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RIFIUTI - Sottoprodotti - Attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi - Legislazione previgente - Disciplina applicabile - D. L.vo 3.4.2006 n. 152 - L. n. 178/2002. L'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. l), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, senza che risulti riprodotta l'eccezione alla applicabilità della normativa in materia di rifiuti di cui all'abrogato articolo 14. Nella specie, la disciplina abrogata è più favorevole per l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art. 2, comma 3, C.P. (principio del favor rei). Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Poli. (Conferma sentenza del 17.3.2005 Tribunale di Lucca). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10264
Udienza pubblica del 26.01.2007
SENTENZA N. 279
REG. GENERALE n. 35558/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Enrico Papa Presidente
2. Dott. Pierluigi Onorato Consigliere
3. Dott. Ciro Petti Consigliere
4. Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
5. Dott. Mario Gentile Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Giovanni Iacopetti, difensore di fiducia di Poli Riccardo, n. a Lucca il 25.8.1973, e di Colombini Franco, n. a Pietrasanta il 2.6.1941, avverso la sentenza in data 17.3.2005 del Tribunale di Lucca, con la quale vennero condannati, il Poli alla pena di € 4.000,00 di ammenda ed il Colombini alla pena di € 3.500,00 di ammenda, quali colpevoli entrambi del reato: 1) di cui agli art. 81 cpv., 110 c.p. 10, comma 2, e 51, comma l lett. a)del D. L.vo n. 22/97 ed il solo Poli del reato: 2) di cui agli art. 81 cpv. c.p. e 51, comma 4 in relazione al comma 1 lett. a), del D.L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Giovanni Iacopetti, che ha concluso per l'accoglimento
del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lucca ha affermato la colpevolezza di
Poli Riccardo e Colombini Franco in ordine al reato: 1) di cui agli art. 81 cpv.,
110 c.p. 10, comma 2, e 51, comma 1 lett. a), del D.L.vo n. 22/97, nonché il
solo Poli del reato: 2) di cui agli art. 81 cpv. c.p. e 51, comma 4 in relazione
al comma 1 lett. a), del D. L.vo n. 22/97.
Gli imputati erano stati tratti a
giudizio per rispondere del reato di cui al capo 1) della rubrica per avere,
nella rispettiva qualità di legali rappresentanti, il Poli della ditta "Euroservice
Tre S.r.l." ed il Colombini della ditta "Eurosak Imballaggi Industriali S.p.A.",
effettuato attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti
da scarti di materie plastiche, in assenza della prescritta autorizzazione fino
al 20.8.2003, ed il Poli perché, nella già precisata qualità, ometteva di
rispettare le condizioni previste dalla comunicazione inviata alla Provincia di
Lucca ed in particolare per avere mantenuto in deposito 137 tonnellate di
rifiuti, mentre la comunicazione prevedeva un limite massimo di 100 tonnellate,
e per avere effettuato il deposito al di fuori delle aree indicate nella
predetta comunicazione.
Il giudice di merito ha fondato l'affermazione della colpevolezza degli imputati
sull'accertamento di fatto che la ditta di cui era legale rappresentante il Poli
svolgeva attività di recupero di rifiuti non pericolosi, costituiti da scarti di
materie plastiche inviate dalla ditta di cui era responsabile il Colombini, in
assenza della prescritta autorizzazione, avendo regolarizzato la propria
posizione solo a decorrere dal luglio 2003, ed il primo imputato aveva altresì
violato le prescrizioni della autorizzazione precisate nella imputazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati che la
denuncia per carenza di motivazione e violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La difesa dei ricorrenti premette in punto di fatto che gli stabilimenti di cui
sono legali rappresentanti gli imputati sono confinanti; che la Eurosak S.p.A.
produce film di polietilene, film di polipropilene, film termoretraibile, sacchi
"a valvola" e sacchi a "bocca aperta" in polietilene; che il materiale plastico
residuato da detta lavorazione, previo temporaneo deposito sul piazzale attiguo
alla ditta Euroservice Tre S.r.l., viene affidato a tale azienda che lo lavora,
traendone nuova materia prima, poi utilizzata direttamente dalla Eurosak.
A prova delle indicate risultanze fattuali i ricorrenti riportano parti delle
deposizioni testimoniali assunte in dibattimento, in cui le stesse trovano
riscontro.
Tanto premesso, con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la
sentenza per mancanza di motivazione.
Si osserva che dinanzi al giudice di merito era stata contestata la natura di
rifiuto del materiale plastico residuato dalle produzioni della Eurosak S.p.A.
ed affidato alla Euroservice Tre S.r.l. affinché lo lavorasse, traendone nuova
materia prima utilizzabile dalla Eurosak, trattandosi di materie prime
secondarie utilizzate nell'ambito del medesimo processo produttivo; che la
sentenza impugnata, malgrado le deduzioni della difesa degli imputati sul punto,
ha totalmente omesso di esaminare la questione circa la natura di rifiuti delle
sostanze di cui si tratta, né il giudice di merito ha effettuato alcuna
valutazione in ordine all'elemento psicologico del reato, la cui sussistenza
poteva ritenersi dubbia alla luce della definizione di rifiuto contenuta nella
legge.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata
applicazione degli art. 51, comma 1, e 6 del D.L.vo n. 22/97 alla luce della
interpretazione autentica della nozione di rifiuto contenuta nell'art. 14 del
D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito in L. 8.8.2002 n. 178.
