AmbienteDiritto.it Copyright © Ambiente Diritto.it
Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Venezia – Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 – G.U. Guerra.
Omissis
MOTIVI E DECISIONE
I ricorrenti, abitanti nelle immediate vicinanze della linea elettrica aerea ad
alta tensione (220 kV) n. 217 Sovezene/Scorzè, hanno agito in via cautelare ex
art. 700 c.p.c., assumendo di essere sottoposti a rilevante esposizione
elettromagnetica (con valori superiori agli 0,2 microtesla, fino a punte di 12
microtesla), che pregiudicherebbe il loro diritto alla salute, inteso in senso
ampio, comprensivo anche del diritto di vivere in un ambiente salubre.
Preannunciando una domanda di merito volta alla tutela di tale posizione
giuridica, anche con la reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c.,
hanno chiesto la pronuncia di provvedimenti provvisori diretti all’interramento
e/o la delocalizzazione o la messa in sicurezza delle linee elettriche da
effettuarsi entro un termine stabilito e, nel frattempo, la limitazione del
valore di corrente.
Tutti i resistenti hanno svolto articolate contestazioni in ordine alla
fondatezza ricorso, sollevando altresì in via pregiudiziale l’eccezione di
difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Tale questione va pertanto preliminarmente affrontata, facendo riferimento alla
normativa di cui all’art. 33.2, lett. e) del decreto legislativo n. 80/89, come
modificato dall’art. 7 della l. 21/7/2000, che ha attribuito alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo la materia di pubblici servizi,
comprendendo in tale ambito anche "le controversie riguardanti le attività e le
prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento
di pubblici servizi, ivi comprese quelle nell’ambito del Servizio sanitario
nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali
di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che
riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di
invalidità".
Il tenore del criterio di riparto impone di procedere alla qualificazione la
domanda, con l’avvertenza che ciò che rileva a tal fine non è tanto il contenuto
dei provvedimenti urgenti richiesti in via cautelare, bensì l’azione di merito
che verrà intrapresa, rispetto alla quale la cautela invocata si pone come
strumentale. Ritiene questo giudice che dal contenuto del ricorso emerga,
inequivocabilmente, che la cautela è funzionale al fruttuoso esercizio
dell’azione di responsabilità aquiliana per l’asserita lesione del diritto alla
salute, del quale si invoca la tutela anche con la reintegrazione in forma
specifica ex art. 2058 c.c. Che poi quest’ultimo rimedio si concreti in una
richiesta di ordinare ai resistenti un facere, prima in via provvisoria ed
urgente e poi in via definitiva, costituisce una conseguenza normale dell’azione
ex art. 2058 c.c., che quindi non può determinare una diversa qualificazione
della domanda, come sostenuto dai resistenti, atteso che la reintegrazione in
forma specifica implica sempre necessariamente una condanna ad un facere, non
facere o ad un dare da parte del soggetto danneggiante.
"Nella giurisprudenza di legittimità si è ormai da tempo consolidato il
principio secondo il quale a tutela del diritto alla salute il soggetto
danneggiato da immissioni può esercitare, anche cumulativamente, l’azione
inibitoria ex art. 844 c.c. (a tutela del diritto di proprietà e quindi di
natura reale), l’azione di responsabilità aquiliana e l’azione di risarcimento
in forma specifica ex art. 2058 c.c. (vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186,
Cass. sez. un. 9/4/1973 n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420); sarebbe infatti del
tutto contraddittorio riconoscere il suo carattere primario e fondamentale e
limitarne la tutela al solo risarcimento del danno per equivalente.
Si può pertanto sostenere che la controversia vada classificata tra quelle
meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona, ossia, secondo la
più autorevole dottrina, tra quelle controversie relative a pretese risarcitorie
che prescindono dalla impugnazione e dell’annullamento di provvedimenti
amministrativi: a sostegno di tale intepretazione, va rammentato che
l’opportunità di tale esclusione dalla giurisdizione amministrativa è stata
espressamente sottolineata dal parere n. 30 del 1998 dell’Adunanza Generale del
Consiglio di Stato, secondo cui dovevano appunto escludersi dalla giurisdizione
amministrativa le controversie "meramente risarcitorie e, in particolare, quelle
promosse dall’utente del servizio leso nella sua integrità fisica, ambito quest’ultimo
attratto dalla materia della tutela della persona fisica". Ed è chiaro che il
medesimo principio ispiratore vale, a fortori, quando la pretesa prescinde dal
rapporto di utenza, come nel caso in esame. Non si può peraltro dubitare che il
baricentro del ricorso sia proprio la tutela della salute come diritto
individuale primario dei ricorrenti, senza che vi sia alcuna richiesta, nemmeno
implicita, di sindacato sulla legittimità dell’operato del gestore del servizio
pubblico o sull’esercizio della discrezionalità tecnica o amministrativa da
parte dello stesso.
Alla stregua del suddetto criterio di riparto della giurisdizione, che prescinde
dagli effetti della domanda, si deve escludere che possa assumere rilevanza in
senso contrario la circostanza che l’accoglimento del ricorso sia destinato ad
incidere sulle concrete modalità di erogazione del servizio da parte dei
resistenti, tanto più che non può certamente essere preclusa una condanna ad un
facere anche nei confronti di un soggetto pubblico qualora vi sia un pregiudizio
attuale al bene fondamentale della salute (vedasi Cass. sez. un. 20/2/1992 n.
2092).
Nel merito, l’istruttoria espletata tramite richiesta di informazioni e di
accertamenti all’ARPAV ed espletamento di c.t.u. medico-legale ha consentito di
far emergere i seguenti elementi.
Tramite i rilievi svolti dall’ARPAV, peraltro con scarsa collaborazione da parte
dei resistenti (come risulta dalle numerose missive di sollecito inviate
dall’Agenzia anche al Tribunale per conoscenza), è stato verificato che nella
quasi totalità delle misurazioni all’interno delle abitazioni dei ricorrenti è
risultata un’induzione magnetica di valore ben superiore agli 0,4 microtesla,
con medie anche di 4,35 e 3,45 microtesla in servizio normale invernale
rispettivamente nelle abitazioni di Zanatta Olga e Lino Lazzari (vedasi
elaborato depositato dall’ARPAV).
Si tratta di valori inferiori a quello di 100 microtesla stabiliti dal d.p.c.m.
23/4/1992 tuttora in vigore, ma superiori a quello di 0,2 microtesla stabilito
dalla L. della Regione Veneto 30/6/1993. Osserva tuttavia questo giudice,
aderendo all’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza sull’analoga
questione dei parametri stabiliti in tema di immissioni acustiche, che il
rispetto di tali limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico,
non implica una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo
sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto
lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute (il principio è stato
affermato anche dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante un caso di
inquinamento elettromagnetico).
Tale impostazione appare la più coerente con la necessità di dare piena tutela
al diritto costituzionale anche in ambiti, qual è quello in esame, nei quali le
conoscenze scientifiche non sono ancora giunte a risultati certi e definitivi.
Ciò premesso, al fine di valutare se effettivamente sussista un concreto
pericolo per la salute dei ricorrenti, ci si riferisce agli esiti della c.t.u.
collegiale disposta nel corso del procedimento, resasi necessaria non solo per
esaminare le persone e le certificazioni sanitarie prodotte, ma altresì al fine
di consentire al giudicante di orientarsi nella sterminata letteratura
scientifica disponibile sull’argomento, richiamata e depositata dalle parti a
sostegno delle rispettive posizioni: visti il numero di ricorrenti e la
complessità del quesito, si è ritenuto di nominare due medici-legali e tre
esperti in medicina dell’ambiente, i quali sono giunti a conclusioni chiare,
logicamente ineccepibili, sostenute da motivazione convincente e basate su fonti
scientifiche costituite da studi svolti su incarico di istituzioni di indiscussa
autorevolezza e imparzialità, ossia la monografia "Non- ionizing radiation,
part. l. stutic and extremely low frequency (ELF) electric and magnetic fields.
