11.12.1933, n. 1775; vizio del procedimento;

4) ulteriore violazione degli artt. 7 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, in relazione all’art. 121 del R.D. 11.12.1933, n. 1775; vizio del procedimento; illogicità.

Si è costituita in giudizio la E.N.E.L. Distribuzione S.p.A., deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

All’udienza pubblica del 17 gennaio 2002 il ricorso è stato chiamato per la discussione e quindi trattenuto in decisione.

2. Con i primi due mezzi di impugnazione la ricorrente lamenta:

a) l’avvenuta omissione delle formalità partecipative di cui agli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990, anteriormente all’autorizzazione di cui al decreto del Presidente della Giunta regionale del 9/12/97;

b) l’omessa indicazione, nel decreto presidenziale impugnato, dei termini iniziali e finali dei lavori e delle espropriazioni ai sensi dell’art. 13 della L. n. 2359/1865 e dell’art. 35 della L.R. Campania n. 51/78.

3. Le due censure muovono da un presupposto comune, consistente nell’attribuzione del valore di dichiarazione di pubblica utilità al decreto presidenziale di autorizzazione provvisoria alla costruzione della linea elettrica emanato ai sensi dell'art. 113 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775.

Da questa attribuzione discende infatti, come naturale conseguenza, nella prospettazione di parte ricorrente, l’applicazione dei seguenti di principi, ormai pacificamente riconosciuti in giurisprudenza:

a) la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di cui all’art. 7 della l. n. 241/90 è necessaria in relazione al procedimento che si conclude con la dichiarazione di pubblica utilità, anche implicita, non essendo a tal fine sufficiente una partecipazione differita (C.S. ad. plen. 15 settembre 1999, n. 14; IV, 28 gennaio 2000, n. 413);

b) i termini di cui all’art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 devono essere stabiliti nell'atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6, T.A.R. Marche 23 settembre 1997, n. 813).

4. Con la sentenza 30 maggio 2001, n. 2444, questa Sezione si è espressa sulla questione relativa alle garanzie procedimentali nell’ambito delle procedure espropriative relative alla costruzione di linee elettriche, aderendo all’innovativa impostazione adottata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato nella decisione 9 aprile 1999, n. 606.

Con tale decisione il Consiglio di Stato ha superato l’orientamento tradizionale (C. S. IV, 14 aprile 1994 n. 335; IV, 25 settembre 1998 n. 569), secondo il quale, in materia di costruzione di elettrodotti, l'autorizzazione provvisoria prevista dall'art. 113 R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, non costituisce dichiarazione di pubblica utilità, preordinata alla servitù coattiva perpetua, ma semplice dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori (art. 9 comma 9 D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342), che consente l'emissione dell'ordinanza di occupazione di urgenza temporanea, prima della autorizzazione definitiva – che costituisce dichiarazione di pubblica utilità dell’opera - e prima dell'asservimento pure definitivo di cui all'art. 121 R.D. citato.

Nel superare l’impostazione tradizionale, la IV Sezione ha ricostruito la fattispecie sulla base dei seguenti principi:

- non può aversi una "dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori", finalizzata all'occupazione temporanea d'urgenza, prima che sia stata emessa, esplicitamente o per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera;

- il procedimento di occupazione del fondo, basato sulla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dei lavori, costituisce un subprocedimento del più ampio procedimento ablatorio, teoricamente non necessario, ma assai spesso ormai indefettibile anche per espressa previsione di legge (v. art. 1 comma 1 L. 3 gennaio 1978 n. 1);

- la dichiarazione di pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento espropriativo sia quello di occupazione: infatti una dichiarazione di pubblica utilità, espressa o implicita, deve necessariamente sussistere, e preesistere, perché possa aversi, in senso giuridico, un'opera pubblica; e d’altra parte il decreto di occupazione è atto vincolato, strettamente consequenziale rispetto alla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza (Ad. plen. 18 giugno 1986 n. 6).

Da queste premesse il Consiglio di Stato ha tratto le seguenti conclusioni:

- il comma 9 dell'art. 9 del D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 - a tenore del quale "i decreti di autorizzazione in via provvisoria di cui all'art. 113 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, hanno anche essi efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza" - deve essere interpretato sistematicamente in relazione sia ai principi giuridici di ordine generale sopra enunciati, sia al contenuto del comma 8 dello stesso art. 9 D.P.R. n. 362 del 1965 in base al quale "i decreti di autorizzazione degli elettrodotti da costruirsi da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica hanno efficacia di dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti medesimi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 71 della L. 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni";

- conseguentemente, deve ritenersi che nel comma 9 il Legislatore minus dixit quam voluit, nel senso che i decreti di autorizzazione provvisoria hanno anche (ma non solo) efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza, avendo altresi - come i decreti ordinari di cui al comma 8 - efficacia di dichiarazione di pubblica utilità.

Questa impostazione ha avuto ulteriore seguito anche nella giurisprudenza del giudice di primo grado (in tal senso cfr. TAR Toscana III, 13 giugno 2001, n. 1069; TAR Abruzzo – Sez. Pescara, 24 gennaio 2001, n. 39), nonché nella stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. in particolare C.S. IV, 15 marzo 2000, n. 1408; C.S. IV, 26 settembre 2001, n. 5071).

Il Collegio ritiene che essa meriti convinta adesione, in quanto consente di adattare alle peculiarità della procedura in questione le garanzie previste dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento alla generalità dei procedimenti espropriativi.

Al riguardo è importante tener presente che dette garanzie hanno senso qualora intervengano con riferimento al progetto che è posto alla base dei lavori, consentendo al privato di far valere i propri interessi anche suggerendo una localizzazione diversa dell’opera, e garantendo lo stesso mediante la previsione di termini iniziali e finali certi e fissati ex ante. Queste finalità garantistiche, tra l’altro, presentano anche rilievo costituzionale, e quindi giustificano un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina speciale in materia di espropriazioni per la realizzazione di elettrodotti (in tal senso, correttamente, TAR Abruzzo – Sez. Pescara, 24 gennaio 2001, n. 39). Ed in proposito occorre aggiungere che le finalità costituzionali attengono, nella particolare materia di cui si controverte in questa sede, non solo alla tutela della proprietà, ma anche alla tutela della salute: basti pensare all’art. 11 della L. 22 febbraio 2001, n. 36 ("Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici"), che ribadisce l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione al procedimento amministrativo "ai procedimenti di definizione dei tracciati degli elettrodotti".

4.1 Questa ricostruzione muove dal riconoscimento della peculiare rilevanza della determinazione che è alla base dell’autorizzazione provvisoria.

La difesa dell’E.N.E.L. Distribuzione S.p.A. tende a sminuire tale rilevanza, richiamando l’obbligo di rimuovere le opere qualora non intervenga l’autorizzazione definitiva.

Al riguardo si è peraltro evidenziato che, per effetto dell’autorizzazione provvisoria e del conseguente avvio dei lavori, possono verificarsi danni irreversibili, non sempre completamente riparabili o risarcibili (C.S. IV, 15 marzo 2000, n.1408).

Occorre altresì aver presente che la giurisprudenza ha ritenuto, ad esempio, che ai fini della costituzione coattiva della servitù di elettrodotto non è necessario che sia intervenuta l'autorizzazione definitiva all'impianto dell'elettrodotto medesimo, ma è sufficiente che la costruzione di esso, sull'altrui fondo, sia stata autorizzata in via provvisoria ai sensi dell'art. 113 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, e successive modificazioni (Tribunale Napoli 29 marzo 1980); ed infatti, in linea più generale, anche quando la costituzione coattiva di servitù di elettrodotto, con provvedimento di tipo ablatorio dell'autorità amministrativa, sia preclusa dal mancato completamento dell'"iter" espropriativo nei termini fissati con la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, l'Enel mantiene la facoltà di chiedere la suddetta costituzione con sentenza del giudice, a norma dell'art. 119 del citato decreto e dell'art. 1032 cod. civ. (sempreché l'impianto della linea risulti autorizzato dall'autorità competente), e la relativa istanza può essere avanzata pure in via riconvenzionale, ove l'ente sia convenuto dal proprietario del fondo occupato, per il risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo ed irreversibile protrarsi dell'occupazione (Cass. Civ. sez. I, sent. n. 2023 del 02-04-1982). D’altra parte, in giurisprudenza si è altresì affermato che il tracciato stabilito nel progetto approvato in sede di autorizzazione provvisoria non è così rigorosamente immodificabile, da impedire qualsiasi aggiustamento di esigua consistenza, quando si passi alla progettazione definitiva (T.A.R. Lazio sez. III, 19 maggio 1980 n. 397): con ciò cercando di risolvere ex post, mediante il ricorso ad un concetto di esiguità della modifica ammissibile (insoddisfacente ai fini garantistici) i problemi che scaturiscono dalle peculiari caratteristiche della procedura in esame.