Si deduce che i materiali di cui alla contestazione costituiscono materie prime
secondarie provenienti dal cielo produttivo della Eurosak ed affidate in conto
lavorazione alla Euroservice Tre, la cui lavorazione si pone in continuità con
quella della Eurosak.
Si osserva sul punto che le bobine ed i frammenti di plastica di cui si tratta
non possono essere qualificati rifiuto, ai sensi della interpretazione autentica
di detta nozione contenuta nella disposizione di legge citata, non potendo
considerarsi rifiuti le sostanze o i materiali residuali di produzioni, allorché
gli stessi possono e sono effettivamente riutilizzati nello stesso o in analogo
ciclo produttivo, senza subire alcun trattamento preventivo o dopo aver subito
un trattamento preventivo, senza che si rendano necessarie operazioni di
recupero individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22/97; che i
residui di produzione di cui si tratta rispondono ai requisiti indicati dalla
norma citata.
Il ricorso non è fondato.
Il giudice di merito ha esattamente affermato la colpevolezza degli imputati in
ordine ai reati loro ascritti sulla base delle accertate risultanze fattuali, ma
la motivazione della sentenza deve essere integrata con i rilievi che seguono in
punto di attribuzione della natura di rifiuto alle sostanze di cui si tratta.
Osserva preliminarmente la Corte che l'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138,
convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato
dall'art. 264, comma 1 lett. 1), del D.L.vo 3.4.2006 n. 152, senza che risulti
riprodotta l'eccezione alla applicabilità della normativa in materia di rifiuti
di cui all'abrogato articolo 14.
Le sostanze di cui si tratta inoltre
rientrano nella categoria dei rifiuti ai sensi dell'art. 183, comma 1 lett. a)
del medesimo decreto legislativo (codice CER 160119).
Rileva, quindi la Corte che la disciplina abrogata è più favorevole per
l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art.
2, comma 3, c.p..
Anche in applicazione della norma più favorevole, però, i residui di lavorazione
della plastica di cui si tratta non si sottraggono alla definizione di rifiuto.
Ai sensi del citato art. 14 del D. L. n. 138/2002, convertito in L. n. 178/2002,
rientrano nella nozione di rifiuto i beni o sostanze e materiali residuali di
produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni:
"a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo,
senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare
pregiudizio all'ambiente;
b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo,
dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna
operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto
legislativo n. 22."
Va, poi, rilevato che tra le operazioni di recupero previste dall'allegato C al
D.L.vo n. 22/97 rientrano le operazioni di "Riciclo/recupero di altre sostanze
inorganiche" (R5).
Orbene, nel caso in esame, in base a quanto dedotto dagli stessi ricorrenti in
punto di fatto, peraltro sulla base delle deposizioni testimoniali riportate nel
ricorso, risulta che le materie plastiche residuate dalla attività produttiva
della Eurosak (residui di plastica e bobine) venivano trasformate in granuli
dalla Euroservice Tre e dopo tale trasformazione venivano nuovamente utilizzate
come materia prima dalla Eurosak.
Si tratta, pertanto, di un'operazione che rientra senza ombra di dubbio nella
definizione di attività di riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche di cui
al citato punto R5 dell'allegato C.
Pertanto, sia pure dovendosi integrare la motivazione della sentenza impugnata
nei sensi sopra precisati, la applicazione della normativa in materia di rifiuti
da parte del giudice di merito si palesa giuridicamente corretta.
Gli scarti di lavorazione di cui si
tratta non rientrano neppure nella definizione di sottoprodotto di cui all'art.
183, comma 1 lett. n), del D.L.vo n. 152/2006, essendo subordinata la
attribuzione di tale qualifica alla condizione che i sottoprodotti vengano "impiegati
direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni
economicamente favorevoli per l'impresa stessa direttamente per il consumo o per
l'impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un
successivo processo produttivo; a quest'ultimo fine, per trasformazione
preliminare si intende qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto
la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le
proprietà che esso già possiede, e che si rende necessaria per il successivo
impiego in un processo produttivo o per il consumo."
Per quanto già rilevato tale condizione non sussiste per gli scarti di materiale
plastico residuati alla attività di produzione della ditta Eurosak, dovendo
essere sottoposti ad un processo di trasformazione in granuli per il successivo
reimpiego.
E, infine inammissibile la censura afferente alla carenza di motivazione della
sentenza in punto di accertamento della esistenza dell'elemento psicologico del
reato, non risultando che gli imputati abbiano sottoposto la relativa questione
all'esame del giudice di merito e, peraltro, dovendo la buona fede in materia
contravvenzionale formare oggetto di prova rigorosa in ordine alla quale manca
qualsiasi riferimento da parte dei ricorrenti.
Peraltro, la doglianza non è certamente riferibile alle violazioni relative alle
prescrizioni della autorizzazione o comunicazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.1.2007.
L' estensore
Il presidente
Alfredo Maria Lombardi
Enrico Papa
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