Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, dep. 29/12/2005 (ud. 07/12/2005), Sentenza n. 47281
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez.
III, dep. 29/12/2005 (ud. 07/12/2005), Sentenza n. 47281
Pres. Postiglione A. Est. Rel.
Teresi A. Imp. Mazzei S.
P.M. Izzo G. (Conf. Trib. Catanzaro,
07 Luglio 2003)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
- SENTENZA - N. 1392
- del
07/12/2005
- REGISTRO GENERALE - N.
32098/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Signori: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere rel
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da Mazzei Salvatore, nato a Lamezia Tenne il 14.08.1956,
avverso l'ordinanza del Tribunale di Catanzaro in data 7.07.2005 che ha
rigettato l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo
dell'area interessata alla cava sita in Lamezia Terme località S. Sidero emesso
dal GIP in data 17.06.2005;
Visti gli atti, l'ordinanza denunciata e il ricorso;
Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere dott. Alfredo
Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. Gioacchino Izzo, il quale ha chiesto
il rigetto del ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Mario Pilade Chiti, il quale ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
OSSERVA
Con ordinanza 7.07.2005 il Tribunale di Catanzaro rigettava l'istanza di riesame
proposta da Mazzei Salvatore avverso il decreto di sequestro preventivo
dell'area interessata alla cava sita in Lamezia Terme località S. Sidero emesso
dal GIP in data 17.06.2005 per i reati ipotizzati di cui agli art. 44 lettera c)
d.P.R. n.380/2001 e 633 cod. pen.
Rilevava il Tribunale che era stata rilasciata all'indagato la concessione
edilizia n. 7814/2002 per il recupero ambientale di una cava di calcare sita in
una zona interessata all'intervento di recupero
ambientale di cui alla lettera c) dell'art. 6 della legge regionale 12.04.1990
n. 23 per la quale operano le misure minime di salvaguardia di cui all'art. 7
della stessa legge.
L'indagato, però, secondo gli accertamenti eseguiti dal CT del PM, aveva
disatteso in toto le prescrizioni progettuali e il cronoprogramma
stabiliti nella relazione tecnico ambientale sulle modalità d'esecuzione dei
lavori, sì da estendere il fronte della cava; da produrre strapiombi e
ingrottamenti; da incidere il piede della parete esistente determinando, con
esplosivo, distacchi d'ampie zone di roccia.
Non era stato rispettato l'obbligo di mantenere gli scavi a distanza non
inferiore a 10 metri dal torrente Spilinga.
Per la riscontrata difformità dell'esecuzione dei lavori rispetto alla
concessione, il Tribunale riteneva sussistente il fumus del reato
urbanistico ipotizzato perché secondo la legislazione regionale la coltivazione
delle cave rientra tra le attività comportanti trasformazione urbanistica del
territorio comunale con la conseguente necessità del rilascio di un titolo
abilitativo per i lavori.
Sussisteva anche il fumus del reato d'invasione di terreni relativamente
all'occupazione dell'intero alveo del torrente.
Proponeva ricorso per cassazione Mazzei Salvatore denunciando violazione
dell'art. 44 lettera e) del d.P.R. n. 380/2001 perché le numerose Conferenze di
Servizi avevano riscontrato la sostanziale compatibilità dell'attività
estrattiva con le prescrizioni ambientali ed urbanistiche.
Peraltro non era configurabile il reato urbanistico perché per l'attività di
cava non occorre la concessione edilizia essendo la stessa assoggettata
all'autorizzazione regionale.
Inoltre, l'eventuale estensione alle cave del regime del permesso ad opera della
legislazione regionale, non potrebbe comportare alcuna irrogazione di sanzioni
in caso di violazioni.
Tuttavia, nella specie, la disposizione dell'art. 7 della legge regionale citata
non era applicabile dopo il 31 luglio 1991.
11 ricorrente deduceva, altresì, l'insussistenza del fumus del reato di
cui agli articoli 633 e 639 bis cod. pen. per l'impossibilità di
individuare in maniera certa le aree occupate.
Aggiungeva che, sul punto, era intervenuta in data 8.07.2005 sentenza
d'assoluzione per fatti identici o analoghi a quelli per cui si procede.
Denunciava, infine, violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine
all'omessa riduzione dell'oggetto del sequestro per la restituzione agli aventi
diritto di macchinari e strumenti di lavoro; di cumuli di materiali inerti; di
depositi di fanghi di decantazione.
Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza.
Premesso che il controllo della Corte deve essere limitato alla congruità e
coerenza delle valutazioni compiute in sede di merito e che esse non si
sottraggono al sindacato di legittimità se il processo formativo del
convincimento del giudice sia stato condizionato da un procedimento induttivo
contraddittorio o illogico, ovvero da un esame incompleto ed erroneo, va
puntualizzato che, nel procedimento incidentale di sequestro, l'imposizione
della misura cautelare reale è
subordinata al controllo del fumus commissi delicti, ossia
all'accertamento dell'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito
all'agente in una determinata ipotesi di reato, non occorrendo l'esistenza di
gravi indizi di colpevolezza.
Nello stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, il giudice, pur
dovendosi limitare ad una presa d'atto della tesi accusatoria, non può, però,
prescindere dalla individuazione di concreti elementi di fatto per la verifica
dell'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito all'indagato
nell'ipotesi di reato enunciata.
In tale ipotesi l'obbligo della motivazione è assolto quando il giudice accerti
che l'esigenza di prevenzione sia attuale e concreta (Cass. 199701610, RV
208514).
Non può, quindi, essere censurata l'ordinanza impugnata che ha ritenuto, alla
stregua degli dati acquisiti, astrattamente configurabili le ipotizzate
violazioni.