5. Va riconosciuto, comunque, che in giurisprudenza non mancano le pronunce orientate nel senso della riaffermazione dell’impostazione tradizionale (v. in particolare TAR Puglia - Sez. Lecce, 29 maggio 2000, n. 2547, confermata da C. S. IV, 14 maggio 2001, n. 2661).

Questa linea interpretativa fa leva sui seguenti argomenti:

sul dato testuale delle disposizioni normative rilevanti nella materia;

b) sull’autonomia del procedimento di occupazione d’urgenza rispetto a quello espropriativo;

c) sull’inammissibilità di una costruzione interpretativa che comporta una duplice dichiarazione di pubblica utilità della medesima opera (una da collegare all’autorizzazione provvisoria e l’altra all’autorizzazione definitiva).

5.1 Relativamente all’argomento sub a), va peraltro osservato che la decisione della IV Sezione n. 606/99 si è fatta carico dei profili testuali, facendo perno sulla locuzione "anche" contenuta nel comma 9 dell'art. 9 del D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342, a tenore del quale "i decreti di autorizzazione in via provvisoria di cui all'art. 113 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, hanno anche essi efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza": detta locuzione, sebbene grammaticalmente riferita alla parola "essi" (e non a "efficacia"), tuttavia logicamente induce a ritenere corretta la più lata assimilazione dei decreti di cui al comma 9 rispetto a quelli di cui al comma 8; e quindi la norma, con la citata locuzione "anche essi", in sostanza estende ai decreti provvisori tutto quanto il comma precedente dispone per l'autorizzazione definitiva.

In questo caso, quindi, ci si trova ad un’estensione della portata del richiamo, che non contrasta in senso assoluto con la portata letterale del testo.

Il Collegio ritiene corretta questa esegesi: essa, nel rielaborare il dato letterale alla luce delle considerazioni logico – sistematiche rilevanti nella specie, perviene ad una conclusione coerente con la finalità della normativa e rispettosa dei canoni tradizionali dell’interpretazione (di cui all’art. 12 c.c.), per i quali l’argomento letterale non riveste necessariamente valenza esclusiva o assorbente, e comunque non impedisce che l’esito dell’operazione ermeneutica possa risolversi nell’identificazione di un caso in cui - come nella specie - la legge minus dixit quam voluit.

5.2 L’argomento di cui al punto b) non può essere condiviso, in quanto appare formalistico.

In realtà la procedura ablatoria si configura - alla stregua della prassi corrente in materia, valutata alla stregua degli orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati - come sostanzialmente unitaria, ed include nel suo ambito pressoché costantemente la fase dell’occupazione d’urgenza; alle considerazioni esposte al punto 4 occorre solo aggiungere che l’importanza di questo dato di fatto è stata espressamente riconosciuta al punto 13.1 del parere reso dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato sul nuovo T.U. in materia di espropriazione (parere 29 marzo 2001, n. 4/2001); e si tratta - com’è noto - di un elemento che ha contribuito al radicale ripensamento del sistema in sede di predisposizione del medesimo Testo Unico.

5.3 Circa l’osservazione di cui al punto c) va replicato che, qualora l’amministrazione adotti il decreto di autorizzazione provvisoria, si avrà l’anticipazione della dichiarazione di pubblica utilità a tale atto, senza alcuna duplicazione; cosa che del resto accade anche con la dichiarazione di indifferibilità e urgenza, alla stregua del tenore letterale delle disposizioni sopra richiamate, senza che per questo occorra pensare che la legge abbia voluto prevedere una duplicazione di detta dichiarazione (trattandosi – più semplicemente – dell’anticipazione di un effetto ordinariamente inerente al provvedimento di autorizzazione definitiva).

6. Alla stregua delle suesposte considerazioni, occorre quindi confermare l’orientamento già adottato da questa Sezione, per poi completare l'esame delle prime due censure.

7. Per quanto attiene alla prima censura, concernente l’omessa previa attivazione della comunicazione di avvio del procedimento, la difesa di E.N.E.L. Distribuzione S.p.A. fa presente che nella specie sono state osservate le formalità pubblicitarie previste dall’art. 111 del T.U. sulle acque e gli impianti elettrici, con la pubblicazione nel FAL della Provincia di Caserta in data 20.11.93.

Occorre premettere, al riguardo, che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha riconosciuto, nella sentenza n. 14/99, che nel caso di procedimenti "di massa" è applicabile in materia l'art. 8 comma 3 legge n. 241 del 1990, secondo cui "qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'Amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'Amministrazione medesima".

Il Collegio riconosce che nella specie è stato posto in essere un adempimento pubblicitario in forma non individuale, anteriormente al provvedimento recante l’autorizzazione provvisoria. Nella specie tale pubblicità, tenuto conto sia dell’avvenuta prescritta pubblicazione nel FAL, sia della pubblicazione dell’atto di assenso del Comune di Villa di Briano del 18.03.1997 nell’Albo Pretorio del medesimo Comune, è da ritenersi sufficiente, tenuto conto che trattasi di un procedimento che – per la lunghezza del tracciato dell’elettrodotto – ha, con ogni evidenza, il carattere di un procedimento "di massa".

La censura è quindi infondata.

8. La seconda censura, con cui la ricorrente lamenta l’omessa indicazione, nel decreto presidenziale impugnato, dei termini iniziali e finali dei lavori e delle espropriazioni ai sensi dell’art. 13 della L. n. 2359/1865, è invece fondata.

Il decreto in questione reca infatti soltanto l’indicazione del termine di inizio dei lavori, mentre gli altri termini sono stati apposti con i decreti n. 2427 del 28 settembre 2001 e n. 2526 del 10 ottobre 2001 del dirigente del Settore Provinciale del Genio Civile.

Si tratta di una sanatoria inammissibile. L’avvenuta fissazione dei termini de quibus con successiva delibera risulta infatti parimenti censurabile: non è ipotizzabile al riguardo una sanatoria con efficacia "ex tunc" mediante convalida, né "ex nunc" mediante integrazione postuma dell'atto incompleto, non essendo consentito all'autorità amministrativa, da un lato, imporre retroattivamente limiti all'esercizio di diritti soggettivi prima illegittimamente compressi, dall’altro, eludere la garanzia che la legge predispone a favore degli espropriandi (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6; IV, 27 novembre 1997, n. 1326; V, 30 settembre 1998, n. 1360).

9. La fondatezza della seconda censura comporta l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati, nei limiti dell’interesse di parte ricorrente.

Restano assorbite le due ulteriori censure.

10. Con il ricorso in esame è stato altresì chiesto "il risarcimento di tutti i danni derivanti dall’illegittima realizzazione della linea elettrica, ivi compresi quelli derivanti dalla esposizione ai campi elettrici ed elettromagnetici", da quantificarsi in corso di causa.

Con la memoria depositata il 9 gennaio 2002 la ricorrente, preso atto dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti impugnati, ha specificato la domanda formulata in ricorso, chiedendo la restituzione dell’area, ormai detenuta sine titulo, previo ripristino della preesistente situazione di fatto e di diritto.

Solo "in via subordinata e qualora non trovi ingresso la domanda restitutoria" è stata chiesta la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni così come quantificati nella relazione tecnica di parte prodotta in atti.

11. Ad avviso del Collegio, con la predetta memoria la ricorrente ha posto in essere una mera emendatio libelli, che non richiedeva la notifica alle controparti processuali nella forma dei motivi aggiunti.

In particolare, va osservato che la richiesta di restituzione dell’area va considerata alla luce degli effetti ripristinatori della sentenza di annullamento (per questo si riconosce, in linea di principio, che nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice amministrativo all'interno del giudizio di ottemperanza, rientra la possibilità, una volta accertata la non esecuzione del giudicato da parte della p.a., di disporre la restituzione dell’area: C. S. VI, 16 settembre 1993, n. 623; IV, 5 ottobre 1995, n. 785).

E del resto l’avvenuta esecuzione dell’opera ha comportato, da parte del ricorrente, l’esigenza di specificare il petitum: al riguardo è significativo, a titolo di esempio, l’orientamento della giurisprudenza civile secondo cui, ingiunto dall'amministrazione il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa in forza di titolo munito di efficacia esecutiva, non costituisce domanda nuova la pretesa del privato ad ottenere, nel corso del procedimento promosso per l'accertamento negativo di tale pretesa creditoria, la restituzione delle somme versate in forza dell'esecutività del titolo (Cassazione civile, sez. I, 5 febbraio 1987 n. 1124).

12. Occorre quindi anzitutto pronunciarsi sulla richiesta di riduzione in pristino e conseguente restituzione dell’area.

Al riguardo va anzitutto osservato che, nella specie, l’annullamento dell’atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità comporta l’applicazione dell’orientamento sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale l'apprensione "sine titulo" di un suolo di proprietà privata occorrente per l'impianto di un elettrodotto - sia che la realizzazione dell'opera non sia stata autorizzata dalla competente autorità, sia che non sia assistita da declaratoria di p.u., sia che, pur essendo stata autorizzata e dichiarata di p.u., non vi sia stato un valido asservimento per via di provvedimento amministrativo - non determina in alcun caso la costituzione di una servitù di fatto secondo lo schema della c.d. occupazione acquisitiva, trattandosi di fattispecie non applicabile per estensione alle ipotesi di acquisto da parte dell'ente costruttore, di un diritto reale "in res aliena", ed in particolare all'ipotesi di costituzione di servitu' coattiva di elettrodotto: in tutti i casi sopra menzionati la costruzione dell'impianto e il suo esercizio concretano un illecito (non istantaneo) ma a carattere permanente che perdura nel tempo sino a quando la situazione di illegittimità non venga meno, o con la rimozione dell'impianto dal fondo abusivamente occupato, o con la cessazione del suo esercizio, o con la costituzione di una regolare servitù mediante sentenza dal giudice ordinario (sempreché, in quest'ultimo caso l'impianto ed il suo esercizio siano stati autorizzati dall'autorita' competente); con la conseguenza che, se manchi l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario da essa leso puo' richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" (Cassazione civile, sez. un., 3 ottobre 1989 n. 3963; Cass. Civ. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9726).

12.1 Il Collegio ben conosce la posizione giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del principio generale dell'ordinamento di cui costituisce espressione l'art. 2933 comma 2 c.c. (per il quale non va ordinata la distruzione della cosa "se la distruzione… è di pregiudizio all'economia nazionale"), il potere di disporre la distruzione di un'opera pubblica realizzata senza titolo va esercitato tenendo conto anche degli interessi pubblici (C.S. V, 12 luglio 1996, n. 874). Di tale principio è stata fatta applicazione in giurisprudenza con riferimento al problema della restituzione delle aree interessate dall’esecuzione dell’opera pubblica nelle ipotesi di "occupazione usurpativa", sottolineandosi la rilevanza dei criteri ricavabili dall’art. 2058 c.c. e dall’art. 2933 c.c. in presenza di opere pubbliche di rilevante importanza e di ingente valore economico (cfr. in particolare C.S. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e C.S. V, 18 marzo 2002, n. 1562).

Il Collegio ritiene peraltro che l’applicazione di queste disposizioni non possa prescindere dai principi processuali comuni.

Quindi, per quanto attiene al secondo comma dell’art. 2058 c.c., che riconosce al giudice il potere di "disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore", va osservato che, pur trattandosi di un potere esercitabile d’ufficio, esso va esercitato tenendo presente l’insegnamento della Corte di Cassazione, secondo cui, poiché il giudice non ha un potere di ricerca dei fatti, il rilievo d'ufficio delle questioni presuppone che un fatto sia già stato allegato pur senza invocarne gli effetti e si riferisce alla produzione degli effetti costitutivi, modificativi, estintivi che discendono dal fatto allegato (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4392).

Per quanto attiene al limite fissato dall’art. 2933 c.c., per il caso in cui la distruzione della cosa risulti di pregiudizio per l'economia nazionale, va ricordato che trattasi di norma la cui applicazione presuppone che il concreto verificarsi di tale pregiudizio venga dedotto e dimostrato (Cass. Civ. sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207).

Il Collegio rileva che nella specie la controparte costituita non ha adempiuto all’onere di allegazione e di prova in ordine alla circostanza dell’eccessiva onerosità e/o alla sussistenza del pregiudizio all’economia nazionale in relazione alla riduzione in pristino (e al conseguente spostamento della sola parte della linea, con relativo traliccio, realizzata sul fondo di proprietà della ricorrente).

Alla stregua delle suesposte considerazioni, deve essere accolta la domanda volta alla riduzione in pristino e alla restituzione dell’area occupata.

13. Per quanto attiene alla domanda di risarcimento per equivalente, va rilevato che, con la memoria depositata il 9 gennaio 2002, la ricorrente ne quantifica l’importo con esclusivo riferimento alla misura dell’indennità di asservimento, debitamente rivalutata, nonché all’indennità di occupazione calcolata con riferimento al periodo trascorso, senza insistere sui profili attinenti al danno biologico. Peraltro, la ricorrente medesima presenta la richiesta di risarcimento per equivalente - considerata come comprensiva di entrambe le voci su richiamate – in via espressamente subordinata rispetto all’ipotesi del mancato accoglimento della domanda restitutoria.

L’avvenuto accoglimento di tale ultima domanda impedisce quindi al Collegio di prendere in considerazione la domanda di risarcimento per equivalente, anche solamente con riferimento al danno subito medio tempore a motivo dello spossessamento.

14. Conclusivamente il ricorso si intende accolto, nei sensi e nei limiti di cui alle precedenti considerazioni.

15. Le spese seguono la prevalente soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sez. V, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto:

a) annulla i provvedimenti impugnati;

b) ordina la riduzione in pristino e la restituzione alla ricorrente dell’area occupata.

Condanna la Regione Campania, il Comune di Villa di Briano ed E.N.E.L. Distribuzione S.p.A., in solido tra loro, al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese, dei diritti e degli onorari di giudizio, nella misura complessiva di 3000,00 (tremila/00) Euro, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Napoli dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, nelle Camere di Consiglio del 17 gennaio 2002 e del 24 aprile 2002, con l'intervento dei signori:

Carlo D’Alessandro - Presidente

Fabio Donadono - Consigliere

Francesco Arzillo - Primo Referendario Est.

Depositata l'11 giugno 2002.

 

M A S S I M E

1)  Se manca l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario dannegiato puo' richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" - c.d. occupazione acquisitiva - ipotesi di "occupazione usurpativa". L'annullamento dell'atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità comporta l'applicazione dell'orientamento sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale l'apprensione "sine titulo" di un suolo di proprietà privata occorrente per l'impianto di un elettrodotto - sia che la realizzazione dell'opera non sia stata autorizzata dalla competente autorità, sia che non sia assistita da declaratoria di p.u., sia che, pur essendo stata autorizzata e dichiarata di p.u., non vi sia stato un valido asservimento per via di provvedimento amministrativo - non determina in alcun caso la costituzione di una servitù di fatto secondo lo schema della c.d. occupazione acquisitiva, trattandosi di fattispecie non applicabile per estensione alle ipotesi di acquisto da parte dell'ente costruttore, di un diritto reale "in res aliena", ed in particolare all'ipotesi di costituzione di servitu' coattiva di elettrodotto: in tutti i casi sopra menzionati la costruzione dell'impianto e il suo esercizio concretano un illecito (non istantaneo) ma a carattere permanente che perdura nel tempo sino a quando la situazione di illegittimità non venga meno, o con la rimozione dell'impianto dal fondo abusivamente occupato, o con la cessazione del suo esercizio, o con la costituzione di una regolare servitù mediante sentenza dal giudice ordinario (sempreché, in quest'ultimo caso l'impianto ed il suo esercizio siano stati autorizzati dall'autorita' competente); con la conseguenza che, se manchi l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario da essa leso puo' richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" (Cassazione civile, sez. un., 3 ottobre 1989 n. 3963; Cass. Civ. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9726). Il Collegio ben conosce la posizione giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del principio generale dell'ordinamento di cui costituisce espressione l'art. 2933 comma 2 c.c. (per il quale non va ordinata la distruzione della cosa "se la distruzione… è di pregiudizio all'economia nazionale"), il potere di disporre la distruzione di un'opera pubblica realizzata senza titolo va esercitato tenendo conto anche degli interessi pubblici (C.S. V, 12 luglio 1996, n. 874). Di tale principio è stata fatta applicazione in giurisprudenza con riferimento al problema della restituzione delle aree interessate dall'esecuzione dell'opera pubblica nelle ipotesi di "occupazione usurpativa", sottolineandosi la rilevanza dei criteri ricavabili dall'art. 2058 c.c. e dall'art. 2933 c.c. in presenza di opere pubbliche di rilevante importanza e di ingente valore economico (cfr. in particolare C.S. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e C.S. V, 18 marzo 2002, n. 1562). Il Collegio ritiene peraltro che l'applicazione di queste disposizioni non possa prescindere dai principi processuali comuni. Quindi, per quanto attiene al secondo comma dell'art. 2058 c.c., che riconosce al giudice il potere di "disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore", va osservato che, pur trattandosi di un potere esercitabile d'ufficio, esso va esercitato tenendo presente l'insegnamento della Corte di Cassazione, secondo cui, poiché il giudice non ha un potere di ricerca dei fatti, il rilievo d'ufficio delle questioni presuppone che un fatto sia già stato allegato pur senza invocarne gli effetti e si riferisce alla produzione degli effetti costitutivi, modificativi, estintivi che discendono dal fatto allegato (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4392). Per quanto attiene al limite fissato dall'art. 2933 c.c., per il caso in cui la distruzione della cosa risulti di pregiudizio per l'economia nazionale, va ricordato che trattasi di norma la cui applicazione presuppone che il concreto verificarsi di tale pregiudizio venga dedotto e dimostrato (Cass. Civ. sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207). TAR Campania-Napoli, Sez. V -Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386 

2) Occupazione temporanea d'urgenza - dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori - la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Non può aversi una "dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori", finalizzata all'occupazione temporanea d'urgenza, prima che sia stata emessa, esplicitamente o per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. TAR Campania-Napoli, Sez. V -Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386 

3) La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo è necessaria in relazione al procedimento che si conclude con la dichiarazione di pubblica utilità - i termini. Sono ormai pacificamente riconosciuti in giurisprudenza i seguenti pricipi: a) la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di cui all'art. 7 della l. n. 241/90 è necessaria in relazione al procedimento che si conclude con la dichiarazione di pubblica utilità, anche implicita, non essendo a tal fine sufficiente una partecipazione differita (C.S. ad. plen. 15 settembre 1999, n. 14; IV, 28 gennaio 2000, n. 413); b) i termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 devono essere stabiliti nell'atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6, T.A.R. Marche 23 settembre 1997, n. 813). TAR Campania-Napoli, Sez. V -Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386 

 

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