Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. SICILIA,
Palermo, Sez. II – 25 gennaio 2006, n. 202
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
della Sicilia, Sede di Palermo,
SECONDA SEZIONE
N. 202/06 Reg. Sent.
N. 319 Reg. Gen.
ANNO 2001
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sede di Palermo, Sezione
Seconda, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso R.G. n. 319/01, proposto da ROCCA SABECO S.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a
margine del ricorso, dall’avv. Paolo Lo Verde, presso il cui studio in Palermo,
via XX Settembre, n. 48, è elettivamente domiciliato;
CONTRO
l’Ente Parco delle Madonie, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso, giusta delibera di C.E. n. 178 del 2 ottobre 2004 e per
procura a margine della memoria di costituzione, dall’avv. prof. Gaetano Armao,
presso il cui studio in Palermo, via Noto n. 12, è elettivamente domiciliato;
PER L’ANNULLAMENTO
della determinazione n. 243 del 13 novembre 2000, comunicata il giorno 17
successivo, con il quale il Presidente dell’Ente Parco delle Madonie ha
autorizzato - con particolari condizioni - l’attività estrattiva nella cava di
calcare sita in Cefalù, contrada Santo Biagio, nonché di ogni altro atto
presupposto e consequenziale.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione e difesa dell’Amministrazione intimata;
Visti le memorie depositate dalle parti in vista della udienza;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il referendario Aurora Lento;
Uditi alla pubblica udienza del 1° dicembre 2005 l’avv. Paolo Lo Verde, per la
ricorrente e l’avv. Tiziana Milana, in sostituzione dell’avv. prof. Gaetano
Armao, per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato:
FATTO
Con ricorso, notificato l’11 gennaio 2001 e depositato il giorno 23 successivo,
la Rocca Sabeco S.p.a., premesso di coltivare dal 1972 una cava di calcare
regolarmente autorizzata in contrada Santo Biagio a Cefalù, ha impugnato il
provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Presidente dell’Ente Parco
Madonie ha autorizzato - con condizioni - la prosecuzione di tali attività,
chiedendone l’annullamento, vinte le spese, per i seguenti motivi di diritto:
1) Eccesso di potere per sviamento.
La previsione di un abbassamento della altezza dei gradoni comporterebbe gravi
perdite economiche e sarebbe illegittima, in quanto motivata con riferimento
alla tutela della sicurezza degli operatori, la quale esulerebbe dalle
competenze istituzionali dell’Ente Parco.
2) Eccesso di potere per omessa e/o carente motivazione.
L’aumento del numero dei gradoni, conseguente alla previsione di un loro
abbassamento, comporterebbe grossissime perdite economiche e non sarebbe stato
adeguatamente motivato. Non sarebbe stato, in particolare, adeguatamente
bilanciato l’interesse pubblico con il diritto alla iniziativa economica ed al
lavoro.
3) Illogicità manifesta.
Nella imposizione delle condizioni relative ai gradoni non si sarebbe tenuto
adeguatamente conto della intervenuta irreversibile trasformazione dello stato
dei luoghi conseguente allo svolgimento da quasi trenta anni della attività
estrattiva e della circostanza che gli stessi non sarebbero comunque visibili.
Si è costituito in giudizio l’Ente Parco delle Madonie, che ha chiesto il
rigetto del ricorso, in quanto infondato, stante il corretto esercizio del
potere in considerazione della preminente finalizzazione delle condizioni
imposte alla tutela dell’ambiente.
Con memorie depositate in vista della udienza sia la ricorrente che
l’Amministrazione resistente hanno insistito nelle domande formulate in
precedenza.
Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2005, su conforme richiesta dei difensori
delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. La controversia concerne il provvedimento, con il quale il Presidente
dell’Ente Parco delle Madonie ha autorizzato la prosecuzione da parte della
ricorrente dell’attività estrattiva nella cava di calcare sita nella contrada
Santo Biagio di Cefalù, assoggettandola a “condizioni e/o prescrizioni atte a
limitare gli impatti ambientali” ed, in particolare, alla seguente indicazione:
“i gradoni/strada dovranno essere previsti di larghezza non inferiore a ml. 7.00
(nello stato attuale rappresentati anche di circa ml 4.00) per garantire la
sicurezza degli operatori e i fronti di scavo mediamente non dovranno superare i
ml. 12,00”.
Con i primi due motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati
congiuntamente, si deduce che la previsione di un abbassamento della altezza dei
gradoni sarebbe illegittima, in quanto non adeguatamente motivata. Si sarebbe,
in particolare, fatto riferimento esclusivamente alla tutela della sicurezza
degli operatori (che esulerebbe dalle competenze istituzionali dell’Ente Parco)
e non sarebbe stata adeguatamente valutata la perdita economica conseguente al
rispetto della prescrizione in questione.
La doglianza è fondata secondo quanto di seguito specificato.
L’art. 3, comma 4, della l.r. 6 ottobre 1999, prevede che “per le cave esistenti
ed autorizzate alla data di entrata in vigore della presente legge e ricadenti
all'interno dei parchi regionali in zone classificate D, al fine della
prosecuzione delle attività occorrerà apposito nulla osta rilasciato dal
presidente dell'Ente parco, sentito il comitato tecnico-scientifico, purché si
proceda a contestuale recupero ambientale delle aree di cava utilizzando
esclusivamente tecniche di rinaturazione e di ingegneria naturalistica. Il nulla
osta deve contenere adeguate prescrizioni per la minimizzazione dell'impatto
ambientale e per la riduzione dei volumi estraibili autorizzati”.
La ratio legis della succitata disposizione è quella di armonizzare e rendere
compatibile l’attività di coltivazione di cave con le esigenze di tutela
ambientale sottese alla istituzione dei parchi naturalistici.
Ne deriva che le prescrizioni imposte dal Presidente dell’Ente Parco in seno al
nulla – osta debbano avere come loro principale, sebbene non esclusiva,
giustificazione la tutela del paesaggio.
In altri termini, se può ammettersi che le condizioni imposte alla attività
estrattiva siano finalizzate in via secondaria e subordinata a tutelare
interessi ulteriori – quale è quello della sicurezza dei lavoratori –, è
comunque imprescindibile la loro principale funzionalizzazione alla salvaguardia
dell’ambiente, che rappresenta la ragione della istituzione dei parchi.
Nella specie, il nulla osta impugnato fa riferimento in maniera molto generica
alla finalizzazione di tutte le prescrizioni imposte alla “limitazione degli
impatti ambientali” ed in maniera più puntuale alla funzionalizzazione
dell’abbassamento della altezza dei gradoni alla “garanzia della sicurezza dei
lavoratori”.
Orbene, per le ragioni suesposte, il riferimento alla salvaguardia delle
esigenze dei lavoratori non è di per sé sufficiente a giustificare le
limitazioni imposte all’attività estrattiva, per cui occorre chiedersi se,
prescindendo da tale riferimento, la motivazione del provvedimento sia o meno
adeguata.
A tal proposito occorre richiamare l’art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990,
n. 241, il quale prevede che: “Ogni provvedimento amministrativo (…) deve essere
motivato (…). La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni
giuridiche che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze
della istruttoria”.
La surrichiamata disposizione è costantemente interpretata dalla giurisprudenza
nel senso che la motivazione degli atti amministrativi rappresenta uno strumento
di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità, anche allo scopo,
costituzionalmente garantito (art. 113 Cost.), di far conoscere agli interessati
le ragioni, che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che
ne impediscono l'ampliamento ed a quello di consentire il sindacato di
legittimità da parte del giudice amministrativo (fra le tante Consiglio di
Stato, V, 3 aprile 2000, n. 1904; IV, 16 marzo 1999, n. 287; TAR Sicilia –
Palermo, I, 18 gennaio 2001, n. 38).
Orbene, nella fattispecie esaminata il generico riferimento alla “limitazione
dell’impatto ambientale” non consente né all’interessato, né al giudice di
comprendere le ragioni, sulla base delle quali è stato imposto l’abbassamento
dell’altezza dei gradoni, per cui la motivazione deve ritenersi carente ed il
provvedimento impugnato illegittimo.
Ne deriva che, assorbito il terzo motivo, il ricorso deve ritenersi fondato e va
accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, fatti salvi,
naturalmente, gli ulteriori provvedimenti della Amministrazione.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio
tra le parti.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sede di Palermo, Sezione
Seconda, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il
provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti
dell’Amministrazione.-----------------
Spese compensate.-------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.-------------------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 1° dicembre 2005, con
l'intervento dei Signori Magistrati:
- CALOGERO ADAMO - Presidente
- COSIMO DI PAOLA - Consigliere
- AURORA LENTO - Referendario, estensore.
Depositato in Segreteria il 25.1.2006
Il Direttore
Maria Rosa Leanza
1) Cave, miniere e torbiere – Aree protette – Regione Siciliana – L.R. 6 ottobre 1999 – Cave esistenti ricedenti all’interno di parchi regionali – Nulla osta rilasciato dal Presidente dell’Ente Parco – Prescrizioni – Imprescindibilità della loro funzionalizzazione alla salvaguardia dell’ambiente – Prescrizioni dirette a garantire la sicurezza dei lavoratori – Illegittimità. In tema di cave esistenti ricadenti all’interno di parchi regionali, il nulla osta rilasciato dal Presidente dell’Ente Parco, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della l.r. 6 ottobre 1999, deve avere come sua principale, sebbene non esclusiva, giustificazione la tutela del paesaggio (“l’impatto ambientale”, secondo la lettera della legge). In altri termini, se può ammettersi che le condizioni imposte alla attività estrattiva siano finalizzate in via secondaria e subordinata a tutelare interessi ulteriori, è comunque imprescindibile la loro principale funzionalizzazione alla salvaguardia dell’ambiente, che rappresenta la ragione della istituzione dei parchi. Ne deriva l’illegittimità del nulla osta che rechi prescrizioni dirette, in via prioritaria, alla garanzia della sicurezza dei lavoratori (Nella specie, era stato imposto l’abbassamento dell’altezza dei gradoni finalizzato alla tutela della sicurezza degli operatori, con generiche prescrizioni dirette alla limitazione degli impatti ambientali) Pres. Adamo, Est. Lento – R.S. s.p.a. (avv. Lo Verde) c. Ente Parco delle Madonie (avv. Armao) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 25 gennaio 2006, n. 202
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