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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 17 giugno 2004 (Ud. 12/05/2004), Sentenza n. 27296

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Corte di Cassazione Sez. III del 17 giugno 2004 (Ud. 12/05/2004), sentenza n. 27296
Pres. Dell'Anno P. - Est. De Maio G. - P.m. Passacantando G. (Conf.) - Imp. Micheletti.

 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA/ORDINANZA

 

sul ricorso proposto da:

1) MICHELETTI SERGIO, N. IL 26/08/1943;
avverso SENTENZA del 18/03/2002 CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. PASSACANTANDO G. che ha concluso: rigetto del ricorso.

 

 

MOTIVAZIONE

 

Con sentenza in data 18.3.2003 la Corte d'Appello di Roma confermò la sentenza 11.1.2002 del Tribunale di Latina, con la quale Sergio Micheletti era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto e di euro 2.582 di ammenda, perché riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 51 D.Lvo 22/97 ("perché realizzava e gestiva in un'area sita in via Cerreto La Croce una discarica di rifiuti speciali anche pericolosi - nella specie, carcasse di auto, oli esausti, materiale plastico derivante dalla copertura delle serre, fusti provenienti dalle industrie farmaceutiche, gomme per autovetture - senza essere in possesso della prescritta autorizzazione", in Latina acc. il 16.12.99).


Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso personalmente l'imputato, con tre motivi, tutti incentrati - sotto i profili dell'inosservanza o erronea applicazione della legge penale (primo motivo), del vizio di motivazione e travisamento del fatto (secondo motivo) e della mancata assunzione di una prova decisiva (terzo motivo) - sull'assunto che i giudici di merito avrebbero dovuto ravvisare non la fattispecie contestata di gestione di discarica abusiva ex art. 51 co. 3 D.L.vo 22191, ma quella meno grave di cui all'art. 51 co. 1 lett. b) di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti, anche pericolosi, prodotti da terzi senza la prescritta autorizzazione; tale assunto viene basato: a) sul tenore della informativa prot. 1069/E del 20.12.99 a firma del Dirigente del Corpo degli Agenti Prov. di Latina, Attilio Novelli; b) sui rilievi fotografici acquisiti, dai quali risulterebbe che "l'attività svolta dal Micheletti era attività di raccolta e stoccaggio del materiale ferroso e plastico finalizzata alla commercializzazione"; c) sui precedenti decreti penali di condanna del GIP di Latina in data 19.7.94 e 18.3.2002, sempre per attività abusive di raccolta, trasporto e stoccaggio di rifiuti.


Il ricorso è infondato. Infatti, i giudici di merito hanno correttamente ravvisato nel fatto il reato di cui all'art. 51 co. 3 sulla base dei seguenti rilievi: 1) "l'imponente mole di materiali depositati e la varietà degli stessi (da semplici teloni da serra a batterie per autovetture)"; 2) "la giacenza dei detti materiali da lungo tempo sul posto (testimoniata dalla corrosione degli stessi e dal rilascio sul terreno di scorie oleose)"; 3) l'impossibilità di destinazione al commercio di tali materiali, "in quanto inutilizzabili". Tale elencazione corrisponde ai criteri discretivi tra le due fattispecie di reati individuati da questa Corte, che ne ha costantemente sottolineato la sostanziale differenza, rilevando che lo smaltimento o raccolta (lato sensu) di rifiuti e la discarica sono due attività diversamente disciplinate perché, pur avendo in comune talune operazioni (quali il conferimento dei materiali e la loro deposito), si differenziano radicalmente: nello smaltimento i rifiuti vengono interamente sfruttati a scopo di profitto con specifiche modalità (cernita, trasformazione, utilizzo e riciclo previo recupero); nella discarica, invece, i beni non ricevono alcun trattamento ulteriore e vengono abbandonati a tempo indeterminato, mediante deposito ed ammasso. Nel solco di tale distinzione, si pone la definizione, tradizionale nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui si ha discarica abusiva tutte le volte in cui, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato. Volendo precisare più in dettaglio tale definizione, va rilevato che, perché si abbia discarica penalmente rilevante ex art. 51 co. 3 D.L.vo 22/97, è necessario che si sia verificato: 1) l'accumulo, più o meno sistematico, ma comunque ripetuto e non occasionale di rifiuti in un'area determinata: 2) eterogeneità dell'ammasso dei materiali e la definitività del loro abbandono; 3) il degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione (su tale ultimo requisito, cfr. Cass. sez. 3^, 20.2.2002 n. 6796, Garzia). Tali requisiti sono stati dai giudici di merito esattamente ravvisati nel fatto come accertato ai fini della precisa individuazione del reato di cui al capo di imputazione. Gli estremi del fatto risultano, inoltre, acquisiti in termini di certezza (sulla base delle dichiarazioni dei verbalizzanti e dei rilievi fotografici), così da rendere superflua la eventuale rinnovazione dell'istruzione. Devono, infine, essere ritenuti irrilevanti le puntualizzazioni del ricorrente e, in particolare, il fatto che parte dei materiali accumulati fosse recuperato e venduto a terzi; in proposito, questa Corte ha più volte precisato che è, appunto, irrilevante che, sporadicamente, determinate quantità di rifiuti vengano prelevate e riutilizzate da terzi (salvo, come nel caso in esame, a essere immediatamente reintegrate con altre dello stesso tipo), in quanto tale circostanza non è idonea a escludere la destinazione dell'area a discarica (Cass. sez. 3^, 9.121.95 n. 11071, Magli, rv. 202870).


Deve, pertanto, concludersi che, essendo infondate le censure mosse, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 12 maggio 2004.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2004

M A S S I M E 

Sentenza per esteso

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Reato di realizzazione di discarica non autorizzata - Elementi integrativi - Condizioni - Individuazione. In tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, è necessario l'accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. (Cass. sez. 3^, 20.2.2002 n. 6796, Garzia). Infine, è irrilevante che, sporadicamente, determinate quantità di rifiuti siano prelevate e riutilizzate da terzi (salvo, come nel caso in esame, a essere immediatamente reintegrate con altre dello stesso tipo), in quanto tale circostanza non è idonea a escludere la destinazione dell'area a discarica (Cass. sez. 3^, 9.121.95 n. 11071, Magli, rv. 202870). Pres. Dell'Anno P. -  Est. De Maio G.  - P.M. Passacantando G. (Conf.) - Imp. Micheletti. (Rigetta, App.Roma, 18 marzo 2002.CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 17 giugno 2004 (Ud. 12/05/2004), Sentenza n. 27296

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