AmbienteDiritto.it                                                                                    

Legislazione  Giurisprudenza                            Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


Copyright © Ambiente Diritto.it

 

  Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 22 giugno 2004 (Cc. 25.03.2004), Sentenza n. 27929

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Corte di Cassazione Sez. III del 22 giugno (cc.
25/03/2004), sentenza n. 27929
Pres. Vitalone C. - Est. Onorato P. - P.m. Passacantando G. - Imp. Nocentini ed altri.

 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITALONE Claudio - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Livorno;
nel procedimento penale a carico di:
1) NOCENTINI Tiziano, nato a Portoferraio il 24.5.1956;
2) NENZI Angelo, nato a Cinigiano il 7.7.1959;
3) AGENO Nicola, nato a Portoferraio il 18.3.1968;
avverso la ordinanza resa il 1.12.2003 dal tribunale per il riesame di Livorno;
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi ONORATO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza.
Udito il difensore dell'imputato, avv. Lorenzo Zilletti, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo del ricorso e infondato il secondo.


Osserva:


SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO


1 - Con provvedimento del 14.11.2003 il g.i.p. del tribunale di Livorno disponeva il sequestro preventivo di un capannone di proprietà della società PACAELMO, sito nell'Isola d'Elba, all'interno del quale era stato realizzato un solaio in cemento armato all'altezza di circa 350 cm. da terra, assistito da D.I.A. del comune di Portoferraio in data 10.2.2003.


Riteneva il giudice, seguendo la tesi del Pubblico Ministero istante, che il costruttore, Angelo Nenzi, era responsabile della contravvenzione di cui agli artt. 4 e 14 legge 1086/1971, perché non aveva presentato la prescritta denuncia all'Ufficio del Genio Civile;
che il committente, Tiziano Nocentini, e il progettista, Nicola Ageno, oltre al suddetto costruttore, erano inoltre responsabili del reato di cui all'art. 20 lett. b) legge 47/1985 e del reato di cui all'art. 163 D.Lgs. 490/1999.


2 - I difensori degli indagati proponevano istanza di riesame al tribunale di Livorno, il quale con ordinanza del 1.12.2004, accoglieva l'istanza e disponeva la restituzione del capannone sequestrato al legittimo proprietario.


Osservava il tribunale che sussisteva il fumus di tutti i reati ipotizzati. In particolare era astrattamente configurabile il reato edilizio, perché il solaio realizzato, per le sue caratteristiche strutturali (molto possenti), era idoneo a essere utilizzato come superficie di calpestio capace di sopportare carichi molto notevoli, sicché configurava una pavimentazione per un piano superiore, che creava nuova volumetria (sic!), non contemplata nella dichiarazione di nuova opera, e quindi abbisognevole di permesso di costruire. Aggiungeva però il giudice del riesame che nella specie non ricorrevano le esigenze cautelari, perché i lavori di costruzione del solaio erano ormai ultimati, mentre gli ulteriori lavori previsti nella D.I.A. non potevano cagionare aggravamento dei reati. 3 - Il pubblico ministero ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo apoditticità e/o manifesta illogicità della motivazione, nonché violazione dell'art. 321 c.p.p. e dell'art. 20 lett. b) legge 47/1985. Sostiene in breve che il tribunale ha illegittimamente ritenuto la mancanza del periculum in mora attraverso uno scorretto "sdoppiamento" delle opere previste nel capannone.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE


3 - Il primo motivo di ricorso è inammissibile, giacché in materia di misura cautelari reali l'art. 325, comma 1, c.p.p. consente il ricorso per Cassazione solo per violazione di legge e non anche per vizi di motivazione.


Anche il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. Il Pubblico Ministero ricorrente, in sostanza, sostiene che il tribunale del riesame ha violato la norma incriminatrice nonché quella processuale volta alla prevenzione del relativo reato, laddove ha considerato separatamente ("sdoppiato") le opere già eseguite in conformità alla D.I.A., cioè la realizzazione del solaio, e le opere verosimilmente progettate, cioè di fare del solaio la superficie di calpestio per un piano superiore.


Anche se l'ordinanza impugnata è palesemente erronea, sia laddove ritiene realizzato un aumento di volumetria, sia laddove ritiene irrilevante ai lini del sequestro che il costruttore Nenzi abbia poi presentato la denuncia all'ufficio del Genio Civile, e ricorre a un'argomentazione confusa laddove ritiene del tutto ipotetico il pericolo di aggravamento del reato, è però evidente che allo stato degli atti non sussistono gli estremi di fatto per legittimare il sequestro preventivo.


Quanto al reato di cui all'art. 14 legge 1086/1971, dopo la presentazione delle denuncia al Genio Civile è venuta meno ogni esigenza cautelare.


Il reato ambientale di cui all'art. 163 D.Lgs. 490/1999 è allo stato inesistente, non potendo ravvisarsi alcun immutamento dello stato del territorio, tale da richiedere il prevenitivo nulla osta ambientale, per opere edilizie realizzate tutte all'interno di un capannone preesistente, senza alcuna ricaduta esterna sulla sagoma o il prospetto di questo.


Quanto al reato urbanistico, ora disciplinato dall'art. 44 del D.P.R. 380/2002, come modificato di D.Lgs. 27.12.2002 n. 201, manca il fumus delicti, essendo pacifico che i lavori realizzati erano conformi alla D.I.A., mentre quelli asseritamente progettati non sono stati neppure iniziati (per es. rendendo accessibile il piano di calpestio del solaio). Come questa corte ha già avuto modo di precisare (Sez. 3^, n. 778 del 3.6.1993, Crispo, rv. 195134;
nonché, in materia di sequestro probatorio, Sez. 3^, n. 2718 del 15.7.1996, Teracina, rv. 205724), non basta a legittimare un sequestro preventivo la semplice intenzione di contravvenire alla norma penale, quando ancora non sia minimamente realizzata, anche se è più o meno logicamente ipotizzabile.


P.Q.M.


La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il 25 marzo 2004.


Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2004

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

Urbanistica e edilizia - Sequestro preventivo - Fondato sulla ipotizzabilità di violazioni edilizie - Illegittimità - Fondamento. Il sequestro preventivo di un immobile in corso di realizzazione, e regolarmente assentito, effettuato sulla base della presunta e ipotizzata intenzione di contravvenire alla norme edilizie o urbanistiche, è illegittimo, atteso che non sussiste in tal caso il "fumus delicti". Pres. Vitalone C. - Est. Onorato P. - P.M. Passacantando G. (Diff.) - Imp. Nocentini ed altri. (Dichiara inammissibile, Trib. Livorno, 1 dicembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 22 giugno 2004 (Cc. 25/03/2004), sentenza n. 27929

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza