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Sentenza della Corte di Giustizia Europea (Sesta Sezione). 24 ottobre 2002

 

 

"Inadempimento di uno Stato - Art. 9, n. 3, della direttiva 90/270/CEE - Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori - Dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta - Trasposizione incompleta"

 

 

 

Nella causa C-455/00, 
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Aresu, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta
avente ad oggetto un ricorso diretto a far dichiarare che: 
- non garantendo esami periodici degli occhi e della vista a tutti i lavoratori che utilizzano attrezzature dotate di videoterminali di cui all'art. 2, lett. c), della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 156, pag. 14), 
- non assicurando un esame oculistico supplementare in tutti i casi in cui ciò risulti necessario in base ai periodici esami degli occhi e della vista, e 
- non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, 
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell'art. 9, nn. 1-3, della detta direttiva, 


LA CORTE (Sesta Sezione),


composta dal sig. R. Schintgen, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dal sig. V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric (relatore) e dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, giudici, avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer cancelliere: R. Grass 
vista la relazione del giudice relatore, 
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 marzo 2002, 
ha pronunciato la seguente 


Sentenza 


1. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 dicembre 2000, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226, secondo comma, CE, un ricorso diretto a far dichiarare che: - non garantendo esami periodici degli occhi e della vista a tutti i lavoratori che utilizzano attrezzature dotate di videoterminali nel senso di cui all'art. 2, lett. c), della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 156, pag. 14), - non assicurando un esame oculisito supplementare in tutti i casi in cui ciò risulti necessario in base ai periodici esami degli occhi e della vista, e - non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell'art. 9, nn. 1-3, della detta direttiva. 
 

Contesto normativo - Normativa comunitaria 


2. Ai sensi dell'art. 16, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), "il Consiglio, su proposta della Commissione, fondata sull'articolo 118 A del trattato, stabilisce direttive particolari riguardanti, fra l'altro, i settori di cui all'allegato". L'allegato della direttiva 89/391 riguarda, in particolare, "lavori con attrezzature dotate di video-terminali". 

3. L'art. 9 della direttiva 90/270, intitolato "Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori", prevede ai nn. 1-4: "1. I lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie: - prima di iniziare l'attività su videoterminale, - periodicamente, in seguito, e - allorché subentrino disturbi visivi attribuibili al lavoro su videoterminale. 2. I lavoratori beneficiano di un esame oculistico, qualora l'esito dell'esame di cui al paragrafo 1 ne evidenzi la necessità. 3. I lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, qualora i risultati dell'esame di cui al paragrafo 1 o dell'esame di cui al paragrafo 2 ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 4. Le misure prese in applicazione del presente articolo non devono assolutamente comportare oneri finanziari supplementari a carico dei lavoratori". 

Normativa italiana 


4. L'art. 377 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 (GURI n. 158 del 12 luglio 1995, Supplemento ordinario; in prosieguo: il "DPR n. 547/55"), prevede: "Il datore di lavoro (...) deve mettere a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate". 

5. L'art. 16, n. 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, di attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GURI n. 265 del 12 novembre 1994, Supplemento ordinario n. 141), come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 (GURI n. 104 del 6 maggio 1996, Supplemento ordinario n. 75, in prosieguo: il "decreto legislativo n. 626/94"), dispone che la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente e comprende: "a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica". 6. L'art. 41 del decreto legislativo n. 626/94, che compare nel titolo IV: "Uso dei dispositivi di protezione individuale", prevede l'obbligo di usare dispositivi di protezione individuale (in prosieguo: i "DPI") "quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro". 

7. Gli artt. 43 e 44 del decreto legislativo n. 626/94, che compaiono del pari nel titolo IV, dispongono: "Articolo 43 Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione. 2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di: a) entità del rischio; b) frequenza dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2. 4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie; b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile: a) per ogni DPI che, ai sensi del D. Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di protezione dell'udito. Articolo 44 Obblighi dei lavoratori. 1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5. 2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato. 3. I lavoratori: a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione; b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa. 4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI. 5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione". 