Per l'apertura e la coltivazione di una cava non è richiesta la concessione
edilizia perché la materia delle cave e torbiere è sottoposta al controllo
regionale competente a concedere l'autorizzazione per il loro sfruttamento.
Però, l'attività estrattiva, comportando un mutamento dell'assetto territoriale,
non è avulsa dalla normativa urbanistica, che è strettamente correlata agli
insediamenti sul territorio, sicché la stessa deve svolgersi nel rispetto della
pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, la violazione
dell'art. 20 lett. a) della legge n. 47/1985 [Cass. sezione III, n. 26140/2002
RV.222415; Sezione III n. 460/1996; RV. 203552]
Conseguentemente ha affermato questa Corte che "quando l'immutazione
dell'assetto territoriale deriva dall'esercizio di una cava, la disciplina
urbanistica deve trovare applicazione insieme con la normativa di settore che
regola - ad altri fini - questa attività economica" [Cassazione Sezione I11
n. 646/1993, RV. 194685; conf Corte Cost. 12 marzo 1993, n. 645, Salesi].
La necessità del controllo urbanistico per l'esercizio di una cava deriva dalla
coesistenza di discipline giuridiche diverse aventi diverso oggetto, finalizzate
a scopi distinti, egualmente degni di protezione giuridica e affidate alla cura
di enti diversi (Comuni e Regioni).
Pertanto, se la cava risulti in contrasto con gli strumenti urbanistici
vigenti è configurabile il reato urbanistico [Cassazione SU n. 45101/2001].
Nella specie, l'obbligo dell'indagato di attenersi agli strumenti urbanistici
conseguiva dal rilascio della concessione comunale n. 7814/2002 per il recupero
ambientale di una cava di calcare sita in una zona interessata all'intervento
di recupero ambientale di cui alla lettera c) dell'art. 6 della legge
regionale 12.04.1990 n. 23 per il quale la relazione tecnico ambientale sulle
modalità d'esecuzione dei lavori stabiliva prescrizioni progettuali che, secondo
la verifica del CT, sono state disattese sì da compromettere il piano di
recupero.
Correttamente, quindi, il Tribunale ha ritenuto sussistere il fumus del
reato urbanistico ipotizzato.
Anche per la configurabilità dell'altro reato ipotizzato vi è congrua
motivazione poiché il Tribunale, premesso che non è provato che la prodotta
sentenza assolutoria riguardi i fatti di questo procedimento, ha rilevato che
l'attività estrattiva ha comportato l'occupazione dell'intero alveo del torrente
Spilinga.
Solo in sede di conclusioni finali dell'istanza di riesame l'indagato ha
chiesto, in subordine, la limitazione del provvedimento di sequestro con la
restituzione agli aventi diritto di un impianto di frantumazione di inerti; di
una cisterna contenente gasolio; di un impianto per la produzione di cemento; di
un container, di una vasca di raccolta d'acqua; di un impianto per la produzione
di calcestruzzo; di vasche di decantazione; di cumuli di materiali inerti; di un
deposito di fanghi di decantazione; di una pesa e del relativo locale di
pesatura, di un'officina.
L'omessa restituzione dei macchinari e dei materiali in sequestro, peraltro
strumentali alla commissione dei reati ipotizzati, non richiedeva un'esplicita
motivazione poiché la relativa istanza non è sorretta da specifica motivazione.
Il rigetto del ricorso comporta l'onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
Così deciso nella Camera di Consiglio in Roma il 7 dicembre 2005.
Depositata en Cancelleria il 12 dicembre 2005
1) Cave e Torbiere - Urbanistica e edilizia - Attività di cava e torbiere - Apertura e coltivazione - Autorizzazione regionale - Attività estrattiva - Concessione edilizia - Art. 44 lett. A) D.P.R. n. 380/2001. Per l’apertura e la coltivazione di una cava non è richiesta la concessione edilizia perché la materia delle cave e torbiere è sottoposta al controllo regionale competente a concedere l’autorizzazione per il loro sfruttamento. Mentre, l’attività estrattiva, determinando un mutamento dell’assetto territoriale non è avulsa dalla normativa urbanistica e deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale configurandosi, in difetto, la violazione dell’articolo 44 lettera A) del d.p.r. n. 380/2001 (Cass. sezione III, n. 26140/2002 RV.222415; Sezione III n. 460/1996; RV. 203552). Inoltre, "quando l'immutazione dell'assetto territoriale deriva dall'esercizio di una cava, la disciplina urbanistica deve trovare applicazione insieme con la normativa di settore che regola - ad altri fini - questa attività economica" (Cassazione Sezione I11 n. 646/1993, RV. 194685; conf Corte Cost. 12 marzo 1993, n. 645, Salesi). Pres. Postiglione - Est. Teresi - Imp. Mazzei. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 dicembre 2005 (Ud. 7 dicembre 2005), Sentenza n. 47281
2) Cave e Torbiere - Urbanistica e edilizia - Controllo urbanistico per l'esercizio - Necessità - Contrasto con gli strumenti urbanistici - Reato urbanistico - Sussistenza. In tema di cava, la necessità del controllo urbanistico per l'esercizio della stessa deriva dalla coesistenza di discipline giuridiche diverse aventi diverso oggetto, finalizzate a scopi distinti, egualmente degni di protezione giuridica e affidate alla cura di enti diversi (Comuni e Regioni). Pertanto, se la cava risulti in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti è configurabile il reato urbanistico (assazione SU n. 45101/2001). Pres. Postiglione - Est. Teresi - Imp. Mazzei. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 dicembre 2005 (Ud. 7 dicembre 2005), Sentenza n. 47281
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