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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006(C.c 29/11/2005 ), Sentenza n. 6990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005 ), Sentenza n. 6990
(Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni)
CAMERAZ DI CONSIGLIODEL 29/11/2005
SENTENZA
N. 1333
REGISTRO GENERALE
N. 26662/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Ernesto Lupo
1.Dott.Ciro Petti
2.Dott. Mario Gentile
3.Dott.Amedeo Franco
4.Dott.Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da A. F. C., legale rappresentante della s.r.l. P.2.;
avverso l'ordinanza emessa il 12 aprile 2005 dal tribunale di Sassari, quale giudice del riesame;
udita nella udienza in camera di consiglio del 29 novembre 2005 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Angelo Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori avv. Giovanni Gerbi e avv. Massimo Krogh;
Svolgimento del processo
Con ordinanza del 12 aprile 2005, il tribunale del riesame di Sassari confermò il sequestro preventivo di terreni ed immobili disposto dal giudice per le indagini preliminari di quella città il 17 maggio 2005 nei confronti di A. F. C., legale rappresentante della s.r.l. P.2., in relazione al reato di cui all'art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato una lottizzazione abusiva di terreni.
I fatti erano così rappresentati. Il comune di Stintino aveva rilasciato al dante causa della P.2. una concessione edilizia per la realizzazione di un albergo a villette, preceduta dalla approvazione, il 16.4.1999, della lottizzazione con destinazione d'uso alberghiera, destinazione che aveva consentito, in deroga agli strumenti urbanistici, una volumetria maggiore di quella normalmente assentita. La società, invece, ancor prima dell'inizio della costruzione, aveva stipulato con dei privati preliminari di compravendita di singole unità immobiliari, che così avrebbero perduto la destinazione alberghiera per assumere quella residenziale. In tal modo, secondo l'accusa, si sarebbe ottenuto il frazionamento e la vendita del terreno senza la prescritta autorizzazione ed in violazione degli strumenti urbanistici, in quanto la lottizzazione, che aveva consentito una maggiore volumetria rispetto a quella prevista dagli strumenti urbanistici, era stata consentita solo per destinazione d'uso alberghiera.
Osservò nel merito il tribunale del riesame che la attività negoziale posta in essere aveva il fine di eludere il vincolo di destinazione pubblica dell'opera, facendo venir meno l'offerta di ospitalità al pubblico tipica della destinazione alberghiera, non essendo questo fine perseguibile attraverso la imposizione dei limiti negoziali posti in essere nella specie. Si era quindi verificata una modifica di destinazione d'uso del terreno, che determinava il contrasto con gli strumenti urbanistici.
L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
a) violazione degli artt. 321 e 322 cod. proc. pen. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 31, 32 e 44 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380. Osserva in primo luogo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla ordinanza impugnata, la proprietà frazionata e quindi la vendita frazionata di un albergo non è incompatibile con la destinazione d'uso alberghiera e pertanto non comporta di per sé mutamento di destinazione d'uso. Nella specie proprio gli atti negoziali posti in essere dimostrano che non è venuta meno la destinazione alberghiera e che non vi è stato alcuna modifica di destinazione d'uso.
b) In secondo luogo osserva che ove si modifichi la destinazione d'uso degli immobili oggetto di un piano di lottizzazione neppure astrattamente si può configurare il reato di lottizzazione abusiva. Infatti, la modifica di destinazione d'uso può comportare solo una variazione essenziale del permesso di costruire, che integra il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, ma non una lottizzazione abusiva. All'Ambrosioni non è stato contestato di aver venduto dei lotti di terreno con atti che denuncino la destinazione a scopo edificatorio (lottizzazione negoziale) perché la edificazione è stata assentita dalla pubblica amministrazione proprio con un piano di lottizzazione e quel che si è venduto non è stato il terreno ma quote di fabbricato con proporzionali quote del compendio immobiliare. Il fatto contestato è di aver determinato, attraverso la vendita, una modifica di destinazione d'uso dei manufatti oggetto del piano di lottizzazione. Ma tale mutamento non può configurare mai il reato di lottizzazione abusiva, la quale, in presenza di un piano di lottizzazione, non è prospettabile solo perché il piano di lottizzazione venga attuato con difformità più o meno rilevanti rispetto a quanto approvato e convenzionato.
Motivi della decisione
Va in via preliminare ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro:
- la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Sez. Un., 1.11.1992, Midolini);
- l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. Un., 20.11.1996, Bassi, m. 206.657).
Va altresì ricordato che, secondo il combinato disposto degli artt. 324, 325 e 355, 3° comma, c.p.p., il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza di riesame di provvedimenti in materia di sequestro preventivo e probatorio è proponibile solo per violazione di legge, non anche per difetto o illogicità della motivazione, sicché sono inammissibili le censure attinenti alla motivazione del provvedimento impugnato.
Nel caso in esame, gli elementi addotti dall'accusa - della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi (demandandosi ogni ulteriore approfondimento al prosieguo delle indagini e spettando poi al giudice del merito la compiuta verifica) - consentono congruamente di configurare l'ipotesi di reato contestata, in una situazione in cui le contrarie prospettazioni difensive del ricorrente non valgono ad escludere la sussistenza del fumus del reato medesimo.
Il ricorrente deduce, in primo luogo, che la vendita frazionata di un albergo non ha alcuna attinenza, di per sé sola, con la destinazione d'uso alberghiera. Il tribunale del riesame avrebbe perciò errato nel sostenere la tesi che la proprietà frazionata di un albergo, e quindi la sua vendita frazionata, sono incompatibili con la permanenza della destinazione d'uso alberghiera, sicché tale vendita frazionata comporterebbe sempre, di per sé, il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile.
Il motivo è infondato perché il tribunale del riesame non ha affatto affermato questo principio di diritto, ma ha riconosciuto la possibilità giuridica di una vendita in multiproprietà di un albergo senza che solo per questo debba necessariamente ritenersi venuta meno la sua destinazione d'uso alberghiera. Ha invece ritenuto che, nello specifico caso concreto, in considerazione delle concrete modalità con cui erano state compiute le vendite frazionate, dei tempi in cui queste erano avvenute e delle specifiche pattuizioni intercorse con i promissari acquirenti, sussistesse il fumus che non si trattasse di una vendita frazionata di un complesso alberghiero ma in realtà di una serie di vendite delle singole villette per una loro destinazione ad uso residenziale da parte dei singoli promissari acquirenti, con la conseguenza che il complesso in via di costruzione aveva perduto la prevista destinazione ad uso alberghiero per assumere una destinazione d'uso residenziale.
Il tribunale del riesame ha fondato questo convincimento di fatto sulla base di una adeguata motivazione, ed in particolare in considerazione delle seguenti circostanze:
- le clausole contrattuali pattuite lasciavano alla decisione del singolo privato acquirente stabilire se e quando, in quali limiti ed in quali periodi stipulare eventualmente contratti di locazione della porzione di immobile di sua proprietà;
- le clausole contrattuali, pertanto, non garantivano la realizzazione dell'offerta di ospitalità al pubblico, che è l'elemento caratteristico di una destinazione a struttura alberghiera, facendola dipendere unicamente dalla volontà dei singoli proprietari;
- la gestione unitaria era in realtà assicurata e garantita esclusivamente per le parti comuni dell'edificio, non diversamente da quanto avviene in qualsiasi edificio condominiale;
- non poteva ovviamente, in una siffatta situazione, ritenersi che permanesse una destinazione d'uso alberghiera dell'immobile, solo perché questa era formalmente richiamata nei contratti di vendita e nei regolamenti allegati;
- uno dei promissari acquirenti aveva confermato che, al momento dell'acquisto, la società venditrice gli aveva chiaramente prospettato che ciò che stava acquistando era una casa di abitazione e non una porzione di albergo;
- i contratti preliminari stipulati dal prevenuto non rispettavano i parametri indicati dalla giurisprudenza amministrativa per il mantenimento di una destinazione d'uso alberghiera nel caso di vendita frazionata, in quanto si limitavano a stabilire, in maniera del tutto generica, che la società di gestione avrebbe stipulato gli eventuali contratti di locazione, senza tuttavia fare espresso richiamo alle regole del contratto di albergo e nemmeno ai periodi nei quali le singole villette avrebbero dovuto essere necessariamente locate ad uso alberghiero, periodi che avrebbero dovuto invece essere espressamente previsti ed indicati, se davvero il fine fosse stato quello di mantenere la destinazione d'uso alberghiera.
Non può quindi certamente ritenersi che sia mancante la motivazione con la quale il tribunale del riesame ha fondato il convincimento che l'indagato stava in realtà realizzando non un complesso edilizio con destinazione d'uso alberghiera, ma un complesso di villette con destinazione d'uso residenziale.
Con il secondo motivo il ricorrente sostiene sostanzialmente che non sarebbe mai nemmeno configurabile, in astratto, il reato di lottizzazione abusiva qualora venga solo modificata la destinazione d'uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione. Nella specie, quindi, sarebbe semmai configurabile solo una ipotesi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto alla concessione edilizia, ma non una lottizzazione abusiva sia perché egli non avrebbe venduto lotti di terreno con destinazione a scopo edificatorio ma quote di fabbricato con proporzionali quote del compendio immobiliare, sia perché non vi era alcuna violazione di norme che vietassero la lottizzazione dal momento che questa era stata assentita mediante un piano di lottizzazione convenzionato.
Anche questo motivo è però infondato.
I giudici del merito hanno infatti accertato che, ancor prima dell'inizio della costruzione, la società dell'imputato aveva stipulato contratti preliminari di compravendita con privati, in tal modo procedendo ad un frazionamento del complesso immobiliare in maniera tale che le singole unità immobiliari venivano a perdere la destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale.
Non vale sostenere che il reato non sarebbe configurabile perché i lavori erano assentiti da un piano di lottizzazione convenzionato. Tale piano, infatti, prevedeva esclusivamente la destinazione del complesso da realizzare ad uso pubblico alberghiero ed era stato adottato unicamente in virtù della destinazione d'uso prevista ed autorizzata, tanto che solo a causa di questa specifica destinazione era stato possibile consentire una deroga agli strumenti urbanistici ed autorizzare una volumetria ulteriore rispetto, a quella che si sarebbe potuto altrimenti assentire.
In modo ineccepibile, quindi, i giudici del merito hanno ritenuto che la condotta posta in essere dell'indagato ha in pratica comportato una completa espropriazione del potere di controllo nella gestione del territorio da parte dell'ente pubblico.
Altrettanto ineccepibilmente è stato rilevato che l'art. 30 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, individua la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio nella trasformazione materiale o negoziale «in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottate»; e che la condotta posta in essere, modificando la destinazione d'uso dell'immobile fin dal momento della sua realizzazione, si è posta in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione. Questa Corte, del resto, ha già più volte affermato che il reato di lottizzazione abusiva può realizzarsi mediante una modificazione urbanistico o edilizia dei terreni, che conferisca ad una porzione del territorio comunale un assetto differente e che sia posta in essere non solo in assenza di autorizzazione ma anche in totale difformità dalla stessa ed in violazione degli strumenti urbanistici vigenti od approvati (cfr. Sez. III, 7 aprile 2004, Casarin, m. 228.612).
Ed in un caso analogo a quello in esame, questa Corte, nell'affermare il principio che «il reato di lottizzazione abusiva è ravvisabile non solo nel compimento di atti giuridici, come la suddivisione del terreno e l'alienazione dei lotti fabbricabili, ma anche nell'esplicazione di attività materiali, come la costruzione di edifici ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione, allorquando gli anzidetti atti ed attività risultano diretti ad utilizzare e pianificare il territorio a scopi edilizi, in mancanza di un piano di lottizzazione convenzionale e di altro strumento equipollente attuativo del piano regolatore generale», ha ritenuto sussistente la configurabilità del reato in una ipotesi in cui vi era stata la modificazione di destinazione d'uso, senza concessione, delle unità immobiliari facenti parte di un «complesso alberghiero residenziale» e la vendita parcellizzata di alcune di esse (Sez. III, 2 marzo 2004, Repino, m. 228.608).
In sostanza, l'attività posta in essere dall'indagato di costruzione di un complesso immobiliare costituito da villette destinate ad uso residenziale, non può ritenersi assentita da un piano di lottizzazione convenzionato, dal momento che quello esistente ha un oggetto del tutto diverso e riguarda unicamente un complesso immobiliare a destinazione alberghiera. In ogni caso, le opere realizzate comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni contenute in quello strumento urbanistico che è appunto costituito dal piano di lottizzazione. Nel caso in esame, poi, le trasformazioni realizzate si pongono anche in contrasto con gli strumenti urbanistici più generali che per quella zona e per quella volumetria consentivano soltanto opere aventi un interesse pubblico perché destinate ad uso alberghiero, mentre per le altre opere erano consentite solo volumetrie inferiori.