8. L'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94, che compare nel titolo VI: "Uso di attrezzature munite di videoterminali", è del seguente tenore: "Sorveglianza sanitaria 1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici. 2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in: a) idonei, con o senza prescrizioni; b) non idonei. 3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale. 4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente. 5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro". 

Procedimento precontenzioso 

9. Considerando che l'art. 9, nn. 1-3, della direttiva 90/270 non era stato trasposto correttamente nell'ordinamento italiano, la Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 226, primo comma, CE. Dopo aver invitato la Repubblica italiana a presentare le sue osservazioni, il 9 luglio 1999 la Commissione ha emesso un parere motivato chiedendo a tale Stato membro di adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi entro due mesi dalla sua notifica. 

10. Non essendo pervenuta risposta al detto parere da parte del governo italiano, la Commissione ha proposto il ricorso in esame. 


Sul ricorso 


11. Nel suo controricorso la Repubblica italiana ha informato la Corte del fatto che la legge 29 dicembre 2000, n. 422, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2000 (GURI n. 16 del 20 gennaio 2001, Supplemento ordinario n. 14, pag. 14; in prosieguo: la "legge n. 422/2000"), ha sostituito, in particolare, i nn. 3 e 4 dell'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94 con i nuovi nn. 3, 3 bis, 3 ter e 4. 

12. Dopo aver esaminato tali disposizioni nazionali di trasposizione, la Commissione, nella sua replica, ha reso noto alla Corte che rinunciava a due addebiti ed ai capi delle conclusioni corrispondenti. 

13. Con l'addebito mantenuto, la Commissione contesta alla Repubblica italiana di aver violato l'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270 non avendo definito le condizioni alle qualidevono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta. 

Argomenti delle parti 

14. La Commissione sostiene che l'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94 non contiene disposizioni che garantiscano espressamente ai lavoratori il diritto di ricevere "dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta", qualora ciò risulti necessario in seguito agli esami svolti e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. Trattandosi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, il diritto ad ottenere tali dispositivi dovrebbe essere definito con assoluta chiarezza. Ebbene, la normativa italiana sarebbe ambigua e imprecisa. 

15. L'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n. 626/94 si limiterebbe a indicare che "[l]a spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro", il che sarebbe chiaro, ma non sufficiente a individuare la "condizione costitutiva" del diritto del lavoratore ad usufruire di tali dispositivi. 

16. Il governo italiano sostiene che l'obbligo del datore di lavoro di fornire al lavoratore adeguate misure di protezione individuale è previsto al titolo IV del decreto legislativo n. 626/94. Gli artt. 41, 43 e 44 di tale decreto, correlati al nuovo testo dell'art. 55 dello stesso decreto, nella versione risultante dalla legge n. 422/2000, prevederebbero l'obbligo a carico del datore di lavoro di fornire al lavoratore i dispositivi di correzione che il medico competente può prescrivere in sede di visita preventiva o periodica. 

17. Tale governo sostiene inoltre che l'obbligo era già previsto nell'ordinamento giuridico nazionale in forza dell'art. 377 del DPR n. 547/55. 

18. La Commissione replica che la Repubblica italiana fa manifestamente confusione tra i "dispositivi speciali di correzione", previsti dalla direttiva 90/270 per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali, ed i "dispositivi di protezione individuale", che sono previsti e disciplinati dalla direttiva del Consiglio 30 novembre 1989, 89/656/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391) (GU L 393, pag 18). 

19. Nella sua controreplica il governo italiano ribadisce di aver correttamente trasposto l'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270, tenuto conto delle modifiche che la legge n. 422/2000 ha apportato all'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94. Esso afferma che, alla stregua del principio generale di interpretazione logico-sistematica delle norme, secondo il quale il senso e la ratio delle disposizioni contenute in un unico testo legislativo - e a fortiori in un solo articolo, come nella fattispecie - non possono evincersi dalla mera lettura delle singole disposizioni, ma dall'interpretazione delle une alla luce delle altre, le misure di cui all'art. 55, nn. 3, 3 bis, 3 ter e 4, del decretolegislativo n. 626/94, nella versione risultante dalla legge n. 422/2000, devono essere interpretate alla luce tanto dei nn. 1, 2 e 5 dello stesso articolo quanto dell'art. 16 del detto decreto, al quale l'art. 55, n. 3, fa del pari rinvio. 