Volume 20.2002" dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di
Lione ed il Rapporto "Possibile health implications of subjective symptoms and
electromagnetic fields" preparato dal gruppo europeo di esperti incaricato dalla
Commissione Europea, DGC 1997.
In particolare, i c.t.u. hanno evidenziato che i campi magnetici ELF sono stati
inseriti nella categoria 2B, ossia tra gli agenti qualificati come "possibili
cancerogeni per l’uomo",con la seguente valutazione: "Vi è limitata evidenza
nell’uomo di cancerogenicità dei campi magnetici ELF in relazione alla leucemia
infantile. Vi è inadeguata evidenza nell’uomo di cancerogenicità dei campi
magnetici ELF in relazione a tutti gli altri tumori. Vi è inadeguata evidenza
negli animali da esperimento di cancerogenicità dei campi magnetici ELF"; è
comunque certo, come riferiscono i c.t.u., che vi è un meccanismo fisico di base
di interazione fra campi elettromagnetici ELF e organismi viventi che comporta
l’individuazione di campi elettrici e correnti associate nei tessuti.
Dalla relazione emerge inoltre che la valutazione IARC in merito al rischio di
leucemia infantile è basata su un’analisi combinata innanzitutto dei risultati
di nove studi epidemiologici ben condotti (Albhol et al. 2000), in occasione dei
quali non è stato rilevato alcun eccesso di rischio per esposizioni a campi
magnetici ELF al di sotto di 0,4 microtesla e un eccesso di rischio pari al
doppio per esposizioni superiori a 0,4 microtesla, oltre che su un’altra analisi
combinata di quindici studi epidemiologici basata su criteri di inclusione meno
restrittivi, e con un valore di soglia superiore fissato a 0,3 microtesla, nella
quale è stato evidenziato un rischio relativo di 1.7 per esposizioni superiori a
0,3 microtesla (Greenland al. 2000). Al riguardo, i c.t.u. hanno posto l’accento
sul fatto che in tali studi è stata rilevata un’associazione statisticamente
significativa tra l’incremento dell’esposizione e la leucemia infantile, con un
rischio quasi doppio (rispettivamente di 2.0 per lo studio Ahlbom e di 1,7 per
lo studio Greenland) rispetto alle esposizioni inferiori.
I c.t.u., pur segnalando il pericolo di distorsioni, peraltro connaturato al
metodo epidemiologico, con osservazione del tutto coerente e condivisibile
rilevano che lo stesso pericolo potrebbe agire sia nel senso di un aumento che
di una riduzione del rischio.
E’ stato poi segnalato uno studio riportato nella monografia IARC (Bonhomme –
Faivre et al. 1998) relativo a 13 persone professionalmente esposte a campi
elettromagnetici ELF (50HZ) fra 0,09 microtesla e 6,6 microtesla per almeno 8
ore al giorno per un periodo da un anno a cinque anni; in questo gruppo fu
evidenziata una significativa riduzione dei linfociti totali e dei CD2, CD3 e
CD4, ed un aumento della cellule natural killer. In due di questi soggetti,
cronicamente esposti a livelli di campo di 1,2 – 6,6 microtesla, furono rilevate
leucopenia e neutropenia, che scomparvero alla cessazione dell’esposizione, e
riapparvero alla ripresa della stessa.
Sulla base di tali studi, la consulenza, pur ritenendo che i ricorrenti
visitati, non siano affetti da alcuna patologia riferibile con certezza
all’esposizione a valori superiori a 0,4 microtesla possa comportare un rischio
di leucemia per i bambini.
