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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 9 Marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10269

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissione di fumi - Incenerimento parti di autovetture - Art. 674 c.p. - Configurabilità - Presupposti - Molestia alla persona - Nozione. L'incenerimento di accessori e parti di autovetture senza alcuna autorizzazione è vietato dalla legge e configura, un fatto idoneo a molestare le persone (punibile attraverso il reato di cui all’art. 674 c.p.). Peraltro, con il termine molestia alla persona si intende ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio e disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano. Sicché, per la configurabilità della contravvenzione non si richiede un effettivo nocumento alle persone. (Nella specie, la prova del disagio si trae dalla stessa denuncia dei vicini di cui si dà atto nella sentenza). Pres. Papa Est. Petti Ric. Di Censi. (conferma Tribunale di Roma del 14/01/2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007), Sentenza n. 10269


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Ud. 26 gennaio del 2007
SENTENZA N.287
REG. GENERALE N.46278/05


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE


Composta dai sigg. magistrati:


Dott. Enrico Papa presidente
Dott, Pierluigi Onorato consigliere
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi consigliere
Dott. Mario Gentile consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto dal difensore di Di Censi Alfredo, nato a Roma il 23 agosto del 1981, avverso la sentenza del tribunale di Roma del 14 gennaio del 2005;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale dott. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue


IN FATTO


Con sentenza del 14 gennaio del 2005, il tribunale di Roma condannava Di Censi Alfredo alla pena di € 2000 di ammenda, quale responsabile dei seguenti reati:
a) del reato di cui all'art. 51 comma 1 lett a) D.L.vo 5.2.97 n.22, perché, quale amministratore della società M.A.G. S.a.s., con sede in Roma via Fosso della Magliana nr. 72, all'interno della sede della società, su di un'area di circa 8.000 mq, effettuava senza la prescritta autorizzazione attività di smaltimento mediante incenerimento a terra di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da parti di veicoli: volanti, sedili e parti metalliche;
b) del reato di cui all'art. 674 c.p., perché nelle condizioni di cui al capo b) provocava emissioni di gas, vapori e fumi atti ad imbrattare e a molestare le persone. Accertato in Roma, il 30.03.2003.

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata la vicenda ha avuto origine da una denuncia sporta dagli abitanti degli immobili vicini alla sede della società dell'odierno imputato i quali, in data 30 marzo 2003, infastiditi dall'emissione di fumi provenienti dal terreno della medesima società, avevano informato la polizia municipale. Gli agenti Tarantini Francesco e Battista Paolo del XV Comando di Polizia Municipale, giunti sul posto, accertavano che nell'area appartenente alla società dell'imputato erano stati costituiti dei cumuli dì rifiuti che erano inceneriti manualmente.


Tanto premesso in fatto, il tribunale osservava che non era credibile il teste Di Censi Mario, padre dell'imputato, il quale aveva dichiarato che l'incendio era stato appiccato da ignoti e che egli era accorso per spegnerlo, in quanto soltanto alla vista degli agenti si era munito di tubo dell'acqua e si era diretto verso il fuoco che, ancora in atto, provocava 1' emissione di fumi; che pertanto per quanto concerneva il reato di cui all'art 51 decreto Ronchi era stato provato che era in atto un'opera di smaltimento di rifiuti non pericolosi senza la prescritta autorizzazione; che per quanto riguardava la contravvenzione di cui all'articolo 674 c.p. era stato provato che l'incenerimento aveva provocato emissioni di fumi atti a molestare le persone.


Ricorre per cassazione l'imputato deducendo :
la violazione dell'art 674 c.p. nonché omessa motivazione sul punto, per avere il tribunale omesso di accertare l'idoneità delle emissioni di fumo a mettere in pericolo la pubblica incolumità;
la mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla testimonianza del Di Censi, per avere la corte ritenuto inattendibile il predetto teste solo sulla scorta del grado di parentela con l'imputato


IN DIRITTO


Il ricorso va respinto perché infondato.


Logicamente prioritario è l'esame del secondo motivo perché riguarda entrambi i reati. Esso è infondato perché il tribunale ha ritenuto inattendibile il teste, non perché fosse il padre dell'imputato ma perché solo all'arrivo dei vigili si era munito di un tubo e si era diretto verso il fuoco. La valutazione d'inattendibilità del giudice del merito non si fonda sul grado di parentela del teste, ma su una obiettiva circostanza fattuale, e perciò non può considerarsi illogica, anzi, essendo plausibile, non è sindacabile in questa sede.


Infondato è anche il secondo motivo. L'articolo 674 c.p. punisce tra l'altro chiunque, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissione di fumi ecc.

Orbene quello in questione è senza dubbio un caso non consentito dalla legge, giacché l'incenerimento di accessori e parti di autovetture senza alcuna autorizzazione è vietato dalla legge e configura un fatto idoneo a molestare le persone. Invero con il termine molestia alla persona si intende ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio e disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano. La prova del disagio si trae dalla stessa denuncia dei vicini di cui si dà atto nella sentenza. Per la configurabilità della contravvenzione non si richiede un effettivo nocumento alle persone. L'accertamento del superamento dei limiti di tollerabilità fissati da leggi speciali rileva allorché il fatto viene commesso da soggetto in possesso di regolare autorizzazione e non pure quando l'incenerimento è del tutto abusivo, come nella fattispecie


P.Q.M.
La Corte


Letto l'articolo 616 c.p.p.


Rigetta


Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali


Così deciso in Roma il 26 gennaio del 2007
Deposita in cancelleria il 9/03/2007


 

 


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