Dal che deriva che, quand'anche per ipotesi si volesse ritenere l'edificazione de qua assentita da una autorizzazione, la stessa sarebbe comunque invalida per contrasto con gli strumenti urbanistici. E, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, «il reato di lottizzazione è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per difetto di autorizzazione sia per il contrasto della stessa con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, sussistendo in capo ai soggetti che partecipano al piano di lottizzazione l'obbligo di controllare la conformità dell'intera lottizzazione e/o delle singole opere alla normativa urbanistica ed alle previsioni di pianificazione, ed atteso che l'interesse protetto dalla legge 28 febbraio 1985 n. 47 non è soltanto quello di assicurare il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione, ma altresì quello di garantire che lo sviluppo urbanistico si realizzi concretamente in aderenza all'assetto risultante dagli strumenti urbanistici» (Sez. III, 29 gennaio 2001, Matarrese, m. 221.204).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2005.
1) Urbanistica e edilizia - Lottizzazione abusiva in vendita simulata di multiproprietà alberghiera. Configura il reato di lottizzazione abusiva la vendita simulata in "multiproprietà alberghiera" di un edificio avente originaria destinazione alberghiera ma in realtà venduto in singole unità immobiliari a destinazione residenziale. Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
2) Urbanistica e edilizia - Lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio - Trasformazione materiale o negoziale - Modifica della destinazione d'uso dell'immobile - Violazione degli strumenti urbanistici - Art. 30 D.P.R. n. 380/2001. L'art. 30 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, individua la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio nella trasformazione materiale o negoziale «in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottate»; e che la condotta posta in essere, modificando la destinazione d'uso dell'immobile fin dal momento della sua realizzazione, se è posta in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione. Sicché, il reato di lottizzazione abusiva può realizzarsi mediante una modificazione urbanistico o edilizia dei terreni, che conferisca ad una porzione del territorio comunale un assetto differente e che sia posta in essere non solo in assenza di autorizzazione ma anche in totale difformità dalla stessa ed in violazione degli strumenti urbanistici vigenti od approvati (cfr. Sez. III, 7 aprile 2004, Casarin, m. 228.612). Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
3) Urbanistica e edilizia - Lottizzazione abusiva - Elementi - Fattispecie. In materia urbanistica, il reato di lottizzazione abusiva è ravvisabile non solo nel compimento di atti giuridici, come la suddivisione del terreno e l'alienazione dei lotti fabbricabili, ma anche nell'esplicazione di attività materiali, come la costruzione di edifici ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione, allorquando gli anzidetti atti ed attività risultano diretti ad utilizzare e pianificare il territorio a scopi edilizi, in mancanza di un piano di lottizzazione convenzionale e di altro strumento equipollente attuativo del piano regolatore generale», ha ritenuto sussistente la configurabilità del reato in una ipotesi in cui vi era stata la modificazione di destinazione d'uso, senza concessione, delle unità immobiliari facenti parte di un «complesso alberghiero residenziale» e la vendita parcellizzata di alcune di esse (Sez. III, 2 marzo 2004, Repino, m. 228.608). Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
4) Urbanistica e edilizia - Lottizzazione abusiva - C.d. reato a consumazione alternativa. Il reato di lottizzazione è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per difetto di autorizzazione sia per il contrasto della stessa con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, sussistendo in capo ai soggetti che partecipano al piano di lottizzazione l'obbligo di controllare la conformità dell'intera lottizzazione e/o delle singole opere alla normativa urbanistica ed alle previsioni di pianificazione, ed atteso che l'interesse protetto dalla legge 28 febbraio 1985 n. 47 non è soltanto quello di assicurare il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione, ma altresì quello di garantire che lo sviluppo urbanistico si realizzi concretamente in aderenza all'assetto risultante dagli strumenti urbanistici» (Sez. III, 29 gennaio 2001, Matarrese, m. 221.204). Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
5) Procedura e varie - Provvedimenti di sequestro - Riesame - C.d. controllo di compatibilità - Antigiuridicità penale del fatto. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Sez. Un., 1.11.1992, Midolini). Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
6) Procedura e varie - Provvedimenti di sequestro - Accertamento del fumus commissi delicti - Presupposti che legittimano il sequestro - Esame. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. Un., 20.11.1996, Bassi, m. 206.657). Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
7) Procedura e varie - Ordinanza di riesame di provvedimenti in materia di sequestro preventivo e probatorio - Ricorso per Cassazione - Motivazione - Fondamento. Secondo il combinato disposto degli artt. 324, 325 e 355, 3° comma, c.p.p., il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza di riesame di provvedimenti in materia di sequestro preventivo e probatorio è proponibile solo per violazione di legge, non anche per difetto o illogicità della motivazione, sicché sono inammissibili le censure attinenti alla motivazione del provvedimento impugnato. Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/2/2006 (C.c 29/11/2005), Sentenza n. 6990
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