La chiarezza di tali conclusioni porta a riconoscere la sussistenza il fumus di
fondatezza del diritto azionato in via cautelare, ossia la verosimile
sussistenza di un pregiudizio attuale e grave al diritto alla salute dei
ricorrenti, tra i quali ci sono ben nove bambini, pregiudizio riconducibile alle
immissioni elettromagnetiche provenienti dagli impianti in questione e
imputabile alle convenute sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello
soggettivo, ritenendosi che l’omissione di cautele, allo stato delle conoscenze
scientifiche, configuri comportamento colposo.
La peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo invocato
consentono di superare le esitazioni che potrebbero sorgere in tema di
accertamento del nesso di causalità che nel caso concreto non si manifesta
certamente con fatti violenti o repentini, dai quali si possa evincere in
maniera evidente il nesso eziologico; viceversa, si tratta di un processo lento
e occulto, che allo stato può essere ricondotto alla sua causa solo attraverso
gli studi statistici.
Va inoltre chiarito che ai fini della tutela invocata il diritto costituzionale
alla salute va inteso nel senso più ampio (come interpretato fin dalla sentenza
Cass. sez. un. 6/10/1979 n. 5172), comprensivo del diritto a vivere in un
contesto ambientale salubre, che va tutelato anche in via preventiva, ossia in
presenza di un mero pericolo di lesione: la tutela, per essere effettiva, non
può infatti essere subordinata all’insorgenza di uno stato di malattia.
Oltre al pericolo di lesione all’integrità psico-fisica, e indipendentemente
dallo stesso, sussistono concreti elementi – allo stato desumibili
dall’omogeneità dei sintomi riferiti in occasione delle visite medico-legali
effettuate su alcuni dei ricorrenti e risultanti anche da alcuni certificati
medici prodotti in causa, che giustificavano il riconoscimento di un verosimile
danno morale soggettivo consistente nel turbamento psichico determinato dalla
preoccupazione per il rischio, con le conseguenti limitazioni del normale
svolgimento della vita, danno riconosciuto da un recente indirizzo
giurisprudenziale anche in ipotesi compromissione dell’ambiente (vedasi Cass.
sez. un. Civ. 21/12/2002 n. 2515; Cass. 11/1/2001 n. 329; Cass. 26/2/1998 n.
2127; Appello di Milano 10/1/1997 in Foro It. Rep. 1997, voce Responsabilità
Civile).
Va ravvisato anche il periculum in mora, in ragione della natura dei beni dei
quali si chiede la tutela, in suscettibili di integrale riparazione in caso di
lesioni e della evidente gravità, attualità ed imminenza del pericolo.
Il ricorso merita pertanto accoglimento, non ritenendosi di accedere
all’ulteriore richiesta istruttoria di c.t.u. finalizzata ad individuare le
modalità ed i termini per la messa in sicurezza delle linee elettriche, atteso
che tale individuazione può essere effettuata autonomamente dalle resistenti,
disponendo queste di mezzi tecnici e delle professionalità necessarie a tal
fine.
Alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, andrà pertanto ordinato di
mettere in sicurezza, entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo
spostamento e/o l’interramento delle linee indicate in ricorso in modo che
all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite 0,4
microtesla ai valori di carico nominate; nel tempo necessario allo svolgimento
dei lavori ordinari le resistenti dovranno disattivare parzialmente gli impianti
in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il
limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale.
P.T.M.
Visti ed applicati gli artt. 669 sexies, 669 octies e 700 c.p.c., il Giudice
Designato così provvede:
1) In accoglimento del ricorso, ordina alle società resistenti, per quanto di
rispettiva competenza, di mettere a sicurezza le linee elettriche indicate in
ricorso entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo spostamento e/o
interramento delle stesse in modo che all’interno delle abitazioni dei
ricorrenti non sia superato il limite 0,4 microtesla ai valori di carico
nominale;
2) ordina alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, per il tempo
necessario allo svolgimento dei lavori, di disattivare parzialmente gli impianti
in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il
limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale;
3) fissa il termine di trenta giorni per l’instaurazione del giudizio di merito.