20. Tali disposizioni sancirebbero il diritto del lavoratore ad ottenere dispositivi speciali di correzione ogniqualvolta, a seguito di controlli effettuati mediante visite specialistiche, il medico competente ne prescriva l'utilizzo, e altresì porrebbero a carico del datore di lavoro l'onere della spesa relativa a questo tipo di dispositivi. 

Giudizio della Corte 

21. Da un lato, occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, l'esistenza di un inadempimento dev'essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 30 gennaio 2002, causa C-103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1147, punto 23, e 30 maggio 2002, causa C-323/01, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 8). 

22. Nella fattispecie, la legge n. 422/2000, del 29 dicembre 2000, è stata adottata oltre un anno dallo scadere del termine di due mesi previsto nel parere motivato datato 9 luglio 1999. Le modifiche da essa introdotte nell'ordinamento giuridico italiano non possono pertanto essere prese in considerazione nell'ambito dell'esame della fondatezza del presente ricorso per inadempimento effettuato dalla Corte. 

23. D'altro lato, va pure ricordato che, secondo una consolidata giurisprudenza, in relazione alla trasposizione di una direttiva nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, è indispensabile che l'ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la situazione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficientemente precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti e, eventualmente, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v., in particolare, sentenze 23 marzo 1995, causa C-365/93, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-499, punto 9, e 10 maggio 2001, causa C-144/99, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3541, punto 17). 

24. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre esaminare se le disposizioni di diritto italiano vigenti all'epoca del termine previsto nel parere motivato rispondevano ai requisiti della direttiva. 

25. Risulta da tale esame che le disposizioni del DPR n. 547/55 e quelle del decreto legislativo n. 626/94, invocate dal governo italiano, non prescrivono in maniera sufficientemente chiara e precisa che i lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista e di un esame oculistico, laddove quest'ultimo sia necessario, ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 

26. E' vero che l'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n. 626/94 prevede che la spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta sia a carico del datore di lavoro, tuttavia tale disposizione si limita a recepire nell'ordinamento italiano l'art. 9, n. 4, della direttiva 90/270. Essa, di per sé, non costituisce la trasposizione dell'art. 9, n. 3, della stessa direttiva, in quanto non prevede, come prescritto invece da tale articolo, che i lavoratori abbiano diritto a dispositivi speciali di correzione qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista o i risultati dell'esame oculistico, eventualmente indispensabile, ne evidenzino la necessità. 

27. La lettura dell'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94 in combinato disposto con l'art. 16 dello stesso decreto non consente di pervenire ad una diversa constatazione. 

28. Riguardo all'argomento del governo italiano secondo cui l'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94 deve essere interpretato in correlazione con gli artt. 41 e segg. dello stesso decreto, è sufficiente constatare che i "dispositivi speciali di correzione", previsti all'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270, riguardano la correzione di danni già esistenti, mentre i "dispositivi di protezione individuale", contemplati da tali articoli, sono diretti a prevenire tali danni. 

29. Non può essere neppure accolto l'argomento del governo italiano secondo il quale l'obbligo imposto dall'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270 era già previsto nell'ordinamento giuridico nazionale in forza dell'art. 377 del DPR n. 547/55. I mezzi personali di protezione ai quali si riferisce tale disposizione non sono, ancora una volta, mezzi destinati a impedire che si realizzi un rischio. 

30. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che, non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270. 

Sulle spese 

31. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 32. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese. 
 

Per questi motivi, LA CORTE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: 


1) Non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE). 

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese. 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 ottobre 2002.