Si comunichi.
Venezia, 8 aprile 2003
Il Giudice Designato
Dott. Antonella Guerra
Depositato il 14 aprile 2003.
1) Inquinamento elettromagnetico - elettrodotto - immissioni che pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute - diritto costituzionale - la peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo - nesso eziologico - pericolo di lesione all’integrità psico-fisica - danno morale soggettivo - periculum in mora - disattivazione parziale degli impianti - messa in sicurezza delle linee elettriche - spostamento e/o interramento. Aderendo all’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza sull’analoga questione dei parametri stabiliti in tema di immissioni acustiche, che il rispetto di tali limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico, non implica una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute (il principio è stato affermato anche dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante un caso di inquinamento elettromagnetico). Tale impostazione appare la più coerente con la necessità di dare piena tutela al diritto costituzionale anche in ambiti, qual è quello in esame, nei quali le conoscenze scientifiche non sono ancora giunte a risultati certi e definitivi. La peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo invocato consentono di superare le esitazioni che potrebbero sorgere in tema di accertamento del nesso di causalità che nel caso concreto non si manifesta certamente con fatti violenti o repentini, dai quali si possa evincere in maniera evidente il nesso eziologico; viceversa, si tratta di un processo lento e occulto, che allo stato può essere ricondotto alla sua causa solo attraverso gli studi statistici. Va inoltre chiarito che ai fini della tutela invocata il diritto costituzionale alla salute va inteso nel senso più ampio (come interpretato fin dalla sentenza Cass. sez. un. 6/10/1979 n. 5172), comprensivo del diritto a vivere in un contesto ambientale salubre, che va tutelato anche in via preventiva, ossia in presenza di un mero pericolo di lesione: la tutela, per essere effettiva, non può infatti essere subordinata all’insorgenza di uno stato di malattia. Oltre al pericolo di lesione all’integrità psico-fisica, e indipendentemente dallo stesso, sussistono concreti elementi – allo stato desumibili dall’omogeneità dei sintomi riferiti in occasione delle visite medico-legali effettuate su alcuni dei ricorrenti e risultanti anche da alcuni certificati medici prodotti in causa, che giustificavano il riconoscimento di un verosimile danno morale soggettivo consistente nel turbamento psichico determinato dalla preoccupazione per il rischio, con le conseguenti limitazioni del normale svolgimento della vita, danno riconosciuto da un recente indirizzo giurisprudenziale anche in ipotesi compromissione dell’ambiente (vedasi Cass. sez. un. Civ. 21/12/2002 n. 2515; Cass. 11/1/2001 n. 329; Cass. 26/2/1998 n. 2127; Appello di Milano 10/1/1997 in Foro It. Rep. 1997, voce Responsabilità Civile). Va ravvisato anche il periculum in mora, in ragione della natura dei beni dei quali si chiede la tutela, in suscettibili di integrale riparazione in caso di lesioni e della evidente gravità, attualità ed imminenza del pericolo. Il ricorso merita pertanto accoglimento, non ritenendosi di accedere all’ulteriore richiesta istruttoria di c.t.u. finalizzata ad individuare le modalità ed i termini per la messa in sicurezza delle linee elettriche, atteso che tale individuazione può essere effettuata autonomamente dalle resistenti, disponendo queste di mezzi tecnici e delle professionalità necessarie a tal fine. (In specie il giudice ha in accoglimento del ricorso, ordinato alle società resistenti, per quanto di rispettiva competenza, di mettere a sicurezza le linee elettriche indicate in ricorso entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo spostamento e/o interramento delle stesse in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite 0,4 microtesla ai valori di carico nominale; e ordinato alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, per il tempo necessario allo svolgimento dei lavori, di disattivare parzialmente gli impianti in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale). Tribunale di Venezia – Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza